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Capitolo III – La realizzazione dell'individuo nella politica »

3. Lo Stato tra valore individuale e spirito collettivo »

Per quale motivo Spencer é così preoccupato dal socialismo, tanto da definirlo come la peggior forma di organizzazione politica e per quale motivo non é possibile definire il socialismo di Green attraverso le categorie utilizzate da Spencer? Dato il valore che la proprietà privata riveste all'interno del sistema filosofico politico di Green, é di facile intuizione la differenza che intercorre tra le sue tesi e quelle del socialismo. L'idea che Spencer possiede del socialismo rispecchia la differenziazione marxista tra socialismo utopistico e socialismo scientifico, identificando il primo come un passo obbligato da compiere per la creazione di un sistema comunista. I temi classici del socialismo, come la proprietà collettiva dei mezzi di produzione e l'abolizione del sistema delle classi sociali, non corrispondono affatto con la dottrina socialista avanzata da Green. L'importanza dell'individuo rimane un carattere talmente radicato, che risulta impossibile poter accomunare il socialismo greeniano con le altre dottrine socialiste. Come suggerisce Tyler, se socialismo significa solamente rigetto di ogni forma di proprietà privata, allora Green non può in nessun modo essere considerato socialista.586

Ma socialismo non significa, continua Tyler, necessaria abolizione della proprietà privata. Questa é una concezione limitata del suo significato. Quello che Green prospetta é una forma di practical

socialism, inteso come dottrina secondo cui 'wages should be regulated otherwise than by competition ([that is]: competition of labourers for employment and of masters to get work done most cheaply and quickly), and that accumulation of capital should be limited'.587 Molti socialisti,

continua Tyler, attaccano la proprietà privata solamente nel momento in cui la concorrenza assume caratteri oppressivi. In questo caso risulta lecito un intervento statale nel ridimensionamento della sua gestione, ma non di certo una sua completa abolizione. Come messo in evidenza da Nicholson, il socialismo di Green si pone a metà strada tra una forma di individualismo, inteso come possibilità di auto-realizzazione individuale, e collettivismo.588 Individualismo, secondo la sua interpretazione

classica, significa garantire al singolo il maggior spazio d'azione possibile per il raggiungimento dei propri interessi. Questo, naturalmente, ha portato a una concezione della società come agglomerato di singole individualità, ognuna intenzionata a sfruttare la comunità per attingere ai propri scopi. Il collettivismo, invece, riveste quasi un significato opposto, cioè quello di una comunità formata non da singoli individui e interessi differenti, ma interessi condivisi che possono essere perseguiti attraverso la promozione degli stessi da parte della società È proprio tra questi due estremi che si pone il liberalismo sociale di Green, tra interessi collettivi e realizzazioni individuali. Quando un individuo persegue il suo bene personale, deve prendere in considerazione il fatto che la realizzazione del suo bene é strettamente collegata con gli interessi degli altri individui, in quanto ogni singolarità può essere definita solo in base alla comunità sociale a cui appartiene. Partendo da questo presupposto deriva l'idea di un bene individuale correlato a un bene collettivo.

Collettivismo, nel vocabolario utilizzato da Green, significa operare in maniera unitaria per aiutare gli altri. Esso non é una forma di controllo centralizzato, ma, come la definisce Nicholson, un'associazione volontaria di individui che collaborano attivamente e liberamente tra di loro.589 Il

collettivismo, continua Nicholson, é la caratteristica principale della nuova forma di liberalismo emersa verso la fine della seconda metà del '800, é una sorta di giustificazione morale per quello che viene chiamato 'constructive liberalism'. In questo modo, lo Stato non viene considerato come un'organizzazione sovra-individuale, che agisce, sulla scia del modello hegeliano, come un potere paternalistico, ma, dato quanto Tyler sostiene seguendo le affermazioni di Green, la political

society viene a configurarsi come society of society, un agente sociale che crea condizioni

586C. Tyler, Civil Society, Capitalism and the State. Part 2 of The Liberal Socialism of Thomas Hill Green, Imprint Academic, Uk, 2012, pp. 366 – 367.

587Ibidem

588T. Baldwin (edited by), The Cambridge History of Philosophy 1870 – 1945, Cambridge University Press, Cambridge, 2003, pp. 290 – 291.

necessarie, ovvero opportunità, per la realizzazione morale dell'individuo.590 Avendo come scopo la

garanzia delle opportunità necessarie al proprio perfezionamento, l'azione statale non si delinea in maniera pervasiva all'interno della libertà individuale, ma si trova a svolgere una mera funzione si supporto.

Sulla base di queste affermazioni é possibile, dunque, prendere le distanze dalle tipologie di Stato prospettate dall'idealismo di stampo continentale. Molto spesso, ad esempio, vengono interpretati alcuni caratteri della filosofia di Fichte in maniera da poter essere ricollegati ad alcune delle caratteristiche tipiche del liberalismo sociale.591 Ma, una volta messi in evidenza i tratti

fondamentali che contraddistinguono il ruolo che lo Stato riveste secondo la visione della politica greeniana, ne risulta abbastanza chiara la distanza teorica esistente. Per Fichte, lo Stato assume sempre una rilevanza maggiore rispetto a quella che possiede l'individuo. Questa caratteristica é osservabile nel significato che Fichte attribuisce al compito che ogni singolo svolge all'interno della comunità politica. È già stato precedentemente sottolineato, come Green non sia contrario a un'abolizione delle classi sociali, ma, in linea con la sua teoria di un perpetual progress, egli nega l'immobilismo che lega in modo inscindibile il singolo al suo gruppo di appartenenza. Questa particolare concezione ha naturalmente dei riscontri anche dal punto di vista dell'intervento statale nella sfera delle libertà individuali. In accordo con questa impostazione, ne consegue che ogni cittadino, seguendo la propria inclinazione personale, possiede la libertà di auto-determinarsi e quindi, assumere il ruolo che più rispecchia la sua personalità all'interno dello Stato. Per Fichte, tuttavia, il discorso cambia radicalmente. Anche se il valore che egli ripone nella libertà del soggetto e nel concetto della proprietà privata possono, in un certo qual modo, far propendere per un intervento statale dalla portata limitata, tanto da poter dedurre che per Fichte, come per Green, lo Stato non possieda nessuna autorità riguardo il potere o meno di determinare la condotta morale dell'individuo, il rispetto del ruolo che il soggetto riveste all'interno della comunità politica assume caratteristiche ben precise. Data l'importanza che il riconoscimento riveste nella filosofia di Fichte, ne risulta che la funzione che ciascun individuo svolge nella società deve essere assicurata in maniera stabile. Non basta una public recognition, ma serve una legal recognition, tale da poter garantire all'individuo un ruolo definito all'interno del gruppo. Come sottolineato da Tyler: «He (Fichte) holds that legal recognition of one's personality by a rational community and state has

supreme importance because it is definite and stable».592 Ne consegue quindi che, secondo Fichte,

ogni individuo deve ricoprire un determinato ruolo all'interno dello Stato, essere cioè riconosciuto da esso come appartenente a una specifica categoria. Gli individui scelgono così liberamente di essere riconosciuti come membri di un gruppo, nel caso di Fichte Stände, e di svolgere particolari occupazioni (Beschäftigungen), come ad esempio quella dei mercanti, dei pescatori, dei contadini, degli insegnanti e così via.593 Ogni organizzazione statale, tuttavia, ha il compito di mantenere in

piedi questo sistema, ciò significa regolare, attraverso il potere esecutivo, una normale redistribuzione di ciascun cittadino all'interno delle occupazioni utilizzate dallo Stato stesso per adempiere alle sue funzioni. Nel caso in cui alcuni cittadini non fossero in grado di poter svolgere determinate tipologie di lavori, allo Stato spetterebbe il compito di provvedere, attraverso la creazione di nuovi modelli occupazionali, al loro sostentamento. In questo modo, lo Stato adempirebbe al compito per il quale è stato posto in essere, cioè la creazione di condizioni utili all'individuo per poter vivere dei prodotti del proprio lavoro.

Alla luce di queste conclusioni, alcuni autori hanno interpretato la filosofia politica di Fichte in chiave liberale, sottolineando come, nei suoi Grundlagen des Naturrechts, Fichte restringa il campo 590Ibidem. Cfr. C. Tyler, Civil Society, Capitalism and the State. Part 2 of The Liberal Socialism of Thomas Hill

Green, Imprint Academic, Uk, 2012, p. 291.

591Vedi C. Tyler, Individuality, Freedom and Socialism: The British Idealists' Critiques of the Fichtean State, Political Studies: 2015, Vol. 63, pp. 319 – 335.

592C. Tyler, Civil Society, Capitalism and the State. Part 2 of The Liberal Socialism of Thomas Hill Green, Imprint Academic, Uk, 2012, p. 196.

d'azione dello Stato, riconoscendo e proteggendo il valore primario della libera attività individuale. Tuttavia, le sue posizioni non possono essere considerate completamente liberali. La ragione di ciò è rinvenibile nel paragone con le osservazioni di Green. Come messo in evidenza da Tyler, Green pone maggiore attenzione al significato di auto-realizzazione individuale, affermando che: «Each

[person] has primarily to fulfil the duties of his station».594 La priorità di Green, come del resto tutta

la sua filosofia, è incentrata sul termine aristotelico di eudaimonia, sulla possibilità quindi di poter realizzare liberamente le potenzialità insite nella propria persona. Anche se questa può sembrare una differenza marginale, il valore che essa esprime rende ancora più marcata la distinzione con le conclusioni di Fichte e con il rapporto esistente tra Stato e individuo. Mentre per Fichte, il ruolo che l'individuo riveste viene considerato alla luce del beneficio che esso apporta alla funzionalità dello Stato, relegando l'individuo stesso a una staticità occupazionale, che non per forza esprime le caratteristiche della singola personalità, per Green invece, il rapporto viene ribaltato o almeno posto in maniera tale da offrire una maggiore autonomia individuale. Secondo Green, in accordo con quanto sostenuto dal Bradley, un individuo non può essere confinato a svolgere funzioni o ruoli prestabiliti, poiché altrimenti questo impedirebbe una piena realizzazione delle proprie capacità.595

Lo Stato, quindi, non può determinare quale tipo di posizione il soggetto riveste all'interno della comunità di riferimento, ma deve fare in modo che ciascuno sia in grado di realizzare autonomamente le proprie capacità. La differenza sostanziale tra le affermazioni di Fichte e quelle di Green è situata, ancora una volta, nel paradigma del riconoscimento. Per Fichte, è il riconoscimento statale, pubblico, che assicura una partecipazione attiva del cittadino e di conseguenza, ne richiede una stabilità maggiore all'interno delle compagini sociali. Lo Stato, per assicurare la propria identità, richiede necessariamente una posizione definita del singolo, poiché solo così è in grado di far funzionare armonicamente ogni singola parte. Per Green, invece, il potere collettivo rappresenta solamente una funzione relativa agli effetti che esso provoca sulla manifestazione delle capacità di auto-realizzazione individuale.

Il liberalismo di Green, dunque, parte da presupposti di natura diversa rispetto a quelli di Fichte, che lo portano a formulare una sorta di mystic collectivism. Ma questa particolare forma di collettivismo non deve essere fraintesa con quella avanzata da Fichte. Partendo da un concetto di self-realisation, Fichte arriva a delineare il principio di una divine idea, che si concretizza nella forma di una società, di un'umanità intesa come singolo elemento, il quale solo internamente viene considerato come composto da entità differenti. Secondo Green, invece, l'auto-realizzazione individuale non può e non deve mai assumere un significato incentrato sulla prevalenza del carattere statale. Come sottolineato da Tyler, per Green: «ultimately human self-realisation could only ever mean the

realisation of particular persons and never the development of 'a national spirit' or 'humanity'».596

Basandosi su queste affermazioni, è possibile tracciare una linea di demarcazione non solo con la teoria sociale delineata da Fichte, ma anche con le tesi sostenute da Hegel. Come nel campo della metafisica, anche in quello della filosofia politica Green segue solo in parte le conclusioni hegeliane. Fintanto che le rivendicazioni di Hegel si attestano su una revisione critica nei confronti d e l laissez-faire tipico del liberalismo, le asserzioni greeniane non possono che concordare pienamente con le sue tesi. L'estremo individualismo delle società liberali ha distrutto il rapporto di omogeneità all'interno dei gruppi prestatali. Come Hegel stesso mette in evidenza, sono la famiglia e la società civile le fondamenta necessarie per la costituzione di un apparato statale.597 La duplice

interpretazione con la quale è possibile rappresentare lo Stato, nel senso hegeliano del termine, può portare ad intravedere una sorta di condivisione delle sue tesi da parte dei sostenitori, come Green, di un liberalismo di matrice sociale. Come espresso all'interno della sua Philosophie des Rechts, Hegel opera una distinzione tra il termine Staat, inteso come pratiche di governo messe in atto dalle 594T. H. Green (edited by A.C. Bradley), Prolegomena to Ethics, Clarendon Press, Oxford, 1906, § 183.

595Ibidem. Cfr. F. H. Bradley, Ethical Studies, Clarendon Press, Oxford, 1927, p. 204.

596C. Tyler, Individuality, Freedom and Socialism: The British Idealists' Critiques of the Fichtean State, Political Studies: 2015, Vol. 63, pp. 319 – 335.

istituzioni statali, in relazione alla società civile, e Sittlichkeit o sistema etico, dominato dell'hegeliano Geist, il quale opera attraverso gli individui e le istituzioni sociali per realizzare pienamente se stesso. Nel primo caso, si intravedono tratti di liberalismo solo nel riconoscimento di un pluralismo istituzionale. Ma è nello Stato inteso come Sittlichkeit, che il tratto organicistico si amalgama con quello trascendente. Lo stesso Hegel è convinto che sia la definizione di uno Stato come holistic ethical system, la sola in grado di conferire quell'omogeneità necessaria tra volontà soggettiva individuale e volontà oggettiva dello Spirito, accompagnando quel movimento dialettico nella sua fase di sintesi.598 Solo così, secondo Hegel, lo Stato assume quella forma di end in itself,

attualizzandosi come ethical idea.

Ma il problema della sistematicità dialettica di Hegel, riemerge anche nell'ambito della sua realizzazione in termini pratici. La Sittlichkeit hegeliana mantiene in vita quel rapporto tra individuale e universale, che vede il primo perdersi, o meglio risolversi, all'interno di un ideale unitario. J. Morefield coglie pienamente il motivo per il quale Green non può rimanere legato alla visione hegeliana di Stato etico. Per rendere più chiara questa distinzione, viene messo in evidenza il caso della schiavitù. Riprendendo le affermazioni hegeliane, Morefield sostiene che: «For Hegel,

because reason was developmental, individual states had to pass through a number of stages on their journey towards the fulfilment of 'Spirit', stages that might have been inherently unjust but were 'valid' in their own context».599 In questo senso, è solo all'interno del sistema etico posto in

essere dallo Stato, che l'individuo vede riconosciuto il suo diritto contro la schiavitù. Questo significa che l'evoluzione progressiva dello Spirito rende necessario, nel proprio cammino, il riconoscimento di una tale istituzione. Non ne viene giustificata la sua validità, bensì la sua esistenza come particolare momento della dialettica. Anche nel caso di Hegel, dunque, il valore dello Stato, sia esso inteso in chiave etica, prevale sul valore morale dell'individuo. Secondo Hegel, è lo Stato che conferisce all'individuo le libertà necessarie per autodeterminarsi, mentre per Green:

«the slave had a 'right to freedom' that the state neither gives nor can take away».600

Il valore dell'individuo, quindi, mantiene per Green un carattere inalienabile rispetto alla realizzazione di una società di eguali. È sulla base di questi presupposti, che viene a delinearsi il carattere individuale del socialismo greeniano. Egli prende le distanze da quella che può essere definita come social engineering, un modo di organizzazione dello Stato che indirizza le volontà dei singoli per il beneficio della comunità, per creare quella sorta di spirito nazionale tanto ricercato dal Mazzini stesso attraverso l'educazione della classe lavoratrice. Essa appare in maniera meno marcata nelle teorie espresse dall'idealismo di stampo continentale, ma assume un'evidenza ancora più netta all'interno delle prime definizioni del socialismo. Ne sono un tipico esempio, come già evidenziato da Tyler, le affermazioni di R. Owen espresse nella sua opera A New View of Society (1813). Nelle sue parole si intuisce il ruolo che lo Stato deve possedere nell'indirizzare la volontà dell'individuo:601

«[...] any character, from the best to the worst, from the most ignorant to the most enlightened, may be given to any community, even to the world at large, by applying certain means; which are to a great extent at the command and under the controul, or easily made so, of those who possess the government of a nations».

Le asserzioni implicite nelle parole di Owen sono chiare: il socialismo ha il compito di reindirizzare le forze sociali, attraverso l'intervento dello Stato, per poter superare quel modello incentrato sullo 598G. Lasson, Hegel als Geschichtsphilosoph, Felix Meiner, Leipzig, 1920, pp. 17 – 35. Cfr. J. Morefield, Hegelian

Organicism, British New Liberalism and the Return of the Family State, History of Political Thought, Vol. XXIII,

No. 1, Spring 2002, pp. 141 – 170. 599Ibidem

600Ibidem

601R. Owen, A New View of Society: or, Essays on the Principle of the Formation of the Human Character, and the

sfruttamento dell'individuo e sull'abbassamento del benessere sociale. Per fare ciò, sempre secondo Owen, è necessario attribuire allo Stato, al governo, il compito di mostrare una volontà di cambiamento, poiché solo i governanti possiedono gli strumenti adatti a tale compito. Il male che pervade le società contemporanee è lo stesso riconosciuto da Green, identificabile negli effetti negativi di un individualismo portato alle sue estreme conseguenze, ma la soluzione che Owen prospetta è quella di un intervento mirato all'instaurazione di valori sociali condivisi, imposti esternamente dalla comunità al singolo individuo. Le sue conclusioni ricalcano, come per il Fichte, quelle di Mazzini. Il governo dello Stato ha il compito di imporre un piano razionale per l'educazione e la formazione del carattere.602 Le volontà individuali, quindi, non hanno la possibilità

di esprimersi attraverso un principio di auto-realizzazione, ma rimangono ancorate al supposto primato di una volontà, la quale, come nel caso di Hegel, dovrebbe rispecchiare la graduale evoluzione di uno Spirito universale.

Tutte le dottrine degli autori fin qui analizzate posseggono un carattere in comune, che ne rende ancor più chiara la loro distanza teorica rispetto alle posizioni di Green e permette di esaminare, in maniera più approfondita, una caratteristica peculiare del suo liberalismo sociale, mettendo in luce il valore mediano che unisce individualismo e spirito collettivo. Come messo in evidenza da H. J. McCloskey: «None of these theories treats the state as an end in itself, but they do have in common

the beliefs that certain values are to be realized in or by the state, and that the realization of these values may involve interference with the lives and liberties of individuals».603 McCloskey non fa

riferimento a tutti gli autori appena citati, ma, partendo da Platone, riporta una serie di filosofi o indirizzi filosofici (come Hegel, l'idealismo, il socialismo, il marxismo, l'utilitarismo ecc.), i quali, seppur apparentemente in antitesi tra loro, riportano questa caratteristica comune, cioè la realizzazione di determinati valori in or by the state. Ogni posizione attestata su di un estremo, che si tratti di un esasperato individualismo o di un collettivismo tendente alla riduzione delle particolarità, ricade nel tentativo di affermare valori ben definiti. L'utilitarismo, ad esempio, sostiene la necessità di realizzare l'happiness individuale, la quale comporterà, di conseguenza, un aumento della felicità generale. Non viene richiesto un intervento dello Stato, ma è sufficiente una sua realizzazione in the state. Dall'altro lato, invece, si pongono le richieste di giustizia sociale ed uguaglianza avanzate dal socialismo, che rivendicano la realizzazione di tali valori by the state.604

Anche nel caso di Hegel, è l'ethical state che assume un carattere prioritario rispetto al singolo,

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