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Stima dell’effetto differenziale del trattamento

La strategia di valutazione

5.1 Stima dell’effetto differenziale del trattamento

L’effetto differenziale del trattamento è dato dalle differenze nella probabilità di rioccupazione successiva all’iscrizione in lista tra le prime due classi di età, ovvero tra i soggetti di età inferiore ai 40 anni e i soggetti di età compresa tra 40 e 49 anni a cui spettano, rispettivamente, uno e due anni di permanenza in lista1. Quindi tale effetto è prodotto dall’anno aggiuntivo di permanenza in lista per i soggetti della seconda classe d’età.

Ciò che i dati permettono di misurare sono gli indici di occupazione degli iscritti, cioè la quota di tempo lavorato dall’individuo in un dato intervallo di tempo successivo all’iscrizione in lista. Essi saranno la nostra variabile risultato e considereremo come intervallo di riferimento il mese2, ossia un blocco di 30 giorni3. Quindi l’indice medio di occupazione non è altro che la frazione di giorni lavorati in un mese4.

Precisamente considereremo 60 indici di occupazione successivi alla data di mobilità (i dati Netlabor arrivano fino al 2001 e le iscrizioni avvengono nel biennio ‘95-’96), per cui analizzeremo l’effetto differenziale del trattamento dal momento dell’ingresso in mobilità fino a 5 anni dopo (effetto a breve e medio termine). Il che è un passo in avanti rispetto agli studi di valutazione precedenti, dove al massimo sono stati considerati 3 anni successivi alla data di mobilità e si sono potuti analizzare solo gli effetti di breve periodo prodotti dall’anno aggiuntivo di permanenza in

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Avremmo anche potuto stimare l’effetto dell’anno aggiuntivo di permanenza in lista per i soggetti della terza classe d’età rispetto ai soggetti della seconda classe d’età. Ma, come abbiamo detto in precedenza, l’istituto della mobilità è principalmente passivo per i soggetti di età superiore ai 50 anni, che lo utilizzano come un ponte verso il ritiro dalla forza lavoro.

2 Ovviamente ciò che interessa sono gli indici medi di occupazione successivi al momento dell’iscrizione, ma in sede di

valutazione d’impatto avremo bisogno di conoscere anche quelli antecedenti all’ingresso in mobilità.

3 Evidentemente 30 giorni sono l’approssimazione di un mese. 4

lista. In particolare, il quinto anno è di estremo interesse, perché certamente tutti gli iscritti sono usciti dalle Liste.

Come abbiamo detto in precedenza non basta un semplice confronto tra la prima e la seconda classe d’età per poter determinare l’effetto differenziale, perché le differenze che si osservano tra i due gruppi sono il risultato dell’azione congiunta dell’effetto durata di permanenza in lista, ciò che interessa stimare, e dell’effetto età. Gli esposti e i non esposti all’anno aggiuntivo di permanenza in lista sono infatti eterogenei rispetto all’età, la quale è l’unica variabile da cui dipende l’opportunità di poter godere per un anno in più dei benefici connessi all’iscrizione in lista, e l’età, a prescindere dalla partecipazione al programma, influisce sul livello di occupazione del soggetto.

Quindi nella valutazione d’impatto in questione l’età è l’unica variabile da cui dipende il processo di selezione ed essa va anche ad influire sulla probabilità di reimpiego5, la nostra variabile risultato.

Formalizzando, la variabile età è tale per cui lo status di esposto/non esposto I è una sua funzione deterministica:

I = 1 se età ≥ 40,

I = 0 se età < 40,

e i valori assunti dai risultati potenziali YTed YNTsono da essa influenzati:

E{YT|età} E{YT},

E{YNT|età} E{YNT}.

Quindi condizionatamente all’età ci ritroviamo nella situazione ottimale di un’assegnazione casuale al trattamento:

(YT, YNT) I| età.

Considerato quanto detto nel capitolo 3, potremmo pensare di stimare l’effetto differenziale del trattamento sul gruppo degli esposti operando un matching sulla base dell’età. Evidentemente questo è impossibile perché non vi possono essere un individuo trattato e un individuo non trattato con la medesima età. Al limite potremmo stimare l’effetto del trattamento sulla soglia dei 40 anni, ovvero con un semplice confronto degli esposti e dei non esposti con età rispettivamente di poco superiore e di poco inferiore ai 40 anni (tecnica del regression discontinuity design). In tale contesto è plausibile ritenere nulla la distorsione generata dall’età, in quanto un soggetto di 41 anni è simile ad un soggetto di 39. Purtroppo tale metodo presenta l’inconveniente di permettere una stima dell’impatto valida solo per il sottoinsieme dei soggetti di età sulla soglia dei 40 anni e non è detto che questa coincida con quella dell’intera popolazione degli esposti.

Detto questo, l’unica strada percorribile è quella di effettuare un matching sulla base di un vettore di caratteristiche individuali X da cui dipendono l’appartenenza all’una o all’altra delle due classi di età (I) e, nel contempo, il grado di occupazione in assenza dell’anno aggiuntivo di permanenza in lista (YNT). In altri termini, condizionatamente ad X dobbiamo essere in grado di

annullare l’effetto prodotto dall’età: se prendiamo due individui con caratteristiche X simili, anche se hanno una età diversa, essi possono essere ritenuti equivalenti (si sarebbero comportati allo stesso modo nella situazione in cui entrambi avessero avuto diritto ad un solo anno di permanenza in lista):

YNT età| X6.

Nella valutazione d’impatto tramite il matching, andremo a confrontare i soli trentenni coi quarantenni, ovvero escluderemo i soggetti di età inferiore ai 30 anni. Risulta infatti che i ventenni si comportano in modo molto diverso dai trentenni (tale divario è consistente soprattutto per le donne), il che impedisce di poter reperire tra i ventenni un adeguato gruppo di confronto a quello dei quarantenni. Inoltre è evidente che il matching non può che migliorare considerando i soli trentenni, la cui età è più vicina a quella degli esposti.

Infine effettueremo l’analisi separatamente per i soggetti con e senza l’indennità7 e stratificheremo anche per il sesso, a causa dei diversi comportamenti osservati empiricamente.