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29 stipati, devono poter avere uno spazio minimo che impedisca lo sfregamento tra d

loro e vanno riparati dalla polvere con tessuti posti al di sopra di essi, sostenuti da barre rigide. Resta il fatto che tessuti pesanti, fragili danneggiati o ragliati di sbieco non dovrebbero essere mai appesi ma collocati in piano

4- tessuti montati su supporto viene effettuato quando i tessuti sono tanto fragili da non essere più in grado di resistere alle sollecitazioni meccaniche oppure quando sono molto delicati e si vuole evitare di maneggiarli direttamente. Una prima soluzione consiste nell’applicazione di un supporto di tessuto mantenuto teso da un telaio di legno o altro materiale protetto da uno strato inerte. Atro metodo è quello di applicare un supporto rigido di legno, protetto da uno strato che impedisca la diffusione di eventuali vapori acidi e rivestito di tessuto sul quale applicare il manufatto tessile. Nel caso, infine di tessili estremamente fragili (spesso unica metodologia possibile per reperti archeologici), si può utilizzare la metodologia a pressione, non utilizzabile in ambienti ad alto contenuto di umidità, consistente nel porre il tessuto tra una lastra rigida di vetro o plexiglas e un fondo composto da un sottoprodotto rigido, uno strato debolmente elastico (come la flanella di cotone ) e un ulteriore tessuto di foderatura. Il vantaggio di tale soluzione è la possibilità di mantenere il sistema nella posizione corretta senza interventi di cucito che possano seriamente danneggiare un tessuto fragile. Tra gli svantaggi troviamo il rischio di sviluppo di muffe e del possibile schiacciamento del rilievo del tessuto.

2.1.4 Organismi e microrganismi

I materiali tessili sono soggetti ad attacchi di tipo biologico e microbiologico, con danni sia di tipo diretto, dovuto alla loro crescita e sviluppo, ma anche indiretto legato ad esempio alla produzione di acidi organici e/o inorganici, sostanze chelanti, alcali, enzimi, pigmenti, ecc [2]. Questi processi danno luogo a fenomeni di degrado che ne alterano i caratteri estetici e funzionali, che variano a seconda degli agenti biodeterioregi coinvolti ma anche della natura del substrato e delle condizioni chimico-fisiche e ambientali al contorno. I tessuti di tipo organico ad esempio sono particolarmente sensibili agli organismi eterotrofi, che possono provocare danni meccanici nel caso di roditori o insetti che utilizzano il substrato come fonte di cibo (assimilazione) e danni chimici attraverso l’utilizzo dei manufatti come habitat in cui avvengono fenomeni vitali diversi da quelli nutrizionali (escrezione e secrezione di prodotti di varia natura o crescita) [16].

Per quanti riguarda i fattori edafici1 la presenza nei tessili in maniera massiva di carbonio idrogenato e quindi organico e di altri macro e micro nutrienti, che possono essere riscontrati nell’accumulo di sporco dovuto a cause antropiche o naturali sul substrato (S, Ca, K, Mg, Fe, Si, Cu, Zn), può dar luogo a fenomeni biologici o microbiologici. La natura igroscopica dei materiali può ulteriormente favorire o meno l’insediamento di specie biologiche come ulteriori fattori discriminanti sono il pH e la pressione osmotica2 [16].

Altri fattori importanti sono la composizione chimica dell’aria, gli inquinanti, la temperatura, e la luce, definita come colore, intensità (lunghezza d’onda delle radiazioni) e durata [16]. Di seguito vengono trattati in breve i tipi più comuni di biodeteriogeni che attaccano i tessuti suddivisi in base alla natura del tessuto stesso.

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Fattori che riguardano le condizioni fisiche e chimiche del terreno 2

Rappresenta la pressione che si determina quando due soluzioni a diversa concentrazione sono separate da una membrana semipermeabile che permette il passaggio dell’acqua ma non dei soluti e che fa si che l’acqua tenda a passare dalla soluzione a minor concentrazione a quella a maggior concentrazione. Tale pressione è proporzionale al numero di particelle presenti in soluzione e non alla loro natura.

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Microrganismi

Le fibre proteiche come la seta e la lana rappresentano in opportune condizioni fonti di C e N per tutti gli organismi in grado di produrre enzimi proteolitici (proteasi e peptidasi) capaci di catalizzare la reazione di idrolisi del legame peptidico [16] che caratterizza le macromolecole proteiche componenti le fibre animali.

Come nel caso di altri fattori di degrado (temperatura, umidità), i processi di lavorazione della fibra posssono influire sulla predisposizione all’attacco da parte di miscorganismi. Ad esempio, la seta in particolare quella non sgommata, che presenta ancora la sericina, si rivela più attaccabile della seta sgommata in quanto la sericina, proteina amorfa e perciò è più facilmente attaccabile [16].

In tabella 2.3 vengono riportate le specie biodeteriogene più comuni con attitudine a deteriorare le fibre proteiche (lana e seta) [16]. Nel caso delle fibre proteiche il danno maggiore, più che da parte di microrganismi, è arrecato dagli insetti che si nutrono del tessuto per ricavare i nutrimenti e al tempo stesso utilizzano il tessuto come tana e luogo di crescita.

Tablella 2.3Indicazione delle specie biodeteriogene più comuni per le fibre proteiche (lana e seta)

Biodeteriogeni

Genere

Batteri e attinomiceti Bacillus-mesenthericus Bacillus-subtilis Proteus-vulgaris Streptomyces-albus Streptomyces-fradiae Pseudomonas-aeruginosa Microfunghi Aspergillus Fusarium Trichoderma

Le conseguenze ad opera dei biodeteriogeni nel caso delle fibre proteiche sono le stesse che si riscontrano per le fibre cellulosiche, ovvero variazione del colore, riduzione della resistenza alla trazione e infragilimento.

Le fibre cellulosiche sono tanto più resistenti agli attacchi microbiologici quanta più cellulosa e lignina contengono. La presenza invece di sostanze estranee come pectine e sali minerali facilitano gli attacchi biologici e microbiologici. Generalmente tra le fibre cellulosiche le più resistenti sono juta e canapa e a seguire cotone e lino. In particolare. Ulteriori fattori che incidono sul degrado da parte di biodeteriogeni su fibre cellulosiche sono il grado di polimerizzazione, la cristallinità, il grado di orientamento delle macromolecole in relazione all’asse della fibra, la presenza di gruppi funzionali e di [16].

Nel caso dei tessuti a base di cellulosa, il danno più consistente viene arrecato da parte di funghi. I diversi generi di funghi che si possono trovare sui tessuti sono legati principalmente alle condizioni al contorno (livelli di umidità e temperatura) e alle caratteristiche del substrato stesso, ossia del tessuto (presenza di residui legati a processi tessili o precedenti restauri, acidità del tessuto stesso, ecc.) [2].. In tabella 2.4 vengono elencati i funghi più comuni riscontrabili su tessuti celluolosolitici [2,16]. Su uno stesso tessuto è possibile riscontrare la presenza di solo alcuni funghi oppure di molteplici generi. La presenza di funghi può inoltre facilitare l’attacco del tessuto da parte di altri biodeteriogeni in quanto i funghi stessi possono fornire un substrato di crescita favorevole as esempio a organismi eterotrofi o insetti.

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