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Storicia dello sviluppo delle tecniche per il trattamento endovascolare degli aneurismi intracranici [55]

6 TRATTAMENTO DEGLI ANEURISMI INTRACRANIC

7. TRATTAMENTO ENDOVASCOLARE

7.1 Storicia dello sviluppo delle tecniche per il trattamento endovascolare degli aneurismi intracranici [55]

E’ interessante ed utile per comprendere il presente, ripercorrere le tappe dello sviluppo delle tecniche terapeutiche endovascolari.

Le tecniche endovascolari per il trattamento degli aneurismi periferici nascono nelle ultime decadi del 19° secolo e si basano sul concetto di promuovere la trombosi all’interno della sacca aneurismatica. Inizialmente vengono impiegati aghi riscaldati o grosse spille.

Nel 1879 Corradi postula che il passaggio di corrente attraverso un filo metallico induce una trombosi: nasce il concetto di elettrotrombosi (metodo di Moore-Corradi). L’impiego di una tecnica analoga viene riportata da Barnwell nel 1886.

Moore per primo introduce una spirale metallica in un aneurisma dell’aorta toracica. Il paziente muore per sepsi. All’autopsia l’aneurisma risulta “..in gran parte chiuso da coagulo di fibrina..” Il concetto di “impacchettamento denso con spirali introdotte mediante cannule o trocart” è attribuito a Sir D’Arcy Power e G.H. Colt.

L’avvento dell’angiografia (Egas Monitz, 1926-27), del cateterismo transfemorale (Sven Ivar Seldinger,1921 -1998), e successivamente dell’angiografia con sottrazione digitale nei primi anni '70 (Castellanos, Robb e Steinberg nel Dipartimento di Clinical Radiology di Cleveland), ed il contemporaneo sviluppo di cateteri e guide forniscono le basi tecnicnologiche per la nascita e

comunque al 1964 quando Luessenhop e Velasquez tentano di obliterare un aneurisma carotideo sopraclinoiedeo mediante un pallone di silicone.

Tra il 1965 e il 1969 Alksne e Fingerhut sperimentano la possibilità di trombizzare la sacca aneurismatica con sfere metalliche sospese in 25% di polyvinylpyrolidine iniettate a flusso libero e attratte nella sacca aneurismatica tramite l’applicazione di un magnete (“trombosi metallica”). Furono trattati 9 patienti. In 6 si ottenne una completa occlusione della sacca e in 3 una parziale occlusione, 1 dei quali ebbe una rirottura dell’aneurisma. Complessivamente le complicanze tromboemboliche furono 4: 2 per occlusione della arteria cerebrale anteriore (ACA) e 2 per occlusione della arteria cerebrale media (MCA). 3 pazienti con Hunt e Hess grado 1 guarirono completamente.

Nel 1964-65 Mullan et al. a Chicago concentrano i loro studi sull’impiego dell'elettrotrombosi per il trattamento di aneurismi rotti, mediante il posizionamento di aghi o fili di rame nella sacca aneurismatica ai quali veniva poi applicata una corrente di 200–2,000 mA. La progressisone della trombosi nel fondo dell’aneurisma era monitorata mediante controllo angiografico ogni 30 min. Dei 12 pazienti trattati 1 peggiorò dopo la procedura e 3 furono poi sottosposti a clipping in seguito a ricanalizzazione. Gli stessi autori conclusero che il controllo della trombosi all'interno della sacca era troppo difficoltoso, tuttavia nel 1974 comunicarono una serie di 61 aneurismi trattati con tale tecnica, riportando 6.5% di decessi e 3.2% di complicanze secondarie a sanguinamento o tromboembolia.

Sheptak e coll. nel 1969 sperimentarono in 20 pazienti l’iniezione diretta di colla (isobyty-l-2- cyanoacrylate) nell'aneurisma, sotto controllo diretto o mediante stereotassi. In 16 pazienti ottennero un buon risultato, 2 peggiorarono e 2 morirono. Il controllo angiografico nei 18 pazienti dimostrò 7 occlusioni complete e 11 incomplete dei quali 2 ebbero un risanguinamento entro un mese.

All'inizio degli anni ‘70 Serbinenko, raccogliendo l'idea di Luessenhop, inizia ad utilizzare palloncini di latex staccabili, dando l'avvio allo sviluppo delle tecniche che impiegano palloncini per occludere il vaso di origine o per obliterare selettivamente la sacca aneurismatica.

Nel 1978, Debrun et al. descrivono i loro risultati su 14 aneurismi del sifone carotideo: 3

pazienti. morirono, 2 ebbero una emiplegia postoperatoria, 8 lesioni furono trattate con successo, con preservazione del vaso in 5 e occlusione della carotide in 3.

Nel 1982 Romodanov e Scheglov riportano una serie di 137 aneurismi trattati, di cui 93 selettivamente e 16 mediante occlusione del vaso portante. Altre casistiche con l’impego di questa metodica furono pubblicate rispettivamente da Berenstein et al. nel 1984 (9 aneurismi del seno cavernoso e 1 della PICA trattati con occlusione prossimale del vaso portante); Hieshima e Higashida nel 1987 e 1988 ; Higashida et al. nel 1989 (le complicazioni includevano: 11% di TIA, 11% di stroke, 20% di morte per rottura immediata o dilazionata dell’aneurisma). Negli anni ’90 proseguirono le pubblicazioni riguardanti serie e risultati di questa tecnica. Higashida et al. trattarono 87 aneurismi carotido-cavernosi tra il 1981 and 1989, dei quali 78 con sacrificio della carotide interna ottenendo trombosi della sacca e riduzione o scomaparsa dei sintomi ed una complicanza ictale nel 4.6%. Altre serie furono pubblicate da Scheglov (725 casi), Serbinenko (267 casi), George (92 casi) e Hodes (16 casi). Nel 1991 Moret et al. riportarono i risultati del trattamento selettivo con pallone di 91 aneurismi. Quattro pazienti morirono per complicanza emorragica, 10 ebbero una complicanza tromboembolica e 18 ebbero una ricanalizzazione della sacca a distanza.

Il limite principale di questa metodica era l’impossibiltà del pallone di adattarsi adeguatamente alla complessa geometria dell’aneurisma, lasciando non protetto il fondo della sacca o

e raggiungere più facilmente l’interno della sacca aneurismatica, permise ai ricercatori di iniziare a tentare il'impiego di spirali metalliche morbide, che si adattavano più facilmente alla

morfologia del lume consentendone la completa obliterazione.

Tra il 1990 e il 1991 Dowd, Arnaud e Higashida cominciarono a sperimentare l'utilizzo di spirali di platino. Casasco e coll. nel 1993 riportarono una serie di 71 pazienti embolizzati con coils. Rimaneva il grosso problema della impossibilità di controllare la spirale una volta che fosse stata spinta fuori dal catetere, che comportava elevati rischi di migrazione nel lume del vaso e nei rami distali.

Guido Guglielmi, un neurochirurgo italiano, risolse il problema ideando un sistema di coils staccabili (Guglielmi detachable coils GDC) che potevano essere collocate con relativa sicurezza e in modo ottimale all’interno della sacca , rivoluzionando il trattamento degli aneurismi. Le GDC, una volta verificatone il posizionamento più appropriato, potevano essere staccate dalla guida applicando una corrente elettrica che ne dissolveva il punto di giunzione. L’operazione poteva essere così ripetuta posizionando più spirali fino ad ottenere nel controllo angiografico l'assenza di opacizzazione della sacca aneurismatica.

Guglielmi, basandosi sui lavori di Mullan e Araki, pensava inoltre che la corrente positiva promuovesse la trombosi nella sacca, attirando le cariche negative degli elementi ematici (eritrociti, leucociti, piastrine e fibrinogeno). Guglielmi pubblicò il suo lavoro sperimentale e i risultati dei primi 15 patienti trattati nel 1990. Il nuovo sistema ottenne da subito il 70–100% di occlusione della sacca aneurismatica, in assenza di complicanze mortali o trombotiche

periprocedurali ad eccezione di una afasia transitoria.

Nel 1992 furono pubblicati i risultati del primo studio multicentrico su 43 aneurismi della fossa cranica posteriore. La completa occlusione completa era stata ottenuta nell’ 81% degli aneurisi con colletto piccolo e nel 15% degli aneurismi con colletto ampio; una occlusione parziale (tra il

70 e il 98% ) nel rimanente 85% degli aneurismi con colletto ampio e 19 % con colletto piccolo. La morbidità era del 4.8% e la mortalità del 2.4%. La tecnica fu inizialmente adottata in

alternativa alla chirurgia nei pazienti ad elevato rischio, con score clinico peggiore,negli aneurismi del circolo posteriore e dell’apice di basilare. Il trattamento per via endovascolare, supportato da un continuo sviluppo dei materiali, si è gradualmente esteso a sempre più ampie tipologie di aneurismi e pazienti, ed è divenuto una modalità standard di terapia degli aneurismi. Tuttavia apparve subito chiaro che l'utilizzo delle sole spirali era tecnicamente limitato per il trattamento di aneurismi con colletto ampio e di grandi dimensioni. Nel 1997 and 1998 Moret, Levy, Mericle e Sanders pubblicarono le loro esperienze combinando l'utilizzo del palloncino al posizionamento delle spirali, nella cosiddetta balloon remodeling technique.

Higashida nel 1977 e Lanzino nel 1979 furono i primi ad utilizzare stent coronarici espandibili per il trattamento di aneurismi a colletto largo o fusiformi.Il concetto di monoterapia con stent mediante diversione di flusso, e conseguente ristagno e occlusione trombotica dell'aneurisma, si sviluppa proprio con l'utilizzo dei primi stent coronarici, in quanto questi possedevano una porosità relativamente bassa e un'ampia copertura metallica, fino a circa il 15%. Nella prima decade degli anni 2000 sono introdotti sul mercato e approvati gli stent dedicati per l'utilizzo endovascolare intracranico e negli ultimi anni gli stent flow-diverter.

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