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Christian Salmon ricorda nel suo libro “la fabbrica delle storie” (2008) il discorso di Steve Jobs (Apple) agli studenti di Stanford il 1 giugno 2005

27(che si conclude con il famoso slogan: “stay hungry, stay foolish”). Il

discorso è articolato in tre parti ovvero “tre storie” come lui stesso le definisce:

il romanzo di formazione del fondatore della Apple con la sua storia di ragazzo povero, che abbandona l’Università frequenta un corso di calligrafia;

la seconda è il racconto della creazione del primo Macintosh nel garage di casa, l’incontro con la futura moglie, l’allontanamento dall’azienda e il successivo rientro;

la terza è una storia di “morte e di resurrezione” ovvero la diagnosi di una terribile malattia, alla quale sopravvive per miracolo. La conclusione è un invito a credere nel domani, sempre e comunque.

Steve Jobs parla con voce rotta dall’emozione, in maniera coinvolgente e appassionante (Qualizza, 2009). In realtà la performance è attentamente

27 https://www.youtube.com/watch?v=UF8uR6Z6KLc (Steve Jobs' 2005 Stanford Commencement

55 preparata a tavolino: nel raccontare la sua storia di vita, il titolare della Apple si adegua alle norme dello storytelling management e abbandona le slide e i power point per raccontare la sua azienda, in prima persona. Anche altri manager importanti hanno “raccontato” la loro storia parlando delle aziende come: Richard Branson della Virgin con la sua autobiografia, Bill Gates (Microsoft) con le sue vicende personali e aziendali: sono i “guru”, ovvero i veri eroi moderni che rendono possibile il successo. Condividere conoscenze, far circolare le informazioni, gestire le emozioni sono le chiavi dello storytelling management.

Salmon (2008) ricorda uno studio statunitense del 2007 28in cui viene

rivelato che il silenzio organizzativo “uccide” le imprese ed è responsabile del fallimento dell’85% di questi progetti. Il silenzio nelle fabbriche e negli uffici, modello ideale fino agli anni novanta, nato in pieno fordismo, viene rotto negli anni duemila dai primi whistleblowers con tutte le conseguenze dovute alle rivelazioni fatte e ai problemi che si creano all’interno delle aziende. La svolta narrativa del management degli anni novanta avviene sulla base di una semplice presa di coscienza: le imprese sono microcosmi, ricchi di racconti e esperienze. La prima e importante svolta avviene nella comunicazione interna, quando i manager assumono un ruolo diverso da prima e cominciano a narrare le vicende dell’azienda in grado di percepire i mutamenti del mercato e cogliere al volo i cambiamenti necessari per una organizzazione sempre in mutamento.

Molti “guru” dello storytelling management, tra cui Steve Denning e Tom Peters, cominciano la loro attività di docenti in giro per le aziende facendo seminari e spiegando quali sono le chiavi vincenti per raccontare la propria azienda, in una epoca post industriale e post fordista.

28 Silence Fails Report 2007

56 Nelle imprese multinazionali lo storytelling costituisce una risposta alla crisi di senso nelle organizzazioni e un metodo per costruire una identità d’impresa. Non è dunque solo racconto ai dipendenti, ma serve a orientare le emozioni, per creare un mito collettivo vincolante. In un certo senso lo storytelling assicura vigilanza sui comportamenti assicurando un senso d’appartenenza dei dipendenti che prima era esclusivamente professionale, ora è anche emotivo. Al posto delle catene di montaggio ora ci sono ingranaggi narrativi (Salmon 2008). È chiaro che l’interesse all’uso dello storytelling management sia prevalentemente strumentale. L’arte di raccontare storie è intesa come tecnica, come espediente utilizzabile per rendere la comunicazione più coinvolgente e accattivante (Qualizza, 2009).Tutto può diventare storia purché abbia una valenza simbolica: così apparentemente i discorsi diffusi all’interno dell’azienda assumono un significato ben diverso ma anche i discorsi rivolti all’opinione pubblica. Nel corso degli anni la definizione dell’identità d’impresa si costruisce attraverso narrazioni simboliche fatte anche con un comunicato stampa, un logo, con programmi televisivi di infotainment, con docureality, come ad

esempio il famosissimo Undercover Boss29, format creato negli Stati Uniti

dalla CBS, importato anche in Italia, e in grado di raccontare la storia di un imprenditore attraverso le storie dei suoi dipendenti, che vengono premiati per la loro fedeltà e professionalità. Anche le campagne pubblicitarie hanno assunto una forma narrativa legata all’immagine aziendale, le campagne Barilla o le storie narrate da Vodafone, Tim, Lavazza, vere e proprie fiction dell’advertainment. Un altro filone nell’ambito dello storytelling nella comunicazione d’impresa è l’organizational storytelling (Boje 1994) e ”si sviluppa nell’ambito degli studi organizzativi: il punto di partenza è l’idea

57 che storie, saghe, miti e cerimoniali possano essere considerati espressioni del nucleo profondo di una cultura organizzativa” (Rhodes, 2005).

Researchers recognized that storytelling was an important means through which managers acquired knowledge at work and suggested that stories be taken as a credible source of knowledge by scholars (Hummell, 1991 in Rhodes, 2005).

In questo approccio gli studiosi hanno esaminato le storie che le persone nelle organizzazioni si raccontano l'un l'altro al fine di descrivere eventi passati o previsti, relazioni, successi, fallimenti e emozioni come una forma di comunicazione(Boje, 1991b). In questa dimensione di ricerca emergono le implicazioni a livello teorico dello storytelling. Il “pensiero narrativo” di Bruner (2002) gioca un ruolo determinante, partendo dalla distinzione che lo stesso Bruner fece tra il pensiero paradigmatico e il pensiero narrativo. La prima modalità cognitiva procede in modo lineare, logico- scientifica, calcola e compara e ammette una unica rappresentazione della realtà validata dal concetto di vero o falso. Il pensiero narrativo invece consente una pluralità di rappresentazioni contemporanee nel mondo e si basa sulla plausibilità, si nutre di simboli, di metafore e analogie e attraverso la narrazione le persone cercano di elaborare spiegazioni, interpretazioni e giustificazioni della vita quotidiana. Uno degli aspetti da non sottovalutare è che le storie possono fornire un mezzo per i manager di discolparsi dalla responsabilità di sforzi di cambiamento falliti e per i fondatori di nuove organizzazioni per giustificare la loro esistenza, e convincere gli altri ad investire e credere nella loro idea (Rhodes, 2005). Nel primo caso l’esempio più eclatante emerge in Salmon (2008) con il caso

ENRON30 una delle più grandi multinazionali statunitensi, operante nel

58 campo dell'energia e fallita nel 2001, con l’uso dello storytelling come veicolo privilegiato di legittimazione, nonostante un decennio di trucchi contabili e altre azioni illegali per mantenersi nella top ten delle migliori

aziende sul mercato americano. Nel secondo caso le sturtup 31 innovative

che dall’epoca della New economy a oggi, con la industry 4.0, hanno necessità di raccontare storie e narrare le proprie idee per riuscire a convincere investors, incubatori aziendali o acceleratori d’impresa in grado di credere in un prodotto/idea da realizzare oppure attivando campagne di crowdfunding per coinvolgere un potenziale pubblico. L’uso dello storytelling in azienda permette di:

“Condividere obiettivi specifici ovvero dare senso alle azioni dell’agire organizzativo quotidiano in modo da imprimere una spinta motivazionale. Creare un’identità (d’impresa, individuale o di gruppo) che favorisce una maggiore e migliore identificazione. Mantenere la memoria (individuale e collettiva), al fine di realizzare una continuità dei saperi e un orientamento dei comportamenti. Orientare l’opinione sociale d’impresa: le storie fanno ridere, fanno piangere, suscitano paura, generano speranza e molti altri sentimenti, attraverso l’identificazione e la proiezione. Costruire e presidiare una cultura, cioè i valori e gli atteggiamenti che si ripercuotono nei fatti quotidiani. Sostenere nella progettazione del futuro con continue ripetizioni dei racconti, sia con riferimento ai soggetti interni che esterni “ (Fontana, 2009).

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