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È nel 2009 che il ministro Brunetta, con il d.lsg. 150/2009 “attuazione della legge 4 marzo 2009 n.15 in materia di ottimizzazione della produttività del

lavoro pubblico e efficienza e trasparenza delle pubbliche

amministrazioni”, cerca di riattivare quel dialogo, che si stava ancora una volta chiudendo, tra pubblica amministrazione e cittadini, con un decreto che impone agli enti la massima trasparenza attraverso i portali istituzionali oltre alla valutazione delle performance del loro operato, da pubblicare ogni anno sul sito istituzionale.

Una riforma rivoluzionaria che sulla carta aveva delle ottime intuizioni e soprattutto in grado di poter riattivare anche quel minimo di meritocrazia interno agli enti premiando i più meritevoli. Purtroppo il ministro si è lasciato prendere la mano e nella narrazione della norma, in una occasione pubblica, ha offeso i suoi dipendenti e ha diffuso l’immagine di una PA

piena di fannulloni incompetenti8, cosa che ha messo a repentaglio il valore

della sua riforma che di fondo avrebbe potuto essere un buon punto di partenza per cambiare la pubblica amministrazione e coinvolgere in modo

8 http://www.corriere.it/politica/08_maggio_12/brunetta_pagelle_on_line_0ea022a8-2005-

27 sempre più attivo i cittadini nel percorso di co-progettazione della propria amministrazione.

Questo decreto legislativo, tuttavia, ha prodotto l’effetto di rimettere al centro i comunicatori pubblici quali attivatori del principio della trasparenza sia internamente che esternamente agli enti. Dunque ha ricollocato il comunicatore pubblico nel ruolo acquisito nel corso degli anni novanta creando di nuovo le condizioni per essere un punto di riferimento tra dipendenti e cittadini. Il decreto ha istituito le giornate della trasparenza, che sono però rimaste vetrine istituzionali dell’operato dell’ente e ha obbligato a valutare le performance di tutti i dirigenti in base a obiettivi che da ora in poi saranno pubblici, ovvero pubblicati annualmente sul portale istituzionale e dunque controllabili da chiunque.

Tutto questo percorso iniziato in Italia con il d.lgs.150/2009 ha portato in prima istanza all’istituzione di una commissione ad hoc per la valutazione della trasparenza (CIVIT, istituita con la delibera 3/2012 - oggi Autorità Nazionale per l’Anticorruzione ANAC), ha proposto linee guida per l’attuazione dei principi di trasparenza attraverso i siti web (stessa delibera ma prima ancora delibera 105/2010), per poi sfociare nel decreto legislativo 33/2013 (riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni) che ha obbligato tutti gli enti a creare un programma della trasparenza triennale.

In questa occasione il Dipartimento della Funzione Pubblica ha aperto un tavolo per la “trasparenza comunicativa” che è da subito sembrata una ottima occasione per ampliare sia le conoscenze che i meccanismi di attuazione della norma sulla trasparenza, però il tavolo, in cui sedevano i comunicatori pubblici rappresentanti di tutte le istituzioni italiane, si è

28 riunito a Palazzo Vidoni solo due volte e il lavoro è rimasto solo nella sua fase iniziale.

Nel maggio 2016 una prima revisione del decreto 33/2013 (il D.lgs. 97/2016) ha rivisto alcuni obblighi di pubblicazione sui portali istituzionali, modificando l’assetto del decreto legislativo 33/2013 su alcuni punti, ma garantendo sempre di più la trasparenza e il sempre maggior controllo dell’operato da parte dei cittadini, anche attraverso l’introduzione del

FOIA9 (Freedom of information act) princìpio cardine della nuova norma sulla

trasparenza, che permette ai cittadini l’accesso a molti documenti della pubblica amministrazione.

La mancanza di fiducia dei cittadini nelle istituzioni, conseguenza dell’alto livello di corruzione che si è manifestato con gli scandali che dagli anni di Tangentopoli fino a oggi hanno pervaso il nostro paese, hanno reso necessaria una azione forte attraverso obblighi di legge (Legge Severino n.190/2012) che, tra le numerose prescrizioni, prevede la sanzione diretta a chi non attua i princìpi e gli obblighi di pubblicazione (anche se dai dati di ANAC, 2015, le sanzioni comminate sono state pochissime).

È un problema culturale prima ancora che regolamentare, ma a distanza di qualche anno dalla nascita dell’Autorità ANAC, il controllo preventivo delle azioni amministrative non ha portato grandi risultati in termini di numeri, e nel ranking internazionale di percezione della corruzione

10(Transparency international) l’Italia è ancora agli ultimi posti e gli scandali

per corruzione continuano a essere all’ordine del giorno.

Il ruolo del comunicatore pubblico è stato determinante per attuare queste riforme, a partire dalle pubblicazioni, dal linguarggio semplificato per

9 http://www.funzionepubblica.gov.it/articolo/riforma-della-pa/16-05-2016/foia-e-trasparenza-

ora-e-legge

29 condividerle sui portali istituzionali al formato digitale con cui pubblicarle. Conoscenze e competenze che il comunicatore pubblico ha dovuto implementeare nel corso degli anni. Le grandi resistenze interne, soprattutto culturali, sono state superate grazie al grande lavoro fatto quotidianamente dai tanti comunicatori degli enti che sono riusciti a far pubblicare gli atti e i documenti previsti dal decreto 33/2013 nei tempi e nei modi richiesti. Il problema all’interno degli enti è decisamente uno dei fattori determinanti del ritardo nell’applicazione della norma sulla trasparenza, così come per molte altre norme riguardanti la digitalizzazione.

Un altro dei fattori determinanti è legato alle competenze digitali dei dipendenti pubblici. Per la prima volta, accanto alla semplice azione di pubblicazione di atti e documenti, emerge la necessità che questi siano prodotti in formato aperto. Un documento amministrativo deve essere un file in un formato informatico non proprietario, ovvero non coperto da copyright, che garantisce la lettura da parte di qualsiasi programma, riutilizzabile e accessibile da chiunque. Questo standard viene chiamato Open data, e l’estensione dei dati aperti rappresenta uno standard riconosciuto a livello internazionale. In Italia è l’Agenzia per l’Italia digitale (AgID) che vigila sulle norme, propone e aggiorna gli standard informatici da poter utilizzare per gli atti e i documenti della pubblica amministrazione. Un comunicatore pubblico deve dunque necessariamente avere queste competenze informatiche per poter comprendere la validità degli atti pubblicati nel proprio portale e, dunque, estendere queste competenze anche a tutti gli altri dipendenti pubblici, affinchè il ciclo della pubblicazione degli atti avvenga nel modo corretto. Queste competenze richiedono una formazione continua e sempre più tecnica per poter

30 osservare tali princìpi, coordinarne le attività di pubblicazione e fare in modo di coordinare questa attività fino al front end ( pubblicazione online). Certamente lavorare su standard open data è una valida opportunità per la professionalizzazione dei comunicatori pubblici, ma non l’unica: la web revolution ha fornito negli anni recenti anche un'altra grandissima opportunità comunicativa per le pubbliche amministrazioni, comne la presenza istituzionale sui Social Network Sites.