Potenzialità e limiti del percorso di mediazione
5.4 Strategie di impasse
La mediazione non segue un andamento lineare, ma un movimento circolare, a volte questo può chiudersi in sé stesso così da formare una spirale che può risucchiare anche il mediatore. Secondo l’ottica sistemica l’emergere dei circoli viziosi può essere una modalità stabilita da tempo in quella famiglia, ad esempio nel momento in cui sembra le parti siano giunte a una soluzione emerge un elemento che impedisce di continuare.
Secondo Lisa Parkinson la mediazione agisce come la programmazione neurolinguistica (NLP). Secondo la NLP i nostri comportamenti derivano dai nostri processi neurologici di vista, udito, olfatto, gusto e tatto. La “mappa” di ogni partecipante, quindi, dipende dai filtri utilizzati per interpretare la realtà, la mediazione rende le mappe più trasparenti, colmando i divari di comunicazione e sbrogliando le situazioni confuse118. Il mediatore cerca di evitare il presentarsi di situazioni di impasse strutturando e scomponendo i problemi da affrontare, questo però non può impedire che si formino blocchi comunicativi, deve allora utilizzare alcune tecniche per affrontare i punti morti.
Johnson e Campbell119 hanno individuato tre livelli di impasse, strettamente connessi l’uno all’altro:
118
Parkinson L. (2003), op. cit.
119
Johnson e Campbell (1988), cit. in Parkinson L. (2003), op. cit.
Sign. X Sign.ra
Y Sign. J
Figlia Figlio Figlia
Relazione Separazione Divorzio Convivenza/Contatti Uomo Donna
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- Livello 1: Blocchi esterni.
Consistono in tutti quegli impedimenti che sfuggono dal controllo dei partecipanti, come la difficoltà a vendere la casa coniugale, il licenziamento di un genitore e la conseguente disoccupazione. In questi casi è importante riconoscere la difficoltà e cercare di farvi fronte, per fare ciò può essere utile utilizzare il brainstorming per individuare soluzioni alternative.
- Livello 2: blocchi interpersonali o interattivi.
Consistono in tutti quei blocchi che riguardano la comunicazione tra i partecipanti. In genere si presentano in situazioni di scarsa conoscenza dell’altro; possesso di informazioni scorrette, perché errate o fraintese e dal possesso di diverse concezioni di equità e giustizia. In tutti questi casi la soluzione è quella di chiarire la situazione attraverso una ridistribuzione delle informazioni e un chiarimento sui significati. I blocchi comunicativi, però, possono anche essere frutto della scarsa fiducia tra i partner o dalla malafede, in questo caso è utile ribadire le regole della mediazione e la distinzione tra relazione coniugale e genitoriale.
In alcuni casi può esserci una vera e propria collusione da parte della coppia, che impedisce la mediazione per mantenere il conflitto che lega.
- Livello 3: blocchi all’interno degli individui.
Si tratta di blocchi mentali o percettivi, che possono anche essere inconsci e derivare da esperienze vissute durante l’infanzia.
In genere i blocchi personali sono legati al dolore della perdita e alla rabbia, questi sentimenti impediscono di guardare il futuro e si traducono in forti giudizi morali verso l’altro; negazione della rottura; mancanza di cooperazione sui figli; minacce o ricatti emotivi e tentativi di manipolazione. In questi casi il mediatore deve aiutare la persona a riconoscere lo shock e il dolore come una reazione normale. Se entrambi i partner sono arrabbiati o afflitti è più difficile si formino dei blocchi, ma se un partner esprime dolore e l’altro rabbia è inevitabile che ad un certo punto si crei una situazione di impasse, allora il mediatore cercherà di far emergere il collegamento tra rabbia e sofferenza in un processo di condivisione.
Milton Erickson ha messo a punto una tecnica per far smuovere le persone che mantengono un atteggiamento ostinato che impedisce la mediazione, attraverso gli interventi paradossali120.
120
Donald Mac G. (2007), “Interventi paradossali. Una tecnica per far smuovere parti bloccate”,
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L’intervento paradossale nasce da una specifica reazione del mediatore al comportamento paradossale di una delle due parti, è una reazione apparentemente illogica ad un comportamento apparentemente logico o viceversa.
Il mediatore nel fare ciò deve tenere conto di alcuni punti fermi quali:
- Nessuna fretta: le parti hanno spesso fretta, ma allo stesso tempo si soffermano all’infinito su certe cose, in questi casi il mediatore può esortare ad affrettarsi pur sapendo che non porta a risultato, poi, quando la coppia vuole decidere, può sconsigliare la fretta, che porta a decisioni sbagliate.
- Non lavorare troppo: sono le parti che devono lavorare, mentre il mediatore si occupa di indirizzare e garantire il processo con la sua presenza mentale.
- Non essere avidi: il mediatore non è interessato personalmente alla mediazione.
- Assumere un’espressione stupida quando vengono dette stupidità.
- Non stare solo ad ascoltare i racconti, ma osservare i comportamenti, in quanto è lì che si trova la verità.
Negli interventi paradossali il mediatore può utilizzare alcune frasi per far smuovere le parti, può usare la parte offesa del conflitto per uscire da una situazione, ad esempio può capitare, in una situazione in cui tutto procede bene, che a un certo punto la moglie inizi ad attaccare il marito, in questo caso il mediatore può chiedere al marito come ha fatto a far diventare sua moglie così arrabbiata e invitare entrambi a riflettervi, ripresentando così una situazione di dialogo.
Nelle situazioni di forte sofferenza il mediatore può chiede a una parte che cosa può fare per l’altra, quando le parti capiscono di aver ferito l’altro scompare gran parte del dolore. Un’altra strategia può essere quella di sbattere in faccia alla coppia il ruolo di genitori, il mediatore potrebbe chiedere: «Cosa farebbero dei genitori normali in questa situazione? Lo dica lei che è padre/madre!».
L’utilizzo di interventi paradossali può spiazzare le parti e interrompere il blocco, facendo riprendere il percorso e magari stimolando nuove riflessioni.
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