sistemi di informazione e di relazione ai fini di un sistema omogeneo ed efficace per garantire un esercizio di relazione semplificato di qualità elevata e la produzione di dati e di informazioni ambientali comparabili e pertinenti” e il “miglioramento del processo di definizione della politica attraverso la valutazione ex ante dei possibili impatti, segna-tamente gli impatti ambientali, delle nuove politiche, e la valutazione ex post dell’effica-cia delle misure esistenti rispetto al conseguimento dei loro obiettivi in ambito ambien-tale” (concetto di pragmatica).
La nascita dell’attività di reporting ambientale, quale oggi è praticata, si può far risalire agli inizi degli anni Ottanta, quando i governi di molti paesi nord-occidentali avvertirono l’e-sigenza di migliorare la capacità operativa rispetto a diversi ordini di questioni, quali: monitorare lo stato dell’ambiente per valutarne le modificazioni, in atto e tendenziali; sti-mare in via preventiva e misurare in modo più puntuale l’efficacia dei provvedimenti adottati per attuare le politiche ambientali all’interno e per ottemperare agli impegni assunti in campo internazionale; ripensare la gestione ambientale nei termini di un’inte-grazione tra ambiente ed economia (meccanismo di retroazione).
Le strategie messe in atto per soddisfare tali esigenze individuarono negli indicatori ambientali gli strumenti necessari sia per delineare un quadro dello stato dell’ambiente sia per monitorare l’efficacia dei provvedimenti politici adottati. L’integrazione reciproca tra politiche ambientali e politiche economiche consentì di cogliere, tra l’altro, la poten-zialità degli indicatori ambientali quali strumenti di “comunicazione ambientale” facendo sì che il loro ruolo divenisse del tutto analogo a quello degli indicatori economici già uti-lizzati ad esempio per coordinare, a livello internazionale, le politiche economiche di vari paesi (meccanismo di retroazione).
Da allora molteplici e significative sono state le esperienze di reporting ambientale a livello internazionale e comunitario che sono state realizzate, alcune delle quali sono ancora oggi di grande importanza. Per tutte si citano, in campo internazionale, quelle dell’OCSE e a livello comunitario quelle di Eurostat e dell’AEA.
La comunicazione nel settore delle ispezioni
La completa attuazione alla Raccomandazione 2001/331/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, che definisce i criteri minimi per le ispezioni ambientali, richiede che il Governo adotti un apposito regolamento. Il Regolamento deve definire: i criteri specifi-ci relativi all’organizzazione ed esecuzione delle ispezioni ambientali, i criteri per la pre-disposizione di un piano delle ispezioni ambientali da parte delle Amministrazioni com-petenti a livello nazionale, regionale o locale, i criteri per disciplinare le visite in sito (con-cetto di sintassi). Le opzioni di riferimento nella stesura di tale regolamento sono quel-la dei controlli tradizionali per matrice ambientale o “a valle” e quelquel-la delle ispezioni pro-grammate o “a monte” dell’autorizzazione ambientale (concetto di pragmatica). I limiti nel controllo per matrice ambientale sono superati dalla scelta di questa seconda opzio-ne di tipo integrato, quale quella proposta dalla Direttiva IPPC o adottata dalla Direttiva Seveso II, che implicano una conoscenza dettagliata dell’impianto in tutti i suoi aspetti, che si traduce nel rilascio di autorizzazione integrata e non per singola matrice ambien-tale. La verifica della conformità richiederà un controllo non solo amministrativo, ma sopratutto tecnico-gestionale ed analitico (concetto di semantica).
Naturalmente, questo tipo di conduzione dei controlli e di ispezioni presuppone anche una nuova figura di ispettore ambientale che non sarà necessariamente un ufficiale di polizia giudiziaria, ma un esperto che lavorerà all’interno di un “Team ispettivo” che pre-parerà la sua ispezione dapprima a tavolino e poi sul sito da ispezionare. La comunica-zione diviene elemento portante di una politica di solucomunica-zione del problema, che vede la
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disponibilità di informazioni e della loro diffusione alla base di un dialogo coerente con tutti gli attori coinvolti (meccanismo di retroazione).
Integrated Pollution Prevention and Control
Il dialogo tra i diversi soggetti interessati, pubblici e privati, deve essere incrementato soprattutto attraverso l’opportuna conoscenza e, a tal fine, l’APAT ed il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio (autorità competente nazionale per IPPC) sono in fase di progettazione e realizzazione di un osservatorio sull’attuazione della Direttiva IPPC. L’attività dovrebbe consentire di:
1. analizzare l’insieme di relazioni tra i soggetti (chi fa cosa e verso chi) (concetto di semantica);
2. eseguire il progetto di comunicazioni tra gli attori in gioco, dal punto di vista della nor-mativa, della prassi, dei flussi informativi in essere e da realizzare) (concetto di sintassi); 3. individuare gli obiettivi principali di comunicazione e le modalità di esercizio delle stes-se, nonché i fabbisogni e i contributi dei diversi attori coinvolti )concetto di pragmatica); 4. porre a patrimonio comune gli strumenti oggi disponibili per l’Osservatorio (relazio-ni tec(relazio-niche, bolletti(relazio-ni d’informazione elettro(relazio-nici, posta elettro(relazio-nica, sito internet, semina-ri tematici, formazione, master universitasemina-ri, ecc) (meccanismo di retroazione); 5. progettare e realizzare un database per registrare, archiviare ed elaborare, per i vari
utenti e con le necessarie particolarità, le informazioni; 6. progettare e realizzare un sito.
Per garantire l’attuazione dell’IPPC occorre la disponibilità di dati sia di natura impianti-stica sia ambientale per l’attività di indirizzo da parte delle autorità competenti e dei con-seguenti procedimenti amministrativi di rilascio delle autorizzazioni e per la necessaria trasparenza amministrativa.
Funzione e relazione: conclusioni
Come il numero non è solamente espressione di grandezze variabili concrete bensì astratte, come è nell’esempio di un numero negativo, così l’informazione non riguarda, come detto, unicamente enunciati ma anche espressioni comportamentali. Come la fun-zione, come rapporto tra i numeri, non rappresenta una grandezza intuitiva come il numero medesimo, bensì ha valore solo come rapporto tra le variabili, così la relazione fra i soggetti comunicanti è un concetto che può essere assimilato a quello di funzione (matematica). Se l’informazione deve e vuole essere esauriente, non può non tradurre compiutamente l’osservabilità del sistema; anche, e soprattutto nel “settore ambiente” la comunicazione deve assicurare il possesso di tutta l’informazione necessaria senza necessità di riferirsi al passato: la consapevolezza, che si acquisisce attraverso la comuni-cazione, è sostanzialmente consapevolezza delle funzioni, delle percezioni.
In conclusione la comunicazione per essere in grado di sostenere un’efficace prevenzio-ne non può essere relegata ad una semplice esposizioprevenzio-ne delle informazioni, ma deve essere strettamente collegata alle relazioni in corso ed alle percezioni del sistema ambientale. Se l’informazione è paragonabile al software, la comunicazione, come ele-mento strumentale complesso, assume le funzioni proprie di un hardware, per il quale è più corretto lasciar da parte la struttura interna ed osservare esclusivamente i rappor-ti di ingresso-uscita, cioè la comunicazione.
La consapevolezza di attribuire un significato ai messaggi della comunicazione è senza dubbio importante, anche se tale attribuzione dipende necessariamente dalla personale valutazione; la comunicazione non può prescindere dalla considerazione
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za della relazione che si instaura tra i soggetti comunicanti. Con uno sguardo al presen-te ed al passato, molti suggerimenti possono essere dedotti dall’esperienzaprecedente-mente acquisita per identificare nuovi e migliori modelli preminenti di comunicazione. Importante è sottolineare che la causa che promuove la comunicazione non è prevalen-te rispetto all’effetto che si va a deprevalen-terminare sul comportamento; diventa così importan-te non solo il conimportan-tenuto della comunicazione ma anche la relazione che si deimportan-termina. Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto ed un aspetto di relazione, di modo che il secondo qualifica il primo ed è quindi metacomunicazione. Nel “sistema” pubblico sono fondamentali i meccanismi di comportamento. Ciò conferma l’attenzione di questa Ottava Conferenza rivolta all’esame congiunto di molti strumenti di calibrazione e di con-fronto che, per i fini istituzionali di informazione propri del Sistema Agenziale consento-no di predisporre una strategia comune per la corretta ed esaustiva comunicazione.
Sommario
La comunicazione assurge al ruolo di organizzazione della interazione tra gli individui, sin-goli o collettivi, che può essere considerata come un sistema, cioè un insieme di ogget-ti e di relazioni tra gli oggetogget-ti ed i loro attribuogget-ti, in cui gli oggetogget-ti sono componenogget-ti o parogget-ti del sistema (individui), gli attributi sono le proprietà degli oggetti (comportamenti) e le relazioni tengono insieme il sistema. L’aspetto importante non è il contenuto della comu-nicazione, ma il ‘comando’ (relazione). Un sistema è costituito dall’insieme di tutti gli oggetti che sono tali che un cambiamento nei loro attributi influenza il sistema stesso ed anche di quegli oggetti i cui attributi sono cambiati dal comportamento del sistema. Il sistema ambiente non si sottrae a questa logica, anzi, al pari degli altri sistemi, può esse-re ulteriormente suddiviso in sottosistemi i cui oggetti possono far parte anche a più sottosistemi o ad altri sistemi (produttivi, determinanti, ecc).
La flessibilità dei concetti sistema-ambiente e sistema-sottosistema è dovuta al fatto che – come spiega la teoria dei sistemi – i sistemi organici sono sistemi aperti, cioè scambia-no materiali, energie o informazione col loro ambiente. Un organismo vivente o un corpo sociale non è l’aggregazione di pari elementari o processi elementari, ma una gerarchia integrata di sottoinsiemi autonomi costituiti, a loro volta, da sottoinsiemi e così via. Ma anche il pubblico, come l’ambiente, è sistema: e per esso valgono i concetti di totalità, poiché il comportamento di ogni individuo è in rapporto con il comportamen-to di tutti gli altri membri e di nonsommatività, perché l’analisi del pubblico non è solo la somma dell’analisi degli individui, ma esistono caratteristiche che sono proprie del sistema.
Il sistema “pubblico”, come ogni sistema organico tende alla stabilità e tale stato è man-tenuto da meccanismi complessi di comportamento. Necessaria è la calibrazione, cioè la messa a punto del sistema così come necessario è l’approccio corretto e strategico di comunicazione, graduale ma al tempo stesso completo.
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10. Milella P., “Linee di tendenza per l’esecuzione delle ispezioni e controlli ambientali e la formazione degli ispettori” - Bologna 2003
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RANCESCOL
ALLAProcuratore della Repubblica di Genova
Sono molto orgoglioso di essere il rappresentante della magistratura in un convegno di così alto livello culturale e scientifico, che perfettamente si inserisce in questa straordina-ria stagione della città, di Genova capitale europea della cultura.
Il primo concetto che voglio esprimere è questo: non è contestabile da nessuno che la magistratura abbia avuto nella seconda metà degli anni sessanta e settanta un ruolo fon-damentale nell’imporre all’attenzione di tutta la comunità nazionale e della classe politi-ca il tema dell’ambiente. Una parola, questa, che allora, quando ero un giovane pretore, definito insieme a molti altri, “d’assalto”, secondo una fortunata definizione di Beppe Borselli, giornalista del Secolo XIX, era sconosciuta sia nella sua espressione linguistica che nella sostanza. Certo, in quei tempi la magistratura impose il tema con i modi che le sono propri, ossia con un controllo di legalità attuato con l’applicazione delle sanzio-ni penali, attraverso il processo che certamente rivelava tutta la rozzezza del mezzo usato. I magistrati avevano di questo consapevolezza, e tuttavia non rinunciavano a pro-porre all’attenzione di tutti un tema di grande respiro costituzionale, sul quale si era con-centrato l’interesse della comunità civile. E lo facevano con insistenza e costanza, sino a quando l’argomento è divenuto patrimonio comune ed i valori della salute e del benes-sere legati all’ordinato sviluppo del territorio si sono imposti alla generalità dei cittadini. Da quella spinta, che trasformò un intervento settoriale in vero e proprio fenomeno cul-turale, nacque, a partire dalla legge Merli del 1976, una legislazione sempre più affinata, sovente generata da direttive europee, che è divenuta col tempo persino ridondante e non tutta convincente. Per concludere su questo primo punto che ho voluto sottolinea-re, credo che il potere giurisdizionale abbia preceduto quello legislativo ed esecutivo nel valutare la valenza, il rilievo ed il grande respiro del tema dell’ambiente. È una primoge-nitura, forse datata, che orgogliosamente rivendico per l’ordine di cui faccio parte. Il secondo concetto è – in un certo senso – parallelo ed opposto: io auspico che il ruolo della magistratura in tema venga sempre più ridotto e ridimensionato. Il nostro eccesso di intervento esprime una patologia che in un paese maturo e democratico va corret-ta. Sono gli altri poteri dello Stato, che meglio esprimono l’interesse e la sensibilità dei cittadini, di tutta la comunità nazionale, che devono avvertire la valenza dei problemi
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l’ambiente, correttamente interpretarli e tradurli in regole condivise, ragionevoli, chiare.Auspico che questo avvenga, come in parte è avvenuto, perché non mi annovero fra icosiddetti “giustizialisti”, non lo sono per cultura e tendenza personale. Non mi interes-sa il furore repressivo; una democrazia matura deve proseguire su altre strade. Ben venga, dunque, il ridimensionamento del nostro ruolo. Ciò significherebbe che la cultura del rispetto ambientale è divenuta fra i consociati un patrimonio comune e diffuso, con la spontanea obbedienza a regole sentite e condivise; che il mondo dell’impresa ha avvertito essere civile ed economicamente vincente produrre beni nel rispetto della salute, del territorio, del paesaggio; che la pubblica amministrazione ha saputo tradurre i meccanismi istituzionali di attuazione dei dettati normativi in interventi preventivi, orga-nizzativi e di controllo sufficienti ad evitare nella maggior parte dei casi momenti pato-logici di trasgressione, perseguibili solo con la più grave delle sanzioni, quella penale, e con l’intervento dell’autorità giudiziaria. In questo senso intendo ed auspico il ridimen-sionamento del ruolo della magistratura, pur con il riconoscimento dei suoi meriti inne-gabili nella salvaguardia di un bene costituzionalmente protetto che tanto sta a cuore alla generalità dei nostri concittadini.
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ORACCODirettore Generale ARPAL
Per me questa è una bellissima occasione, una bella opportunità; chi dal ‘75, opera sul tema dell’ambiente, ha vissuto un po’ tutta l’evoluzione e vede ad oggi una opportunità notevole per fare di questo tema un elemento non soltanto di rinnovo culturale del nostro paese, ma anche di sviluppo e di qualificazione della nostra capacità italica e del nostro made in Italy. Sono emozionato, indubbiamente e mi fa anche piacere dirlo. Mi prenderò una ventina di minuti e parlerò più da tecnico che da Direttore Generale. Inizio subito con una bellaissima foto di Genova, come potete vedere, messa a disposi-zione da un grande fotografo, Merlo, che ci sta aiutando ed ha condiviso anche questa opportunità. Grande foto di Genova che vi vede raccolti al Magazzino del Cotone, che ringrazio, perché hanno contribuito notevolmente alla predisposizione ed all’avvio di questa bella iniziativa. Fatte queste premesse, inizio ad andare nel dettaglio, facendo rife-rimento a quello che ci siamo detti a Milano nella Settima Conferenza, che come è stato verificato, è stata un po’ il passaggio da un’epoca ad un’altra: dopo un confronto serrato, ci siamo resi conto che come sistema agenziale disponiamo di dati omogenei, aggregati e misurati con tecniche sempre più sofisticate. Ci siamo detti che come struttura agen-ziale abbiamo le giuste professionalità e competenze per gestire i temi dell’ambiente. Abbiamo però messo a fuoco un problema di fondo: le nostre pubblicazioni, i nostri volumi parlano di dati, ma i dati che abbiamo immesso non parlano e non si fanno sen-tire. Abbiamo difficoltà, come sistema agenziale, ad arrivare alle parti interessate: le isti-tuzioni, i cittadini, gli imprenditori tutti. Da questo aspetto, evidenziato molto puntual-mente, si è individuata la necessità di promuovere la cultura della gestione delle risorse (ecco che subentra al posto di ambiente il termine risorsa), la necessità di educare alla responsabilità comportamentale. Come? Sviluppando temi che sono all’interno dell’Agenzia, ma che per motivi di priorità, avevamo tenuto quasi di scorta, dando pre-cedenza agli aspetti più tecnici. Ci siamo convinti della necessità di valorizzare e di pun-tare il nostro futuro anche e necessariamente sui temi della comunicazione, informazio-ne e dell’educazioinformazio-ne ambientale. In questi mesi di progettazioinformazio-ne dell’Ottava Conferenza ci siamo ancor più convinti che sia il momento giusto. Voi tutti sapete come le notizie
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sull’ambiente sono tali soltanto se richiamano disastri o eventi che incidono sulla nostra vita, e che si parla sempre degli effetti e mai delle cause. Questo è il problema fonda-mentale che dobbiamo affrontare: l’ambiente non deve essere un qualcosa che fa moda o notizia e basta, perché l’ambiente siamo noi. Su tali basi si è individuata la necessità di operare su questi temi e ciò per noi è un momento giusto per esprimere le potenziali-tà che abbiamo come sistema; siamo consapevoli delle nostre capacipotenziali-tà e potenzialipotenziali-tà, e quindi dobbiamo dare le giuste motivazioni, sia all’interno del sistema agenziale che all’e-sterno. Quindi dobbiamo metterci in condizioni di creare e di sostenere la cultura sul-l’ambiente. In fase di progettazione, di coordinamento degli abstract che avete mandato per gli interventi, una riflessione è stata questa: la comunicazione, l’educazione ambien-tale sono qualcosa di nuovo o che avevamo e che forse ci siamo dimenticati? Io, per dare un minimo di significatività, ho affrontato il tema anche con un amico, con il professor Giovanni Rebora, che è uno storico dell’Università di Genova, storico di politica econo-mica, ed abbiamo un po’ visto la tematica ai tempi della nostra Repubblica. Siamo a Genova, poteva valerne la pena. Stiamo facendo uno studio che verrà pubblicato a fine anno. Ecco che qui vedete questa bellissima foto, vedete come Genova è stata dipinta nel 1500 come una città chiusa tra mura e colline, che aveva e puntava tutta la sua atti-vità nel porto. Mi diceva il professor Giovanni Rebora che le vie di comunicazione fino al 700 sono state di fatto solo il mare, le strade erano delle mulattiere. Bene, la città che qui vedete era di fatto chiusa, come si diceva, tra le mura ed in collina. Questa città – ed è una cosa estremamente importante – nel dodicesimo secolo aveva, attraverso i Consoli del Comune, regolamentato gli aspetti ambientali. Non è una novità, ma è una conferma del buon senso dei nostri avi, perché esisteva questa legge che richiamava come le nostre vie, i nostri carruggi, stretti ed in salita, dovevano essere tenuti puliti da getti e rumenta - la rumenta per noi è sempre la spazzatura, la chiamiamo ancora oggi rumenta - e come le stesse andassero mantenute in termini di stabilità e di adeguatez-za del suolo e del fondo. Queste sono leggi del 1145. Ma da queste leggi che possono avere anche una motivazione di tipo urbanistico (è evidente che queste stradine in sali-ta quando pioveva porsali-tassero in porto molsali-ta terra, e quindi il porto stesso tendeva ad insabbiarsi), è nata una consapevolezza, un modo di comportarsi, che ha aiutato a crea-re cultura sul tema. Abbiamo scoperto come ogni cittadino era tenuto, fatto salvo note-voli sanzioni, a mantenere pulito il tratto di via prospiciente al negozio, l’abitazione; come gli ortolani, finito il mercato, erano tenuti a portar via tutti i rifiuti, deiezioni comprese