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STRUTTURA ATTIVITÀ ESTRATTIVE, RIFIUTI E TUTELA DELLE ACQUE 19

Con nota acquisita agli atti in data 31 maggio 2017, la Struttura attività estrattive, rifiuti e tutela delle acque ha comunicato quanto segue:

“il centro di cui trattasi dovrebbe insistere sui mappali n. 747, 768 e 769 del foglio n. 53, del Comune di Nus. Tali terreni sono classificati a rischio di inondazione – fascia B, e le particelle n. 747 e 769 sono destinate, ai sensi dell’art. 73 della l.r. 11/1998, all’uso agro-silvo-pastorale.

La disciplina d’uso dei terreni classificati a rischio di inondazione è regolata dalla legge regionale 6 aprile 1998, n. 11 e dalla deliberazione della Giunta regionale n. 2939 del 10 ottobre 2008 riguardante le disposizioni attuative della legge regionale 6 aprile 1998. In particolare la deliberazione n. 2939/2008, per quanto riguarda la disciplina d’uso delle zone ricadenti nella fascia B vieta, tra l’altro, al punto c) i mutamenti della destinazione d’uso.

Premesso quanto sopra, l’intervento proposto non risulta essere, per quanto di competenza della scrivente Struttura, compatibile con la destinazione d’uso prevista dalla normativa sopra richiamata. Considerato, inoltre, che il vincolo della destinazione d’uso è posto da una norma pianificatoria superiore non pare vi siano al momento i presupposti per applicare le disposizioni di cui all’art. 208, comma 6, della parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, che prevedono che l’approvazione del progetto costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico. Per quanto sopra esposto si esprime parere negativo alla realizzazione dell’impianto di cui trattasi.”

Come emerso nella Conferenza dei Servizi l’opera andrà ad ottenere la compatibilità rispetto ai vincoli esistenti e più precisamente rispetto agli ambiti per inondazione di cui all’art. 36 della L.R. 11/98. Infatti in base alla vigente disciplina d’uso, stabilita dalla deliberazione della Giunta regionale n. 2939/2008, nelle aree caratterizzate dai predetti vincoli è ammessa la realizzazione di infrastrutture connesse con l’attività estrattiva, la realizzazione di impianti per la lavorazione del materiale derivante da attività estrattiva e la realizzazione di depositi temporanei di materiali inerti, previa la redazione di un

di settore, l’autorizzazione alla realizzazione dell’impianto costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico”.

7. ASSOCIAZIONE LEGAMBIENTE VALLE D’AOSTA

Nell’ambito dell’istruttoria, sono inoltre pervenute le osservazioni formulate da parte dell’Associazione Legambiente Valle d’Aosta (acquisite in data 8 maggio 2017) con le quali la suddetta Associazione, sottolineando varie criticità relative agli impatti potenziali dell’attività in esame, ha espresso le seguenti considerazioni:

Nel Rapporto Cave 2017 di Legambiente viene riportato il seguente titolo: “3 miliardi di euro di fatturato, 4.700 cave attive e 14mila abbandonate”

(https://www.legambiente.it/contenuti/comunicati/legambiente-presenta-rapporto-cave-2017-3-miliardi-di-euro-di-fatturato-4700-ca).

In tale articolo si riporta che “la sfida dell’economia circolare riguarda anche il mondo delle attività estrattive, perché è possibile ridurre il prelievo di materiale e l’impatto delle cave nei confronti del paesaggio, dare una nuova vita ad una cava dismessa e percorrere la strada del riciclo degli aggregati”. L’economia circolare, rappresentata dai centri di recupero dei materiali inerti, con la rinascita di materiale una volta destinato alle discariche e ora finalmente recuperato e riutilizzato, è la sfida che l’Europa richiede.

Sempre nell’articolo si sottolinea infatti che “le Direttive europee prevedono che entro il 2020 il recupero dei materiali inerti dovrà raggiungere quota 70%”. La giusta conclusione dell’articolo riporta che “per Legambiente le tre scelte per rilanciare il settore sono: rafforzare tutela del territorio e legalità attraverso una Legge quadro nazionale, …, stabilire un canone minimo nazionale per le concessioni di Cava, …, ridurre il prelievo da cava attraverso il recupero degli inerti provenienti dall’edilizia, per andare nella direzione prevista dalle Direttive Europee e riuscire così ad aumentare il numero degli occupati e risparmiare la trasformazione di altri paesaggi”.

Il progetto prevede la realizzazione di un centro di recupero di materiali inerti in un terreno posto immediatamente a contatto con l’unica zona industriale definita dal PRG di Nus. La posizione dell’impianto è totalmente fuori dal SIC e il progetto ha cercato di tutelare in tutti i modi l’avifauna, così come riportato nel la relazione di incidenza (documento aggiornato ed integrato).

“Visti i rischi, non sufficientemente analizzati, che le lavorazioni previste dal progetto danneggino il sito protetto, si chiede che l’impianto e il centro di recupero terra e rocce non vengano realizzati in quel luogo. La relazione di valutazione di incidenza, limitandosi a dire che l’area prevista per l’impianto non rientra nel SIC, non analizza le conseguenze che le opere in progetto avranno sul SIC stesso che si trova a confine. Confine che contrariamente a quanto dichiarato non è rappresentato dal fiume ma che comprende invece tutta la sponda orografica sinistra e che, quindi, passa direttamente a ridosso degli impianti previsti. E sicuramente le polveri e il rumore che l’impianto svilupperà non si fermeranno in corrispondenza di tale confine. La possibilità che l’impatto degli impianti previsti danneggi il Sito protetto, inducendo l’avifauna, a cui il sito è desinato, ad allontanarsi è un’opzione che non è stata presa in considerazione.

Nella Relazione di incidenza si è erroneamente riportato che il confine del SIC era rappresentato dal fiume (planimetria sotto riportata): effettivamente l’area tutelata

comprende la fascia boscata posta a ridosso dell’argine in sinistra orografica. Si tratta comunque di aree non interessate dal centro di recupero che è posto a oltre 50 m dall’argine e oltre 40 m dal confine del SIC. Come ben esplicitato nella relazione, per andare a ridurre al minimo le interferenze con il SIC stesso, le attività più impattanti (carico-scarico materiale, lavorazione con vagli e frantoio) sono state situate tutte nel settore settentrionale del lotto, proprio a ridosso dell’imponente rilevato della strada statale. A oltre 40 m dal confine del SIC si hanno pertanto solo i depositi di materiali recuperati posti in limitati cumuli con altezza massima di 3 metri.

Riteniamo che sia compito dell’amministrazione regionale il valutare l’opportunità di realizzare in tale luogo, a confine con un SIC, un impianto di lavorazione inerti. Facciamo presente che a poca distanza si situano la discarica inerti del bivio di Chetoz e la vicina discarica inerti posta tra il bivio e l’abitato di Chetoz, di cui di recente è stato chiesto l’ampliamento, aree che distano qualche centinaio di metri dall’impianto in questione.

Sono poi da tenere in considerazione gli altri più grandi impianti di lavorazione inerti presenti a Champagne (tra Nus e Chambave) e a Les Iles di Villefranche (tra Nus e Quart). Non è necessario che ogni Comune sia dotato di un impianto lavorazione inerti, soprattutto quando le località sono così vicine e il numero degli impianti già in funzione sono tanto numerosi lungo tutto il corso della Dora.

L’analisi costibenefici, che la relazione ambientale riconduce, peraltro in modo molto superficiale, alla sola presenta di questo singolo impianto, non può prescindere, per l’amministrazione regionale, da una valutazione sulle località e gli impianti già funzionanti, per analizzare quali di questi siano situati in aree di maggiore pregio ambientale e/o di vulnerabilità naturale.

Senza entrare nel merito dell’esatta ubicazione delle discariche sopra citate, la normativa

essenzialmente lungo il fondovalle e compresi nelle aree industriali. Il centro di recupero, situato sui terreni di proprietà dei committenti, è posto infatti a ridosso della zona Da1, unica zona industriale del Comune di Nus.

Rileviamo che la relazione tecnica considera che “l’intervento si qualifica di interesse pubblico ai sensi dell’art. 208 comma 6 del Decreto Legislativo 3 aprile 2006 , n. 152 e s.m.i. - Norme in materia ambientale, l’opera, una volta approvata, risulterà coerente in quanto “l'approvazione sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori”. Riteniamo che la qualifica di pubblica utilità debba essere prerogativa e responsabilità dell’amministrazione regionale.

In merito alla publica utilità dell’opera, vista l’importanza ambientale dell’opera il legislatore ha stabilito che, ai sensi dell’art. 208 comma 6 del Decreto Legislativo 3 aprile 2006 , n. 152:

6. Entro 30 giorni dal ricevimento delle conclusioni della Conferenza dei servizi, valutando le risultanze della stessa, la regione, in caso di valutazione positiva del progetto, autorizza la realizzazione e la gestione dell’impianto. L'approvazione sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori.

Risulta pertanto implicito che l’approvazione dell’opera comporta la dichiarazione di pubblica utilità della stessa.

Qualora l’amministrazione ritenesse, in base ad altre considerazioni, di autorizzare comunque il progetto, ribadendo il nostro parere negativo, si forniscono le seguenti raccomandazioni:

- Arretrare la scogliera di contenimento e il rialzo di 50 cm., previsti a tutela dell’impianto dalle inondazioni, rispetto alla sponda del fiume (compensandolo eventualmente con uno sforamento dei confini verso ovest in prossimità della strada regionale), in modo da garantire una fascia arborata (da rinaturalizzare) ampia almeno dai 50 ai 150 metri, che accompagni tutta la sponda orografica sinistra della Dora compresa fra le due rotonde, fascia che dovrebbe essere garantita, per quanto possibile, anche in corrispondenza dell’edificio esistente;

- Rinaturalizzare tutta la sponda sinistra, per l’ampiezza della fascia suddetta, dalla rotonda di Chetoz a quella di Plantaz con le essenze arboree tipiche del sito naturalistico;

La sponda sinistra della Dora Baltea nel settore oggetto di intervento è caratterizzata da un argine in scogliera e da una fascia continua di vegetazione. Alle spalle della fascia alberata si ha una strada in parte sterrata utilizzata solamente dalle attività industriali presenti nella zona Da1. Il progetto prevede pertanto la messa in sicurezza dalle inondazioni come prescritto dal Dipartimento programmazione, difesa del suolo e risorse idriche (vd. Cap.3).

L’impianto prevede inoltre di circondare la zona di lavorazione, in corrispondenza della scogliera di contenimento suddetta, con una cinta arborea di sempreverdi di altezza adeguata a proteggere le aree esterne dai rumori e dalle polveri.

Per quanto riguarda la rinaturalizzazione di tutta la sponda sinistra, per l’ampiezza della fascia suddetta, dalla rotonda di Chetoz a quella di Plantaz con le essenze arboree tipiche

del sito naturalistico, tale valutazione dovrà essere fatta in sede di pianificazione territoriale in quanto comprende terreni che non rientrano nella presente progettazione: si tratta infatti di terreni di altre proprietà con attività e destinazioni d’uso in atto differenti da quelle indicate da Legambiente per la modifica delle quali dovrà essere eventualmente presentato, a nostro parere, da tutti i soggetti le cui attività confinano con il SIC e non solo dal proponente del presente centro di recupero, un progetto a livello comunale o regionale.

- Circondare (come previsto da progetto) la zona di lavorazione, in corrispondenza della scogliera di contenimento suddetta, con una cinta arborea di sempreverdi di altezza adeguata a proteggere le aree esterne dai rumori e dalle polveri; cinta arborea da mantenere ben distinta e, possibilmente, lontana dalla fascia arborata richiesta per le sponde del fiume;

Come indicato, il progetto ha già previsto la realizzazione di una quinta alberata su tutto il perimetro del centro di recupero.

- Riportare l’area di deposito inerti retrostante l’edificio esistente ai confini del SIC che in questo punto si amplia rispetto alla fascia spondale; in alternativa compensare lo sforamento con una riduzione della parte terminale del deposito stesso che oggi arriva a lambire la zona dei ponti (ferroviario e stradale) sulla Dora;

Si ritiene che tale osservazione sia riferita all’altro impianto esistente ed autorizzato presente nella zona industriale Da1: il terreno oggetto d’intervento non lambisce infatti la zona dei ponti (ferroviario e stradale) sulla Dora.

- In generale e per quanto possibile delocalizzare e concentrare le lavorazioni attuali e quelle future ai confini della strada regionale e liberare la fascia fluviale rinaturalizzandola.”;

Come ben esplicitato nella relazione, per andare a ridurre al minimo le interferenze con il SIC stesso, le attività più impattanti (carico-scarico materiale, lavorazione con vagli e frantoio) sono state situate tutte nel settore settentrionale del lotto, proprio a ridosso dell’imponente rilevato della strada statale. A più di 40 m dal confine del SIC si avranno pertanto solo i depositi di materiali recuperati posti in limitati cumuli con altezza massima di 3 metri.

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