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Struttura e fortuna della raccolta

Nel documento Ricerche intorno alle Pauli sententiae (pagine 38-43)

Le vicende della tradizione testuale riflettono nitidamente la fortuna della nostra raccolta, alla cui diffusione, attestata dal largo uso che se ne fece nelle scuole98 e nei procedimenti giudiziari dell’impero, contribuì, e non poco, il suo ordine espositivo.

Non è un caso, del resto, che il giurista autore della Consultatio veteris

cuiusdam iurisconsulti, uno scritto concepito di sicuro per la prassi, abbia

utilizzato, della letteratura giurisprudenziale, la sola opera ascritta a Paolo. Questa scelta, con ogni verosimigliaza, non deve imputarsi esclusivamente alle limitate conoscenze dell’autore in materia di letteratura giuridica, ma potrebbe essere dettata, a mio avviso, proprio dalla particolare impostazione delle Sententiae: l’efficacia delle sue brevi massime – un vero e proprio condensato di ius receptum – non doveva apparire minore rispetto alle citazioni tratte, sempre in quest’opera, dai provvedimenti imperiali99.

98Cfr. infra, Cap. II, § 2.4.

99 Sul punto, per tutti, G. G. ARCHI, Il problema, cit., pp. 75 ss. Lo studioso ha infatti

osservato come nella Consultatio possa individuarsi un uso della dizione ex corpore, oltre che per le citazioni dei testi normativi tratti dal Teodosiano e per le costituzioni tratte dal Gregoriano, anche per le citazioni delle Pauli Sententiae (cfr. C.A. CANNATA, La cosiddetta

‘Consultatio veteris cuiusdam iurisconsulti’, cit., p. 274, il quale ha rilevato come, ad

Nel mondo occidentale la diffusione delle Sententiae è provata dal loro uso in tutti gli scritti di IV e V secolo rivolti alla prassi. Nel breve testo della Collatio legum Mosaicarum et Romanarum la nostra raccolta, citata in apertura e chiusura, costituisce il testo giurisprudenziale maggiormente adoperato100.

Ma anche in contesti differenti – penso in primo luogo al Breviarium

Alaricianum – la presenza di tanta parte dell’opera attribuita a Paolo

conferma la sua importanza nel mondo romano-barbarico. L’esistenza poi di codices aucti della Lex Romana Wisighotorum costituisce un’ulteriore conferma dell’uso continuo del testo anche al di fuori delle compilazioni ufficiali101.

1.4.1 L’ordine espositivo

Definito il contesto sociale e giuridico in cui può collocarsi la redazione delle Sententiae, meritano sicuramente un cenno la struttura esteriore del testo e le modalità espositive utilizzate dal suo autore.

Come nei Digesta, nei Responsa, nelle Quaestiones, nelle Disputationes e in altre opere analoghe, appartenenti al genere della letteratura problematica, le Pauli Sententiae risultano composte da due parti. Nella prima si segue l’ordine edittale. Nella seconda, più breve, si prendono in esame leggi e senatoconsulti102; di questi ultimi è presentato, tranne un’eccezione103 un

stata facilmente utilizzabile dall’autore della Consultatio). Si veda anche G. ZANON,

Indicazioni di metodo, cit., pp. 64 ss.

100 Per tutti, G. BARONE ADESI,Ricerche, cit., p. 11 e nt. 22.

101 Sul punto, R. LAMBERTINI, La codificazione, cit., pp. 149 ss.; M. BIANCHI FOSSATI

VANZETTI,Pauli Sententiae, cit., p. XV; V. MAROTTA,Eclissi, cit., p. 946 e nt. 70, ove altra

bibliografia. F. SCHULZ,Storia, cit., pp. 583 s. dà notizia dell’esistenza di commentari latini

alle Pauli Sententiae, su cui probabilmente si basò, poi, l’Interpretatio.

102 In particolare G. SCHERILLO, L’ordinamento, cit., pp. 42 ss., part. 68 ss., pur non

elenco pressochè completo rispetto a quanto ci è tramandato dai titoli del

Codex e dei Digesta. Occorrerrebbe confrontare un tale impianto, dalle

caratteristiche così peculiari, con le sequenze dei libri opinionum attribuiti a Ulpiano104 e delle Epitomae iuris di Ermogeniano105.

Paradigmaticamente, l’autore delle Sententiae riportava in forma di brevi massime il contenuto di disposizioni riferibili all’età severiana, avendo cura di togliere tutto ciò che poteva sembrare superfluo e riferendo così la nuda sostanza di una norma106. Se dunque nessuna informazione trapela dall’opera circa il suo editore, forse qualcosa di più si può dire a proposito della sua struttura.

1.4.2 La Glossa antinoita a Gai. 3.172

La struttura originaria delle Sententiae doveva già proporre una divisione in libri, titoli o rubriche107. Ne abbiamo conferma da una Glossa antinoita a Gai. 3.172108, pubblicata da V. Arangio-Ruiz109:

Paolo – integrati da monografie dello stesso autore o da estratti di altre sue opere sistematiche – la base per la redazione delle Sententiae. Tali opere, oltre a fornire la struttura di interi titoli, avrebbero spiegato alcune caratteristiche deviazioni dall’ordine edittale. Cfr. E. VOLTERRA, Sull’uso, cit., pp. 36 s. nt. 6 e F. SCHULZ,Storia, cit., p. 312.

103

Mi riferisco al senatus consultum Turpillianum, su cui si vedano infra, PARTE SECONDA,

Titulus quintus e Cap. II, § 2.3.

104 Su cui si veda, per tutti, B. SANTALUCIA,I “libri opinionum” di Ulpiano, I e II, Milano,

1971; cfr. altresì V. MAROTTA, Ulpiano e l’impero, I, Napoli, 2000, pp. 98 s. e A.

TRISCIUOGLIO,Bona fides e locazioni pubbliche nelle opiniones di Ulpiano, in Il ruolo della buona fede oggettiva nell’esperienza giuridica storica e contemporanea. Atti del Convegno internazionale di studi in onore di A. Burdese, IV, Padova, 2003, p. 315 e nt. 6; E. STOLFI,‘Lex est … virorum prudentium consultum…’. Osservazioni su (Pap. 1 def.) D. 1.3.1, in SDHI, 70, 2004, p. 455 nt.

82.

105 Sui profondi nessi fra la nostra opera e le Epitomae Iuris cfr. infra, Cap. II, § 2.1. 106

Si veda infra, Cap. II.

107 Sull’incertezza di tali dati si veda peraltro M. BIANCHI FOSSATI VANZETTI, Pauli

Sententiae, cit., p. XXIV.

108 Nell’edizione curata da M. BIANCHI FOSSATI VANZETTI,Pauli Sententiae, cit., pp. XIV,

XX, 58, la glossa è inserita come extravagans alla fine del II libro, poiché la citazione in essa contenuta non corrisponde in alcun modo alle moderne suddivisioni del libro in

Gai. 3.172: Item quod debetur, pro parte recte solvitur; an autem in

partem acceptum fieri possit, quaesitum est. In partem acceptil]atio:

… solu]tione, Paul(os)

s(ententi)ar(um) […

[…an accept]ellatione debita[rum rerum…] dubitandum.

Secondo gli studiosi il manoscritto – un codice latino di lusso – in cui è inserito il commento, risale probabilmente al IV secolo d.C. Purtroppo lo stato di conservazione delle pagine C, D, F, contenenti numerose glosse greche oltre quella in questione, non permette di ricostruire integralmente il testo che ci interessa, riferito alle parole in partem acceptilatio. Non può dunque dirsi se e in che modo la sentenza citata dal commentatore risolvesse il problema posto da Gaio.

Ma l’incertezza – è questo il punto cruciale – riguarda “soltanto” il contenuto del passo, non certo la sua provenienza dalle Sententiae. A ben vedere, questa testimonianza fornisce un prezioso indizio, non considerato, sinora, da nessuno studioso Essa richiama, infatti, una sentenza 50 del XXIX titolo del secondo libro: ci troviamo, per la prima volta da quanto mi risulta, davanti a una prova della numerazione originaria – almeno in alcune stesure – dei singoli passi della nostra opera,

questione. Per Arangio-Ruiz, invece, “il titolo 2.29 corrisponderebbe, quanto alla materia, agli ultimi paragrafi di 2.17 e sarebbe stato costituito da almeno 50 paragrafi”: si veda V. ARANGIO-RUIZ, PSI. 1182., cit., p. 104 ss. e nt. 54. Cfr. anche F. SCHULZ, Storia cit.,p. 312 nt. 2.

109 V. ARANGIO-RUIZ, PSI. 1182, cit., pp. 55 ss., 71, 83, part. 104 ss e nt. 54. Nella

ricostruzione proposta dallo studioso, acceptum è sostituto con acceptilatio: cfr. H.L.W NELSON–U. MANTHE, Gai Institutiones III 88 - 181. Die Kontraktsobligationen. Text und

presumibilmente in base a un criterio funzionale sia alle esigenze dell’insegnamento che a quelle della recitatio processuale110.

1.4.3 Un “Digesto tascabile”

Alcuni studiosi, guardando alla loro fortuna tardoantica, hanno suggerito l’identificazione delle Sententiae con una sorta di “Digesto tascabile”111. Pur nella sua prospettiva, anche il Levy non ha esitato a definirle “a handy compendium”112.

Un tale giudizio, espresso in modo forse un po’ troppo perentorio e disinvolto, non mi pare tuttavia implausibile, soprattutto se rapportato alla natura e allo scopo dell’opera.

110 Si veda. infra, Cap. II.

111 F. SCHULZ, Storia cit., p. 312; F. DE MARINI AVONZO, Lezioni, cit., p. 302. 112 E. LEVY, Vulgarization cit., p. 226 e nt. 30.

CAPITOLO II

Nel documento Ricerche intorno alle Pauli sententiae (pagine 38-43)