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CAPITOLO III: Fonti orali e storia dell’immigrazione italiana a Chicago Il fondo dell’Italian in Chicago Oral History Project.

3.1 La struttura del progetto

La fonte più importante ad essere stata utilizzata in questo progetto di ricerca è indubbiamente rappresentata dalle interviste, sia in formato audio che nella loro trascrizione, che vanno a costituire il fondo dell’Italian in Chicago Oral History Project.

Il progetto nasce alla fine degli anni ‘70 del XX secolo all’interno dell’Università di Chicago. La finalità era quella di colmare le lacune sulla conoscenza della storia migratoria degli italiani a Chicago, cui si erano dedicati studi prevalentemente per quel che riguarda il periodo che va dalla fine dell’800 agli anni ‘30 del ‘900.

Va detto che le notizie che si hanno relativamente alla costruzione del progetto stesso, alle sue effettive finalità così come ad ogni altro aspetto non direttamente deducibile dalle trascrizioni stesse, è più dedotto che non verificato.

I materiali che ho potuto utilizzare in questa ricerca mi sono infatti stati messi a disposizione, in formato digitalizzato, dal Center for Migration Studies di New York, che mi ha rimandato a sua volta direttamente al prof. Dominic Candeloro, ovvero colui che nel 1979 diede avvio al progetto e lo coordinò per i suoi 3 anni di svolgimento.

Tra questi materiali però non figurano documenti che possano in qualche modo fornire dettagli rispetto sia alle motivazioni che stavano alla base dell’iniziativa che, di corredo, alle diverse fasi esecutive. Domande come “In quale modo sono stati individuati i soggetti da intervistare?” oppure “Con quale criterio sono stati strutturati i colloqui di intervista?”, ed ancora “Si è seguita di volta in volta una traccia o meno?” non hanno ricevuto risposta, per cui la descrizione di come si sia evoluto il percorso è purtroppo limitata.

Ho avuto modo anche di colloquiare con il prof. Candeloro, che non è però stato in grado – e francamente non mi è chiara la motivazione – di darmi alcun tipo di informazione rilevante. In questo capitolo III per tanto mi limiterò a riflettere attorno ai risultati della ricerca.

Il fondo cui ho avuto accesso è quello conservato presso il Center for Migration Studies - collocazione Italians in Chicago Oral History Project (CMS.114) – e comprende alcuni ulteriori materiali, di tipo fotografico o diaristico fornito agli intervistatori durante gli incontri. Sempre nella schedatura del CMS di New York si possono individuare altre collocazioni di copie 1.

Il materiale è catalogato in 7 scatole, ognuna delle quali contiene i fascicoli con le trascrizioni. Queste sono a loro volta indicizzate in faldoni riportanti il quartiere di residenza del soggetto intervistato, le prime tre lettere del cognome ed un numero progressivo, riferito all’ordine di trascrizione. La Chicago Public Library, altro deposito del fondo, possiede un ulteriore box contenente alcune foto e riporta informazioni, tra l’altro, di una mostra fotografica svoltasi a Chicago nel 1981 e dell’esistenza di materiale inerente symposia legati al progetto. Non risulta però indicazione di conservazione di tale materiale, convogliato con il precedente solo nel 2018 2.

Al di là di tali indicazioni non è però possibile, come già si diceva, capire in quale modo sia stata progettata e successivamente condotta la raccolta delle interviste. Questo è un dettaglio solo all’apparenza superfluo, poiché nel consultare le fonti non è raro imbattersi in lacune o errori che avrebbero potuto essere meglio compresi se si fosse disposto di chiarimenti da parte dei ricercatori.

Detto ciò, è ora possibile passare ad un’analisi più attenta dei materiali

Il progetto prese avvio nel 1979 e proseguì sino al 1981, coordinato come si diceva dal prof. Dominic Candeloro e condotto da alcuni ricercatori dell’Università di Chicago. I fondi per poterlo attuare arrivarono dal National Endowment for the Humanities, agenzia federale nata nel 1965 sotto la presidenza di Lyndon B. Johnson e finalizzata a sostenere progetti che ricadono nell’alveo degli studi umanistici ed artistici 3.

Va detto che la scelta di procedere con una raccolta di fonti orali per approfondire la memoria dell’immigrazione italiana negli USA non è ristretta alla città di Chicago. Nel suo volume sulla storia orale, Luisa Del Giudice indica molti progetti esistenti o già conclusi, ed al contempo mostra come esistano diversi centri di ricerca nel Nord

1 Si veda al seguente URL https://cmsny.org/archives/cms_114/ consultato in data 10/01/2019

2 Ulteriori informazioni sono reperibili al seguente URL https://www.chipublib.org/fa-italians-in-chicago-project- records/ consultato in data 28/11/2018

America che si sono interessati a questa pratica per ricostruire le memorie degli italoamericani 4.

Inoltre lo stesso studio della Del Giudice è debitore di un precedente “stimolo” di non poco conto. Era stata infatti la stessa American Italian Historical Association a dedicare il proprio simposio del 2005 al tema Speaking Memory: Oral History, Oral Culture and Italian America 5, come ad indicare che la via da percorre per capire in modo più approfondito la parabola italoamericana fosse, finalmente, divenuta questa.

Tornando a Chicago, l’intento era quello, come si accennava, di avere finalmente elementi importanti per ricostruire la storia degli immigrati italiani in quella città anche dopo gli anni ‘30 del XX secolo e via via fino agli anni ‘70 dello stesso.

Se infatti il più noto studio sugli italoamericani di Chicago era quello di Humbert Nelli, incontrato nel capitolo II, questo era anche quello che si era spinto più avanti cronologicamente, fermandosi però ben prima della Seconda Guerra Mondiale.

Restava così da colmare una lacuna enorme, che in quegli anni ‘70 ancora nessuno aveva affrontato. Da qui è facile immaginare quale sia l’importanza – ma anche l’innovatività – da attribuire alla ricerca di Dominic Candeloro e del suo gruppo di lavoro.

La raccolta delle fonti fu condotta in diverse zone nell’area di Chicago, pressoché tutte riferibili alla Contea di Cook ed a quella di Lake. Le aree coinvolte nel progetto furono quelle di Belmont-Cragin, Bridgeport, Chicago Heights, Grand Avenue, Highwood, Kensington, Pullman, Roseland, Melrose Park, Near North Side, 24th and Oakley ed il Near West Side.

Poichè come già accennavo vi è una difficoltà nello stabilire alcuni dettagli relativi al progetto, già nel tentare di fornire una lettura statistica di alcuni dati emerge qualche problema. L’indicizzazione delle interviste fornita dal CMS di New York e su cui mi sono basato, indica 114 record, da cui però risultano assenti i numeri 8, 10 e 22.

Statisticamente vennero coinvolte 115 persone, di cui 112 hanno un proprio fascicolo archiviato mentre di altre non si ha indicazione. Tra quelli consultabili, ci sono 46 donne e 66 uomini. Gli anni di nascita vanno dal 1884 al 1952; vi è inoltre una notevole differenziazione geografica per quel che riguarda le regioni d’Italia di origine della

4 Luisa Del Giudice, Oral history, oral culture, and Italian Americans . New York 2009, p. 16 5 Ibid, p. vii

famiglia: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Emilia Romagna, Campania, Sicilia, Marche, Toscana, Veneto, Friuli, Lazio, Liguria, Lombardia, Puglia, Piemonte e Molise. Le più numerose sono la Sicilia con oltre 20 persone, la Toscana con 14, Calabria 11 e Veneto 8, il che da un’idea del mosaico esistente.

1901 - 1910 1911 - 1920 1921 – 1930 1931 - 1940 1941 – 1950 1951 - 1952 0 5 10 15 20 25 30 0 5 10 15 20 25 30

Fig. 1: scheda per la raccolta di dati anagrafici del testimone orale, dal fascicolo della trascrizione dell’intervista a Terese De Falco, DEF – 60 BOX 4

La struttura delle interviste si basava su di una prima compilazione, da parte dell’intervistatore, di alcuni moduli prestampati utili a raccogliere alcune informazioni anagrafiche di base, come il luogo e la data di nascita, l’anno di emigrazione – in caso di prima generazione – , i dati dei genitori ed altro.

A questi si aggiungono ulteriori dettagli che andavano a riassumere quanto emerso nelle interviste: tipologie di lavoro svolte, luogo (o luoghi) di residenza negli Stati Uniti, partecipazione ad associazioni, partiti politici, vita parrocchiale ed altro, come si può vedere nelle schede qui riportate.

Nella prima (fig. 1), il ricercatore raccoglieva le note biografiche del soggetto intervistato. Queste potevano presentare spesso dettagli interessanti, in modo particolare nei casi in cui vi si ritrova la ricostruzione di una storia familiare assai complessa, ad esempio a causa di ripetute migrazioni. Il altri casi invece i dati risultano molto superficiali ed incompleti.

Nella seconda (fig.2) , l’intervistatore forniva una propria impressione finale sull’intervista, sui dati contenuti e sull’eventuale utilità di questa. In molti casi, come nelle interviste raccolte da Anthony Mansueto che risulta essere uno dei più attenti e capaci, le osservazioni sono esplicitate in modo più esteso e quindi utili al ricercatore. Sono quasi sempre riferite al contenuto dell’intervista stessa e a ben precisi particolari inerenti il setting in cui si è svolto l’incontro: casa privata, ufficio o luogo di lavoro. Questo ultimo dato non è secondario. Infatti si dimostra molto utile nel rafforzare l’immagine che emerge del testimone, definendolo come lavoratore, casalinga, imprenditore. La scelta di dove farsi intervistare sottolinea bene come l’intervistato voglia essere percepito. Vi sono occasioni durante le quali il testimone non stacca nemmeno il telefono, così da non interrompere il flusso lavorativo in cui rimane immerso. In più casi diventa evidente come la scelta di continuare ad amministrare la propri attività imprenditoriale nonostante la presenza di un estraneo che sta raccogliendo informazioni sulla vita privata, sia fatto di proposito. L’intervistatore quindi, evidenziando questi dettagli, aiuta e non di poco il ricercatore nell’interpretare il materiale contenuto nell’intervista.

Fig. 2: scheda per la stesura sintetica delle osservazioni dell’intervistatore. Il materiale può riferirsi sia ad opinioni relative a quanto espresso dal testimone sia, in alcuni casi, al contesto in cui l’intervista è avvenuta. Dal fascicolo di Terese De Falco, DEF-60 BOX 4

Fig. 3: checklist dei materiali raccolti durante l’intervista. Dal fascicolo di Terese De Falco, DEF – 60 BOX 4

In fig. 3 infine si vede la scheda utilizzata come checklist nella quale l’intervistatore aveva possibilità di elencare gli eventuali materiali raccolti a latere, come foto, libri, diari.

Le opinioni ed il punto di vista dell’intervistatore sono inoltre un elemento di grande rilievo per chi, come il sottoscritto, ha avuto la necessità di riferirsi a queste fonti per una ricerca accademica, e questo per due motivi principali. Il primo è relativo al fatto che in diverse occasioni – se pur non sempre – l’intervistatore chiudeva le proprie suggestioni indicando di volta in volta come quella intervista potesse essere utile ad una determinata ricerca: interesse nello studio delle pratiche religiose; comprensione delle dinamiche di genere; la questione dell’immigrazione e del sindacato; emigrazione prima e dopo la Seconda Guerra Mondiale.

La seconda utilità fornita dai commenti è invece motivata dal fatto che chi ha condotto quella stessa intervista avesse più elementi in mano per indirizzarne l’utilizzo. Vi sono ad esempio alcune deduzioni che sarebbero state più difficilmente sintetizzabili senza un input di base fornito dall’intervistatore. Alcune sfumature tra le parole dei narratori si sarebbero probabilmente perse se non ci fosse stato qualcuno a provi una particolare enfasi, mettendole in risalto e dando la possibilità ad altri di individuarle.

Entrambi questi elementi danno chiaramente idea che l’intero progetto fosse stato concepito, o almeno in tal modo lo interpretarono alcuni dei ricercatori coinvolti, con il chiaro obiettivo di costruire un corpus di dati utile a futuri progetti di studio.

Questo costituisce lo spunto per introdurre in maniera più concreta il materiale dell’Italians in Chicago Oral History Project.