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Studentessa RK, primavera 2012

TESTI NARRATIVI

28. Studentessa RK, primavera 2012

Il fuoco infuriava dietro il boschetto. Le fiamme arancioni divoravano tutto nel loro corso e il fumo si levava a ondate. Lasciammo il nostro pic-nic, piacevole e semplice com’era, e attraversammo il prato insieme. Lasciando la nostra bellissima giornata in dietro, continuavamo ad allontanarci, fino a che non potevamo vedere il fiume di più. Il fuoco crepitava e l’odore bruciato delle foglie disperdeva velocemente sulle onde del vento mentre continuavamo sul nostro corso. Alcune nuvole scure crescevano nel cielo, e ci seguivano minacciosamente. Durante questo piccolo passaggio— insomma ci vollero meno di dieci minuti—notai i segni. Le nuvole, il vento, poi una strana freddezza improvvisa, e un silenzio spaventoso ci avvertirono; eppure Marco non dicò niente e non ci fermammo. Ci avvicinammo a questo incubo per quale ragione nemmeno io non lo sapevo. Stavamo su un nastro trasportatore che ci portavamo direttamente al cuore tenebroso della foresta, al mostro sputafuoco che ci aspettava pazientemente. Avrei dovuto filarmela dal momento in cui la mongolfiera sparì dalla mia vista, però camminavo. Marco e io ci guardammo brevemente quando eravamo arrivati all’apertura del boschetto, e senza dicendo una sola parola, entrammo. Qui cominciammo il viaggio che avrà cambiato la mia vita per sempre.

All’inizio, non era così orribile. Seguivamo il sentiero con un ritmo abbastanza rilassato e senza un’idea di quello che faremmo se trovassimo la nostra fonte, cioè la mongolfiera bruciata. Mi resi conto dei guai quando prendemmo una curva a gomito e ci trovammo in una buia radura che dava a due strade opposte. Stavamo davanti al bivio, che mancava di segnali.

“Tesoro, che facciamo adesso? Prendiamo la destra o invece la sinistra?”

Non risposi immediatamente. Non volevo ammettere alla mia fidanzata di essere insicura, perfino impaurita.

“Prendiamo…” ma prima che finii, una voce cantilenante però chiaramente sarcastica risuonò nella radura.

“Sicuri dovete essere, se prendete un corso. Non volete trovarvi in confronto di un orso.”

Mi sentivo di essere parte di una fiaba terribilmente sbagliata. Marco era ugualmente esterrefatto mentre la voce continuò:

“Una direzione vi guida all’uscita, mentre nell’altra vi trova la fine della vita! Scegliete con saggezza i miei amici o la luce non vedete mai ai AI!”

A quel momento preciso mentre l’eco dell’ultima parola suonava, una creatura cadde dall’albero subito sopra di noi, e atterò con poca grazia.

“Seguitemi” urlò, e corse a destra, “se volete sopravvivere!”

Obbedimmo questa creatura, irriconoscibile, non perché era la soluzione specialmente intelligente, ma per necessità. Non potevamo rimanere immersati nella profondità del bosco senza alcune idee come uscire. Allora seguimmo cecamente questa creatura indeterminata. Corremmo per le nostre vite—capisco solamente adesso l’immensità del pericolo in cui ci trovavamo—e entrammo più avanti negli alberi.

Non sentimmo ancora l’odore del fuoco, infatti non ce ne importò. Dentro il bosco buio, sfilando tra gli alberi sottili e selvatici, dubitai perfino l’esistenza della mongolfiera. Marco non dicò niente, ma camminò. Provando a tenermi al passo, presi la sua mano saldamente e inseguimmo la creatura dubitosa insieme. Forse fu un’illusione, precipitata dalla gioia della giornata sul prato, io pensavo. La domanda di Marco destinata a me, a cui risposi affermativamente, mi aveva inondato, e la

mongolfiera fu una frutta della mia immaginazione. Però c’erano la recitazione spaventosa, il bivio ambiguo, e la nostra guida stranissima con intenzioni apparentemente buone. La mongolfiera non fu anche una trappola, perché nessuno nella mente corretta avrebbe seguito un fuoco così assurdo. Dopo il pic-nic, così sopraffatti da emozione, non eravamo dati una lotta giusta. Pensavo mentre camminavamo. All’improvviso ci trovavamo in un’altra radura piena di luce. Troppa luce. Non riuscii a vedere la creatura di più, o perfino gli alberi e il bosco. Infatti, non vedevo niente, nemmeno Marco. Sentivo solamente la sua mano nella mia quando la luce cominciava a disperdere. In un momento, stavo nel medio del prato sdraiata sulla terra, guardando nella faccia di Marco. Mi ricordai subito. Il mio nuovo fidanzato. Presa di troppe emozioni, ero svenuta. Questa fuga nel bosco—il buio, l’incertezza del bivio, la creatura quasi aliena— però sembrava molto reale. Benché sia un cliché emozionale, troppo usato, tratto quest’esperienza (quasi un sogno) con serietà come una metafora del nostro rapporto. Stavamo sul corso, e guidati dall’emozione (come interpreto quella creatura) navigavamo con successo le curve tortuose insieme. Se avevo avuto alcuni dubbi secondo il nostro futuro, questo quasi-sogno li avrebbe calmati. Camminavamo e camminavamo nel boschetto, ma sempre insieme.

TESTI NARRATIVI SU TRACCIA 2

(TRACCIA 2) Ancora non riesco a pensare lucidamente a quello che è successo la settimana scorsa. Tutto quello che è successo mi ha segnata per sempre e mai potrò dimenticarlo. Come ogni mattina mi sono alzata, sembrava un giorno normale: la colazione, la doccia, una lunga giornata di lavoro….il rientro a casa e finalmente la passeggiata serale con il mio adorato Siberian Husky, Roger. Me lo avevano regalato per il mio compleanno e mai avrei pensato di potermi affezionare così tanto ad un animale.

Come tutte le altre sere io e Roger siamo usciti verso le 9.30, abbiamo percorso la strada di casa nostra e siamo arrivati vicino al vicolo che sbuca nel parco.

C’era freddo, era buio e c’era anche un po’ di nebbia. Entrando nel vicolo ho intravisto, dietro al gruppo di castagni che si trova al limitare del parco, qualcosa muoversi in lontananza e un rumore molto strano, inquietante, sembrava un verso di animale o un urlo terrorizzato. Mi sono avvicinata, Roger tirava per allontanarsi, era come se non volesse che io mi avvicinassi. Se solo gli avessi dato retta.

29. Studentessa AR, primavera 2014

Ho camminato lentamente nel parco con Roger, stavo facendo attenzione. Quando sono entrata più nel parco, ho preveduto un mostro ma davanti ai miei occhi c’è stato un ragazzo normale. Non avrei mai immaginato che il rumore è venuto da un uomo, ma mi sembrava che lui fosse in tanto dolore. Ho continuato ad avvicinarsi a lui con attenzione ma Roger ha corso al ragazzo triste, e ha immediatamente cominciato a giocare con lui. Il maschio strano è diventato felice un po’ alla vista del mio cane, però dopo un secondo, lui ha iniziato a urlare di nuovo con rinnovato dolore. Quando mi ha visto, con la mia faccia preoccupata, il ragazzo è diventato imbarazzato.

“Mi dispiace. Non volevo spaventarti,” ha detto.

“Non ho paura,” ho risposto. “Sono solo preoccupata. Perché sei così turbati?”

Il maschio non ha risposto alla mia domanda subito. C’è stata una pausa, come se fosse dibattendo di dirmi la verità. Dopo pochi secondi, che sembravano ore per me, il ragazzo nel parco ha cominciato a raccontarmi la sua storia, un racconto tristezza. Mi ha raccontato che due ore fa, nello stesso parco, un uomo in una maschera aveva ottenuto da una macchina e aveva preso il suo cane! Il ragazzo, che si chiama Matteo, ha cercato di combattere l’uomo cattivo e salvare il suo cane caro, che si chiama Rex, ma non ha potuto farlo. L’uomo malefico è scappato.

“Ma perché?!” ho esclamato, quando Matteo ha finito il suo riassunto degli avvenimenti della notte orrende. “Perché qualcuno avrebbe voluto rubare un cane? Che terribile!”

“Non so perché,” Matteo ha risposto in fretto. “L’unica cosa che so con certezza è che Rex non è qui! Devo trovarlo,” e poi Matteo mi guarda con i suoi grandi occhi, blu e addolorati, “Potrei aiutarmi?” Che cosa avrei potuto dire? Quest’uomo era disperato, e sarei sconvolta senza il mio cane, Roger. Avrei dovuto aiutare Matteo.

“Va bene. Dimmi tutto quello che ti ricordi di questa notte,” ho comandato, e Matteo ha cominciato a pensare dell’incidente. L’ho interrogato come un investigatore di un programma poliziotto sulla TV, “Hai visto la sua faccia? Che colore è la sua macchina? Ti ha detto qualcosa? Puoi pensare di qualche indizio?” Matteo non ha detto niente per un minuto, stava concentrando.

All’improvviso, Matteo ha sorriso. “C’era un adesivo sul tronco della sua auto! Un’immagine di un maiale con occhiali da sole. Un po’ strano, sto impazzendo. Non può essere giusto…” però ho saputo esattamente che cosa sta parlando.

“Un ristorante!” ho interrotto. “C’è un ristorante con questo logo qui vicino!” Mi ha ricordato perché avevo visto il logo strano quando ho camminato nel buio con Roger, era illuminato. Perché non abbiamo avuto niente altri indizi per seguire, ho deciso di andare al ristorante con il mio nuovo amico Matteo. Pensavo che il ladro fosse al ristorante. Forse ci lavora. Chissà! Era tardi ma ho saputo che il ristorante sarebbe stato ancora aperto.

Con la neve e il buio era difficile per vedere, e il solito breve passaggio è durato a lungo. Tuttavia, alcuni minuti fa, io, Roger, e Matteo (un gruppo forte, pronto ad abbattere un ladro) siamo arrivati al ristorante. Dapprima, mi sembrava un errore. Non c’era nessuno nel ristorante. Però, quando siamo entrati, abbiamo sentito una corteccia da una stanza posteriore. Matteo era eccitato.

“È lui! È lui! È Rex!” Matteo ha gridato, ed io ho dovuto ricordargli di essere tranquillo. Abbiamo camminato in silenzio verso la porta della stanza sul retro del ristorante. Abbiamo sentito un’altra corteccia, e poi, la voce bassa di uomo.

“Si, ho preso il suo cane prezioso. Speriamo che questo invii il messaggio al ragazzo. Lui deve pagarci presto.”

Ho guardato Matteo. Era pallido, e sudava. “Matteo,” ho detto attentamente, “cosa significa questa conversazione? E non dirmi che non sai.”

Matteo ha guardato di basso al piano. “Speravo che questo non fosse il caso,” mi ha detto vergognosamente, “ma sfortunatamente devo pagare questo signore un po’ di soldi. Ho perso un po’ di denaro durante alcuni carte da gioco. Ho pensato di avere più tempo per guadagnare i soldi! Che cosa ho fatto?! Che cosa posso fare?! Questo è colpo mio! Povero Rex!”

In tutta onestà, quando ho scoperto la verità della cattiva abitudine di Matteo, non mi sentivo male per lui. Comunque, lui era così depresso e in crisi, avrei dovuto salvare il suo cane. Ho preparato un ultimo piano per liberare il cucciolo smarrito.

Sono andata in cucina, ho aperto il frigorifero, e ho preso un grande prezzo di bistecca. Ho dato la bistecca a Matteo, e gli ho detto di aspettare vicino all’ingresso e di essere pronto a correre. Poi, ho aperto la porta della stanza, stavo fingendo di essere una patrona confusa così l’uomo non ha capito cosa stava accadendo. Con grande velocità, Rex ha corso fuori della porta ed è stato riunificato con il suo amico. Abbiamo corso dal ristorante prima dell’uomo ha avuto il tempo di reagire. Matteo era molto grato per il mio aiuto e contento di essere con il suo cane nuovamente. Mi ha dato un grande abbraccio. Chissà cosa succederà nel futuro, ma sono sicura che Rex e Roger si vedranno molto!