Italo Mancini e Enrico Garulli
E GLI STUDI EPISTEMOLOGICI DEL ’900
La filosofia della scienza
Scriveva Gustavo Bontadini nel 1947 (1): “L’epistemologia non è tra le discipline filosofiche più curate in Italia, e, quantunque si noti qualche buon segno, tuttavia dobbiamo riconoscere che siamo lontanissimi dal dedicarle tutta l’attenzione che le è dovuta”. A di-stanza di quasi quarant’anni da questa affermazione, la situazione italiana degli studi epistemologi si è notevolmente sviluppata gra-zie soprattutto alle ricerche pubblicate negli ultimi venti anni. (2).
All’affermarsi della epistemologia un non trascurabile apporto è sta-to dasta-to anche da Enrico Garulli allievo del Bontadini proprio negli anni del saggio citato. Il contributo di Garulli agli studi epistemo-logici si è concretizzato in ricerche personali e dei suoi collaboratori alla cattedra di Filosofia della scienza all’Università di Urbino non-ché in una qualificata attività didattica e seminariale svolta anche al di fuori dell’ateneo urbinate.
Gli interventi di Enrico Garulli su problemi e orientamenti del-la epistemologia contemporanea datano dall’inizio degli anni ’70:
vanno dalla comunicazione al IV Congresso internazionale di Filo-sofia della scienza su “FiloFilo-sofia e scienza (3) al saggio su Scienza e se
colarizzazione, (4) dagli Studi sul neopositivismo logico (5) all’artico-lo su L’occhio clinico (6), dall’ampio e denso bilancio storico critico sulle Forme epistemologiche contemporanee (7) al “bel saggio”1 (come giustamente lo ha definito E. Agazzi) su L’epistemologia filosofica “fra le due guerre” (8), dai saggi su La filosofia cristiana (9) a quelli nel volume Itinerari della ermeneutica (10) a quelli raccolti nel volume Prospettive antropologiche (11) sui rapporti tra filosofia e psicologia e medicina, agli articoli dedicati all’epistemologia in Wittgenstein, (12) Husserl, (13) Foucault, (14) Maritain (15) (“un pensatore che
scienze delle nuove generazioni” (16), e Binswanger (17) (uno stu-dioso il quale insegna che “il nuovo cammino della psichiatria esige che l’uomo venga considerato prima di tutto come tale”) (18).
Si tratta di interventi con i quali Garulli si è inserito nel dibattito epistemologico contemporaneo, offrendo un contributo che non è assolutamente marginale nel contesto della sua riflessione filosofica, anzi permette di coglierne meglio quell’”ansia per l’uomo” sottesa a tutta la sua opera, e ispiratrice di un umanesimo non retorico né astratto, ma frutto di una attenta ed aperta ricerca di stampo filoso-fico sia a livello di ontologia che a livello di scienze umane.
Più precisamente possiamo dire che l’apporto di Garulli si carat-terizza per una duplice peculiarità. È un contributo prevalentemen-te (ma non esclusivamenprevalentemen-te) di caratprevalentemen-tere storico; e in questa ottica, Garulli si rivela specialmen te attento alla epistemologia dei filosofi più che degli scienziati, e risulta interessato più che alla epistemolo-gia del neopositivismo a quelle del “razionalismo critico” e, soprat-tutto, del “razionalismo aperto”. È anche un contributo teoretico, attraverso cui Garulli tende a evidenziare l’intima filosoficità del di-scorso epistemologico e che è permeato da una costante attenzione verso l’uomo. Al riguardo, come ha ricordato un suo allievo (Sergio Agostinis) egli è andato sempre più privilegiando una epistemologia
“intravista nella convergen za fra alcuni sviluppi del materialismo razionale di ispirazione bachelardiana e gli esiti del pensiero feno-menologico di Husserl e Heidegger che si ritrovano per esempio nell’opera di Binswanger e nei primi lavori di Foucault” (19). Ma vediamo un po’ più da vicino il contributo storico e teorico dei lavori di Enrico Garulli dedicati alla epistemologia contemporanea.
Il contributo dal punto di vista storico
Per presentare il Garulli storico dell’epistemologia del nostro se-colo faremo ora riferimento a due importanti saggi apparsi in volu-mi collettanei e ad una antologia ad uso universitario.
Nel lungo saggio di oltre cento pagine che s’intitola Forme episte
mologiche contemporanee; bilancio storico critico (20) Garulli traccia un quadro ampio e articolato del pensiero epistemologico del ’900, prendendone in esame i principali orientamenti: dalla filosofia del linguaggio al neopositivismo logico, dal “razionalismo critico” al post-popperismo, dal “razionalismo aperto” agli sviluppi dell’epi-stemologia bachelardiana, dai rappresentanti del neomarxismo alla epistemologia di ispirazione cristiana. L’esame delle diverse con-cezioni viene condotto con padronanza informativa e con acume critico, per cui ne viene fuori una esposizione che dà conto della centralità e della complessità che il problema della scienza ha nel-la riflessione del nostro secolo, e che evidenzia come “il problema generale dell’epistemologia contemporanea consista nella determi-nazione storico-critica dei rapporti scienza-filosofia”; più precisa-mente - secondo Garulli - si tratta da una parte di “ripercorrere quell’ampia tradizione di studi che rintraccia i presupposti filosofici delle teorie scientifiche (rompendo in certo modo la consuetudine angusta di porre il problema dei rapporti filosofia-scienza); e dall’al-tra parte si dall’al-tratta, muovendosi all’interno delle scienze, di “eviden-ziare le molteplici zone di accordo della filosofia non tanto con il problema generale della scienza in sé quanto piuttosto con i diversi e concreti procedimenti metodologici e risultati teorici delle singole scienze” (21).
Un altro importante saggio storico di Garulli è quello su La ‘’epi
stemologia filosofica” fra le due guerre in Italia (22) che - come è sta-to rilevasta-to da E. Agazzi (23) - fornisce un quadro significativo del variegato modo con cui correnti filosofiche e singoli pensatori af-frontarono il problema della scienza, evidenziando la diversità delle prospettive e richiamando l’attenzione sull’esistenza di un numero certamente non trascurabile di pensatori anche di primo piano che alla scienza dedicarono un’attenzione non marginale né occasiona-le”. Garulli “conduce pure un discorso d’assieme sulle vicende
an-che organizzative e pubblian-che della vita filosofica italiana. Il merito evidente di questo saggio - rileva ancora E. Agazzi - è quello di mostrare che in Italia, fra le due guerre, il discorso fìlosofico sulla scienza non fu affatto monopolizzato dall’idealismo”.
Va infine ricordata l’antologia ad uso universitario (cronologi-camente anteriore ai due saggi citati) sulla Epistemologia francese contemporanea (24), dove vengono presentati quattro autori che “si collegano per un comune richiamo ai fondamenti epistemologici bachelardiani, tanto che si può parlare di una tradizione epistemo-logica francese incentrata su questa grande figura di pensa tore”. I quattro autori antologizzati in questa dispensa sono “collegati da una matrice comune in cui appaiono i temi fonda mentali della filosofia della scienza in rapporto a discipline diverse: fisico-matematiche (Bachelard), biologico-mediche (Canguilhem), socio-linguistiche (Foucault), politico-economiche (Althusser). Attraverso questa an-tologia, Garulli con i suoi collaboratori (Agostinis, Panajoli e Val-dré) ha inteso “proporre alcune ragioni di collegamento fra le forme epistemologiche dette della raison ouverte con quella mitteleuropea del razionalismo critico, incen trate nella figura di Karl Popper, sorte a loro volta dalla crisi del neopositivismo” (25).
Da quanto detto risulta evidente l’intento di “valorizzare il con-tributo dell’indirizzo epistemologico francese nell’ambito della filo-sofia della scienza del nostro tempo”, nella convinzione che a tale epistemologia spetti “una posizione di originalità rispetto agli altri orientamenti epistemologici, fra cui quello austro-inglese”. È anche importante sottolineare - il che ci introduce alla dimensione teore-tica del contributo epistemologico di Garulli - la messa in luce delle singolari analogie, pur nella diversità di intenti, rintracciabili tra Bachelard e Popper e i post-popperiani.
Vale la pena di fare almeno una citazione ma significativa: “È interessante notare - così nel citato saggio sulle forme epistemo-logiche contemporanee (26) - come, accanto alle molte pagine in
cui questi autori teorizzano la dissoluzione della soggettività nel pensiero scientifico, ce ne siano altrettante che, più o meno espli-citamente, e in diversa misura, ne tentano il recupero. È il caso dell’immaginazione popperiana, dell’anarchismo feyerabendiano e, soprattutto della rèverie bachelardiana. La ragione oggettiva ‘può’
avere esiti freddi e disumani se, all’estremo opposto, non si riescono a cogliere quelle ricchezze che provengono dalla metafisica in cui si crede, dallo humor, dal linguaggio poetico, cioè dalle direzioni che lo psìchismo umano dà al pensiero razionale”.
Il contributo dal punto di vista teoretico
E siamo così agli aspetti teoretici del contributo epistemologico di Garulli, e a tal fine si possono tenere presenti specialmente i saggi compresi nel volume Prospettive antropologiche.
Secondo Garulli, la scienza non comprende se stessa se non chia-rendo il proprio campo di indagine, se non in quanto sa rendere conto dell’interpretazione della sua sfera d’essere. E ciò “non può accadere con i metodi della scienza osservativa, ma con quelli della filosofia” (27), come chiaramente è provato nel campo delle scienze umane.
Garulli fa riferimento in particolare alla psicologia, la cui, “realtà di scienza può soltanto avvicinarsi al soggetto, senza la pretesa di esaurirne la molteplice e varia natura”; per la psicologia, la capacità di svilupparsi come scienza dell’uomo e del mondo umano consiste nel cercare la coincidenza della soggettività empirica con quella tra-scendentale”. (28) È in questa prospettiva che, a più riprese, Garulli fa riferimento al contributo di L. Binswanger, alla sua negazione del concetto di homo natura, ossia di quel concetto che considera la realtà esistenziale come oggetto di esclusiva rifles sione della scienza;
non bisogna dimenticare infatti che “le scienze - dice Binswanger (e ripete Garulli) - non raggiungono mai la totalità dell’uomo” (29).
Come in psicologia si è compreso che, usando i metodi delle
scienze naturali, “veniva coperta proprio quella dimensione sogget-tiva che si intendeva affrontare”, così in psichiatria” si è venuta manifestando l’opposizione fra un metodo oggettivo-scientifìco e quello in grado di fornire una comprensione più immediata di un fenomeno nel suo caso individuale” (30). Ed è proprio grazie al metodo fondato su un comprendere genetico (lontano da quello positivistico come da quello storicistico) che “la psichiatria è venu-ta scoprendo la nuova dimensione dell’uomo, avvicinando quesvenu-ta scienza alla filosofia” (31), in particolare alla fenomenologia (32) e all’analisi esistenziale (33). Si è così liberata da una concezione riduttivistica della persona come homo natura”, indirizzandosi in-vece alla comprensione dell’uomo “nella modalità peculiare del suo essere umano” e alla descrizione delle “fondamentali direzioni ori-ginarie di questo essere” (34). Insomma, “come nella medicina ge-nerale, anche nella psichiatria, l’uomo malato suggerisce la proble-matica di una ‘precomprensione’ di ciò che significa ‘essere uomo’.
Questa precomprensione condiziona le analisi e la valutazione di quelli che vengono chiamati i sintomi” (35). E più avanti Garulli precisa: “precomprensione significa in primo luogo chiarire il fon-damento antropologico da cui si parte. L’intuizione prima, quella che possiamo chiamare la propria concezione filosofica (36), che condiziona, quando si tratta dell’uomo, i risultati dell’analisi espe-rienziale, caricando di senso alcuni aspetti e lasciandone nell’ombra altri, in quanto non rientranti nell’orizzonte d’indagine del ricerca-tore” (37).
Epistemologia e antropologia
Per concludere, se si vuole rintracciare, negli interventi episte-mologici di Garulli, una motivazione fondamentale possiamo dire che essa è data - secondo quanto lo stesso Garulli ha affermato (38) - da “una concezione antropologica ispirata - per dirla con G. Ba-chelard - a una concezione del sapere come “ragione aperta1”. In
questa prospettiva, le considerazioni filosofiche che Garulli sviluppa riguardo alla scienza (in particolare alle scienze umane) “intendono sottolineare solo un aspetto: quello dell’uomo al di fuori di ogni ge-nerico umanesimo che spesso nasconde la sua vera inquietudine e, per dire una parola forse grossa, il suo mistero”. In tal modo Garulli si è trovato a sollevare “il problema della epistemologia delle scienze umane in un confronto con il perenne problema della ‘compren-sione’ e della ‘pre-compren‘compren-sione’dell’uomo, in aperta sfida a una visione puramente scientifica della realtà umana”.
Possiamo allora dire che, anche nei suoi interventi di carattere epistemologico, Garulli ha risentito della concezione fenomenolo-gica della soggettività (da Husserl a Heidegger) e insieme del plura-lismo epistemologico (dal razionaplura-lismo aperto di Bachelard alla epi-stemologia esistenziale di Maritain). Questi diversi influssi hanno trovato il loro motivo unificante nella rivendicazione di uno studio dell’uomo che sia sottratto a ogni tentazione naturalistica.
Questa istanza anti-riduttivistica accomuna l’impostazione di Garulli alle principali e pur diverse epistemologie italiane attuali che si collocano nell’ambito del post-neopositivismo (da Geymo-nat ad Agazzi, da Antiseri a Pera, a Giorello). In particolare l’invito a sviluppare una epistemologia preoccupata più che di risolvere il problema del rapporto tra scienza e filosofia, di misurarsi con alcu-ne questioni disputate dall’antropologia contemporaalcu-nea.
Per Garulli si tratta allora di impostare in modo interdisciplinare il problema della soggettività - e specificamente della sua dimensio-ne corporea e dei suoi rapporti con la natura - con la consapevolezza che “mai come oggi la scienza e la filosofia si trovano di fronte a tanta responsabilità: da una parte, quella di impedire la morte del-la natura, che sarebbe anche, del-la morte dell’uomo; dall’altra parte, quella tesa a un recupero dei valori della natura come chiave per una sintesi metafisica della esistenza e della sua storia” (39).
Note
1) Dall’attualismo al problematicismo, La Scuola, Brescia 1947, p. 289.
2) Ne è eloquente testimonianza, p. e., il recente volume di Aa.Vv., La filosofia della scienza in Italia nel ’900, a cura di E. Agaz-zi, Angeli, Milano 1986, pp. 511: oltre ai saggi ivi contenuti si veda anche l’appendice che registra le “pubblica zioni italiane nell’ambito della filosofia della scienza”: pp. 461-511.
3) Fondamento ontologico e fondamento formalistico della logica, poi in Fra logica e storia, Argalia, Urbino 1972.
4) Scienza e secolarizzazione, in Aa.Vv., Prospettive sulla seco
larizzazione, Istituto di studi filosofici, Roma 1976, pp. 137-146.
5) Studi sul neopositivismo logico e altri saggi, Montefeltro, Urbi-no, 1987, pp. 191; cf. anche E. Garulli, Il neopositivismo e la meta
fisica, in Aa.Vv., Atti del XXIV Congresso nazionale di filosofia, 1974, voi. II, t. I, pp. 169-174.
6) Occhio clinico: arte o scienza?, in Aa.Vv., Epistemologia, meto
dologia clinica e storia della scienza medica, Cossidente, Roma 1978, pp. 165-172.
7) Forme epistemologiche contemporanee: bilancio storico critico, in Aa.Vv., Scienza e filosofia oggi, a cura di G. Galeazzi, Massimo, Milano 1979, pp. 21-134.
8) L’epistemologia filosofica tra le due guerre, in Aa.Vv., La filosofia della scienza in Italia nel ’900, cit., pp. 213-239.
9) Filosofia cristiana, Modernità e valori, Quattroventi, Urbino 1981, pp. 206.
10) Itinerari di filosofia ermeneutica, Quattroventi, Urbino 1984, pp. 224.
11) Prospettive antropologiche, Piovan, Abano Terme 1981, pp.
133, in particolare i saggi: Soggettività psicologica e soggettività fe
nomenologica, pp. 11-20; Occhio clinico... cit., pp. 93-104; Per un rinnovamento dell’antropologia, pp. 119-130.
12) Per un rinnovamento dell’antropologia: Wittgenstein, in Pro
spettive antropologiche, cit., pp. 119-130.
13) Crisi della scienza e mondo della vita in Husserl, in Aa.Vv., Scienza e cultura contemporanea, University Press, Bologna 1982, pp. 114-124 (già pubblicato in inglese in “Analecta husserliana”, 1979, v. X.); Crisi e rifondazione del linguaggio nella fenomenologia di Husserl, in Aa.Vv., Il linguaggio, Herder-PUL, Roma 1984, pp.
39-64; Husserl e la filosofia della storia, in Aa.Vv., Husserl. La “crisi delle scienze europee, e la responsabilità storica dell’Europa, a cura di M. Signore, Angeli, Milano 1985, pp. 173-193.
14) Prospettive antropologiche, cit., in part. il cap. IlI: Immagina
zione onirica e forme patologiche, pp. 105-118; e il cap. IV: L’aliena
zione come forma di estraneazione, pp. 53-60.
15) Scienza e mistero ontologico in Maritain, in “Notes et docu-ments”, 1977, n. 8, pp. 19-22; Maritain e la filosofia della natura, in Aa.Vv., Filosofia e scienze della natura, a cura di E. Garulli, Mas-simo, Milano 1983, pp. 73-93.
16) Introduzione a Aa.Vv., Filosofia e scienze della natura, cit., p. 8.
17) Occhio clinico, cit., pp. 93-104; Immaginazione onirica e for
me patologiche, cit., pp. 105-118.
18) Prospettive antropologiche, cit., p. 102.
19) Enrico Garulli (19251985), in “Bollettino della Società Fi-losofìca Italiana”, 1986, n. 127, pp. 51-52.
20) Forme epistemologiche contemporanee, cit., pp. 21-134.
21) Ivi, p. 22.
22) La ‘epistemologia filosofica’ fra le due guerre in Italia, cit., pp.
213-239.
23) Fasi e forme della filosofia della scienza italiana nel ’900, in Aa.Vv., La filosofia della scienza in Italia nel ’900, cit., p. 31.
24) Epistemologia francese contemporanea, Montefeltro, Urbino s. d., pp. 345.
25) Ivi, p. 1.
26) Forme epistemologiche contemporanee, cit., p. 77 e p. 103.
27) Prospettive antropologiche, cit., p. 101.
28) Ivi, p. 18.
29) Ivi, p. 31.
30) Ivi, pp. 97-98.
31) Ivi, p. 98.
32) Garulli, dopo aver ricordato che la “fenomenologia risve-glia la psichiatria dal suo torpore naturalistico”, non si nasconde il pericolo che essa sottende, di “ridurre la psichiatria a semplice descrizione neutra, limitandone la portata che, come per ogni altra scienza, è quella di conoscere e spiegare, e, in quanto scienza medi-ca, di guarire” (Ivi, p. 100).
33) Garulli avverte anche che “l’ontologia heideggeriana non ri-sponde se non in parte ai quesiti posti dalla psichiatria” (Ibidem).
34) Ivi, pp. 97-98.
35) Ivi, p. 100.
36) Che può essere inconsapevole se quei presupposti ermeneu-tici non vengono tematizzati, ma che diventano patrimonio del medico quando la riflessione verte sul proprio fondamento e sulla definizione dell’uomo” (Ivi, p. 101).
37) Ibidem, dove Garulli ricorda anche che nella psichiatria “la precomprensione gioca un ruolo più decisivo che nelle altre disci-pline”.
38) Ivi, pp. 7-8.
39) E. Garulli, Fenomenologia e trascendentalità del rapporto Uo
moNatura, in Aa.Vv., Atti del XXIV congresso nazionale di filosofia, SFI, Roma 1978, p. 333.
Nota bibliografica
Delle opere di Garulli vanno ricordate: Fra logica e storia, Arga-lia, Urbino 1972; Studi sul neopositivismo logico e altri saggi,
Mon-tefeltro. Urbino 1977; Prospettive antropologiche, Piovan, Abano Terme 1981; Filosofia Cristiana. Modernità, valori, Quattroventi, Urbino 1981; Concetti e problemi di filosofia, Itinerari, Lanciano 1983; Itinerari di filosofia ermeneutica, Quattroventi, Urbino 1984.
Dedicati alla epistemologia sono i saggi: Scienza e mistero onto
logico in J. Maritain, in “Notes et Documents”, Institut Interna-tionale Jacques Maritain, 1977, 8, pp.19-22; Forme epistemologiche contemporanee: bilancio storicocritico, in AA. VV., Scienza e filosofia, oggi, a cura di G. Galeazzi, Massimo, Milano 1980, pp. 21-134; L’e
pistemologia filosofica tra le due guerre, in AA. VV., La filosofia della scienza in Italia nel Novecento, a cura di E. Agazzi, Angeli, Milano 1986, pp. 213-39.
Su Garulli si veda il volume degli atti del convegno del 1986:
Aa. Vv., Il contributo di Enrico Garulli agli studi di filosofia moderna e contemporanea, a cura di G. Galeazzi, Accademia marchigiana di scienze lettere e arti - Università degli studi di Urbino, Ancona s.d.
(ma 1987): contributi di P. Salvucci e I. Mancini; di A. Negri, A.
Dumitriu, G. Galeazzi e M. Signore; di R. Assunto, N. Duraz, X.
Tilliette e A. Brancaforte.