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Studi preclinici sulla tri-iodotironina (T3) e i tiromimetic

4. APPROCCI TERAPEUTICI INNOVATIVI IN FASE CLINICA E PRECLINICA

4.3 Studi preclinici sulla tri-iodotironina (T3) e i tiromimetic

Un’ importante obiettivo terapeutico per la SM è la promozione della rimielinizzazione, che deve avvenire all’inizio della malattia, non solo nelle fasi progressive. La rimielinizzazione è un processo che si verifica spontaneamente, ma spesso risulta incompleto o significativamente compromesso. Numerosi studi suggeriscono che la possibile causa di questa compromissione sia legata alla ridotta capacità delle cellule progenitrici degli oligodendrociti (OPC) di maturare ad oligodendrociti.

L’infiammazione sembra essere fondamentale per l’attivazione di OPC e progenitori. (27) La rimielinizzazione è osservata nell’ aree di infiammazione attive della SM mentre è compromessa nei topi privi di citochine proinfiammatorie o in topi in cui è stata effettuata una deplezione dei macrofagi. (27) Risulta ancora sconosciuto il motivo per cui la rimielinizzazione fallisca progressivamente nella SM.

Un approccio terapeutico valido è quello di migliorare l’autoriparazione della mielina, sboccando gli OPC e indurli a diventare OL mielinizzanti maturi. Gli ormoni tiroidei hanno suscitato interesse in quanto fattori di promozione del processo di differenziamento degli OPC in oligodendrociti maturi.

Gli ormoni tiroidei (TH) sono fondamentali per lo sviluppo del cervello, sia nelle fasi della crescita sia nel periodo post-natale.

La mielinizzazione è un processo dipendente da TH. Studi su animali geneticamente modificati, compresa l’analisi della mielinizzazione negli animali ipotiroidei e ipertiroidei, hanno fornito prove abbondanti che il TH gioca una parte importante nella regolazione della discendenza e maturazione degli OL in vivo. (27)

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Uno studio del 2010 ha dimostrato che la somministrazione di TH migliora il decorso clinico EAE e il processo di rimielinizzazione nei ratti, favorendo la rimielinizzazione e la neuroprotezione senza provocare ipertiroidismo. (27) Questo effetto si verifica quando il TH viene somministrato nella fase acuta della malattia, quando OPC e progenitori proliferano attivamente. (27)

Gli effetti sembrano attribuibili all’attività agonista sui recettori tiroidei di tipo beta. (TRβ). L’uso dell’ormone non è stato considerato come potenziale terapia, poiché l'esposizione cronica a TH sistemica elevata, o ipertiroidismo, influisce negativamente sul cuore, sulle ossa e sui muscoli scheletrici, limitando così il suo potenziale come terapia di rimielinizzazione. (28)

Questo problema è stato superato con agonisti del TH, o tiromimetici, classe di molecole che imita T3, legandosi e attivando il suo recettore TH (TR).

Il sobetirome è un TR beta agonista, in fase clinica privo degli effetti avversi associati all'ipertiroidismo (28), ha la capacità di attraversare la BBB e di distribuirsi al SNC. Per migliorare la biodisponibilità del composto nel SNC, è stato recentemente sintetizzato il profarmaco Sob-AM2, un derivato della metil-ammide del sobetirome. Sob-AM2 aumenta in modo significativo la biodisponibilità del sobetirome a livello del SNC, riducendo l'esposizione degli organi periferici. Raggiunto il SNC, il Sob-AM2 sembra essere convertito selettivamente in sobetirome dall'acido grasso ammide idrolasi (FAAH), che è altamente espressa nel SNC.

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In diversi modelli murini di demielinizzazione e rimielinizzazione il trattamento continuato con sobetirome o Sob-AM2 ha ripristinato la mielina attorno alle fibre nervose nel cervello, portando a sostanziali miglioramenti motori. (28) Inoltre, il sobetirome ha anche aumentato il numero di fibre nervose mielinizzate nel midollo spinale. (28) Il trattamento con T3 invece ha portato a un peggioramento della malattia. Sulla base dei promettenti risultati ottenuti con il sobetirome, la ricerca di base si sta orientando sempre più allo sviluppo di tiromimetici più selettivi e privi della tossicità dovuta alla mancanza di selettività sui recettori per gli ormoni tiroidei di tipo beta (TRβ).

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Conclusioni

La sclerosi multipla è una malattia progressivamente invalidante che colpisce giovani adulti nel pieno della loro vita sociale, lavorativa e affettiva. Solo in Italia ogni anno sono diagnosticati 3400 nuovi casi, con una frequenza due volte superiore nelle donne rispetto agli uomini.

Anche se ad oggi non esiste una cura per la sclerosi multipla, sono comunque presenti farmaci che permettono al paziente una condizione di vita migliore.

Agli inizi degli anni ’90 le terapie disponibili era circoscritte ai soli farmaci sintomatici, i quali presentavano numerosi effetti collaterali, che comunque non miglioravano la qualità di vita.

Con la scoperta del ruolo chiave che il sistema immunitario gioca nella SM, sono state formulate le prime terapie farmacologiche. La nascita dei primi farmaci immunomodulanti, interferone e glatiramer acetato, hanno aperto la via ai futuri trattamenti. I progressi della ricerca hanno portato alla produzione, grazie alle tecniche di ingegneria genetica, del primo anticorpo monoclonale (natalizumab) e successivamente dei primi farmaci orali (fingolimod, teriflunomide e dimetilfumarato). I farmaci orali hanno permesso ai malati una più facile modalità di somministrazione, ma si sono dimostrati con un profilo rischio/beneficio problematico. L’utilizzo di questi farmaci viene indicato solo in caso di tolleranza o mancanza di efficacia alle terapie di prima linea.

Una scoperta molto importante è stato l’anticorpo monoclonale ocrelizumab, il quale è il primo ed attualmente l’unico trattamento per la forma primaria progressiva. Un passo davvero innovativo per la scienza è stato cladribina, primo trattamento per la SM recidivante che permette di raggiungere fino a 4 anni di controllo della malattia.

In questa tesi oltre a descrivere le terapie farmacologiche attualmente utilizzate ho riportato alcuni approcci terapeutici innovativi in fase clinica (ponesimod e imatinib) e preclinica (sorbetirome).

Più recentemente è emerso che il differenziamento dei precursori endogeni degli oligodendrociti in oligodendrociti maturi potrebbe rappresentare una strategia

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importante per le terapie cellulari applicate alla riparazione della mielina. Con l’obiettivo di ottenere terapie innovative capaci di favorire il processo di rimielinizzazione è però necessaria una maggiore conoscenza dei meccanismi coinvolti nella progressione della malattia e dei meccanismi biologici alla base del processo di differenziamento cellulare degli OPC in OLC.

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RINGRAZIAMENTI

Ringrazio la Prof.ssa Simona Rapposelli per avermi seguito con

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