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Il comportamento meccanico dei tessuti molli è stato ampiamente studiato fatta eccezione per il tratto urinario. Diversi animali sono stati considerati ai fini della caratterizzazione meccanica del tessuto uretrale. Tuttavia, bisogna sempre considerare la differenza rispetto al tessuto umano, per questo alcuni test sono stati eseguiti su tessuto prelavato da cadavere.

Uno di questi (Masri et al. 2018) include il tessuto prelevato da 8 cadaveri senza evidenti disordini del sistema urinario. I campioni sono stati espiantati da cadaveri di persone con età compresa tra i 72 e gli 87 anni. Degli 8 campioni ottenuti, 5 sono stati utilizzati per i test meccanici i restanti 3 per osservazioni istologiche.

I campioni destinati all’analisi istologica sono stati conservati in formaldeide, fissati in formalina per 24 ore a 4 gradi e successivamente conservati in paraffina. Dai risultati dell’analisi istologica emerge per il tessuto uretrale una struttura pluristratificata. I principali strati identificabili sono: urotelio, strato sotto muscolare, muscolatura e avventizia (Figura 15).

I campioni destinati allo studio delle proprietà meccaniche sono stati conservati in soluzione salina fino al momento del test (effettuato entro le 4 ore dall’espianto). Dal tessuto espiantato (sia dalla porzione spongiosa che membranosa) sono stati ricavati campioni rettangolari (Figura 16) con dimensioni di circa 34.56 mm di altezza, 2.5 di spessore e 10 mm di larghezza. I test sono stati eseguiti sia nella direzione longitudinale che circonferenziale.

Figura 16 Preparazione campioni uretrali di forma rettangolare (Masri et al. 2018)

Per entrambe le porzioni di uretra si riscontra un comportamento meccanico di tipo non lineare tipico dei tessuti biologici. Osservando la figura relativa alla porzione membranosa dell’uretra (Figura 17), dove si riporta l’andamento dello Stress (kPa) in funzione dello stretch (𝜆 = 𝜀 + 1), si osserva un comportamento molto simile nelle due direzioni di prova. Mentre sulla porzione spongiosa (Figura 18) ci sono maggiori differenze tra le due direzioni. In particolare, si osserva una rigidezza maggiore nella direzione circonferenziale.

Figura 17 Risultati del test sulla porzione membranosa dell’uretra (Masri et al. 2018)

Figura 18 Risultati del test sulla porzione spongiosa dell'uretra (Masri et al. 2018)

Si può notare sui grafici l’isteresi dovuta al comportamento viscoelastico del tessuto, inoltre, se si osservano due curve successive queste non saranno uguali. Questo è legato alle deformazioni residue dal ciclo precedente. In generale l’isteresi aumenta con il carico applicato che a sua volta genera un maggiore deformazione residua. Osservando lo stress

massimo, si vede una differenza tra direzione longitudinale e direzione circonferenziale il che significa che il tessuto ha un comportamento anisotropo.

Confrontando i due grafici precedenti si vedono delle differenze tra le due porzioni dell’uretra. Lo stress massimo nella porzione spongiosa è circa doppio rispetto a quello nella porzione membranosa. Nella porzione spongiosa si vedono i primi segni di cedimento del tessuto ad uno stretch di 1.6.

Il fatto che l’uretra sia un condotto deputato al passaggio dell’urina è normale che abbia una resistenza maggiore nella direzione circonferenziale.

Bisogna anche considerare che nell’uomo l’uretra è soggetta ad una grande dilatazione in direzione longitudinale dovuta al forte carico del corpo cavernoso durante l’erezione. Per questo ha un’elevata elasticità in tale direzione. Per ricavare le proprietà meccaniche dell’uretra è stato fatto un fitting dei dati sperimentali usando un modello iperelastico anisotropo sotto l’ipotesi che il tessuto sia incomprimibile (modello di Gasser) (Figura 19-20). I parametri del modello che rendono minimo l’errore tra la curva sperimentale e la curva del modello sono riportati in tabella.

µ k (kPa)

Porzione membranosa 3.65 1.88

Porzione 5.79 7.77

Tabella 3. Valori dei parametri del modello costitutivo di Gasser

Per la porzione membranosa dell’uretra superato lo stretch di 1.5 il fitting risulta essere molto buono in particolare per il comportamento del tessuto in direzione circonferenziale. Per quando riguarda il fitting nel caso dell’uretra spongiosa si vedono gli effetti del danneggiamento del tessuto, i dati sperimentali relativi al test che presentano uno stretch maggiore di 1.6 risultano compromessi

Figura 19 Sovrapposizione dati sperimentali con modello di Gasser per l'uretra membranosa (Masri et al. 2018)

Figura 20 Sovrapposizione dati sperimentali con modello di Gasser per l'uretra spongiosa (Masri et al. 2018)

Gli studi precedenti riguardano campioni prelevati da animali e/o da cadavere. Da questi studi la prima cosa che salta all’occhio è il comportamento di tipo non lineare del tessuto uretrale, come ci si poteva aspettare trattandosi di un tessuto biologico molle. Un altro

comportamento in direzione longitudinale è diverso da quello in direzione circonferenziale. Purtroppo, le informazioni ottenute dalla letteratura presentano diversi limiti. Innanzitutto, non si può non tener conto delle differenze che ovviamente esistono tra tessuto animale e tessuto umano. Inoltre, trattandosi di un campo ancora inesplorato i dati di letteratura sono spesso discordanti tra loro. Possiamo fare un confronto tra due degli studi più significativi precedentemente citati (test su campione equino e su tessuto prelevato da cadavere). Osserviamo che si hanno risultati opposti nei due studi precedenti. Infatti, mentre sul tessuto prelevato da cadavere a parità di stress il tessuto si deforma maggiormente in direzione longitudinale, nel tessuto equino la situazione è completamente opposta, a parità di stress la deformazione è maggiore in direzione circonferenziale. I risultati finora ottenuti possono rappresentare un punto di partenza per capire il comportamento del tessuto uretrale ma per conoscere le caratteristiche del tessuto umano, che saranno utili al fine di progettare sfinteri artificiali e anche per la realizzazione di un phantom di uretra, è necessaria un ulteriore analisi. In particolare, nel capitolo 4 vedremo i risultati delle prove di trazione eseguite su tessuto uretrale umano ex-vivo.

3.3. Sfinteri artificiali per il trattamento dell’incontinenza urinaria

La caratterizzazione meccanica del tessuto uretrale fornisce informazioni indispensabili per la progettazione di sfinteri extra-uretrali per il trattamento dell’incontinenza urinaria severa. L’incontinenza urinaria è una patologia che consiste nella perdita involontaria di urina attraverso l’uretra al di fuori dell’atto della minzione. Questo crea ovviamente notevoli disagi a livello psicologico e sociale. Si distinguono tre tipi di incontinenza: da urgenza, da sforzo e mista che rappresenta una combinazione delle due precedenti. La prima si verifica quando la vescica si contrae prima che il cervello ne inibisca la contrazione. Questa è in genere dovuta a infezioni o malattie neurologiche che alterano o interrompono i collegamenti nervosi tra vescica e cervello.

La seconda si manifesta quando lo sfintere diminuisce o perde la forza con cui chiude l’uretra. La perdita involontaria di urina avviene in seguito a colpi di tosse, sollevamento di pesi o nei casi più gravi anche in seguito a cambi di posizione o semplicemente mentre si cammina. L’incontinenza da sforzo viene classificata in base alla quantità di urina persa. Nel caso di incontinenza severa il trattamento preferito è il posizionamento di uno sfintere urinario artificiale a contatto con l’uretra. Per questo è necessario conoscere le

proprietà meccaniche del tessuto per evitare che lo sfintere (in particolare quello extra- uretrale che avvolge il tratto bulbare del tessuto) danneggi l’uretra.

Lo sfintere artificiale è una protesi impiantabile che permette di restaurare il controllo urinario quando l’incontinenza è causata da un meccanismo sfinterico incompetente o assente. La maggior parte degli sfinteri finora progettati sono di tipo extra-uretrale. La prima idea di sfintere artificiale risale al 1947 (Kil and De Vries 1993) quando Foley progettò un dispositivo composto da una cuffia occlusiva attaccata ad una pompa tenuta nella tasca del paziente. Una versione successiva, l’AMS721 (1973), era costituito da un bracciale posto attorno al collo della vescica o dell’uretra bulbare. Grazie a piccole pompe posizionate nello scroto il paziente era in grado di controllare l’inflazione o deflazione della cuffia. Il passaggio di fluido da e verso la cuffia era consentito da un serbatoio. Tra i limiti di tale dispositivo vi era un alto tasso di erosione, la mancanza di una chiusura automatica della cuffia e le difficoltà nel posizionamento. Tutto ciò portò ad un insuccesso di tale dispositivo.

Gli sfinteri artificiali moderni fanno la loro comparsa nel 1983 con il dispositivo AMS800 (Figura 21).

Si tratta di un dispositivo in silicone composto da tre componenti separati: una cuffia gonfiabile, un palloncino per regolare la pressione e un sistema di controllo composto da pompa di sgonfiaggio, resistore di ricarica e un pulsante di disattivazione (Cordon, Singla, and Singla 2016).

La cuffia, realizzata con un elastomero in silicone, viene posta attorno all’uretra bulbare. La dimensione della cuffia viene scelta in base alle dimensioni anatomiche del paziente. Questo componente circonda l’uretra applicando una pressione circonferenziale. Il tubo della cuffia viene collegato al tubo della pompa attraverso un connettore.

Il palloncino per il controllo della pressione, anch’esso realizzato in silicone, controlla la pressione esercitata dalla cuffia. Questo garantisce diversi livelli di pressione, da 41 a 100 cm di H2O. L’obiettivo di questo componente è quello di fornire la minima pressione per

garantire la continenza urinaria. Una pressione maggiore potrebbe causare atrofia del segmento uretrale. Questo componente viene impiantato nella regione inguinale.

La pompa che costituisce l’unità di controllo è impiantata nell’uomo sotto la pelle dello scroto e nella donna nelle grandi labbra. La parte superiore di tale componente contiene il resistore e le valvole necessarie al trasferimento di liquido tra i componenti. La parte inferiore è un bottone che il paziente preme e rilascia quando vuole urinare.

L’AMS800 simula la normale funzionalità sfinterica mediante l’apertura e la chiusura dell’uretra comandata dal paziente. Quando la cuffia è chiusa l’urina rimane nella vescica. Premendo sulla pompa per una serie di volte sarà possibile svuotare la vescica (Figura 22).

Figura 22 A. Uretra chiusa dalla cuffia; B. Apertura cuffia e minzione; C. Chiusura automatica della cuffia

(“Sfintere Artificiale Ams 800)

Un altro dispositivo extra-uretrale sviluppato per il trattamento dell’incontinenza urinaria è lo Zephyr 375 (Vakalopoulos et al. 2012) (Figura 23). Si tratta di un dispositivo

idraulico composto da un manicotto gonfiabile e regolabile che si adatta all’uretra e una pompa con incorporato un serbatoio per la regolazione della pressione. I due componenti sono connessi tramite un tubo in silicone. A differenza dell’AMS 800 questo dispositivo può essere utilizzato solo sull’uomo e non sulla donna.

Tale dispositivo è realizzato in silicone riempito con soluzione fisiologica sterile.

Sono presenti due compartimenti: un circuito idraulico e un circuito di compensazione separati da un pistone. La molla spinge il pistone verso l’alto che a sua volta spinge il liquido nella cuffia.

Per garantire la continenza urinaria la cuffia deve comprimere l’uretra. I vantaggi del dispositivo rispetto all’AMS 800 sono i costi ridotti, la possibilità di regolare la pressione e la possibilità di regolare la cuffia in caso di atrofia uretrale postoperatoria.

Figura 23 (A) Sfintere extra-uretrale Zephyr 375; (B) Cuffia gonfiabile; (C) Pompa e serbatoio regolatore di pressione (Staerman et al. 2013)

Gli sfinteri endo-uretrali sono dispositivi miniaturizzati che vengono posti all’interno del lume uretrale. Proprio a causa del loro posizionamento in contatto con l’urina spesso si assiste al deterioramento dei componenti di tali dispositivi. I dispositivi endo-uretrali sono pensati principalmente per le donne a causa della ridotta dimensione dell’uretra che rende più semplice l’inserimento. Uno di questi dispositivi è il FemSoft Insert. Esso è costituito da un tubo di silicone rivestito da una guaina di silicone riempita di olio minerale. Quando la punta del dispositivo entra in contatto con la vescica il fluido scorre verso l’estremità bulbosa dello sfintere andando a gonfiare un palloncino. Nella parte opposta alla parte bulbosa è presente una flangia in silicone che serve per impedire lo

spostamento dello sfintere. Quando la paziente deve urinare lo sfintere va rimosso tirando la parte in cui è presente la flangia. Uno dei principali limiti di questo dispositivo è legato al fatto che può provocare infezioni alle vie urinarie (Marziale et al. 2018). Reliance è un altro dispositivo endo-uretrale realizzato esclusivamente per le donne. Esso è costituito da un catetere in silicone che presenta ad un’estremità un palloncino che quando viene gonfiato blocca il flusso urinario. La migrazione del dispositivo è impedita grazie ad una linguetta posta sull’estremità distale che fissa lo sfintere nella posizione desiderata (Miller and Bavendam 1996).

Recentemente è stato progettato un nuovo sfintere artificiale, completamente invisibile esternamente, controllato magneticamente (Mazzocchi et al. 2017) . Si tratta di un dispositivo unisex, il cui inserimento è rapido e indolore. Il dispositivo, le cui dimensioni sono compatibili con quelle dell’uretra, è composto da sette componenti: un case esterno, una valvola polimerica, un cursore di sicurezza, una molla e un magnete interno (Figura 24A).

Figura 24 (A) Componenti interne sfintere artificiale endo-uretrale; (B) Schematizzazione dello sfintere endouretrale nella prima e seconda configurazione stabile (Mazzocchi et al. 2017)

Il sistema di sicurezza, costituito dalla molla, dal cursore e dal magnete interno è in grado di modulare la pressione di apertura della valvola. Se non viene applicato un trigger esterno, mediante il magnete, il sistema di sicurezza fa si che la molla spinga il cursore che va a contatto con la valvola garantendo così la continenza. Avvicinando il magnete esterno alla pelle, con la corretta orientazione, il magnete interno viene attratto. Questo

provoca una compressione della molla, che porta il cursore in basso, lasciando libera la valvola. Questo fa si che la valvola, sotto la spinta dell’urina, possa aprirsi con conseguente possibilità di urinare (Figura 24B).

4.CARATTERIZZAZIONE MECCANICA DI

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