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Introduzione e scopo del lavoro

La scelta dell’adeguato approccio terapeutico al Long-standing Overt Ventriulomegaly in Adults è un problema che nasce fin dalla sua originaria enunciazione, più di due decenni fa[1]. Il dibattito si è acceso

rapidamente tra chi sosteneva una maggiore efficacia utilizzando la terzoventricolocisternostomia e chi invece vedeva nella derivazione ventricolo-peritoneale la strategia migliore. Al di là delle rispettive evoluzioni tecnologiche, entrambe le tecniche hanno mostrato, nei vari studi pubblicati, dei tassi di successo tendenzialmente equiparabili[39], al netto delle rispettive e specifiche problematiche

associate, con il processo decisionale che sembra basarsi perlopiù su una predilezione soggettiva per l’una o l’altra opzione. La non precisa caratterizzazione delle specifiche peculiarità fisio-patologiche, cliniche e radiologiche ha contribuito ad alimentare l’alone di incertezza nei confronti del trattamento di una patologia spesso anche misconosciuta. Pare evidente come la chiave di volta per la risoluzione di tali interrogativi sia una maggiore conoscenza della patologia in esame, e questo è il motivo per cui alcuni recenti studi si sono concentrati dapprima sull’analisi della patologia in sé, utilizzando alcune nuove definizioni al fine di giustificare il ricorso ad un iter terapeutico piuttosto che ad un altro[4] [46]. A tal fine sono apparse in

letteratura dei criteri diagnostici più precisi, sia da un punto di vista clinico (segni e sintomi) che radiologico, oltre a una maggiore focalizzazione sulla corretta diagnosi di malattia e quindi, in secondo luogo, ad una più specifica scelta di terapia[4].

Lo scopo di questo studio è analizzare retrospettivamente un gruppo di pazienti con diagnosi accertata di LOVA (utilizzando i più moderni criteri diagnostici)[4], che sono stati operati sia con ETV che con DVP, al

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condizione patologica e quindi l’impatto che hanno avuto le rispettive terapie nel contrasto e controllo degli specifici sintomi del LOVA, cercando di stabilire se esiste un’effettiva superiorità di una delle due.

Materiali e metodi

Lo studio è stato condotto in maniera retrospettiva su una coorte di 32 pazienti, selezionati in un arco temporale di 118 mesi (da dicembre 2010 fino a ottobre 2020), su una serie di più di mille pazienti trattati per idrocefalo comunicante e non comunicante presso l’U.O. di Neurochirurgia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana. Non è stato preso in considerazione il periodo precedente poiché la patologia è stata descritta per la prima volta in tempi abbastanza recenti (primi anni duemila)[1] [2] e per l’impossibilità di risalire alle cartelle cliniche di

pazienti operati più di dieci anni fa.

I dati anagrafici, clinici e terapeutici sono stati raccolti attraverso la revisione delle cartelle cliniche presenti in archivio, sia virtuale che cartaceo.

La selezione si è basata solo su pazienti ricoverati e operati con diagnosi di idrocefalo comunicante o non comunicante che rispondevano a specifici criteri diagnostici clinici e radiologici:

1) Evidente ventricolomegalia a carico dei ventricoli laterali e del III, con Indice di Evans > 0,40 (criterio fondamentale) ed eventuale presenza di solchi corticali obliterati alla TC/RM, oltre a contestuale presenza o assenza di stenosi acqueduttale (rilevata tramite assenza di flusso liquorale alla RM dinamica).

2) Segni radiologici di macrocefalia (circonferenza cranica approssimativamente > 58 cm nell’uomo e > 57 cm nella donna) e/o neuro-immagini che dimostrano un’erosione o un’espansione della sella turcica.

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3) Alcuni dei seguenti sintomi: cefalea, demenza, deficit cognitivi, disturbi dell’andatura e/o dell’equilibrio, incontinenza urinaria, deficit di memoria, turbe psichiatriche e parkinsonismo[4].

Tutti i pazienti che si sono presentati alla U.O. sono stati sottoposti ad una completa valutazione anamnestica e clinica (generale e neurologica), con successiva valutazione radiologica, che ha messo in evidenza lo stato di “evidente ventricolomegalia di lunga data”. La natura della patologia non sempre ha consentito una specifica diagnosi di LOVA, motivo per cui, in diversi casi, si è resa necessaria una valutazione retrospettiva sia clinica che radiologica di questi pazienti, riformulando la diagnosi sulla base dei più recenti criteri diagnostici. Nonostante diversi casi siano stati precedentemente classificati come affetti da altre forme di idrocefalo (primo fra tutti l’idrocefalo normoteso), è stato comunque possibile proseguire con lo studio, poiché le terapie per queste due differenti condizioni cliniche coincidono in larga misura.

[Esempio di calcolo dell’Indice di Evans su immagine TC di un paziente affetto da LOVA] Fig. 28

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[Esempio di calcolo della Circonferenza Cranica su immagine TC di un paziente affetto da LOVA] Fig. 29

Sono stati valutati da un punto di vista radiologico più di mille pazienti operati per idrocefalo (con DVP o ETV) nell’U.O. di riferimento, nel periodo in esame. Sono stati selezionati solamente coloro i quali presentavano primariamente un indice di Evans > 0,40[4] ed una

macrocefalia significativa. L’indice di Evans è stato valutato misurando, su immagini TC o RM, la massima ampiezza in millimetri dei corni frontali dei ventricoli laterali e rapportando questo valore con la massima ampiezza cranica allo stesso livello. Per la misurazione della circonferenza cranica è stata utilizzata una ROI ellittica su immagini TC o RM, non prendendo come valore fisso di riferimento i 58 cm nell’uomo e 57 cm nella donna[1], ma anche valori leggermente

inferiori, poiché si è ritenuto questo valore eccessivamente restrittivo nell’identificazione dei pazienti affetti da LOVA, includendo quindi nello studio anche pazienti con valori di circonferenza cranica

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generalmente superiori a due deviazioni standard rispetto alla popolazione in esame[4]. Altri parametri radiologici presi in

considerazione per la selezione dei pazienti sono stati l’obliterazione dei solchi corticali e la stenosi dell’acquedotto del Silvio, non sempre però valutabili, poiché in alcuni pazienti non sono state trovati in archivio esami radiologici precedenti alla data dell’intervento (spesso poiché operati in altre strutture ospedaliere). Per quanto riguarda la stenosi acqueduttale, la sua assenza non è stata ritenuta escludente la patologia, in accordo con ciò che è stato consultato in letteratura[4].

Infine, l’ultimo parametro radiologico utilizzato nella fase di selezione dei pazienti è stata la presenza di espansione o erosione della sella turcica (anch’esso parametro non escludente la diagnosi, ma con forte valore predittivo positivo). I suddetti parametri radiologici sono stati analizzati, quando possibile, sia prima che dopo l’intervento chirurgico (sia il primo che gli eventuali interventi successivi).

[Esempio di stenosi acqueduttale allo studio RM dinamico di un paziente affetta da LOVA] Fig. 30

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Di tutti i pazienti selezionati è stata riportata la data e la tipologia dell’intervento effettuato, nonché le eventuali successive date e tipologie di interventi successivi al primo (sia di revisione che di conversione). Nei pazienti operati con derivazione ventricolo- peritoneale, sia primariamente che secondariamente, è stato altresì riportato il tipo di valvola impiantata (fissa, programmabile o programmabile con dispositivo anti-sifone). Sono state riportate, inoltre, eventuali complicanze post-operatorie intercorse e dati anamnestici di altre procedure chirurgiche in epoche precedenti al periodo esaminato da questo studio, legate sempre alle patologie in esame.

È stata analizzata la presenza di otto specifici sintomi e segni clinici (i principali, sulla base sia dei dati riportati in letteratura che sull’effettivo riscontro nei pazienti in esame): cefalea, demenza, deficit cognitivi, disturbi della marcia e/o dell’equilibrio, incontinenza urinaria, deficit di memoria, turbe psichiatriche e segni di parkinsonismo (tremore, rigidità, bradicinesia, marcia magnetica/freezing)[1] [4] [46]. I seguenti sintomi sono stati anche

suddivisi in quattro gruppi in base ad alcune peculiari caratteristiche, al fine di ottenere una più precisa analisi statistica: sintomi da ipertensione endocranica (cefalea), sintomi simil-idrocefalo normoteso (deficit di marcia/equilibrio, incontinenza urinaria e demenza/deficit cognitivi/deficit di memoria), sintomi psichiatrici (o neuro-psicologici) e segni di parkinsonismo. Sono stati riportati anche alcuni sintomi peculiari riscontrati nei pazienti in studio, nello specifico diplopia e stato vegetativo. Le suddette caratteristiche cliniche sono state analizzate prima l’intervento, nell’immediato post-operatorio e, tramite contatto telefonico (novembre 2020), nell’immediata prossimità della stesura di questa tesi di laurea, al fine di procedere ad un follow-up clinico di questi pazienti per stabilirne l’outcome.

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La valutazione dello stato clinico dei pazienti ha rappresentato una delle sfide più difficili per la conclusione dello studio. In letteratura scientifica non esistono scale di valutazione clinica dei pazienti affetti da LOVA, presumibilmente perché non sono stati neanche specificati i principali segni e sintomi che affliggono questa patologia. Le uniche scale utili a tal fine sono la Black Grading Scale[53], che valuta il livello

di attività del paziente dopo che è stato operato con shunt, la scala di Stein-Langfitt[54], che valuta le condizioni cliniche dei pazienti operati

sempre con shunt, e la più rilevante di tutte, il Kiefer-index[5] [55] [56],

con annesso calcolo del recovery-index[5]: questo indice è stato

formulato nei primi anni del 2000 ed è dato dalla somma dei punteggi assegnati a determinate caratteristiche cliniche (da 0 a 6, di grado via via crescente), ma è stata formulata per l’idrocefalo normoteso e non per il LOVA. Avendo le due patologie alcune similitudini dal punto di vista clinico, abbiamo utilizzato principalmente questa scala di valori al fine di ottenere un indice che riuscisse a descrivere lo stato dei pazienti inclusi nello studio prima dell’intervento, dopo l’intervento e all’ultimo follow-up, per valutare una variazione sia in senso positivo che negativo. I sintomi valutati da questa scala sono: deficit mentali vari (di memoria, concentrazione, orientamento, ecc.), deficit della marcia, incontinenza urinaria, cefalea e malessere generale. Di particolare utilità si è rivelato il recovery-index, un indice dato dalla differenza dell’indice di Kiefer pre-operatorio e post-operatorio, moltiplicato per il rapporto tra 10 e, nuovamente, l’indice di Kiefer pre-operatorio: il valore che viene fuori da questa formula può essere positivo o negativo, indicando rispettivamente un miglioramento o un peggioramento delle condizioni cliniche del paziente in esame (ovviamente il valore 0 corrisponde a un quadro clinico invariato)[5].

I limiti di questo indice sono però evidenti:

- il problema principale è certamente dato dal fatto che sia stato formulato per pazienti affetti da idrocefalo normoteso e non

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da LOVA, comportando di conseguenza l’esclusione di importanti e frequenti sintomi di questa patologia, come le turbe psichiatriche e il parkinsonismo, oltre a non offrire una efficace differenziazione dei deficit mentali in demenza, deficit cognitivi e di memoria, includendo invece il meno rilevante e fortemente aspecifico “malessere”;

- un secondo problema, di natura prettamente matematica, è stato riscontrato durante l’analisi statistica del nostro studio, poiché il calcolo del recovery-index portava ad “errore” nel confronto delle condizioni del paziente dopo l’intervento e al follow-up, (un utilizzo improprio di questo indice, teoricamente, perché la formula prevede solo il confronto tra prima e dopo l’intervento, ma pur sempre un limite perché impedisce di valutare se un intervento che inizialmente aveva dato ottimi risultati nel periodo post-operatorio si mantiene tale o perde di efficacia col passare del tempo). Ponendo il caso, ad esempio, che l’intervento abbia consentito una regressione di tutti sintomi nel post-operatorio (e quindi un indice di Kiefer=0), non è matematicamente possibile porre il numero 0 al denominatore di una frazione;

- il terzo problema riguarda la non-simmetricità matematica del recovery-index. In pratica non si può affermare che, da un punto di vista matematico, ciò che viene valutato numericamente come un miglioramento delle condizioni cliniche equivalente a +5 (ad esempio), corrisponda ad un peggioramento della clinica espresso numericamente con un valore di -5, cioè lo stesso valore numerico ma di segno opposto (in sintesi, non c’è simmetria nel recovery-index tra valori che indicano miglioramento e peggioramento delle condizioni cliniche).

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Nonostante i limiti di questa scala, l’indice di Kiefer e il relativo recovery-index sono stati utilizzati per valutare l’outcome clinico di questi pazienti.

[Indice di Kiefer e formula del Recovery Index] Tab. 3 [5]

Spinti dall’assenza di una scala di valutazione clinica dei pazienti con LOVA e avendone forte necessità per una più precisa valutazione dell’outcome clinico della nostra coorte di pazienti, proponiamo una nuova scala di valutazione, che prende spunto dall’indice di Kiefer e dal correlato recovery-index. La nuova scala di valutazione presenta otto differenti voci che corrispondono esattamente agli otto segni e sintomi caratteristici del LOVA soprelencati (cefalea, demenza, deficit cognitivi, deficit di marcia/equilibrio, incontinenza urinaria, deficit di memoria, turbe psichiatriche e segni di parkinsonismo), ai quali abbiamo dato dei valori numerici da 1 a 5 (con grado crescente di gravità). Di conseguenza, un paziente che presenta massima gravità clinica verrà valutato con un valore di 40, mentre un paziente che presenta assenza di tutti i sintomi otterrà un valore numerico di 8. Una volta ottenuta la somma di questi valori che rappresentano le condizioni cliniche del paziente sia prima che dopo l’intervento, per calcolare il “recovery-index modificato” bisogna stabilire

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primariamente se il valore pre-operatorio sia maggiore o minore di quello post-operatorio. Nel caso in cui il valore risulti maggiore bisognerà fare la differenza tra l’indice pre-operatorio e post- operatorio e rapportare tutto alla differenza tra 40 e l’indice pre- operatorio (ottenendo un valore positivo compreso tra 0 e +1, che indica miglioramento delle condizioni cliniche del paziente dopo l’intervento). Se invece il valore pre-operatorio è minore di quello post-operatorio bisognerà fare la differenza sempre tra l’indice pre- operatorio e quello post-operatorio e rapportare tutto alla differenza tra l’indice pre-operatorio e 8 (ottenendo un valore negativo compreso tra 0 e -1, che indica peggioramento della clinica). Ovviamente se i valori pre- e post-operatori sono uguali, la differenza e il conseguente rapporto darà 0 (che indica clinica invariata).

I vantaggi di questo indice sono molteplici:

- primariamente è un indice specifico per il LOVA e non “adattato” dall’idrocefalo normoteso, consentendo di analizzare parametri prima totalmente esclusi e permettendo, altresì, una suddivisione e successiva analisi dei sintomi in cluster significativi (come appunto i sintomi da ipertensione endocranica, quelli simil-idrocefalo normoteso, quelli psichiatrici e i segni di parkinsonismo);

- eliminando il valore numerico 0 si evita il rischio che l’equazione risulti matematicamente impossibile, consentendo tranquillamente anche lo studio dei pazienti rapportando sia il pre- che il post-operatorio, così come il confronto tra pre- operatorio e follow-up e tra post-operatorio e follow-up; - infine, la formula matematica da noi proposta, differenziando i

due casi possibili, cioè MKIpre > MKIpost e MKIpre < MKIpost

(ricordando sempre che se i due valori sono uguali il risultato sarà 0), si ottiene un recovery-index matematicamente simmetrico, in cui un qualsiasi valore che indica miglioramento

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clinico (numero positivo) equivarrà ad un corrispondente grado di peggioramento clinico espresso dallo stesso valore numerico ma di segno opposto (cioè negativo).

[Indice di Kiefer modificato] Tab. 4 e 5

Il nostro studio ha utilizzato entrambe le scale di valutazione, al fine di consentire una più precisa analisi delle caratteristiche in esame. Uno dei pazienti della coorte in esame è stato escluso dalla valutazione dell’outcome clinico, poiché in anamnesi è risultato il ricorso ad un intervento di derivazione spino-peritoneale precedente al più recente intervento di derivazione ventricolo-peritoneale. È stato invece incluso nella sezione demografica dello studio.

È stata condotta l’analisi statistica sui dati ottenuti per valutare l’impatto dell’outcome clinico dei pazienti nel post-operatorio e nell’ultimo follow-up. L’analisi univariata è stata eseguita con regressione di Cox. Inoltre, l’hazard proporzionale è stato sempre verificato con l’utilizzo della curva log(-log), ed il relativo p value calcolato con in test di Wald. Inoltre, per ogni variabile con p ≤ 0,2 ad analisi univariata è stato prodotto un modello di analisi di regressione

Cefalea Demenza Deficit

cognitivi Deficit di marcia/equilibrio Incontinenz a urinaria Deficit di memoria Turbe psichiatriche Parkinsonismo

1 assente assente assente assente assente assente assente assente

2 lieve lieve lieve lieve lieve lieve lieve lieve

3 moderata moderata moderata moderata moderata moderata moderata moderata

4 medio-grave medio-grave medio-grave medio-grave medio-grave medio-grave medio-grave medio-grave

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logistica multivariata per identificare i predittori indipendenti. Le differenze sono state considerate significative a p < 0,05. Le analisi statistiche sono state eseguite con SPSS version 23 (SPSS Inc. SPSS® Chicago, IL, USA).

Risultati

Popolazione

Lo studio ha incluso i pazienti compatibili con i criteri precedentemente elencati, per un totale di 32, suddivisi per genere in 25 uomini (77%) e 7 donne (23%). Si ottiene un rapporto di 3,6:1. L’età del gruppo dei pazienti in studio, al momento dell’intervento, è compresa tra 23 e 79 anni, con una media di 61,9 ± 13,8 anni. Da questo gruppo di pazienti ne viene escluso uno poiché in anamnesi risulta, come primo intervento, una derivazione spino-peritoneale. Dei 31 pazienti rimanenti, 15 svolgono primo intervento di terzoventricolostomia endoscopica (ETV), corrispondenti al 48,4% del totale, mentre 16 sono sottoposti primariamente a derivazione ventricolo-peritoneale (DVP), corrispondenti al 51,6%. Considerando tutta la coorte, viene effettuato l’ultimo follow-up ad una distanza temporale media corrispondente a 63,8 ± 51,5 mesi.

I pazienti operati con ETV sono suddivisi per genere in 10 uomini (66,7%) e 5 donne (33,3%), con un’età media che si attesta a 57,3 ± 15,5 anni, e l’ultimo follow-up viene effettuato a una distanza temporale media di 53 ± 43,1 mesi.

I pazienti operati con DVP sono suddivisi per genere in 14 uomini (87,5%) e 2 donne (12,5%), con un’età media che si attesta a 66,2 ± 10,8 anni, e l’ultimo follow-up viene effettuato a una distanza temporale media di 73,9 ± 58,6 mesi.

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Nel gruppo in esame, 5 pazienti sono deceduti, tutti per motivi non strettamente legati alla terapia chirurgica per il LOVA: in un paziente è stata successivamente diagnosticata la malattia di Alzheimer, un altro ha subito un trauma cranico con comparsa di emorragia subaracnoidea e successivo stato vegetativo per 3 anni prima del decesso, in un altro paziente c’è stata successiva diagnosi di neoplasia epatica.

Tutti i risultati riportati non presentano variazioni statisticamente significative (il p value risulta sempre > 0,05).

Risultati generali

N° di M e F M=25 (77%), F=7 (23%).

Media età 61,9 ± 13,8 anni

Follow-up medio 63,8 ± 51,5 mesi

Tipi di intervento ETV=15 (48,4%), DVP=16 (51,6%)

Caratteristiche cliniche (N°) Cefalea 10 (31,3%) Demenza 12 (37,5%) Deficit cognitivo 23 (71,9%) Deficit marcia/equilibrio 32 (100,0%) Incontinenza 24 (75,0%) Deficit di memoria 22 (68,8%) Turbe psichiatriche 18 (56,3%) Parkinsonismo 20 (62,5%) Caratteristiche radiologiche

Indice di Evans medio 0,49 ± 0,09

Solchi corticali obliterati (N°) 24 (no = 4, non valutabili = 4)

Stenosi acquedotto (N°) 21 (no = 7, non valutabili = 4)

Sella turcica erosa/espansa (N°) 23 (no=9)

Circonferenza cranica media 57,3 ± 1,5 cm (M=57,7; F=55,9)

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Caratteristiche cliniche

Su 32 pazienti totali (compreso anche il paziente operato con DSP), al momento della prima visita da essi effettuata, l’esordio clinico prevedeva la presenza di cefalea in 10 casi (31,3%), di demenza in 12 casi (37,5%), di deficit cognitivo in 23 casi (71,9%), di disturbi della marcia e/o dell’equilibrio in 32 casi (100%), di incontinenza urinaria in 24 casi (74%), di deficit di memoria in 22 casi (68,8%), di turbe psichiatriche in 18 casi (56,3%) e di segni di parkinsonismo in 20 casi (62,5%).

Suddividendo i pazienti in base al tipo di prima chirurgia effettuata (escludendo quindi il paziente operato primariamente con DSP), nel gruppo sottoposto a ETV l’esordio clinico prevedeva la presenza di cefalea in 6 casi sul totale di 15 (40%), di demenza in 5 casi (33,3%), di deficit cognitivi in 9 casi (60%), di disturbi della marcia/equilibrio in 15 casi (100%), di incontinenza urinaria in 10 casi (66,7%), di deficit di memoria in 9 casi (60%), di turbe psichiatriche in 7 casi (46,7%) e di segni di parkinsonismo in 10 casi (66,7%).

Similmente, nei pazienti che hanno effettuato primariamente DVP, l’esordio clinico prevedeva la presenza di cefalea in 4 casi su un totale di 16 (25%), di demenza in 6 casi (37,5%), di deficit cognitivi in 13 casi (81,3%), di disturbi della marcia/equilibrio in 16 casi (100%), di incontinenza urinaria in 13 casi (81,3%), di deficit della memoria in 12 casi (75%), di turbe psichiatriche in 10 casi (62,5%) e di segni di parkinsonismo in 9 casi (56,3%).

In alcuni pazienti sono stati riscontrate, in anamnesi o al follow-up, alcune caratteristiche cliniche peculiari e non strettamente legate alla patologia principale, come: diplopia, insorgenza di stato vegetativo (per trauma con ESA), ictus, neoplasia prostatica, neoplasia epatica e glioma.

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In nessuno di questi due di gruppi, così come nel gruppo generale, i risultati riportati presentano variazioni statisticamente significative (il p value risulta sempre > 0,05).

Incidenza dei sintomi ETV DVP P value

Sintomi Cefalea 6 (40%) 4 (25%) 0,46 Demenza 5 (33,3%) 6 (37,5%) 1 Deficit cognitivi 9 (60%) 13 (81,3%) 0,25 Deficit di marcia/equilibrio 15 (100%) 16 (100%) 1 Incontinenza urinaria 10 (66,7%) 13 (81,3%) 0,43 Deficit di memoria 9 (60%) 12 (75%) 0,46 Turbe psichiatriche 7 (46,7%) 10 (62,5%) 0,48 Parkinsonismo 10 (66,7%) 9 (56,3%) 0,72 Tab. 7 Caratteristiche radiologiche

Su 32 pazienti totali, dopo studio delle immagini TC e/o RM (a volte anche dinamiche per la valutazione del flusso liquorale attraverso l’acquedotto del Silvio), effettuate precedentemente al primo intervento chirurgico, l’indice di Evans è risultato sempre > 0,40, con una media di 0,49 ± 0,09. L’obliterazione dei solchi corticali è stata riscontrata invece in 24 casi (75%), con 4 casi in cui invece era assente (12,5%) e altri 4 casi in cui era non valutabile (12,5%), poiché non sono state trovate indagini radiologiche precedenti al primo intervento. La stenosi dell’acquedotto è stata riscontrata in 21 casi (65,6%), mentre in 7 casi risultava assente (21,9%) e in 4 casi non valutabile (12,5%) per lo stesso motivo precedentemente descritto. L’espansione e/o erosione della sella turcica è stata riscontrata in 23 casi (71,9%), mentre in 9 casi è risultata assente (29,1%). Infine, la circonferenza cranica media di tutto il gruppo di pazienti in esame è risultata di 57,3 ± 1,5 cm (negli uomini 57,7 cm e nelle donne 55,9 cm).

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Suddividendo sempre i pazienti nei due gruppi sulla base del primo intervento chirurgico da loro effettuato (ed escludendo sempre il paziente operato in prima istanza con DSP), nel gruppo dei soggetti sottoposti primariamente a ETV, l’indice di Evans medio è risultato di

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