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OUTCOME CLINICO E TRATTAMENTO CHIRURGICO DEL LONG-STANDING OVERT VENTRICULOMEGALY IN ADULTS (LOVA): CONFRONTO TRA DERIVAZIONE VENTRICOLO-PERITONEALE E TERZOVENTRICOLOCISTERNOSTOMIA

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Academic year: 2021

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Scuola di Medicina

Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia

Tesi di Laurea Magistrale

OUTCOME CLINICO E TRATTAMENTO CHIRURGICO DEL

LONG-STANDING OVERT VENTRICULOMEGALY IN

ADULTS (LOVA): CONFRONTO TRA DERIVAZIONE

VENTRICOLO-PERITONEALE E

TERZOVENTRICOLOCISTERNOSTOMIA

Relatore:

Prof. Paolo Perrini

Correlatore:

Dott. Nicola Montemurro

Candidato:

Antonino Indaimo

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INDICE

I. Introduzione………..4

II. Anatomia del sistema ventricolare………6

-

Introduzione

………6

- Anatomia dei ventricoli cerebrali

………8

- I plessi corioidei

………..17

- Le formazioni circumventricolari

………..20

III. Fisiologia del liquido cefalo-rachidiano………23

- Il liquor

………23

- Fisiologia dei plessi corioidei e dei villi aracnoidei

………….25

- La pressione liquorale e la pressione intra-cranica

…………29

IV. L’idrocefalo………..36

- Introduzione ed epidemiologia

……….36

- Cenni storici

………..36

- Classificazione

………..39

- Fisio-patologia

……….44

- Clinica

……….51

- Diagnosi

……….53

-

Terapia

………55

V. Il Long-standing Overt Ventriculomegaly in Adults

(LOVA)……….72

- Definizione

………72

- Epidemiologia

……….73

- Fisio-patologia

………73

- Clinica e criteri diagnostici

……….78

- Terapia

………84

(3)

3

- Introduzione e scopo del lavoro

………..87

- Materiali e metodi

……….88

- Risultati

………..98

VII. Discussione………110

VIII. Conclusione………..131

IX. Ringraziamenti………133

X. Bibliografia………134

(4)

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I.

INTRODUZIONE

Il Long-standing Overt Ventriculomegaly in Adults (LOVA) è una rara e particolare forma di idrocefalo descritta per la prima volta pochi decenni fa[1] [2], e che presenta caratteristiche epidemiologiche,

fisio-patologiche, cliniche, radiologiche e terapeutiche estremamente peculiari, tali da consentire una differenziazione dalle altre tipologie di idrocefalo, con le quali entra in diagnosi differenziale (in primis l'idrocefalo normoteso[3]). La patologia si contraddistingue per

l’insorgenza di idrocefalo in un soggetto adulto senza alcuna precedente storia di segni e sintomi, né alla nascita né durante l’infanzia, ma con evidenze radiologiche di prominente ventricolomegalia a carico di ventricoli laterali e del III ventricolo, che suggeriscono una lunga latenza della condizione. Questo studio ha lo scopo di valutare l’outcome clinico di una coorte di pazienti con diagnosi accertata di LOVA, nei quali si è reso necessario procedere ad intervento chirurgico, al fine di valutare l’impatto della terapia nell’immediato periodo post-operatorio e nel più recente follow-up, confrontando le due principali tecniche chirurgiche utilizzate per il trattamento di questa specifica patologia, la derivazione ventricolo-peritoneale (DVP) e la terzoventricolocisternostomia (ETV).

La prima parte dell'elaborato presenta una descrizione delle principali caratteristiche anatomiche e fisiologiche del sistema ventricolare e della circolazione del liquido cefalo-rachidiano, seguite da un'analisi generale della patologia idrocefalica, con particolare attenzione alle sue peculiarità fisio-patologiche, cliniche e terapeutiche. Il focus si sposta successivamente sulla patologia di primario interesse, il LOVA, del quale si analizzano le caratteristiche principali e i dibattiti scientifici che lo hanno caratterizzato negli ultimi anni: una definizione precisa dei criteri diagnostici[4] e, soprattutto, la definizione di una terapia

chirurgica di prima scelta tra la derivazione ventricolo-peritoneale e la terzoventricolocisternostomia. Viene successivamente proposto lo

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studio clinico, effettuato su 32 pazienti affetti da questa patologia e operati negli ultimi dieci anni nel reparto di Neurochirurgia dell'A.O.U.P di Pisa, sia con DVP che con ETV. Di questa selezione di pazienti viene effettuata un'attenta analisi dell'outcome clinico sia nell’immediato periodo post-operatorio che a distanza dall’intervento, talora di diversi anni, al fine di valutare quale terapia abbia consentito una maggiore efficacia nel controllo della patologia e, in generale, l’impatto della terapia chirurgica sulla qualità di vita di questi pazienti. L'elaborato propone, infine, una nuova scala di valutazione delle principali caratteristiche cliniche riscontrate in questa specifica patologia, poiché non esiste attualmente un indice di valutazione specifico per il LOVA (le uniche scale presenti in letteratura si riferiscono all'idrocefalo normoteso[5]). Il nuovo indice da noi proposto

si pone l’obiettivo di consentire al personale medico di effettuare una più precisa valutazione della presenza e della gravità di questi sintomi, e, in associazione a specifici criteri clinici e algoritmi terapeutici riportati da alcuni recenti studi pubblicati in letteratura scientifica[4],

proporre la migliore opzione terapeutica a dei pazienti affetti da una patologia ancora troppo frequentemente misconosciuta.

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II.

ANATOMIA DEL SISTEMA VENTRICOLARE

Introduzione

L’elemento fondamentale su cui ogni organismo vivente basa la sua capacità di interagire con il mondo esterno e di consentire un adeguato funzionamento degli organi interni è il sistema nervoso. Esso consiste in un insieme di neuroni e cellule di sostegno aggregate in strutture e formazioni sempre più complesse, le quali occupano una posizione prettamente centrale e assiale all’interno dell’organismo[6].

Nell’essere umano il sistema nervoso si divide in una parte centrale (SNC) ed in una periferica (SNP), le quali, interagendo tra loro, hanno la funzione di trasmettere e analizzare gli stimoli provenienti dall’ambiente esterno e dagli organi interni, e sulla base di questi, elaborare una risposta di tipo volontario e involontario. Nello specifico il SNC ha il ruolo di elaborare i segnali afferenti, integrarli e produrre risposte efferenti, mentre il SNP, formato essenzialmente dai prolungamenti delle cellule del SNC, ha il ruolo di veicolare gli impulsi nervosi dalla periferia verso il centro, e viceversa, suddividendoli in fibre nervose di vario tipo (afferenti ed efferenti, somatiche e vegetative, motrici e sensitive) e con differenti decorsi e localizzazione[6].

Focalizzandoci sul SNC, esso è costituito da una serie di strutture poste in continuità anatomica tra di loro, le quali sono contenute e protette da strutture ossee. Nello specifico descriviamo l’encefalo, contenuto nella scatola cranica, e il midollo spinale, contenuto invece nel canale vertebrale. L’encefalo è costituito, in senso caudo-craniale, da bulbo (o midollo allungato), ponte e mesencefalo (che insieme formano il tronco encefalico, con il cervelletto localizzato dorsalmente ad esso), poi dal diencefalo (composto da talamo, epitalamo, metatalamo, ipotalamo e subtalamo) ed infine dal telencefalo (composto dai nuclei

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della base e dai due emisferi cerebrali, suddivisi nei lobi frontale, parietale, occipitale e temporale).

Le strutture parenchimatose del SNC, come precedentemente accennato, sono contenute all’interno di strutture ossee rigide come la scatola cranica e il canale vertebrale della colonna vertebrale, e il motivo evoluzionistico di ciò è dovuto al fatto che sono strutture estremamente delicate e fondamentali per la sopravvivenza di ogni essere vivente, necessitando quindi di una solida struttura di rivestimento. Internamente al rivestimento osseo non si trova solamente una componente parenchimatosa, ma altresì una serie di cavità e spazi localizzati sia nella parte più interna del cervello, che interposte tra gli organi e le strutture ossee stesse, all’interno dei quali si trova un fluido corporeo trasparente e incolore denominato liquido cefalorachidiano (o liquor), che funge da cuscinetto idraulico di protezione meccanica da eventuali urti e traumi esterni, oltre a consentire una riduzione del peso dell’encefalo e permettere un controllo delle modificazioni dell’ambiente esterno (insieme al sangue)[7]. Lo spazio interposto tra l’organo e l’osso in cui scorre il

liquor prende il nome di spazio subaracnoideo, poiché compreso tra i due involucri connettivali di rivestimento del SNC più interni, cioè la pia madre (a ridosso del tessuto encefalico e midollare) e l’aracnoide. A ridosso dell’osso c’è il terzo ed ultimo foglietto di rivestimento si trova, invece, la dura madre. Nella parte centrale del midollo spinale si trova il canale midollare, anch’esso occupato dal liquor. Soprattutto a livello del basicranio, ma in generale in tutte le zone in cui encefalo e cranio non sono in stretto contatto, si trovano delle dilatazioni dello spazio subaracnoideo, denominate cisterne subaracnoidee, formate dalla separazione tra la pia madre, che riveste intimamente tutto il sistema nervoso invaginandosi anche nelle scissure e nei solchi fra le circonvoluzioni cerebrali, e dura madre ed aracnoide, che invece vi passano a ponte. Anche all’interno di queste strutture si trova il liquor. Per ultimo come elencazione, ma di primaria importanza ai fini della

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discussione di questa tesi di laurea, il liquor si localizza anche a livello di quattro cavità comunicanti contenute nella parte più profonda dell’encefalo: i ventricoli cerebrali[10].

Anatomia dei ventricoli cerebrali

I ventricoli cerebrali sono cavità rivestite dall’ependima e da uno strato gliale sub-ependimale. Sono quattro:

- il IV ventricolo, che è in continuità con il canale midollare ed è compreso tra il bulbo e il ponte in avanti e il cervelletto indietro;

- il III ventricolo, che è scavato nel diencefalo ed è collegato al IV tramite l’acquedotto centrale (del Silvio), il quale attraversa il mesencefalo;

- il I e II ventricolo (o ventricoli laterali), ognuno dei quali accolto nel corrispondente emisfero cerebrale e comunicanti con il III tramite i forami interventricolari (di Monro)[8].

Il sistema delle cavità ventricolari è ciò che rimane, a livello encefalico, del lume del primitivo tubo neurale. Infatti, durante lo sviluppo dell’encefalo, compaiono in senso cranio-caudale tre vescicole cerebrali primarie, che prendono il nome di prosencefalo, mesencefalo e romboencefalo. Il prosencefalo dà origine ai due emisferi telencefalici, che comprendono i due ventricoli laterali, e al diencefalo, che contiene il III ventricolo. Il mesencefalo non si dilata, ma dà origine a un sottile canale che collega III e IV ventricolo (acquedotto del Silvio). Infine, in corrispondenza del romboencefalo, si formerà la cavità del IV ventricolo (comunicante col canale midollare)[6].

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[Anatomia Umana - Anastasi e altri, 4° ed.] Fig. 1

I ventricoli laterali sono disposti sagittalmente, e sono obliqui dall’alto in basso e in senso medio-laterale. Sono i più estesi e, in proiezione laterale, presentano una forma caratteristica di C aperta antero-inferiormente. L’estremità postero-inferiore di questa C è il corno inferiore (o temporale), mentre quella antero-superiore è il corno anteriore (o frontale). Dalla parte intermedia della convessità della C diparte posteriormente un prolungamento chiamato corno posteriore (o occipitale), e il punto da cui originano i tre corni prende il nome di parte centrale (o cella media). Anche le formazioni telencefaliche prossime ai ventricoli laterali (nucleo caudato e fornice), assumono, di conseguenza, una caratteristica morfologia a C[6].

Il corno anteriore si trova nel lobo frontale:

- anteriormente termina a fondo cieco e circondato dalla superficie posteriore del ginocchio e dalla parte inferiore del rostro del corpo calloso (commessura inter-emisferica formata

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da fasci di assoni che presentano una forma di C aperta inferiormente, costituta, in senso antero-posteriore, da rostro, ginocchio, tronco e splenio);

- superiormente si trova la superficie inferiore del tronco del corpo calloso;

- inferiormente e lateralmente è delimitato dalla testa del nucleo caudato (parte del corpo striato, componente dei nuclei della base);

- medialmente è in rapporto con il setto pellucido e con la colonna del fornice (commessura inter-emisferica), che lo separano dal corno anteriore controlaterale;

- posteriormente, in corrispondenza del forame interventricolare di Monro, continua nella cella media[6].

Il corno inferiore si trova nel lobo inferiore, con decorso obliquo in basso, in avanti e medialmente, e presenta:

- una faccia superiore (o volta) concava, diretta continuazione del pavimento della cella media, delimitata medio-lateralmente dalla stria terminale (banda di fibre che separa il talamo dal nucleo caudato, oltre che principale via di output dell’amigdala), dalla coda del nucleo caudato e dal tapetum del corpo calloso (formato dall’insieme di tronco e splenio); - una faccia inferiore (o pavimento) convessa, delimitata

inferiormente dall’eminenza collaterale (sporgenza data dall’introflessione del solco collaterale) e dall’ippocampo propriamente detto (o corpo di Annone, nello specifico lo strato di sostanza bianca che lo riveste, cioè l’alveus lateralmente e la fimbria medialmente);

- un margine mediale formato essenzialmente dalla fimbria dell’ippocampo (che trae origine anche dall’unione delle fibre dell’alveus);

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- un’estremità anteriore a fondo cieco che termina a circa 2,5 cm dal polo temporale, in prossimità dell’uncus e dell’amigdala (dove forma il tubercolo amigdaloideo)[6].

Il corno posteriore, di solito più sviluppato a sinistra, si porta nel lobo occipitale e presenta:

- una faccia laterale delimitata dal tapetum, che la separa dalle fibre della radiazione ottica;

- una faccia mediale con un rilievo longitudinale superiore, il bulbo del corno posteriore (formato dal fascio superiore delle fibre del forceps major, formazioni di fibre con decorso arciforme che costituiscono la radiazione callosa), e un rilievo inferiore, il calcar avis (introflessione del solco calcarino); - una faccia inferiore stretta e delimitata dalla sostanza bianca

del lobo occipitale[6].

Infine, la cella media si presenta come una fessura disposta orizzontalmente, la cui volta è delimitata dalla faccia inferiore del tronco del corpo calloso, mentre il pavimento è delimitato da: nucleo del corpo caudato, solco optostriato (all’interno del quale decorre la stria terminale, il cui ependima che lo ricopre si addensa a formare la lamina cornea), faccia superiore del talamo (rivestito anch’essa da ependima, che qui prende il nome di lamina affixa) e faccia superiore del fornice[6].

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[Comprehensive Neurosurgery – Citow e altri, 3°ed.] Fig. 2

Il III ventricolo è una stretta fessura impari mediana, leggermente slargata superiormente e disposta sagittalmente nel diencefalo. In corrispondenza dell’angolo postero-inferiore è in comunicazione con il IV ventricolo, attraverso l’acquedotto del Silvio, mentre in corrispondenza degli angoli antero-superiori è in comunicazione con i ventricoli laterali, mediante i forami interventricolari di Monro. Presenta:

- una faccia laterale delimitata superiormente dalla faccia mediale del talamo e inferiormente dalla faccia ventricolare dell’ipotalamo (il confine tra queste due strutture è segnato dal solco ipotalamico di Monro). Spesso è presente l’adesione inter-talamica, cioè un ponte di sostanza grigia che attraversa il ventricolo e collega i due talami, mentre supero-posteriormente è presente un rilievo biancastro dovuto alla stria midollare del talamo;

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- un pavimento molto stretto che inizia posteriormente in corrispondenza dell’acquedotto e si porta in avanti delimitato dalla sostanza perforata posteriore (così denominata poiché attraversata da numerosi rami dell’arteria cerebrale posteriore), dai corpi mammillari (rilievi diencefalici contenenti un nucleo mediale e uno laterale, i quali, tramite dei fasci di fibre, permettono il collegamento tra l’ipotalamo e i nuclei anteriori del talamo), dal tuber cinereum con l’infundibolo (parti dell’ipofisi) e dal chiasma ottico. Termina in avanti nel recesso ottico, tra chiasma ottico e lamina terminale, dietro il quale si trova il punto più profondo del pavimento, cioè il recesso infundibolare, che raggiunge il peduncolo ipofisario; - una volta stretta e incurvata, con concavità inferiore, costituita

da una sottile lamina ependimale e dalla tela corioidea superiore, al di sopra delle quali si trovano i due fornici del corpo calloso;

- una faccia anteriore molto stretta, superiormente delimitata dalle colonne del fornice e dalla commessura anteriore (fascio di sostanza bianca inter-emisferico), con un piccolo recesso triangolare tra i due. Inferiormente, invece, si trova la lamina terminale (sottile lamina di sostanza grigia, che rappresenta l’estremità rostrale del tubo neurale che contribuisce a delimitare anteriormente il recesso ottico);

- una faccia posteriore che inizia in basso in corrispondenza del contorno superiore dell’acquedotto, e si porta in avanti, delimitata dalla commessura posteriore, incontrando la base dell’epifisi. Tra le due si trova il recesso pineale o epifisario, mentre in alto si trova il recesso sovrapineale o sovraepifisario (e questi due recessi sono separati dalla commessura abenulare)[6].

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[Gray's Clinical Neuroanatomy – Mancal e Brock, 1°ed.] Fig. 3

Il IV ventricolo è una fessura impari compresa tra il cervelletto, dorsalmente, e il bulbo e il ponte ventralmente. Presenta:

- un pavimento o fossa romboidale, delimitato dalla superficie dorsale del ponte, superiormente, e del bulbo, inferiormente. È percorsa centralmente e per tutta la sua altezza da un solco mediano, ai lati del quale è presente l’eminenza mediale, delimitata esternamente dal solco limitante, che in alto si slarga nella fossetta superiore; in basso, invece, si distingue la fossetta inferiore. Le due strutture formano una losanga che si può suddividere in due triangoli affrontati per la base: nel triangolo inferiore o bulbare (noto anche come calamo scrittorio), il solco mediano prende il nome di asta del calamo scrittorio, e le fibre che si portano, con andamento arcuato, da questo verso i due angoli laterali prendono il nome di barbe del calamo scrittorio, e in esso si descrivono l’eminenza mediale (costituita dall’ala bianca interna o trigono dell’epiglosso, per via del sottostante nucleo del XII nervo cranico), esternamente un’area di sostanza grigia detta ala cinerea (per via del nucleo motorio dorsale del nervo vago e più lateralmente dal nucleo del tratto solitario) ed ancora più esternamente l’ala bianca esterna (corrispondente ai nuclei di terminazione del VIII nervo

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cranico). Nel triangolo superiore o pontino l’eminenza mediale è rappresentata dal collicolo facciale (formato dalle fibre del nervo facciale che circondano dorsalmente il nucleo del VI paio di nervi cranici), esternamente al quale continua l’ala bianca esterna, mentre più in alto si trova una piccola area incavata grigio-azzurrognola denominata locus coeruleus (nucleo coinvolto nelle risposte a stress e panico, ma coinvolto anche in altre funzioni). In corrispondenza delle basi dei due triangoli che si affrontano, il pavimento del IV ventricolo è percorso trasversalmente dalle strie midollari.

- la volta del IV ventricolo ne rappresenta la faccia posteriore, ed è costituita da due piani inclinati che s’incontrano formando un angolo aperto anteriormente, il fastigium, in corrispondenza dell’ilo del cervelletto. Il piano superiore è obliquo postero-inferiormente ed è formato dai due peduncoli cerebrali superiori (una delle “porte di ingresso” del cervelletto) e dal velo midollare superiore o anteriore (sottile strato di sostanza bianca). Il piano inferiore è obliquo postero-superiormente ed è formato dalla tela corioidea o membrana otturatoria (descritta successivamente) e in minor parte dal velo midollare inferiore o posteriore (lamina di ependima), e lateralmente si trovano le due tenie, un sottile strato di sostanza nervosa che si va ad interporre tra l’epitelio ependimale e la pia madre, che a questo livello si accollano per formare la tela corioidea. I margini laterali sono costituiti da un segmento superiore, delimitato dal peduncolo cerebellare superiore, e da un segmento inferiore, delimitato in basso dai tubercoli gracile e cuneato (stazioni dei rispettivi fasci cortico-midollari) e in alto dal peduncolo cerebellare inferiore e dal forame laterale di Luschka.

- infine il IV ventricolo presenta diverse comunicazioni: l’angolo superiore continua con l’acquedotto mesencefalico di Silvio,

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tramite il quale comunica con il III ventricolo; l’angolo inferiore presenta un prolungamento anteriore, che è in comunicazione con il canale centro-midollare, ed uno posteriore, breve e a fondo cieco, i quali sono separati da un sepimento di sostanza gelatinosa denominato obex, rivestito su entrambe le facce da ependima e che rappresenta il punto di continuazione delle tenie. In corrispondenza degli angoli laterali si trovano i recessi laterali, parzialmente delimitati dalla membrana otturatoria, sul fondo dei quali si trovano i due forami laterali di Luschka, che permettono il collegamento tra IV ventricolo e lo spazio subaracnoideo (in particolare con la cisterna ponto-cerebellare). Per concludere, nella parte centrale e inferiore della membrana otturatoria, si trova il forame mediano di Magendie, che permette invece la comunicazione con la cisterna cerebro-midollare o magna[6].

È possibile riscontrare, come variante anatomica, il V ventricolo di Varolio, tra i ventricoli laterali e il III ventricolo, che si presenta in pratica come una sepimentazione mediana dei ventricoli laterali, creando una separazione tra questi due e la cavità sovrannumeraria[9].

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[Neuroanatomy through Clinical Case – Blumenfeld, 2° ed.] Fig. 4

I plessi corioidei

I plessi corioidei sono delle caratteristiche formazioni vascolari presenti all’interno di tutti e quattro i ventricoli cerebrali. Laddove il tessuto cerebrale non si è sviluppato, lo strato ependimale prende contatto diretto con la pia madre, formando le cosiddette tele corioidee, una superiore e una inferiore. In alcuni punti della tela, l’ependima si invagina all’interno della cavità ventricolare, sospinto dalla pia madre e da un ciuffo di vasi piali (arteriole, capillari e venule), formando proprio il plesso corioideo, che assume l’aspetto di un’estesa vegetazione all’interno del ventricolo.

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La tela corioidea superiore è una membrana triangolare disposta orizzontalmente con apice anteriore applicato superiormente sulla faccia inferiore dello splenio del corpo calloso e su quella del fornice, inferiormente sulla superficie dorsale del talamo (formando il tetto del III ventricolo). Da questa tela originano i plessi corioidei dei ventricoli laterali e del III ventricolo: nello specifico quelli dei ventricoli laterali si generano dai margini laterali della tela, interessando sia la cella media che il corno inferiore, poi, attraverso il forame interventricolare, giungono nel III ventricolo, continuando sulla volta come due sottili strisce longitudinali e congiungendosi all’altezza del recesso sovra-epifisario.

La tela corioidea inferiore si trova tra il cervelletto, dorsalmente, e il bulbo, ventralmente, delimitando la cavità del IV ventricolo (di forma triangolare con base rivolta in alto). Dalla sua pagina anteriore originano i plessi corioidei del IV ventricolo, disposti come un π, le cui braccia verticali risultano formate da plessi corioidei mediali che decorrono in prossimità della linea mediana e che inferiormente s’impegnano nel forame mediano di Magendie, sporgendo quindi nello spazio subaracnoideo, mentre il braccio orizzontale è dato dai plessi corioidei laterali, che corrispondono alla base della tela corioidea inferiore, e, raggiungendo esternamente i forami laterali di Luschka, sporgono anch’essi nello spazio subaracnoideo, costituendo i cosiddetti “corni dell’abbondanza”[6].

I plessi corioidei sono responsabili della produzione del liquor, che deriva dal passaggio del plasma sanguigno attraverso la barriera emato-liquorale, formata dall’endotelio fenestrato dei capillari corioidei, dalle cellule piali e dall’epitelio corioideo. Le cellule dell’epitelio corioideo sono secernenti e possono intervenire attivamente nella produzione del liquor che viene riversato all’interno delle cavità ventricolari. Esse, inoltre, presentano numerosi microvilli

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apicali che, insieme alle macroscopiche estroflessioni dei plessi, servono ad aumentare la superficie totale di secrezione.

Una volta prodotto e raccolto all’interno dei ventricoli, il liquor passa nello spazio subaracnoideo attraverso i forami di Luschka e Magendie, per distribuirsi alle superfici esterne dell’encefalo, del midollo spinale e della cauda equina. A livello della volta cranica, in corrispondenza del seno sagittale superiore, i villi corioidei provvedono a riassorbire il liquor, mantenendone costante, in tal modo, la quantità e la pressione. I plessi corioidei producono circa 500 ml di liquor al giorno, e ciò, unitamente al riassorbimento operato dai villi aracnoidei, permette che esso venga completamente rinnovato ogni 8 ore, mantenendo sempre un costante equilibrio tar la quantità prodotta e quella riassorbita. Complessivamente, gli spazi liquorali del SNC hanno una capacità di circa 130 ml, di cui circa 20 ml nelle cavità ventricolari (quasi tutti nei ventricoli laterali)[6].

Nel caso in cui questo equilibrio si venga ad alterare, a causa di un’eccessiva produzione, di un ostacolo al deflusso o di mancato riassorbimento, si verrà a prefigurare il quadro patologico dell’idrocefalo, la cui frequente associazione con un aumento della pressione all’interno delle cavità ventricolari, porterà spesso a una compressione del parenchima cerebrale, con risvolti clinici caratteristici, anche in base all’età e alla velocità di insorgenza. Una specifica tipologia di idrocefalo, il long-standing overt ventriculomegaly in adults (LOVA), come già accennato precedentemente, sarà l’oggetto di studio di questa tesi di laurea.

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[Neuroanatomy through Clinical Case – Blumenfeld, 2° ed.] Fig. 5

Le formazioni circumventricolari

Per concludere la trattazione anatomica di pertinenza per il prosieguo di questo lavoro, descriverò le formazioni circumventricolari, delle aree specializzate presenti in particolari aree del III e IV ventricolo e nell’acquedotto del Silvio. Ivi si osserva una specializzazione sia dell’ependima che del sistema vascolare, determinando l’indebolimento o l’assenza, a questo livello, della barriera encefalica, con il concomitante instaurarsi di una barriera emato-liquorale. Infatti, nella maggior parte di queste aree, i capillari

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sanguigni sono fenestrati, mentre le cellule ependimali, qui chiamate taniciti, assumono specializzazioni particolari della membrana plasmatica, come ad esempio giunzioni aderenti e serrate, che impediscono al liquor di passare tra una cellula e l’altra (a differenza di ciò che accade nell’ependima normale), e in alcune di queste formazioni, l’ependima o i neuroni circostanti assumono la capacità di secernere ormoni.

L’organo vascolare della lamina terminale è situato al davanti del chiasma ottico, sulla linea mediana, a ridosso della lamina terminale che chiude anteriormente il III ventricolo. È riccamente vascolarizzato e contiene neuroni provvisti del recettore dell’angiotensina II, oltre ad essere connesso con i nuclei magnicellulari ipotalamici (sembra svolgere funzioni chemorecettoriali e sembrerebbe coinvolto in processi di osmoregolazione e controllo della composizione dei fluidi biologici).

L’organo subfornicale occupa una posizione impari e mediana tra le due colonne del fornice, a ridosso del forame interventricolare di Monro, e avrebbe le stesse caratteristiche e funzioni dell’organo vascolare della lamina terminale.

L’eminenza mediana è situata sul pavimento del III ventricolo, nella regione tubero-infundibolare. Presenta una ricca rete neuro-vascolare in cui gli assoni dei neuroni parvicellulari ipotalamici contraggono stretti rapporti con la prima rete capillare del sistema portale ipotalamo-ipofisario (a livello del primo plesso capillare ipofisario), ove riversano i loro prodotti di secrezione, i quali, tramite le vene portali lunghe, raggiungono l’adenoipofisi (secondo plesso capillare ipofisario).

La neuroipofisi contiene una rete neuro-vascolare a livello della quale le terminazioni dei neuroni magnicellulari ipotalamici riversano le loro secrezioni, all’interno della ricca rete capillare del terzo plesso capillare ipofisario.

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L’epifisi è una ghiandola in cui le cellule parenchimali (pinealociti) contraggono stretti rapporti con la rete vascolare nella quale riversano il prodotto della propria secrezione.

L’organo sottocommessurale è situato sulla linea mediana presso la parete posteriore dell’acquedotto del Silvio, immediatamente al di sotto della commessura posteriore. Non possiede neuroni associati, ma cellule ependimali (che secernono nel liquor aldosterone, in seguito a variazioni della pressione endocranica, agendo così da barocettori) e nevroglia, circondati da una rete di capillari sanguigni fenestrati.

Infine, abbiamo l’area postrema, l’unica formazione pari situata in posizione simmetrica ai lati della linea mediana posteriore, a livello dell’angolo inferiore della losanga del IV ventricolo, in vicinanza dell’obex e all’imbocco craniale del canale midollare. Contiene piccoli neuroni, astrociti e una ricca rete di capillari fenestrati, oltre al fatto che l’area è connessa a doppio senso con formazioni viscerali, come il nucleo del tratto solitario e i nuclei ipotalamici, essendo, di conseguenza, responsabile del riflesso del vomito (la sua ablazione risolve casi di vomito incoercibile, oltre a rendere insensibili allo stimolo al vomito provocato da parte di sostanze emetizzanti iniettate in circolo)[6].

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III.

FISIOLOGIA DEL LIQUIDO CEFALO-RACHDIANO

Il liquor

Le cavità in cui si localizzano l’encefalo e il midollo spinale hanno una capacità di circa 1600-1700 ml, di cui circa 150 ml sono occupati dal liquido cefalo-rachidiano, mentre il rimanente volume è occupato dalle strutture nervose[11] e dalla componente vascolare. Queste

componenti, secondo la legge di Monro-Kellie, devono sempre rimanere costanti, eccetto qualche variazione fisiologica[12]. Difatti, i

vari sistemi deputati al mantenimento di un volume e di una pressione costante all’interno della scatola cranica sono quelli che configurano il meccanismo di omeostasi.

Il liquor è distribuito nei ventricoli cerebrali, nelle cisterne che circondano l’encefalo e il midollo spinale (cisterna cerebro-midollare o magna, cisterna della grande vena cerebrale di Galeno o ambiens, cisterna media del ponte, cisterna laterale del ponte o dell’angolo ponto-cerebellare, cisterna interpeduncolare o pre-pontina, cisterna del chiasma, cisterna della faccia anteriore e laterale del ponte, cisterna della lamina terminale, cisterna del corpo calloso e cisterna silviana o della fossa laterale), e negli spazi subaracnoidei che circondano l’encefalo e il midollo spinale. Tutti questi spazi comunicano tra loro e la pressione del liquido che contengono è mantenuta a un livello sempre stabile[11].

Un’importantissima funzione del liquor è quella di formare un cuscinetto tra il cervello e la parete ossea che lo circonda. Il cervello e il liquor hanno all’incirca lo stesso peso specifico, essendo quello del cervello solo circa il 4% inferiore a quello del liquor, e questa piccola differenza fa sì che il cervello “galleggi” nel liquido cefalo-rachidiano. Pertanto, un trauma non troppo intenso a carico della scatola cranica, provocherà uno spostamento dell’intero encefalo consensuale a quello del cranio, senza causare nessuna deformazione encefalica,

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neanche momentanea. Se invece il trauma subito è molto intenso, il danno non interesserà le strutture encefaliche del lato colpito, bensì il lato diametralmente opposto, dando luogo al fenomeno del contraccolpo: al momento del trauma il liquido, che è incomprimibile, spinge il cervello a muoversi insieme al cranio verso il lato opposto a quello interessato dal trauma, in un punto in cui, a causa dell’improvviso movimento del cranio, la parete ossea tende ad allontanarsi momentaneamente dal cervello poiché frenato dalla propria inerzia. Di conseguenza, nella sede opposta al trauma, per una frazione di secondo, si crea un “vuoto” tra la due strutture, che viene bruscamente colmato dall’encefalo una volta cessata l’accelerazione impressa al cranio dal colpo, con un conseguente urto della struttura nervosa contro quella ossea (contusione), in particolare in aree cerebrali a protuberanze ossee della base cranica[11].

Ogni giorno vengono prodotti circa 500 ml di liquor, un volume corrispondente a 3-4 volte quello contenuto nelle cavità occupate dal liquido cefalorachidiano, e almeno due terzi di questa produzione proviene dalle cellule dei plessi corioidei dei quattro ventricoli, in particolare quelli laterali. Un’altra frazione è invece secreta dalla superficie ependimale dei ventricoli e dalle membrane aracnoidee, ed un’ultima piccola percentuale proviene dal tessuto cerebrale, attraverso gli spazi perivascolari circostanti i vasi che attraversano il cervello[11].

Il sistema di circolazione del liquor prevede che esso, una volta secreto nei ventricoli cerebrali, passi dapprima nel III ventricolo, dal quale, dopo l’aggiunta di una piccola percentuale secreta dal ventricolo stesso, proceda lungo l’acquedotto del Silvio verso il IV ventricolo, a livello del quale ne viene aggiunta un’altra piccola parte. Successivamente il liquor abbandona IV ventricolo attraverso tre piccole aperture, due laterali (i forami di Luschka) e una mediana (il forame di Magendie), per entrare nella cisterna magna, uno spazio

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posto dorsalmente al bulbo e ventralmente al cervelletto. La cisterna magna è in continuità con lo spazio subaracnoideo che circonda l’intero encefalo e il midollo spinale, ma quasi tutto il liquor fluisce verso l’alto, negli spazi subaracnoidei che circondano l’encefalo, ove si riversa negli spazi nel sangue venoso attraverso i molteplici villi aracnoidei, che si proiettano nel grande seno venoso sagittale, venendo riassorbito[11].

Fisiologia dei plessi corioidei e dei villi aracnoidei

Il plesso corioideo è un gomitolo di vasi sanguigni ricoperto da un sottile strato di cellule epiteliali, localizzato a livello del corno temporale di ciascun ventricolo laterale, nella parte posteriore del III ventricolo e nel tetto del IV. La secrezione di liquor da parte del plesso corioideo dipende soprattutto dal trasporto attivo di ioni sodio attraverso le cellule epiteliali che delimitano esternamente il plesso. Gli ioni sodio che attraversano queste membrane, per via della loro carica positiva, trascinando con sé, per gradiente elettrico, ioni cloro che sono carichi negativamente, aumentando così il numero di soluti osmoticamente presenti nel liquor. Ciò porta al passaggio di un flusso osmotico di acqua attraverso la membrana, andando a costituire il fluido secreto. Vi sono poi altri meccanismi di trasporto, anche se meno importanti, che portano a secrezione di glucosio nel liquor e assorbimento da esso di bicarbonato e potassio. Ciò comporterà la produzione di un liquor caratterizzato da una pressione osmotica e da una concentrazione di sodio simili a quelle plasmatiche, una concentrazione di cloro maggiore di quella plasmatica del 15% circa, una concentrazione di glucosio e potassio inferiori del 30% e 40% circa rispettivamente[11].

Recentemente si è riusciti a stabilire quali sono i principali attori di questi scambi ionici a livello della barriera emato-liquorale formata dai plessi corioidei: troviamo pompe sodio-potassio ATP-dipendenti,

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trasportatori di cloro e cationi negativi, co-trasportatori di sodio, potassio e cloro, scambiatori cloro-bicarbonato, co-trasportatori sodio-bicarbonato, scambiatori sodio-ioni idrogeno, anidrasi carboniche, acquaporine, canali del potassio e canali anionici[9].

[Trasportatori di membrana dei plessi corioidei, da Youmans Neurological Surgery – Winn, 6° ed.] Fig. 7

I villi aracnoidei sono invaginazioni digitiformi della membrana aracnoidea che si proiettano nei seni venosi attraverso le loro pareti, i quali, ammassandosi tra loro, formano delle strutture dette granulazioni aracnoidee (o del Pacchioni), che protrudono all’interno dei seni venosi. Questi villi sono rivestiti da cellule endoteliali che, come si evince dalla microscopia elettronica, presentano canali formati dalla fusione di vescicole plasmatiche, le quali attraversano il corpo cellulare permettendo il libero transito, verso il sangue venoso, di liquido cefalo-rachidiano, macromolecole proteiche e addirittura particelle delle dimensioni di globuli rossi e bianchi[11].

Dalle grandi arterie e vene che giacciono sulla superficie del cervello, si dipartono ramificazioni che entrano in profondità nell’encefalo, rivestite da un sottile strato di pia madre, che aderisce in modo lasso alle pareti dei vasi, lasciando di conseguenza uno spazio, detto spazio

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peri-vascolare, disposto a manicotto intorno a ciascun vaso. Questo sistema di spazi perivascolari accompagna il decorso di arterie e vene all’interno del cervello, fino alle arteriole e alle venule.

[Relazione tra meninge, vasi e corteccia, da Gray’s Anatomy – Standring, 41° ed.] Fig. 8

Come avviene in tutti distretti corporei, anche nel circolo cerebrale una piccola quantità di proteine sfugge dai capillari portandosi nello spazio interstiziale, e nel cervello. Poiché manca un vero sistema di vasi linfatici, la funzione di rimozione delle proteine fuoriuscite dal plasma, normalmente a carico del sistema linfatico, viene svolta proprio dagli spazi perivascolari. Le proteine scorrono insieme al liquido dentro questi spazi fino a raggiungere gli spazi subaracnoidei, dove si riversano nel liquor per essere riassorbite dai villi aracnoidei ed immesse nelle grandi vene cerebrali. Quindi, gli spazi perivascolari possono considerarsi a tutti gli effetti una modificazione specializzata del sistema linfatico. Oltre al trasporto di liquido e proteine, essi provvedono anche alla rimozione dal tessuto cerebrale di particelle estranee, come i globuli bianchi degenerati e altri prodotti di scarto formatisi nel corso di processi infettivi a carico dell’encefalo[11].

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In definitiva, il liquor comunica con il liquido interstiziale cerebrale, aiutando a mantenere un ambiente extracellulare costante per neuroni e glia. Il flusso unidirezionale di liquor dal sistema ventricolare verso lo spazio subaracnoideo e i seni venosi è un percorso importante per permettere la rimozione di metaboliti cerebrali potenzialmente dannosi.

[Villi aracnoidei, da Principles of Neural Science – Kandel, 5° ed.] Fig. 9

Inoltre, da un punto di vista ontogenetico, i plessi corioidei hanno una funzione decisiva: subito dopo la chiusura del tubo neurale appaiono come invaginazioni epiteliali, localizzandosi a livello dei punti in cui si formeranno i quattro ventricoli. Essendo già vascolarizzati, inizieranno a produrre liquor ancor prima che il cervello raggiunga un’adeguata vascolarizzazione, comportando, nelle prime fasi dello sviluppo del cervello, tramite gli effetti idrodinamici e pressori della produzione liquorale, un’influenza specifica nello sviluppo e nell’organizzazione tridimensionale del cervello. Inoltre, il liquor rappresenta una fonte di nutrimento nelle prime fasi di sviluppo del cervello pre-vascolarizzato, poiché tramite l’epitelio corioideo, è consentito un trasporto di sostanze dal sangue verso il liquor e viceversa, dapprima in modo relativamente aspecifico tramite un sistema reticolare endoplasmatico tubulare-cisternale di tipo trans-cellulare, successivamente in modo più specifico grazie alla creazione di una

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barriera emato-liquorale matura venutasi a creare in seguito alla differenziazione delle cellule epiteliali corioidee. Infine, le cellule epiteliali corioidee hanno anche la funzione di sintetizzare e secernere proteine che possono avere effetti paracrini sullo sviluppo delle cellule neuroepiteliali vicine[13].

La pressione liquorale e la pressione intra-cranica

La pressione del liquido cefalo-rachidiano, in un soggetto normale posto in posizione orizzontale, è mediamente di circa 130mmH2O (cioè

10 mmHg), ma la gamma di valori normali è molto ampia (tra 65 e 195 mmH2O, cioè 5-15 mmHg). Essa dipende dalla velocità di produzione

del liquido e da quella di riassorbimento da parte dei villi aracnoidei, ma, in realtà, essendo la velocità di produzione del liquor praticamente sempre costante, il principale fattore di regolazione è dato dalla funzione dei villi aracnoidei, i quali operano come “valvole unidirezionali”, consentendo al liquor e alle sostanze in esso contenute di transitare facilmente verso il sangue dei seni venosi, ma impedendo altresì al sangue di scorrere in direzione opposta. Normalmente questo meccanismo valvolare dei villi inizia a funzionare già quando la pressione del liquor supera di 1,5 mmHg quella del sangue, e se in seguito il gradiente aumenta ulteriormente, cresce anche l’ampiezza dell’apertura valvolare, con una tale efficienza da parte del meccanismo che la pressione liquorale non supererà mai quella ematica venosa, se non di pochi mmHg. In condizioni patologiche, i villi aracnoidei si possono ostruire ad esempio a causa di un accumulo di materiale particolato di grandi dimensioni, di fibrosi, di cellule figurate del sangue fuoriuscite dal circolo nel corso di patologie cerebrali, e tutto ciò può provocare un aumento della pressione del liquor[11].

Per descrivere adeguatamente i fattori che regolano la pressione intracranica bisogna considerare il cranio e il canale spinale come un sistema chiuso. Secondo la legge di Monro-Kellie, l’aumento del

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volume di una delle componenti contenute nella scatola cranica (tessuto nervoso, sangue, liquor o altri fluidi cerebrali), porterà ad un aumento della pressione intracranica, poiché contenute all’interno di una struttura rigida e incomprimibile come la scatola cranica (o il canale midollare)[12]. Lesioni di massa con associato edema

interstiziale possono portare ad aumento della pressione intracranica, così come le variazioni delle pressioni arteriose e venose (a causa dei loro effetti sul volume ematico intracranico e sulla dinamica liquorale), portando, soprattutto in acuto, a conseguenze drastiche e repentine, mentre in cronico ci sarà una maggiore capacità di compenso da parte del sistema, grazie all’aumento dell’assorbimento, alla riduzione della produzione o a una re-distribuzione del liquor[13].

In condizioni normali la produzione di liquor è bilanciata dal suo riassorbimento e stoccaggio. Il riassorbimento è direttamente proporzionale al gradiente presente tra la pressione liquorale e la pressione nel seno sagittale, mentre è inversamente proporzionale alla resistenza al riassorbimento di liquor. Lo stoccaggio, invece, è proporzionale alla compliance cerebro-spinale e alle variazioni della pressione liquorale.

𝑆 = 𝐶 ×

𝑑𝑝

𝑑𝑡

A sua volta, la compliance dello spazio cerebro-spinale è inversamente proporzionale al gradiente presente tra la pressione liquorale e la pressione di riferimento, moltiplicato per l'elastanza cerebrale[9].

𝐶 =

1

𝐸 × (𝑝 − 𝑝

𝑜)

La compliance è un indice della distensibilità del sistema cranio-spinale, cioè la capacità del sistema di ricevere un aumento di volume senza aumenti di pressione (si ottiene dividendo la variazione di volume per la variazione di pressione). L’elastanza, invece, è il suo

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inverso, cioè la capacità di resistenza del sistema ad una sua distensibilità (come, ad esempio, l’espansione di una massa intracranica). Sulla base di ciò deduciamo un assioma fondamentale, cioè che quando la pressione liquorale aumenta, la compliance dell'encefalo diminuisce. Sulla base di queste considerazioni, Marmarou, negli anni ’70, formulò la seguente equazione finale:

sulla base di cui propose un modello in grado di integrare produzione, circolazione, assorbimento e stoccaggio del liquido cefalo-rachidiano sotto forma di un circuito elettrico. Questo modello permetteva di analizzare e descrivere tre manovre: la sottrazione di un bolo di liquor, l'infusione di un bolo e l'infusione a velocità costante[9].

L'equazione finale può essere risolta in relazione a diversi tipi di aggiunta di un volume dall'esterno, come un'infusione costante o un'iniezione in bolo; quest’ultima può essere utilizzata per calcolare il volume, aggiunto esternamente, necessario per produrre un aumento di dieci volte della pressione. Inoltre, a partire dalla stessa formula è possibile costruire due curve: una curva pressione-volume, che descrive il rapporto tra l’effettivo incremento di volume e la pressione liquorale, e una curva che descriva l’andamento della pressione arteriosa all’interno del cranio. Questo ci permette di studiare le variazioni di pressione liquorale in patologie come l’idrocefalo cronico dell’adulto[9] [14].

Ci sono diverse condizioni che possono portare ad un aumento della pressione liquorale, come ad esempio:

- la presenza di un tumore cerebrale di grandi dimensioni fa aumentare la pressione intracranica, riducendo la velocità di riassorbimento del liquido nel sangue (la pressione può aumentare anche di quattro volte rispetto al normale);

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- in caso di emorragie e infezioni intracraniche si assiste alla rapida comparsa, all’interno del liquor, di un numero considerevole di globuli bianchi e/o rossi, che possono ostruire i piccoli canali assorbenti dei villi aracnoidei (anche qui ci può essere un aumento di quattro volte);

- in alcuni neonati la pressione del liquor può essere elevata fin dalla nascita, spesso per una eccessiva resistenza offerta al riassorbimento del liquido attraverso i villi dovuta a un loro ridotto numero o a un deficit delle loro proprietà assorbenti (configurando proprio il quadro di idrocefalo)[11].

La pressione intra-cranica subisce anche lievi variazioni in relazione ad alcuni meccanismi fisiologici, come ad esempio la pulsazione cardiaca (trasmessa alla scatola cranica tramite la pressione arteriosa sistemica) e l’attività respiratoria (nello specifico la pressione endocranica diminuisce durante l’inspirazione e aumenta durante l’espirazione, per via di una variazione del ritorno venoso al cuore in relazione alla modificazione della pressione intra-toracica).

La procedura generalmente impiegata per la misurazione della pressione liquorale prevede che il soggetto venga posto in decubito laterale su un piano perfettamente orizzontale, in modo che la pressione nel canale spinale sia identica a quella nella volta cranica. Un ago adatto alla puntura spinale viene inserito attraverso uno degli spazi intervertebrali del canale spianale, a livello lombare, distalmente all’estremo caudale del midollo spinale (subito al di sotto di L1 o L2), e viene connesso con un tubo verticale. Per ottenere il valore pressorio si misura il livello al quale il fluido sale al di sopra della posizione dell’ago (si ottiene un valore in mmH2O, che se moltiplicato per 13,6

darà il valore in mmHg)[11].

Come si è già osservato, la composizione del liquor non è identica a quella del liquido extra-cellulare di altri distretti corporei, con una evidente maggiore difficoltà al passaggio, all’interno del liquor, di

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molecole di grosse dimensioni contenute nel sangue. Pertanto, si descrivono due barriere presenti tra liquor e sangue e tra sangue e liquido interstiziale cerebrale, denominate rispettivamente emato-liquorale ed emato-encefalica. Esse sono costituite dai plessi corioidei e dalla parete dei capillari di tutte le regioni cerebrali, con eccezione di alcune strutture (alcune aree ipotalamiche, l’area postrema e la ghiandola pineale), a livello delle quali tutti i soluti diffondono facilmente nel tessuto cerebrale. Ciò è fondamentale, poiché in queste aree ci sono recettori nervosi deputati a rilevare variazioni della composizione dei liquidi corporei (osmolarità, glicemia) e i recettori ormonali per gli ormoni peptidici coinvolti nel controllo della sete (come angiotensina II). La barriera emato-encefalica possiede anche proteine trasportatrici specifiche per ormoni come la leptina (i cui recettori si trovano nell’ipotalamo) coinvolti nel controllo dell’appetito e dell’attività del sistema nervoso simpatico.

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In generale le due barriere sono permeabili all’acqua, alla CO2,

all’ossigeno e alle sostanze liposolubili come alcol e anestetici, mentre sono poco permeabili ad elettroliti quali sodio, cloro e potassio, e totalmente impermeabili alle proteine del plasma e alle sostanze organiche idrosolubili di grosse dimensioni (quindi molti farmaci e proteine anticorpali). Queste caratteristiche dipendono dalla presenza delle giunzioni serrate, cioè dei tratti lungo i quali le membrane di cellule adiacenti sono fuse tra loro, invece che contenere pori e fessure di varia ampiezza, molto comuni nell’endotelio capillare di quasi tutti gli altri distretti corporei[11].

Una delle complicanze più gravi dell’alterazione della dinamica del flusso liquorale è lo sviluppo dell’edema cerebrale. Dato che il cervello è contenuto in uno spazio delimitato dalle pareti rigide della teca cranica, ogni accumulo di liquido edematoso esercita una compressione sui vasi cerebrali, limitando, spesso pesantemente, il flusso ematico cerebrale, e provocando di conseguenza una degenerazione del tessuto cerebrale. Le cause più frequenti sono forti aumenti della pressione nei capillari (edema vasogenico) e una lesione delle loro pareti (edema citotossico) che li rende più permeabili all’acqua (un esempio è la contusione cerebrale in cui, a seguito di un forte trauma cranico, si verificano lesioni del tessuto cerebrale e dei suoi capillari). La presenza di edema cerebrale attiva meccanismi di feedback positivo che portano all’istaurarsi di due circoli viziosi:

- l’edema comprime il sistema vascolare, con decremento del flusso ematico e conseguente ischemia di alcune aree cerebrali. Segue successiva vasodilatazione arteriolare che fa aumentare ancora di più la pressione capillare, e di conseguenza la filtrazione di liquido, aggravando l’edema; - la riduzione del flusso ematico cerebrale, inoltre, limita

l’apporto di O2, con conseguente aumento della permeabilità

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dell’attività delle pompe del sodio, ottenendo rigonfiamento delle cellule nervose.

Questi circoli viziosi si perpetuano fino alla completa distruzione del parenchima cerebrale, a meno che non vengano presi drastici provvedimenti terapeutici, come l’infusione endovenosa di sostanze osmoticamente attive in concentrazione elevata (come il mannitolo, un diuretico osmotico), le quali, richiamando acqua dall’interstizio verso il circolo, interrompono il circolo vizioso. Un’altra soluzione, invece, può essere un rapido drenaggio chirurgico dei ventricoli laterali, tramite diverse tecniche (ance se in condizioni acute generalmente si opta per la derivazione ventricolare esterna)[11].

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IV.

L’IDROCEFALO

Introduzione ed epidemiologia

Il termine idrocefalo deriva dal greco antico ὑδροκέϕαλον, che letteralmente significa “(malattia) dell’acqua nella testa”. Si definisce, infatti, come una condizione patologica caratterizzata da un accumulo di liquido cefalo-rachidiano all’interno della cavità cranica, in particolare a livello dei ventricoli cerebrali, che tendono a dilatarsi. La prevalenza stimata dell’idrocefalo è dell’1-1,5%. L’incidenza globale della patologia è stimata attorno a 0,9-1,8/1000 nati vivi (0,9-1,5/1000 nati vivi se consideriamo l’idrocefalo congenito isolato, 1,3-2,9/1000 nati vivi se associato a mielomeningocele). L’età di insorgenza ha una presentazione con una curva bimodale, con un primo picco nell’infanzia, causato da malformazioni congenite, e un secondo picco in età adulta-avanzata. Non sono riscontrabili differenze legate al sesso. L’idrocefalo rappresenta il 40-50% delle visite neurochirurgiche e degli interventi chirurgici pediatrici e il 3,1% dei ricoveri ospedalieri pediatrici[9] [15] [16].

Cenni storici

All’inizio del XVII secolo lo studio dell'anatomia ventricolare era ancora associato alla ricerca della sede dell'anima. Secondo la teoria di Galeno, gli spiriti vitali venivano filtrati attraverso la rete mirabilis, una rete vascolare posta alla base del cervello, che portava alla formazione degli spiriti animali o dell’anima, localizzata a livello del sistema ventricolare. Galeno considerava la respirazione cerebrale come un processo attivo, con l’aria che veniva inspirata nei ventricoli e le sostanze di rifiuto prodotte che venivano invece eliminate tramite la ghiandola ipofisaria. Nel XVII ci fu un rinnovato interesse per l’anatomia dei ventricoli e per l’idrocefalo, supportato dagli studi di

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Marco Aurelio Severino, Thomas Bartholin e Paul Barbette, che si concentrarono su descrizioni cliniche di casi pediatrici di idrocefalo. Uno degli studi più interessanti fu quello di Niels Stensen del 1669, in cui descrisse la dissezione di un mostruoso vitello con idrocefalo ostruttivo, causato da un tumore cistico originato vicino al chiasma ottico. Questo studio rappresentò la prima spiegazione fisiopatologica dello sviluppo della patologia idrocefalica.

[Ritratto di Niels Stensen] Fig. 11

Stensen (italianizzato in Stenone) descrisse chiaramente l’anatomia patologica del vitello idrocefalico, inclusa l’agenesia del corpo calloso che vi riscontrò, sottolineando gli effetti dell'ipertensione endocranica sulle pareti ventricolari e sui solchi cerebrali. Egli fu in grado di estrarre da questo esemplare “quattro libbre di acqua con lo stesso colore e sapore di quella che di solito si trova nelle cavità del cervello di animali sani”. Suggerì che tale dilatazione ventricolare “non avrebbe potuto verificarsi a meno che le ossa del cranio non avessero ceduto”. Spiegò che lo straordinario allargamento dei ventricoli laterali, in contrasto con il terzo ventricolo, suggeriva che “l'acqua aveva esercitato la sua forza dove si era riscontrata la minima resistenza”. Riguardo la convinzione che la ghiandola ipofisaria avesse un ruolo centrale nell'eliminazione del flegma, Stensen dimostrò che l'ipofisi presentava un aspetto normale nonostante il contestuale idrocefalo. Sebbene nel

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XVII secolo le dinamiche del liquido cerebro-spinale non fossero state ben comprese, Stensen suggerì che il tumore cistico avesse causato la dilatazione ventricolare ostruendo il normale deflusso del fluido, affermando che “…(La cisti), chiudendo l'uscita dell'acqua e trattenendo questa nel cervello, era la causa del gonfiore della testa”. Infine, grazie agli studi di Stensen, l'evidenza patologica del vitello idrocefalico è stata utilizzata come un primo tentativo di fornire informazioni sulla localizzazione delle strutture cerebrali.

[Immagine del vitello idrocefalico disegnata dall’Arciduchessa Anna] Fig. 12

Niels Stensen è stato uno dei più importanti scienziati danesi: un grande anatomista, pioniere delle neuroscienze e fondatore della paleontologia, geologia e mineralogia. Attraverso rigorose e obiettive osservazioni, è giunto a conclusioni scientifiche valide ancora oggi. Sebbene non fosse lui stesso un medico, Stensen contribuì enormemente alla nascita di un metodo scientifico in campo medico. La lezione inaugurale al teatro anatomico di Copenaghen nel 1673 coincise con la fine della sua carriera scientifica, e rappresenta ancora oggi la sua eredità spirituale:

“Pulchra sunt quae videntur, pulchriora quae sciuntur, longe pulcherrima quae ignorantur”

“Appare bello ciò che si vede, più bello ciò che si conosce, ancora più bello ciò che si ignora”[17]

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Classificazione

La classificazione dell’idrocefalo presenta ancora controversie, basate generalmente sui diversi metodi di indagine. Comunemente l’idrocefalo presenta una dilatazione dei ventricoli associata ad un incremento del volume liquorale (definizione che non esclude l’atrofia cerebrale causata da vari disordini neurodegenerativi, che induce il caratteristico “idrocefalo ex vacuum”, cioè del liquor che va a sostituire una porzione di encefalo mancante), ma si preferisce definirlo come uno stato di eccessivo accumulo intracranico di liquor indotto da una sua eccessiva produzione, da un suo alterato deflusso o da un suo ridotto assorbimento. Frequentemente, ma non sempre, è accompagnato da ventricolomegalia[3].

Per un’adeguata classificazione delle diverse forme di idrocefalo la modalità migliore consiste in una suddivisione sulla base di caratteristiche fisio-patologiche (comunicante e non comunicante), cliniche (acuto e cronico) e successivamente considerare le sindromi idrocefaliche, un insieme di condizioni molto differenti ed estremamente peculiari (tra cui proprio il LOVA). Questa suddivisione in categorie però non costringe ad una categorizzazione a compartimenti stagni, bensì alcune forme di idrocefalo possono identificarsi contemporaneamente in più di una di queste tipologie (come ad esempio proprio il LOVA, che si può definire contestualmente un idrocefalo ostruttivo, per lo più, e cronico dell’adulto). L’oggetto della trattazione di questa tesi di laurea, il Long-Standing Overt Ventriculomegaly in Adults (LOVA), proprio a causa delle sue specifiche peculiarità, verrà analizzato approfonditamente nel prosieguo del lavoro.

Da un punto di vista fisio-patologico, l’idrocefalo si divide in:

- Idrocefalo comunicante: caratterizzato da dilatazione contestuale sia degli spazi subaracnoidei che dei ventricoli, è il

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risultato di un’ostruzione del flusso di liquor nello spazio subaracnoideo, distalmente ai forami di Luschka e di Magendie, ed è contraddistinto da una comunicazione tra i ventricoli e lo spazio subaracnoideo. È comunemente causato da processi infettivi e infiammatori cerebrali, emorragie, masse estranee (neoplastiche e non), difetti congeniti di assorbimento del liquor, aumentata pressione nei seni venosi, eccessiva produzione, papilloma dei plessi corioidei, oppure può essere idiopatico[3].

- Idrocefalo non comunicante (od ostruttivo): caratterizzato da un’importante dilatazione ventricolare che riflette il sito di ostruzione (solitamente si dilatano i ventricoli laterali e il III), è inoltre contraddistinto da un’ostruzione a livello del sistema ventricolare o dei forami di deflusso del IV ventricolo. Può essere causato da adenomi ipofisari giganti o altri tumori cerebrali, cisti colloidi a livello del III ventricolo, stenosi dell’acquedotto, ectasia dell’arteria basilare, emorragie con formazione di coaguli, cause congenite come le sindrome di Arnold-Chiari e iatrogene dopo multiple revisioni di valvola[3].

Da un punto di vista clinico possiamo dividere l’idrocefalo in:

- Acuto: i sintomi si manifestano molto rapidamente in seguito alla noxa patologica che lo ha provocato (solitamente sono forme ostruttive), con manifestazione di ipertensione endocranica che non può essere compensata dalla compliance delle strutture cerebrali. Dopo poche ore, il paziente può manifestare deterioramento dello stato di coscienza, cefalea, vomito a getto, papilledema e coma. L’aumento così intenso e repentino della pressione intra-cranica può portare rapidamente ad erniazioni cerebrali, con prognosi infausta. È necessario un intervento terapeutico urgente, mirato alla rapida de-compressione cranica, attuata generalmente con

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derivazione ventricolare esterna (DVE) oppure, in un secondo tempo, con derivazione ventricolo-peritoneale (DVP), controindicato però in caso di emorragia intra-ventricolare, terapia anticoagulante o infezioni in atto.

- Cronico: i sintomi si sviluppano lentamente, e per la loro presentazione è estremamente rilevante la capacità delle strutture cerebrali di adeguarsi ad un aumento cronico della pressione endocranica (la compliance cerebrale). La forma è più frequentemente di tipo comunicante. Il persistente incremento pressorio crea la sintomatologia, che è molto variegata e legata al rapporto del sistema ventricolare con le strutture nervose adiacenti. Ad esempio, può verificarsi paraparesi in quanto le fibre che originano dalla componente cerebrale dell’area rolandica che innervano gli arti inferiori passano al di sopra del ventricolo prima di entrare nelle vie piramidali. In caso di dilatazione, il recesso pineale del III ventricolo può comprimere i collicoli superiori, che sono coinvolti nella mobilità oculare, provocando la sindrome di Parinaud (paralisi dei movimenti verticali dello sguardo). In caso di dilatazione del recesso infundibolare ci possono essere sintomi di tipo diencefalico (squilibri ormonali). Altri sintomi caratteristici possono essere edema della papilla ottica fino ad atrofia delle fibre del nervo ottico, con amaurosi. In generale si possono riscontrare tutti i sintomi dell’ipertensione endocranica (cefalea, nausea e vomito, alterazioni sensoriali, astenia generalizzata, ecc.), ma con una latenza e un’intensità decisamente minori rispetto alla forma acuta. La terapia chirurgica prevede essenzialmente una derivazione liquorale o un ripristino del normale flusso liquorale, tramite una derivazione ventricolo-peritoneale (DVP) o una ventricolostomia endoscopica (ETV), in passato si usavano anche altre tecniche come le derivazioni ventricolo-atriali (DVA) o ventricolo-spinali (DSP).

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Infine, le principali sindromi idrocefaliche sono:

- LOVA (long-standing overt ventriculomgaly in adults): questo tipo di idrocefalo si sviluppa durante l’infanzia, ma con sintomi che compaiono in età adulta. Si presenta appunto nell’adulto con una severa ventricolomegalia, associata a macrocefalia superiore alle due deviazioni standard rispetto alla circonferenza cranica normale, oppure evidenza neuroradiologica di sella turcica espansa o distrutta, o anche entrambi i criteri. È presente stenosi acqueduttale, ma è un criterio secondario perché potrebbe essere causata dalla terzoventricolocisternostomia. Ci sono inoltre criteri diagnostici clinici, come segni e sintomi di ipertensione endocranica, demenza, disturbi dell’andatura e incontinenza urinaria (simili a quelli dell’idrocefalo normoteso). I problemi principali sono la corretta diagnosi (principale diagnosi differenziale proprio con l’idrocefalo normoteso), la scelta del timing chirurgico e della tecnica terapeutica (le due principali opzioni, che saranno ampiamente discusse in seguito, sono la derivazione ventricolo-peritoneale e terzoventricolocisternostomia)[3].

- Idrocefalo normoteso: è una sindrome caratterizzata da aprassia della marcia, demenza ed incontinenza, con una pressione liquorale normale e dilatazione dei ventricoli (di minore entità rispetto al LOVA). Si definisce “normale” perché il monitoraggio continuo intracranico ha mostrato la presenza di onde di pressione endocranica aumentata, soprattutto durante la fase REM del sonno. Si pensa che questi picchi anormali della pressione del liquido cerebrospinale, chiamati onde B, aumentino lentamente le dimensioni ventricolari, esercitando un eccesso di pressione intermittente sul parenchima cerebrale e inducendo, in tale maniera, danno ischemico. Ad ogni modo, la patogenesi è ancora oggetto di dibattito, ma, nonostante l’incertezza riguardo la sua evoluzione, è curabile

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principalmente mediante diversione del liquido cefalo-rachidiano (shunt)[3].

- Idrocefalo compensato: alcuni pazienti con idrocefalo raggiungono uno stato in cui la dilatazione dei ventricoli rimane invariata anche in assenza di shunt (o con shunt presente ma non funzionante). Allo stesso tempo non c’è né progressione né grave evoluzione clinica dell’idrocefalo (il volume ventricolare è quasi normale, e nei bambini c’è una normale curva di crescita cranica, con sviluppo psicomotorio continuo). È comunque importante il follow-up nei bambini, poiché sono stati segnalati casi di morte improvvisa anche diversi anni dopo la diagnosi iniziale. I test neuro-psicologici possono essere utili per identificare un sottile deterioramento cognitivo, che può precedere il ritorno dei sintomi attivi. Al contrario, negli adulti, questo può semplicemente riflettere un processo patologico sottostante risolto spontaneamente, come l'idrocefalo post-traumatico o post-emorragico[3].

- Sindrome del IV ventricolo escluso: il IV ventricolo non comunica più né con il III né con le cisterne basali. Sono maggiormente colpiti pazienti con infezioni prolungate o multiple operazioni di derivazione liquorale. Si pensa che sia secondario a stenosi dell’acquedotto dovuto a aderenze, ostruzione dei forami di Luschka e Magendie o detriti di infezioni che si accumulano nelle cisterne basali. I pazienti possono avere segni e sintomi tipici dell’idrocefalo, ma anche forme atipiche (come disfunzioni dei nervi cranici più inferiori), così come può essere un riscontro diagnostico occasionale[3].

- Sindrome del “ventricolo a fessura”: in alcuni pazienti i ventricoli laterali possono collassare in seguito a eccessivo drenaggio liquorale, oppure mantenere una dimensione fissa a causa della gliosi subependimale. Ciò può portare a un malfunzionamento intermittente o persistente dello shunt, con

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