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Studio Cusenza + Salvo

Da anni tentiamo di pensare al progetto di architettura come ad un progetto aperto, provvisto di una sua vita autonoma, che si adatti alle trasformazioni ed al cambiamento e che riesca ad assimilare la cultura di un luogo per divenire singolarità. Pensiamo ad un’architettura che sappia interpretare la complessità del territorio, della società, e che sia capace negli anni di cambiare aspetto e destinazione d’uso. Un’architettura che non sia una forma compiuta, finita, chiusa ai cambiamenti ed alle trasformazioni. Un’opera di architettura finita o che risponda ai canoni estetici del momento, risulta un’opera banale, ripetitiva che non apre all’immaginazione. La forma compiuta è sempre una forma contraddittoria perché, se da un lato trasmette certezze e verità, dall’altro lato le troppe certezze sono direttamente proporzionali all’insicurezza ed allo spiazzamento intellettuale del progettista che viene guidato da verità effimere ed apparenti, da qualcosa che comunque non conosce fino in fondo. L’incompiutezza, il non finito, l’imperfezione ha infatti molti punti in comune con l’incertezza, visto che ci pone davanti ad una verità liquida, mutevole, che ci conduce verso la ricerca di nuovi meccanismi che muovono il progetto. Il non finito è per noi una scelta estetica consapevole che limita il nostro potere di progettisti sull’opera a favore di coloro che osservando l’opera realizzata diventano attori a loro volta di una narrazione da completare. I fruitori dell’opera raggiungono così una loro verità personale attraverso l’incompiutezza e la frammentarietà dell’opera.

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Il non finito diviene così sinonimo di reale, naturale e umano.

Dare valore all’imperfezione significa progettare edifici capaci di invecchiare, significa stimolare il legame emotivo tra utente e prodotto, allungarne il ciclo di vita e soprattutto, significa accettare la presenza di una variabile non controllabile che spesso cambia il finale del racconto.

Il non finito appare più che mai espressione perfetta di una società in mutamento, mai uguale a se stessa, dove è sempre più difficile definire, catalogare e affermare. Il processo creativo non è quindi per noi il prodotto di un pensiero lineare definito a priori ma il prodotto di una serie di eventi che si sviluppano gradualmente nel tempo. Naturalmente la pratica del non finito parte da molto lontano. Michelangelo fa del non finito il vero tema delle sue opere più suggestive come la Pietà Rondanini, figura appena abbozzata, priva di dettagli dove la forma diventa informe e lascia campo libero alla materia. Leonardo, che attribuisce maggiore importanza al percorso creativo rispetto al risultato finale, lascia incompiute opere come l’Adorazione dei Magi o la Vergine delle Rocce. Con Michelangelo e Leonardo comincia il lungo cammino dell’arte moderna, che al protagonismo della forma oppone il protagonismo della materia.

In architettura l’esempio che subito viene in mente quando si parla di non finito è la Sagrada Familia di Gaudì, ancora oggi incompleta e dove l’architetto improvvisa giorno dopo giorno senza un canovaccio prestabilito. E poi l’architettura organica di Wright strettamente legata all’uomo, al luogo ed al tempo, in continuo divenire, che segna le trasformazioni della società e si fa testimone di un processo

Nella pagina precedente: Vista esterna dei volumi degli ambienti intervallati dai patii.

Casa Gandolfo a Favignana, (TP)

In questa pagina: Vista di scorcio

Casa Gandolfo a Favignana, (TP)

Fotoinserimento

49 in continua evoluzione mai concluso e mai finito. La storia dell’architettura di questi ultimi anni è fatta di forme organiche, di edifici amebiformi, fluidi, embrionici, globulari, dove il ruolo dei programmi digitali di disegno risulta fondamentale per la rappresentazione grafica del progetto. Ovviamente esistono varie modalità per un architetto di intendere il non

finito. Noi ne abbiamo adottate alcune che

di volta in volta abbiamo ritenuto adatte alla narrazione dei nostri progetti: gli Appartamenti per vacanze Cammarata e la Casa Gandolfo sono basati sull’idea della crescita modulare che aggrega corpi e volumi. Un forte riferimento al settecentesco piacere visivo per l’estetica delle rovine, ai Prigioni ed alla Pietà Rondanini di Michelangelo ha influenzato la progettazione dei due alberghi ipogei nell’isola di Favignana: l’Hotel Cave Bianche e l’Hotel delle Cave. Gli Appartamenti per vacanze Sammartano, la Cantina Vinicola e la Casa Bellomo seguono la strategia della crescita organica secondo il principio della ramificazione degli alberi e del sistema nervoso e vascolare del corpo umano.

Appartamenti per vacanza Cammarata, Trapani

L’informalità dell’impianto fa pensare ad un disegno istintivo, il prodotto delle singolarità del luogo, dovuto alla raccolta, casuale ed intuitiva, dei grossi frammenti litici staccati dalla massa compatta della montagna e depositatisi in superficie. Un’accumulazione, quindi, di massi erratici, che si possono accostare e sovrapporre l’uno all’altro, all’infinito, geometricamente configurati, a spigoli vivi e dalle superfici levigate, stabilizzati su isolati crepidomi di pietra a secco. Il progetto è il risultato di un complesso processo di riflessioni progettuali che conducono alla scoperta spaziale dell’opera compresa tra schema

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funzionale e singolarità del sito. L’impianto pur non imponendosi rispetto alla dimensione umana, risulta alla scala paesaggistica una forte presenza in grado di ridefinire le caratteristiche del luogo. Come nella Casa Ugalde, nei pressi di Barcellona, di Antonio Coderch, l’adattamento al contesto, con una pianta organica, alle diverse quote materializza le originarie curve di livello.

Casa Gandolfo. Favignana, Trapani

La planimetria dell’edificio ricalca la forma regolare del lotto, mentre la composizione volumetrica prende come riferimento essenziale i grandi muri emergenti dal piano di cava. Il complesso architettonico, composto da più volumi tra loro slittati, è concepito come una porzione di cava, traslata sul piano di campagna. Come nello storico Tetris, ciascun quadrato ha un lato in comune con l’altro e definisce lo spazio vuoto dei patii centrali. L’edificio è stato progettato secondo uno schema modulare aperto che può essere ampliato longitudinalmente aggregando liberamente fra loro i volumi che lo compongono e assumendo di volta in volta forme sempre differenti.

Recupero ambientale di una cava di calcarenite dismessa nell’isola di Favignana per la realizzazione di un albergo ipogeo. Hotel delle Cave. Favignana, Trapani

Edificio semplice, a pianta regolare, interamente realizzato in blocchi di calcarenite faccia vista. Presenta una forma squadrata monolitica, presa in prestito dalle emergenze lapidee che si innalzano all’interno della cava sui cui poggia. Non si tratta, quindi, di un edificio a sé stante, ma di un corpo di fabbrica integrato al resto della cava dismessa che suggerisce la lettura di un edificio interrotto o in fase di completamento,

In questa pagina e nella pagina seguente:

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analogamente ai blocchi di pietra in attesa della loro definitiva estrazione. Il blocco principale del complesso, un grande monolite in emergenza, monumentalizza i blocchi lapidei, resi artificiali dalla mano dell’uomo. Il progetto di albergo ipogeo si è prefissato di non modificare gli spazi scavati di fondo cava ed i grandi muri di calcarenite, veri e propri monoliti alti anche dodici metri e spessi fino a cinque metri, residuati dell’attività estrattiva che ha avuto inizio nei primi anni del novecento. Gli spazi di fondo cava delimitati dai muri di calcarenite hanno stabilito il dimensionamento e lo sviluppo planimetrico ed altimetrico del complesso ipogeo, che si configura secondo una sequenza di volumi separati l’uno dall’altro attraverso tagli verticali che lasciano filtrare la luce negli spazi interni. Una sorta di cretto, una configurazione geometrica incisa nel suolo con leggerezza. L’edificio, come un fossile, riproduce il negativo di una realtà passata, ricostruita attraverso la sua assenza e si ritaglia in forma omotetica sui volumi mancanti riproducendoli nel proprio corpo come archetipi vuoti. Come nel dionisiaco orecchio dell’antica Siracusa e nelle verdi latomie in cui è scavato, lo spazio prende forma dalla sottrazione di materia. L’inserimento dei nuovi volumi all’interno delle rovine, residuati dell’escavazione, diventa per noi un atto secondario di nessuna importanza formale. Il blocco di calcarenite a faccia vista è l’unico materiale utilizzato per la costruzione degli edifici.

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Architettura e Natura