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5. L'industria cinematografica americana al tramonto degli ann

5.2 Lo Studio System

Lo Studio System era l'inquadramento industriale che aveva consentito, fin dalla fine degli anni Dieci, un controllo del complesso delle dinamiche di produzione-distribuzione-esercizio da parte dei maggiori Studio cinematografici. Le connotazioni principali dell'industria in questa fase (1927- 1948) erano l'integrazione verticale, l'accaparramento a lungo termine delle migliori maestranze tecniche e la creazione dello Star System. Già alla fine degli anni Trenta l'industria era sottoposta all'egemonia delle Big Five – Warner Brothers, Loew's Inc., Paramount, Twentieth Century Fox, RKO – cui si aggiungevano le Little Three – Universal, Columbia e United Artists.

La concorrenza tra esse era molto ridotta, tanto che si potevano prestare a costi agevolati maestranze di vario genere – basti pensare al caso di Clark Gable che dalla MGM approda, per

Accadde una notte (1934) di Frank Capra, alla Universal.

Di fatto, si trattava di un oligopolio, in cui i profitti provenivano non tanto dalla concorrenza tra Major – che si esercitava solo a livello di esercizio nelle grandi città – ma dalla spartizione esclusiva del mercato nazionale e internazionale.

Le Major, in virtù del possesso della rete di distribuzione nonché delle maggiori sale di proiezione – le sale di prima visione, i Movie Palaces, generalmente ubicati nelle grandi città – si garantivano la fetta più grossa degli incassi – circa il 70% degli introiti complessivi a fronte delle 3000 sale di proprietà sulle 18000 complessive.51 Le altre case di produzione, se volevano distribuire i propri

film, dovevano passare per la medesima rete. Inoltre, se è vero che il restante 85% delle sale non era sotto il controllo diretto delle Major, gli incassi dipendevano comunque dalla proiezione dei film di maggior attrattiva, che erano comunque prodotti dalle Major stesse. Di solito si trattava dei film realizzati ad alto budget, che permettevano agli studi principali di dettare le condizioni per la distribuzione: la prassi del block booking imponeva dunque agli esercenti che avessero voluto proiettare i film più promettenti di accettare anche una serie di pellicole minori, cinegiornali – Universal e Fox – e cortometraggi – cartoni animati della Warner, come Merrie Melodies o Looney

Tunes; clip musicali della stessa Warner e della Paramount. In questo modo le case ottenevano il

controllo completo del programma di sala. I metodi distributivi si fondavano su zoning e cleaning, ovvero sulla scansione spaziale e temporale del territorio: una sala di prima visione proiettava un film in via esclusiva nella propria area per un periodo di tempo prestabilito.

Attraverso il cosiddetto blind selling, lo Studio proponeva alle sale indipendenti, a inizio anno, mediamente una cinquantina di titoli – afferenti a tre tipologie di produzione – senza annunciarne i titoli, e di cui si vendevano i diritti di proiezione a seconda della fascia di produzione a cui appartenevano – la class-A ad alto investimento, una fascia media e una bassa, definite da un inferiore costo di produzione.

Sotto il profilo organizzativo e strutturale, gli Studio dovevano rapportarsi con il gusto del pubblico ma anche con le organizzazioni sindacali, con le istituzioni federali che verificavano la regolarità del comportamento, con il sistema di autocensura e infine con la MPPDA – la Motion Picture Producers and Distributors Association, organizzazione di categoria.

L'autorità federale era intervenuta a interrompere il monopolio delle Major già con lo scioglimento della MPPC – la Motion Picture Patents Company – nel 1915; persistendo i caratteri della concentrazione monopolistica, il governo federale produsse nel 1933 un codice di equa concorrenza, la NIRA – National Industrial Recovery Administration – e inaugurò il procedimento antitrust con il Caso Paramount che determinò di fatto la fine dell'era degli Studios: la sentenza del

1948 impose alle Major la vendita delle catene di sale di proprietà e dichiarò illegale la pratica del

block booking.

Fino a quel momento, il colosso cinematografico hollywoodiano aveva prodotto – e contribuito a diffondere – un universalismo ideologico, veicolato non solo dall'etica dei film – garantita dal

Codice Hays – ma anche dal sistema giornalistico.

I grandi numeri […] provocano anche la grande attenzione degli altri media verso il cinema: radio, giornali e fan

magazines fungono in continuazione da cassa di risonanza di miti e leggende hollywoodiane. Negli anni in

questione, Hollywood è la terza città, dopo Washington e New York, come produttrice di notizie, e dà lavoro a più di trecento giornalisti stabili. La stampa popolare cinematografica, con le anticipazioni-promozioni dei film in corso di lavorazione, con le rubriche di pettegolezzi che rendono pubblico anche il privato delle star, inaugurando un'epoca in cui questa distinzione si sarebbe fatta sempre più labile, con la creazione di miti, modelli e nuovi consumi, vivacizzati dall'aneddotica e dal lavoro dei fotografi, allarga l'onda d'urto del mezzo filmico, radicandosi nella cultura popolare, in una nuova dimensione dell'immaginario, a un tempo terrena, materialistica, e onirica, desiderante.52

La dislocazione delle sale cinematografiche sul territorio rifletteva le differenti politiche aziendali, andando a rilevare una particolare tipologia di pubblico che, di area in area, si distingueva per disponibilità economiche e dunque per l'appartenenza a una classe sociale – che, a sua volta, definiva tendenzialmente un gusto rivolto a estetiche o tematiche peculiari – cui rispondevano le immagini delle star che venivano scritturate. Le distinzioni principali afferivano alle etichette relative a un pubblico sofisticato o non sofisticato, a cui si aggiungevano generalmente le componenti ulteriori di individuazione del sesso e dell'età.

La Warner, per esempio, gestiva gran parte delle proprie sale nell'Est, individuando un pubblico urbano, di bassa estrazione sociale, che poteva quindi apprezzare gangster movie o film connotati da un'ambientazione urbana e una denuncia dei mali della società. La Paramount, avendo molte sale nei centri metropolitani, si distingueva per le produzioni sofisticate rivolte a un pubblico di mentalità più aperta.

La MGM si concentrava sulla diversificazione dei generi, sulla ripresa di classici della letteratura in funzione di un pubblico medio-borghese. La Fox celebrava una visione populista e nostalgica del mondo, fondata su personaggi semplici dai buoni sentimenti. La RKO si presentava come lo Studio più versatile, in cui potevano coesistere i musical con Fred Astaire e Ginger Rogers, e il capolavoro di Orson Welles, Quarto potere (1941). La Columbia si specializzò in B-movie e nella screwball

comedy, mentre la Universal produceva in via preferenziale film dell'orrore, ereditando le

maestranze e lo stile dell'espressionismo tedesco.

Nei primi anni Trenta nacque il doppio programma che sollecitava una suddivisione delle produzioni, distinte tra A e B, e che trovò un corrispettivo nelle insegne luminose fuori dai teatri;

52 MUSCIO G., Cinema: produzione e modelli sociali e culturali negli anni trenta, in BRUNETTA G. P., (a cura di),

con l'acquisto di un singolo biglietto si aveva diritto a vedere entrambi gli spettacoli.

Dal 1936 la Resettlement Administration del Dipartimento dell'agricoltura inaugurò la produzione di documentari cinematografici inerenti alla Dust Bowl – una serie di tempeste di sabbia che devastarono negli anni Trenta l'area centrale degli Stati Uniti provocando l'esodo da Texas, Oklahoma e Kansas. Avendo creato un programma informativo autonomo dalle produzioni hollywoodiane, fu proprio il governo federale che introdusse il primo polo alternativo a quello californiano. Sul finire degli anni Trenta i movie palace abbandonarono lo stile architettonico affine ai teatri europei per approdare alle più moderne sale cinematografiche.

Nel 1940 lo Studio System sembrava all'apice, ma al suo interno alcuni elementi già prefiguravano i cambiamenti futuri: il successo di Quarto potere di Welles dettava il controllo creativo e produttivo del regista su ogni fase; il referente artistico poteva ora promuovere una sperimentazione personale piuttosto che un prodotto di puro intrattenimento. Tuttavia è proprio negli anni Quaranta che l'era degli Studio visse la propria belle époque: è il periodo che verifica il maggior numero di presenze al cinema; inoltre, il potere comunicativo, ideologico e rassicurante del cinema nel periodo bellico, determinò un ruolo culturale nella vita sociale americana che in seguito non sarebbe stato più replicabile.

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