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Il successivo negozio costituirebbe, pertanto, un mero atto traslativo solvendi causa del primo, derivante

dall’impegno in precedenza assunto. In questo modo, dunque, si riproporrebbe

l’antica scissione tra titulus e modus adquirendi, che l’accoglimento del

principio consensualistico aveva fatto venir meno

109

.

108 DE MATTEIS R., La contrattazione preliminare ad effetti anticipati. Promesse di vendita,

preliminari per persona da nominare e in favore di terzo, cit., 171 ss., la quale, pertanto,

ravvisa, nella sequenza derivante dalla fattispecie in esame, un contratto obbligatorio che assolve la funzione di titulus adquirendi e un contratto traslativo di adempimento che opererebbe, invece, come modus adquirendi, privo di una propria autonoma causa e che, tuttavia, troverebbe idonea giustificazione nel precedente accordo; LENER A., Contratto

“preliminare”, esecuzione anticipata del “definitivo” e rapporto intermedio, cit., 672, secondo

il quale, nel contratto preliminare di vendita c.d. ad effetti anticipati, la vendita sarebbe inclusa in un procedimento in cui l’atto traslativo viene compiuto alla fine; quest’ultimo, pertanto, si configurerebbe, come un nudo atto traslativo con causa «esterna». Tuttavia, nella prassi, possono darsi ipotesi in cui le parti rinviano al momento del compimento dell’atto «definitivo», la determinazione di alcuni elementi; in questo caso, l’atto finale non sarebbe meramente traslativo e, tuttavia, non configurerebbe neppure una vendita vera e propria, «bensì il momento

negoziale conclusivo di un procedimento che può, se si vuole, definirsi “procedimento di vendita” nel suo insieme»; PLAIA A., Vizi del bene promesso in vendita e tutela del promissario acquirente, cit., 36, il quale condivide l’opinione di quella dottrina secondo la

quale, i c.d. «effetti anticipati», sarebbero, in realtà, effetti immediati di un contratto incompleto sul piano procedimentale, mentre la realizzazione della vicenda traslativa sarà affidata ad un atto finale di puro trasferimento del diritto; tuttavia, secondo l’autore, il legislatore, con la disposizione di cui all’art. 2645 bis, comma 2°, c.c., avrebbe riconosciuto alle parti la possibilità di scegliere se concludere la vicenda traslativa con un contratto definitivo ovvero con un atto traslativo con causa esterna.

109 Con specifico riferimento ai contratti preliminari trascrivibili ex art. 2645 bis c.c., un recente orientamento ha evidenziato come la nuova fattispecie (del preliminare trascrivibile) sembri completare «il lungo iter verso la realità del preliminare». Se, infatti, il contratto preliminare c.d. ad effetti anticipati è già molto vicino ad un contratto definitivo, lo sarebbe ancor di più il preliminare trascrivibile (che invero è spesso un preliminare con anticipazione degli effetti); in altre parole, si afferma che la trascrizione, rendendo opponibile il preliminare erga omnes, consentirebbe di distinguerlo dalla vendita solo per l’assenza dell’effetto traslativo, il quale sembrerebbe essere ormai l’unica funzione del definitivo; cfr. MUSTARI M., op. cit., 267 ss. (in merito a tale orientamento si rinvia a quanto precisato sub cap. III, sez. III, § 4; contra, ritiene che la disciplina della trascrizione non abbia alterato le «linee» della tradizionale distinzione tra contratto preliminare e definitivo, se non per un’«accentuazione della valenza

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Il contratto preliminare c.d. ad effetti anticipati, sarebbe, pertanto, la

fonte di un’obbligazione di dare (ossia di trasferire), seguito da un atto di «puro

trasferimento» solvendi causa

110

(negoziale o meno a seconda delle diverse

ricostruzioni offerte). Il contratto definitivo rappresenterebbe, pertanto, un

negozio traslativo «con causa esterna» (o «prestazione traslativa isolata»)

111

,

procedimentale della sequenza preliminare-definitivo», LUMINOSO A., Contratto preliminare,

pubblicità immobiliare e garanzie, cit., 98.

110 In questo senso, tra gli altri, cfr., DE MATTEIS R., La contrattazione preliminare ad effetti

anticipati. Promesse di vendita, preliminari per persona da nominare e in favore di terzo, cit.,

171, la quale evidenzia come l’anticipata esecuzione delle prestazioni che dovrebbero conseguire al definitivo, «incide tanto intensamente sull’accordo preliminare da rilevare come

elemento caratterizzante di un diverso tipo di accordo».

111 E non, dunque, un negozio astratto, il quale non sarebbe ammesso nel nostro ordinamento. Con riferimento alla figura dell’atto traslativo con «causa esterna», può evidenziarsi come la dottrina tradizionale abbia sempre negato l’ammissibilità dell’obbligazione di dare e del conseguente atto di adempimento (in questo senso, tra gli altri, PUGLIATTI S., Studi sulla

rappresentanza, Milano, 1965, 413 ss.) e, tuttavia, la configurabilità di tale fattispecie sembra

ormai essere confermata dalla dottrina più recente (per una ricostruzione del dibattito dottrinale svoltosi in merito alla configurabilità, nel nostro ordinamento, dei c.d. «pagamenti traslativi», cfr., tra gli altri, LUMINOSO A., Appunti sui negozi traslativi atipici, cit., 6; MATTIANGELI L., Obbligazione di dare, pagamento traslativo e art. 1333 c.c., in Vita not., 2005, 1, 603 ss.; MARICONDA V., Il pagamento traslativo, in Contr. e impr., 1988, 738 ss.). In proposito, può osservarsi come l’ordinamento francese e quello tedesco offrano, come anticipato, soluzioni opposte al problema. Nel sistema francese, si è assistito, infatti, ad una compenetrazione tra atto traslativo e contratto consensuale; di conseguenza, non può, in detto ordinamento, configurarsi un’obbligazione di dare che non sia immediatamente eseguita. L’ordinamento tedesco, invece, non ha accolto il principio consensualistico, ma è rimasto, invece, fedele alla tradizione romanistica; quest’ultimo, dunque, ai fini dell’acquisto della proprietà, ha conservato l’antica scissione tra titulus e modus adquirendi, modus che è tuttavia rappresentato da un atto traslativo astratto (al riguardo, sembra opportuno evidenziare come parte della dottrina ritenga che, in realtà, nel diritto romano la traditio si configurasse come un atto traslativo di carattere causale e non astratto: la causa della traditio doveva essere individuata nell’accordo con il quale le parti stabilivano l’affare e determinavano il significato economico della traditio; in questo senso cfr., tra gli altri, CANNATA C. A., «Traditio» causale e «traditio» astratta: una precisazione

storico-comparatistica, in Scritti in onore di Sacco, a cura di Cendon P., Milano, 1994, 154; sul

punto cfr., altresì, MARTINO M., L’expressio causae. Contributo allo studio dell’astrazione

negoziale, cit., 124), mentre dal titulus deriverebbe sempre un’obbligazione di dare. Nel nostro

ordinamento, l’ammissibilità di atti traslativi di puro adempimento trovava, specie in passato, un ostacolo, non solo nella regola consensualistica di cui all’art. 1376 c.c., ma, altresì, nel principio di causalità delle attribuzioni patrimoniali (art. 1325, n. 2 c.c.), per il quale è necessaria una giustificazione causale della vicenda attributiva, che si riteneva potesse consistere in una causa onerosa o liberale risultante dallo stesso contratto. Con riferimento a quest’ultimo aspetto, si afferma tuttavia che, in realtà, il pagamento traslativo, in quanto atto di adempimento dell’obbligo di dare, è un negozio con causa esterna e non un negozio astratto (In questo senso, cfr., tra gli altri, GAZZONI F., Babbo Natale e l’obbligo di dare, in Giust. civ., 1991, 2895; MARICONDA V., Il pagamento traslativo, cit., 750; CHIANALE A.,

Obbligazione di dare e atti traslativi solvendi causa, in Riv. dir. civ., 1989, II, 246 ss.;

PORTALE G. B., Principio consensualistico e conferimento di beni in proprietà, in Riv. Soc., 1970, II, 952 ss.; DE MATTEIS, op. ult. cit., 174 ss.; MACCARONE G., Obbligazioni di dare

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e adempimento traslativo, in Riv. not., 1994, 1330 ss.). I negozi con causa esterna,

rappresenterebbero, secondo la dottrina che si è occupata del tema, delle figure negoziali in cui la causa, a differenza di quanto accade nei negozi tipici, non sarebbe desumibile dal contenuto dello stesso negozio, ma nel rapporto precedente, laddove la prestazione si presenterebbe, invece, isolata; [in proposito, cfr., altresì, GIORGIANNI M., voce Causa (dir. priv.), in Enc. del

dir., VI, 1960, 570: «Una volta che la «causa» non si confonde col «tipo» negoziale, non può dubitarsi che un idoneo riferimento causale assista il trasferimento attuato dichiaratamente per adempiere un’obbligazione preesistente»). Tale prestazione si ricollegherebbe, dunque, al

negozio antecedente dal quale deriva il rapporto obbligatorio, per mezzo della sua espressa menzione, c.d. expressio causae (in proposito, mentre la dottrina maggioritaria ritiene che, ai fini della validità della prestazione isolata, sia necessaria l’esistenza del rapporto antecedente, la cui mancanza comporterebbe, pertanto, la nullità dell’atto traslativo; secondo altra parte della dottrina, invece, l’esistenza del rapporto preesistente non inciderebbe sulla validità dell’atto traslativo, quanto sulla conservazione dei suoi effetti; di conseguenza, ove manchi, in concreto, la causa, sarebbe unicamente possibile agire per la ripetizione dell’indebito (per il primo orientamento, cfr, tra gli altri, MENGONI L., Gli acquisti «a non domino», 3°, Milano, 1994, 204 ss.; LUMINOSO A., Appunti sui negozi traslativi atipici, cit., 8; per la seconda soluzione, cfr., invece, tra gli altri, GIORGIANNI M., voce Causa (dir. priv.), cit., 568 ss.)]. Diverso è, invece, l’atto traslativo astratto, il quale è privo di qualsivoglia giustificazione causale dell’attribuzione ed è, pertanto, idoneo a produrre effetti reali sulla base di una semplice dichiarazione delle parti, ovvero in seguito al compimento di alcune formalità. Inoltre, con riferimento alla prestazione traslativa con causa esterna, è stato rivalutato il concetto di causa «in senso soggettivo», intesa quale funzione economico-individuale (o causa concreta); diversa, dunque, dalla causa in senso «oggettivo», intesa quale funzione economico-sociale. Così, una volta affermato che la «causa non si confonde con il tipo negoziale» (in quanto la causa attiene al momento valutativo, laddove il titolo fa riferimento al momento qualificatorio-organizzativo; al riguardo cfr., FERRI G.B., Causa e tipo nella teoria del negozio giuridico, Milano 1966, 127 e 249), è stato possibile evidenziare come anche il trasferimento attuato con il dichiarato intento di adempiere un’obbligazione preesistente risulti assistito da un idoneo riferimento causale (cfr., GIORGIANNI M., voce Causa (dir. priv.), cit., 547 ss.); in proposito cfr., tra gli altri, DE MATTEIS R., op. ult. cit., 173 ss., spec. nt. 76 e 81; LUMINOSO A., Appunti sui negozi

traslativi atipici, cit., 8. Con riferimento al problema della contrarietà al principio

consensualistico, invece, si ritiene che tale regola sarebbe diretta solamente ad agevolare le parti e non, dunque, a limitare la loro autonomia contrattuale (al riguardo, alcuni autori hanno, altresì, evidenziato come la scissione derivante da tale fattispecie, non rappresenterebbe una deroga al principio consensualistico, il quale sarebbe, dunque, perfettamente rispettato. Inoltre, rispetto alla categoria delle prestazioni isolate, ci si chiede se sia possibile riconoscere a tali fattispecie natura negoziale, stante l’incompatibilità tra doverosità e negoziabilità; al riguardo, la dottrina prevalente ritiene di poter dare risposta positiva (contra, tra gli altri, DI MAJO A.,

Obbligazioni in generale, Bologna, 1985, 368 ss.; per la soluzione positiva cfr., invece,

MARICONDA V., Il pagamento traslativo, cit., 735 ss., secondo il quale non sarebbe possibile ravvisare una differenza di contenuto «sostanziale», tra il contratto definitivo e l’atto di trasferimento di adempimento di un obbligo preesistente; la differenza tra l’obbligo di contrarre, derivante dal contratto preliminare, e l’obbligo di porre in essere un trasferimento solutionis

causa, andrebbe piuttosto individuata con riferimento al profilo causale: mentre l’obbligo

derivante dal contratto preliminare ha per oggetto la prestazione del consenso ai fini della conclusione di un contratto causale, con la conseguenza che il contratto definitivo di compravendita determinerà un trasferimento in attuazione della funzione propria della compravendita; l’atto traslativo (atipico) causa un trasferimento che trova la propria ragione giustificatrice nel rapporto precedente) e, tuttavia, non v’è unanimità di opinioni in merito alla struttura negoziale o non negoziale, nonché unilaterale o bilaterale di tale atto (per una ricostruzione dei diversi orientamenti sulla questione testé richiamata, cfr., tra gli altri,

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negozio la cui causa andrebbe individuata in un rapporto sottostante che, nel

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