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successivo verificarsi di un fatto imprevisto che revochi tale

definitività;

C) accrescimento patrimoniale provocato dal fatto sub B) (25). 6. Il trasferimento dell'indagine dall'astratta esegesi dell'art. 55, 1° comma, D.P.R. n. 597 alla fattispecie precisata al § 3, postula una distinta analisi per i vari tipi di soggetti concordatari ; occorre, cioè, distinguere fra imprenditori individuali da un lato, e società di per-sone o di capitali, dall'altro (26).

Partendo dall'ipotesi più semplice, quella concernente l'impren-ditore individuale, se anche non si vuol seguire, per coerenza con quanto ritenuto supra (§ 3), quella giurisprudenza che ricollega alla sentenza di omologazione del concordato la cessione traslativa dei beni

ceduti ai creditori (27) — per il che già a quel momento si decom-porrebbe la triade imprenditore-impresa-azienda che si è delineata

al § 1 — va osservato che l'azienda non esiste sicuramente più nel momento in cui, dopo aver venduto i beni che la costituiscono (vuoi come universitas vuoi isolatamente), il liquidatore procede al paga-mento delle passività del concordato. A maggior ragione l'azienda non esiste certamente più nel momento in cui viene saldata l'ultima pas-sività (in senso cronologico); cioè nel momento in cui si verifica il presupposto di fatto (rinuncia alla parte di credito non incassata ad opera dell'ultimo creditore saldato) previsto dall'art. 55, 1° comma, D.P.R. n. 597.

(25) CICOGNANI, L'imposizione, cit., p. 286 ss.

(26) Il discorso dà per scontato — trattandosi di un dato di tutta evi-denza — che le presunte sopravvenienze attive non potrebbero che prodursi in capo al soggetto concordatario (conf. Tribunale Firenze, 4 luglio 1979, ne Il Fisco, 1980, 2075) essendo questo il beneficiario delle rinunce effettuate dai creditori chirografari. In senso conforme, amplins, GRANELLI, Concordato pre-ventivo con cessione dei beni e tassazione del reddito d'impresa, ne II Falli-mento e le altre procedure concorsuali, 1982, 468 ss. V. comunque infra (§ 11).

(27) Così Cass. 5 gennaio 1972, n. 2, in Dir. fall., 1972, II, 422. Per una rassegna delle tesi sostenute in dottrina e giurisprudenza, se la cessione abbia natura traslativa ovvero costituisca un mandato in rem propriam v. Lo CASCIO, Il concordato preventivo, cit., p. 15 ss.

in capo ad un imprenditore individuale produce automaticamente la perdita della qualifica di imprenditore ed il contemporaneo dissolvi-mento dell'impresa (28). Ne consegue che non può aver luogo — a carico della persona fisica ex imprenditore — l'imposizione di un reddito d'impresa (29). Su ciò sembra concorde la stessa Ammini-strazione finanziaria (30).

E dappoiché l'art. 55 (il cui 1° comma inizia : « Concorrono a formare il reddito d'impresa le sopravvenienze attive ecc. ») fa parte

(28) Conf. Appello Bologna 30 gennaio 1979, Il Fallimento, cit., 1979, p 480, nonché Min. Fin., Direz. gen. imp. dir., nota 7 aprile 1979, n. 9/471, in Boll trib 1979, 1159. V. però, in senso contrario, proprio sul tema specifico qui trattato, la risol. 15 settembre 1980, n. 36/2079 (in Dir. prat. trib., 1980, I, 1597), dal che si desume trattarsi — per quest'ultima risoluzione — di una interpretazione di comodo.

( 2 9 ) CICOGNANI, L'imposizione, eit., pp. 245-6. in senso conforme al preva-lente orientamento dottrinale. Per una panoramica della dottrina sull'argo-mento v. FANTOZZI, Imprenditore e impresa nelle imposte su redditi e nell IVA, Milano, 1982, p. 233, nota 244. . .

(30) Per la verità il parere dell'amministrazione finanziaria e stato espresso in una diversa fattispecie, e cioè con riferimento all'art. 34 della co-siddetta legge Visentin! (legge 2 dicembre 1975, n. 576), ma la posizione dell'imprenditore individuale che ha ceduto l'unica azienda posseduta viene in considerazione nella medesima ottica. Com'è noto, l'art. 34 della legge anzidetta applica l'agevolazione concessa per le fusioni di società a quei con-ferimenti, economicamente conosciuti come concentrazioni aziendali, che, come le fusioni, favoriscono gli investimenti e la produzione, per ì fini che la legge delega della riforma tributaria (9 novembre 1971, n. 825) ha indicato al n. 16 dell'art. 2. In più lo stesso articolo prevede che anche la plusvalenza realizzata venga tassata nell'esercizio in cui le azioni o quote saranno rivendute. È stato rilevato in dottrina (FALSITIA, La tassazione delle plusvalenze, cit., p. 49), che la norma dell'art. 34 della legge Visentin! troverebbe applicazione non solo In presenza di società soggette all'IRPEG, ma tutte le volte che si è In presenza dei seguenti elementi: a) che il conferimento avvenga nei ri-guardi di una società regolare (esistente o da costituire) di qualunque tipo; 61 che vi sia un soggetto conferente tale che la cessione dell'azienda o del complesso aziendale non implichi la cessazione dell'attività d'impresa. Per-tanto, nel caso di un imprenditore individuale, questi dovrebbe conservare, dopo il conferimento, la gestione di altre aziende o complessi aziendali; anche perché in tal modo le azioni o quote ricevute in cambio affluirebbero all'impresa con conseguente possibilità di contabilizzazione ai fini del rinvio della tassazione dell'eventuale plusvalenza. Diversamente, con la cessione del-l'unica azienda cesserebbero sia l'impresa che l'imprenditore e pertanto la plusvalenza eventualmente realizzata non sarebbe suscettibile di contalizza-zione si che non potrebbe aversi alcun rinvio della relativa tassacontalizza-zione. (Con-tra VERNA, Conferimento difficile per le ditte individuali, ne II Sole 2't-Ore, del 13 settembre 1979). Com'è evidente e com'è stato dianzi accennato, la posi-zione dell'imprenditore individuale che ha ceduto l'unica azienda posseduta, viene qui in luce nella stessa identica ottica di quella analizzata nel testo per cui — almeno con riguardo al soggetto concordatario individuale — l'Am-ministrazione finanziaria, affermando oggi l'esistenza e la tassazione di una sopravvenienza attiva non può che incorrere in una palese contraddizione, sulla quale grava — come si è rilevato alla nota (28) — il sospetto di una inter-pretazione di comodo.

del Tit. V del decreto n. 597 che concerne l'imposizione del reddito d'impresa, ne deriva che non può aversi tassazione di sopravvenienze attive a carico di una persona fisica che, nel momento in cui esse si verificano non sia (o non sia più) titolare di un'impresa, onde non è più possibile accertare a suo nome un reddito d'impresa. E ciò in quanto — essendo il meccanismo del 1° comma dell'art. 55 fondato sulla ripresa di poste patrimoniali di bilanci relativi ad esercizi già chiusi — tale meccanismo è inoperante quando nel periodo d'imposta in cui dovrebbe avvenire la ripresa il soggetto non è più tenuto né civilmente né fiscalmente alla redazione di un bilancio. Non è con ciò che il predetto soggetto possa sfuggire all'imposizione, se effetti-vamente la rinuncia parziale al credito si tramutasse in reddito dan-do luogo ad un arricchimento patrimoniale, perché il detto reddito sarebbe ugualmente tassabile, se non altro, in forza dell'art. 80 D.P.R. n. 597. Gli è che la rinuncia de qua non dà luogo ad alcun arricchi-mento patrimoniale in capo all'ex imprenditore, per cui nessuna im-posizione è possibile a suo carico ai fini delle imposte sul reddito (ILOR e IRPEF).

7. Se con riguardo all'imprenditore individuale, come soggetto concordatario, non si è riusciti ad entrare nel vivo dell'interpreta-zione dell'art. 55, 1° comma, perché la soludell'interpreta-zione al problema delle sopravvenienze si è arrestata prima, su di una questione pregiudiziale — come suol dirsi nel linguaggio giudiziario — con riguardo alle società commerciali di persone e di capitali l'anzidetto problema si incentra proprio su di una rigorosa esegesi dell'art. 55, 1° comma. È opportuno in proposito ricordare, a ino' di premessa, taluni principi fondamentali dell'ermeneutica, che si rifanno alla concezione bettiana del canone della totalità ermeneutica applicato all'ordine giuridi-co (31):

a) ogni ordinamento giuridico statuale è un insieme armonico e coordinato di norme teleologicamente ordinate a regolare la vita e la convivenza delia comunità;

ì>) non vi può essere pertanto contrasto o contraddizione fra due norme di uno stesso ordinamento una volta che esse, oggettivan-dosi, sono entrate a farne parte;

( 3 1 ) BETTI, Teoria generale dell'interpretazione, I , Milano, 1 9 5 5 , p. 8 3 1 ss. Ai predetti princìpi si ricollega — per quanto riguarda il profilo costituzionale della norma —- la formula della necessaria coerenza delle scelte normative, su cui, ultimamente, FEDELE, Gli incrementi nominali di valore nell'INVIM ed il principio di capacità contributiva, in questa Rivista, 1982, I, p. 72 ss.

c) meno ancora una norma può essere in contrasto o in con-traddizione con un istituto disciplinato dallo stesso ordinamento nel quale essa si trova incastonata.

Va poi considerato che l'effetto giuridico, la cui individuazione rappresenta il prodotto del lavoro interpretativo, si determina com-piutamente non in funzione della singola norma, ma in funzione del-l'intero sistema o, come si usa anche dire, con riguardo alia totalità delle norme (32). L'interprete non deve pertanto arrestarsi ai valori parziali offerti dalle singole norme, ma deve completare codesti va-lori col valore (o interesse) fondamentale del sistema giuridico. E ciò in quanto, secondo gli apporti della teoria assiologica dell'effetto giu-ridico, l'ordinamento giuridico è oggi considerato un sistema di valori al fondo del quale v'è l'interesse della comunità (33). In altri termini, l'interpretazione deve procedere per gradi: in un primo approccio guardando al significato esegetico delle singole norme secondo i ca-noni conosciuti dalla scienza giuridica; successivamente contrappo-nendo — attraverso una valutazione, per così dire, di secondo grado — ai valori parziali isolatamente presi un sistema di valori assunto come unità e totalità.

8. Sulla base di codeste regole ermeneutiche è d'uopo ora porre alcune osservazioni in ordine al contenuto dell'art. 55, 1° comma, D.P.R. n. 597:

a) se non interviene alcuna delle cause di risoluzione o annul-lamento del concordato (art. 186 1. fallim.) deve ritenersi che l'ese-cuzione del concordato chiuda definitivamente ogni rapporto fra la società debitrice e i creditori ammessi al concordato (34) ;

b) la società debitrice, in quanto società commerciale di per-sone o di capitali, continua ad esistere, per dottrina e giurisprudenza unanime, anche nell'ipotesi che abbia ceduto ai propri creditori, per effetto dell'omologazione e dell'esecuzione del concordato proposto,

(32) Amplius FALZEA, voce Efficacia giuridica, in Eric, dir., p. 449 ss. ( 3 3 ) FALZEA, op. cit., p p . 4 5 8 - 9 .

(34) Si prescinde a questo proposito da ogni questione relativa al mo-mento in cui il debitore concordatario deve ritenersi liberato nei confronti dei creditori ammessi al concordato (v. comunque nota 14).

(35) La Cassazione ha infatti sempre affermato che la società sopravvive alla cancellazione dal registro delle imprese fino al totale esaurimento dei rapporti che alla società medesima fanno capo; v. le numerose sentenze della S.C. citate in ordine cronologico, da FANTOZZI, Imprenditore e impresa, cit., p. 226, nota 235.

l'unica azienda di cui era titolare (35) ; essa pertanto continua ad es-sere disciplinata — ai fini delle imposte sul reddito — dalle norme del Tit. V del decreto n. 597 ;

c) l'avvenuta esecuzione del concordato non produce in capo alla società debitrice alcun accrescimento patrimoniale, elemento, questo, essenziale, come si è osservato supra (§ 5), alla configurazione del concetto anche fiscale di sopravvenienza attiva.

Quindi, nessun arricchimento patrimoniale : ne è prova la con-siderazione che, se la società concordataria avesse veramente realiz-zato la sopravvenienza attiva corrispondente alla parte di crediti chi-rografari rinunciata, dovrebbe portarla fra i componenti positivi di reddito del conto Profitti e Perdite (36) relativo al bilancio dell'eser-cizio in cui è avvenuta la rinuncia. E se operasse in tal modo senza aver conseguito con la predetta rinuncia — come in realtà è avve-nuto — alcuna effettiva utilità economica o arricchimento patrimo-niale che dir si voglia, incorrerebbe in una grave violazione dell'art. 2423, 2° comma, c.c. e dell'art. 2425-ftt's c.c.

E allora, se non v'è arricchimento patrimoniale non vi può essere reddito (37), né secondo la concezione del reddito-prodotto e neppure secondo quella del reddito-entrata (38) (39).

Per la verità il legislatore della riforma tributaria ha talvolta previsto delle deroghe al criterio della effettività del reddito d'impresa (an e quantum) e quindi dei suoi componenti, ma lo ha fatto per

(36) Per un riscontro di siffatta esigenza v. infra, § 10.

(37) In senso conforme FALSITTA, La tassazione delle plusvalenze, cit., pp. 147 ss. e 217 ss.

(38) Sulle varie concezioni di reddito fiscale (mobiliare) v. principal-mente TIVARONI, La teorìa del prof. De Viti e le altre principali teorie del reddito nell'economia politica e nel diritto finanziario, in Riv. int. so. soc., 1930, 501 ss. ; VANONI, Osservazioni sul concetto di reddito in finanza, Milano, 1932, ora in Opere giuridiche, Milano, 1962, Voi. II, p. 351 ss. ; GIANNINI A. D., Il concetto di reddito mobiliare nel diritto tributario italiano, in Riv. poi. econ., 1935, 398 ss. ; BEKLIBI L. V., Appunti sul concetto di « reddito » nel sistema dell'imposta mobiliare, in Riv. it. dir. fin., 1939, I, 11 ss. ; GIUSSANI, Contributo alla precisazione del concetto giuridico di reddito mobiliare, in Riv. it. dir. fin., 1941, I, 97 ss. ; NAPOLITANO, Il reddito nella scienza delle finanze e nel diritto tributario italiano, Milano, 1953, pp. 9 ss., 35 ss., 140 ss. ; GIARDINA, Le basi teoriche del principio della capacità contributiva, Milano, 1961, p. 141 ss. ; FALSITTA, Le plusvalenze nel sistema dell'imposta mobiliare, Milano, 1966, p. 65 ss. ; FANTOZZI, Contributo allo studio della realizzazione dell'avviamento quale presupposto dell'imposta di ricchezza mobile, in questa Rivista, 1964, I, 605 ss.

( 3 9 ) Secondo il FALSITTA, invece, la sopravvenienza attiva de qua sarebbe legittimamente tassabile come reddito-entrata ; v. amplius, § 12.

consentire il conseguimento di due precisi obiettivi (40) : a) evitare le evasioni ; ò) incentivare la politica imprenditoriale per le esigenze di efficienza, rafforzamento e razionalizzazione dell'apparato produt-tivo della nazione (art. 2, n. 16, legge delega 9 ottobre 1971 n. 825) : sono un esempio di quest'ultimo obiettivo, fra le altre, le norme degli artt. 54, 5° comma; 55, 4° comma; 62; 68, 3° comma, del D.P.R. n. 597. Ora evitando di tassare come sopravvenienza attiva la rinuncia, da parte della società concordataria, alla parte di crediti chirogra-fari non riscossa non si attua alcuna evasione al tributo per il sem-plice fatto, più volte ricordato, che la detta rinuncia non dà luogo ad alcun reddito o entrata effettiva.

Neppure si può dire che la tassazione della sopravvenienza de qua in capo alla società concordataria porti ad una incentivazione della sua attività imprenditoriale nel senso dell'art. 2, n. 16, della legge delega, per la lapalissiana considerazione che un'attività imprendi-toriale non esiste più; anzi l'imposizione di un indebito e gravoso carico fiscale impedisce ai soci di ricapitalizzare la società per ri-prendere una qualsiasi attività imprenditoriale : quindi tutto il con-trario dei fini che la legge delega si propone con l'art. 2, n. 16 !

Si è visto che la ratio dell'art. 55, 1° comma, è quella di evitare sottrazioni d'imposta su formazioni di materia imponibile derivanti da bilanci già chiusi ; si tratta, cioè, di una ratio che attiene alla fi-siologia dell'impresa ; nel concordato preventivo con cessione dei beni, invece, l'impresa, almeno in linea di fatto, non esiste più e lo stato di dissesto, e quindi patologico, in cui si trova la società con-cordataria impedisce quell'arricchimento o vantaggio economico che rappresenta il presupposto della norma in esame e della sua ratio (41). 9. Vi è poi — a sostegno della tesi qui affermata — un altro argomento esegetico fondamentale che interessa la vita economico-giuridica della comunità: se si applicasse in concreto il punto di vista ministeriale, ad esso conseguirebbe — con riguardo a una so-cietà personale — un risultato di questo tipo :

(40) Cfr. CICOGNANI, L'imposizione, cit., p. 18 ss., ove trovasi succinta-mente delineato il concetto fiscale di redito d'impresa quale risulta dalla legislazione della riforma. Sugli obiettivi della riforma tributaria fissati dalla Commissione di studio presieduta dal Prof. Cosciani v. Stato dei lavori della Commissione per lo studio della riforma tributaria, Milano, 1964, p. 38 ss.

(41) Siffatta conclusione vale anche per il concordato con garanzia del 40% ai creditori chirografari (art. 160, 2° comma, n. 1, legge fallim) ; la diversa fattispecie postula però una specifica indagine per controllare altri punti della soluzione da dare al problema esegetico.

a) crediti chirografari ammessi: 100; b) somma pagata a saldo : IfO ;

c) sopravvenienza attiva: 60;

d) ILOR 16,20 % sulla sopravvenienza di L. 60: 9,72 ;

e) IRPEF a carico dei soci (supponendo una società di tre soci in parti uguali con L. 600.000.000 di presunte sopravvenienze attive

[corrispondenti a un passivo chirografario di L. 1.000.000.000], pari a un reddito netto per ciascun socio di L. 200.000.000 (42), cui

corrispon-de l'aliquota media corrispon-del 46,3475 % ) : 27,81;

f) totale imposte sulla sopravvenienza di L. 60: 37,53 (9,72 + 27,81);

g) somma disponibile per l'esecuzione del concordato (40 -f-37,53): 77,53.

In relazione a tali calcoli — dovendosi accantonare L. 37,53 (L. 24,80 se si trattasse di una società di capitali (43)) di imposte per-la presunta sopravvenienza attiva — il concordato preventivo median-te cessìo honorum non potrebbe essere omologato, nell'esempio surri-ferito, se la somma disponibile per il pagamento delle passività ehi-rografarie non fosse almeno pari al 77,53 % o al 64,80 % (44), rispet-tivamente per le società personali e per le società di capitali, del totale di dette passività.

Il che comporta il venir meno della utilità pratica e della conve-nienza economica del concordato preventivo (45) (e a questi effetti il

(42) Poiché nel periodo d'Imposta precedente a quello di competenza la società si trovava in dissesto, o era addirittura già in corso la procedura di concordato preventivo, si presume che nessun importo a titolo di ILOR sia stato pagato dalla società stessa da porre in detrazione dall'IRPEF a carico dei soci.

(43) Con riguardo alle società di capitali infatti il calcolo delle imposte che gravano la presunta sopravvenienza attiva è —- assumendo gli stessi dati di cui all'esempio riportato nel testo — il seguente: a) ILOR 16,20% sulla sopravvenienza di L. 60: 9,72; 6) IRPEG 30% su L. 50,28 ( 60 — 9,72): 15,08: c) totale imposte sulla sopravvenienza di L. 60: 2Jf,80 ; (l) somma disponibile per l'esecuzione del concordato (40 + 24,80) : 64,80.

(44) È ovvio che tali percentuali variano in relazione all'ammontare delle passività ehirografarie e per le società personali, al numero dei soci. Come si può rilevare, per l'esempio si sono assunti dei dati inferiori alla media di quelli riguardanti la realtà quotidiana ; pertanto è da ritenere che, nella media delle procedure, le percentuali per l'ammissione al concordato deb-bano essere alquanto superiori a quelle del 77,53 % e del 64,80 % riferite nel testo.

(45) Infatti nessun creditore voterà più a favore del concordato pre-ventivo in quanto col conseguente fallimento (art. 179 legge fallim.) la per-centuale sui crediti spettante all'Erario (37,53 % o 24,80 % nell'esempio rife-rito nel testo) per le imposte dovute sulle presunte sopravvenienze andrà

discorso vale anche per il concordato con percentuale garantita del 40 %), ma soprattutto l'alterazione della sua disciplina legale (art. 160 ss. legge fallim.).

Ora — vien da chiedersi — è mai possibile che la lettera della norma dell'art. 55, 1° comma, debba condurre all'abolizione o quasi, e comunque ad una grave alterazione di un istituto fondamentale per la vita economico-giuridica della comunità come il concordato pre-ventivo ? (46) (47). O non è forse che — nell'interpretazione della norma suddetta — si debba tener conto, oltre che degli argomenti illustrati supra, della necessità imprescindibile di conservare inalte-rata la regolamentazione legale (art. 160, 2° comma, legge fallim.) di un istituto tanto essenziale per la vita delle imprese e per il mondo economico (48), e ciò proprio in vista di quei fini di efficienza e raf-forzamento dell'apparato produttivo della nazione che la legge delega della riforma tributaria (art. 2, n. 16) ha posto a fondamento della disciplina dell'imposizione del reddito d'impresa ed ai quali l'art. 55, 1° comma, del decreto delegato n. 597 deve pur ispirarsi?

Gli è cbe la ratio della norma in esame — se vuole tener conto delle inconfutabili argomentazioni fin qui svolte — non può che con-durre ad una conclusione diametralmente opposta a quella cui è pervenuta, forse un po' troppo affrettatamente e poco meditatamente, l'Amministrazione finanziaria: che nel caso di concordato preventivo mediante cessio honorum, ancorché il soggetto concordato che si spo-glia a favore dei creditori di tutti i propri beni sia costituito da una società (di persone o di capitali), non può aversi — a seguito della rinuncia dei creditori chirografari ad una parte dei loro crediti — al-cuna sopravvenienza attiva, in capo al medesimo soggetto, ricondu-cibile in qualche modo al 1° comma del predetto art. 55 (49).

interamente ai creditori chirografari, anche se, per una piccola parte, depu-rata dalle maggiori spese di giustizia.

(46) Il Tribunale di Biella, nel respingere la pretesa dell'Amministra-zione finanziaria, la definisce «un vero e proprio monstrum giuridico»

(Cor-riere tributario, 1982, 1672).

(47) Si veda l'escamotage adottato, per ovviare al sorgere della presunta sopravvenienza attiva, nel concordato preventivo proposto di recente da una grossa industria piemontese (Il Sole-21f ore del 25 gennaio 1983, p. 11).

(48) Coneludendo una nostra monografia sull'imposizione del reddito d'im-presa chiudevamo con queste parole : « Come si rileva — ed è questa una delle conclusioni di fondo della ricerca —• in codesto intreccio fra norme civili e norme fiscali, esegeticamente armonizzate e coordinate, si snoda la regola-mentazione di quel continuo werden che è il fenomeno reddito nel mondo del-l'impresa, sulle cui risorse poggiano fondamentalmente l'esistenza e lo svi-luppo della comunità nazionale » (L'imposizione, cit., p. 400).

(49) In senso conforme v. Tribunale Firenze, 4 luglio 1979, ne II Fisco, 1980, 2075 e da ultimo Tribunale Biella, 18 giugno 1982, cit., nonché Lo CASCIO,

10. Come ipotesi di lavoro è d'uopo ora esaminare se la tesi dell'Amministrazione finanziaria possa avere una sua giustificazione

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