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Dal punto di vista linguistico, il sostantivo è formato accostando il verbo

συσκηνέω273 “condividere la tenda”, al suffisso -τρια. A proposito del termine

skene, esso ricorre anche nel titolo di una commedia frammentaria di Aristofane, le Σκηνὰς καταλαμβάνουσαι, Donne che occupano le tende: l'azione doveva ruotare intorno all'abitudine secondo cui le persone, che venivano da lontano in occasione delle feste panelleniche, si accampavano vicino alle località dove si svolgevano gli spettacoli274. Per quanto riguarda il suffisso -τρια, che troviamo anche nel poco

269 ΣR: σκηνὰς γὰρ ἑαυταῖς ἐποίουν πρὸς τὸ ἱερόν.

270 Esichio (κ 3098 Latte): κνέωρον· φυτόν τι, ὃ τοῖς Θεσμοφορίοις ὑποστόρνυται, καὶ ὃ εἰς κάθαρσιν χρῶνται. 271 Pianta arbustiva perenne, le cui foglie cotte in acqua, erano, secondo Eliano (Nat. An. IX.26) un rimedio efficace contro l'impeto amoroso. Cfr. anche Plin. Nat. Hist. 24. 59: vitex... Graeci lygon vocant, alias agnon,

quoniam matronanae Thesmophoriis Atheniensium castitatem custodientes his foliis cubitus sibi sternunt.

272 DEL CORNO-PRATO Introduzione pp. XXI-XXII.

273 Cfr. ad es. Xen. HG III. 2. 8, ib. V. 3. 20; Lac. XIII.1; Cyr. II.1, III. 2. 25. Non esiste un corrispondente maschile di συσκηνήτρια, ma negli storici occorre spesso σύσκηνος (ad es. Thuc. VII. 75).

274 Per maggiori approfondimenti rimando all'edizione dei frammenti curata da PELLEGRINO (cit.). In un frammento di questa commedia (fr. 487. 3) è attestato un altro sostantivo in -τρια, cioè συνθεάτρια, riferito a un otre dalla capacità di sette coppe (cfr. l'otre di tre cotili strappato dal Parente alla Donna I nel contesto della parodia del Telefo, Thesm. 689-762). 78

lusinghiero appellativo λαχανοπωλήτρια275 “erbivendola”, riferito alla madre di

Euripide (Thesm. 387276), è forse riconducibile ad alcune occorrenze nei documenti

in Lineare B del II millennio a.C., è molto produttivo: viene liberamente usato in qualsiasi registro conosciuto dell'attico (tragedia, dramma satiresco, commedia antica/di mezzo/nuova, prosa) dal VI sec. a.C. sino al greco moderno. Le quattro istanze in questa commedia (oltre a λαχανοπωλήτρια e συσκηνήτρια, si hanno al v. 392 ἀνδρεραστρία “maniaca del sesso” e, al v. 1059, ἐπικοκκάστρια “abituata a ridere”277) e le diffuse ricorrenze all'interno del corpus278 presumibilmente riflettono

la stretta relazione tra i sostantivi terminanti in -τρια e il parlato279. Platone280 dovette

ritenerla una caratteristica linguistica peculiare di Aristofane: nel discorso di Aristofane sulla triplice natura del sesso umano all'interno del Simposio (191 E), infatti, sono presenti ben due sostantivi in -τρια mai altrove attestati, cioè μοιχεύτρια ed ἑταιρίστρια.

275 Forma alternativa, a fini comici, del solo molto modestamente attestato nomen agentis λαχανόπωλις, femminile di λαχανοπώλης (Vesp. 497, Ran. 840 = Alexand. Com. fr. 7 K.-A.), cfr. PEPPLER Comic

Terminations AJP 39.2 p. 175.

276 Altre occorrenze: Ach. 457-458, Cav. 19, Ran. 840. Da Filocoro (FgrHist 328 F 218 ap. Su ε 3695) sappiamo che la madre del tragediografo era τῶν σφόδρα εὐγενῶν: SOMMERSTEIN (ad loc.) sostiene che l'origine del notizia infondata fosse oscura, mentre AUSTIN-OLSON (n. 386-388 p. 177) ipotizzano che la madre di Euripide grew or traded vegetables on a wholesale level.

277 Così si autodefinisce Eco/Euripide, aggiunta di Aristofane alla fine di un verso che alcuni studiosi (Wilamowitz, Rau, Hartung) attribuirono all'Andromeda euripidea (fr. 114a N2-Snell, anche se Kannicht, nel

commento testuale, dissente). Nonostante venga glossata da ΣR con εἰωθυῖα γελᾶν, l'idea è poco sviluppata nei

vv. 1064-1096: la principale caratteristica di "Eco" è la sua fastidiosa loquacità (AUSTIN-OLSON ad loc.). Mi pare opportuno sottolineare che il riferimento di Eco (Thesm. 1059-1061) all'Andromeda euripidea, rappresentata nel 412 a.C., è di notevole aiuto a livello cronologico: testimonia infatti che le Tesmoforiazuse, alla pari della Lisistrata, vennero rappresentate nel 411 a.C.

278 Altri esempi dal corpus sono: λαικάστρια (Ach. vv. 529 e 537), νυμφεύτρια (Ach. 1056), προμνήστρια (Nub. 41), πανδοκεύτρια (Vesp. 35, Ran. 114 e Pl. 970), συμπαίστρια (Ran. 411), κομμώτρια (Eccl. 737), συκοφάντρια (Pl. 970). Nei frammenti si hanno: πορνεύτρια (fr. 124 K.-A.), συνθεάτρια (fr. 487 K.-A.), συγχορεύτρια (fr. 894 K.-A.), συλλήπτρια (fr. 895 K.-A.).

279 SILK Greek -τρια Eos 73, pp. 239-46.

280 Come nota PEPPLER (Comic terminations AJP 39.2 p. 179), Platone coniò un altro sostantivo in -τρια: σοφίστρια (Euthyd. 297 C).

Pl. Symp. 191 D-E ὅσοι μὲν οὖν τῶν ἀνδρῶν τοῦ κοινο τμῆμά εἰσιν, ὃ δὴ τότε ἀνδρόγυνον ἐκαλεῖτο, φιλογύναικές τέ εἰσι καὶ οἱ πολλοὶ τῶν μοιχῶν ἐκ τούτου τοῦ γένους γεγόνασιν, καὶ ὅσαι αὖ γυναῖκες φίλανδροί τε καὶ μοιχεύτριαι ἐκ τούτου τοῦ γένους γίγνονται. Ὅσαι δὲ τῶν γυναικῶν γυναικὸς τμῆμά εἰσιν, οὐ πάνυ αὗται τοῖς ἀνδράσι τὸν νοῦν προσέχουσιν, ἀλλὰ μᾶλλον πρὸς τὰς γυναῖκας τετραμμέναι εἰσί, καὶ αἱ ἑταιρίστριαι ἐκ τούτου τοῦ γένους γίγνονται.

"Esistono uomini risultato della spaccatura di quel vivo nodo che, allora, si chiamava uomodonna: sono amatori della donna, questi, e la risma degli adulteri, quasi tutta, alligna qui; ed ecco anche le donne appassionate d'uomo, specialmente adultere, tutte dallo stesso ceppo. Donna nata da spaccatura di donna, non fa tanto caso all'uomo, quanto si orienta sulle altre donne: da qui le donne che vanno con le donne." (traduzione di Savino)

Nel noto discorso su Eros, Aristofane dà vita a un fantasioso schizzo sull'alba dell'umanità: in un passato remoto, infatti, i generi erano tre (maschio, femmina e ἀνδρόγυνον, 189 D-E), la loro figura sferica (τὸ εἶδος στρογγύλον, 189 E 5-6) e di indole superba (τὰ φρονήματα μεγάλα εἶχον, 190 B 6), arrivando addirittura ad attaccare i loro creatori, gli dei. La punizione escogitata da Zeus per il loro crimine fu esemplare: vennero letteralmente tagliati in due, privati della metà che li rendeva forti, completi (190 D). Di qui la nostalgia, l'incessante ricerca da parte dell'uomo del suo doppio e al tempo stesso l'inerzia, dovuta all'incapacità dell'uno di fare un passo senza l'altro: il padre degli dei ne mutò la posizione degli organi genitali e il metodo di riproduzione, facendo sì che Eros riunificasse la forma, ricreasse l'unità della coppia (191 C-D). Se il genere di partenza era l'ἀνδρόγυνον, entrambe le metà, sia maschile sia femminile, sarebbero state inclini all'adulterio: la donna viene così definita φίλανδρος e μοιχεύτρια (191 E 1); se il genere di partenza fosse stato, invece, femminile in toto, la donna avrebbe cercato solo altre donne (ἑταιρίστρια, 191 E 5). 80

9.3 Alcune considerazioni

La neoformazione συσκηνήτρια permette non solo di apprezzare il valore del suffisso in -τρια, grazie a un fine caratterista come Platone, ma anche la presenza non scontata del preverbo συν-: esso ribadisce il fatto che ogni donna ateniese maritata e di alto lignaggio (Thesm. 330) partecipava alle Tesmoforie, costituendo una comunità unita, stretta intorno ai propri segreti (σύνοδον, Thesm. 301) e alle proprie pratiche cultuali. Non a caso Clistene, appena irrompe sulla scena, si rivolge alle Tesmoforianti con φίλαι γυναῖκες ξυγγενεῖς (Thesm. 574): vuole ribadire fin dall'inizio di far parte di quella comunità e farà tutto ciò che è in suo potere per scovare l'intruso.

10 Lo smarrimento del Parente tra paratragedia e mimo:

κοικύλλειν

KH. ἰλλὸς γεγένημαι προσδοκῶν· ὁ δ᾽ οὐδέπω. τί δῆτ᾽ ἂν εἴη τοὐμποδών; οὐκ ἔσθ᾽ ὅπως οὐ τὸν Παλαμήδην ψυχρὸν ὄντ᾽ αἰσχύνεται. τῷ δῆτ᾽ ἂν αὐτὸν προσαγαγοίμην δράματι; ἐγᾦδα· τὴν καινὴν Ἑλένην μιμήσομαι. 850 πάντως <δ’> ὑπάρχει μοι γυναικεία στολή. ΓΥ. Β τί αὖ σὺ κυρκανᾷς; τί κοικύλλεις ἔχων; πικρὰν Ἑλένην ὄψει τάχ᾽, εἰ μὴ κοσμίως ἕξεις, ἕως ἂν τῶν πρυτάνεών τις φανῇ.

L'ultima neoformazione della quale ci occuperemo ricorre al v. 852. Dopo aver inviato un messaggio inciso su una tavoletta a Euripide, imitando l'analogo espediente usato da Eace nel Palamede (cfr. Thesm. 776-784, rappresentazione ψυχρόν281 per i suoi gusti, Thesm. 848), e non aver ricevuto alcuna risposta, il

Parente escogita una σωτηρίας μηχανή ancora più audace: ricoprire il ruolo di Elena. La versione del mito non era quella tradizionale, bensì quella proposta nella Palinodia di Stesicoro282: nel prologo della tragedia di Euripide, rappresentata nel

412 a.C., è Elena stessa a rivelare che non fu lei ad andare a Troia, bensì un suo εἴδωλον, mentre lei fu portata da Hermes sull'isola di Faro, in Egitto, da re Proteo. In seguito alla morte di Proteo, il figlio Teoclimeno, invece di restituire Elena al marito Menelao, le chiede di sposarlo. Sulle coste dell'isola, intanto, giungono Menelao e la “falsa Elena”, reduci da un naufragio: dopo le parole della vecchia custode della reggia, che fanno insospettire il re di Sparta, l'incontro rivelatore fra i due coniugi e vari intrighi per scampare alle nozze, Elena e Menelao riescono a fuggire su una

281 Cfr. AUSTIN-OLSON ad loc. Essere definito ψυχρός, al pari delle sue opere, era già toccato al tragediografo Teognide (Thesm. 170).

nave con la "benedizione" dei Dioscuri, che appaiono nel finale come dei ex machina.

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