• Non ci sono risultati.

La creatività linguistica di Aristofane: hapax legomena nelle "Tesmoforiazuse"

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "La creatività linguistica di Aristofane: hapax legomena nelle "Tesmoforiazuse""

Copied!
109
0
0

Testo completo

(1)

DIPARTIMENTO DI

FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN FILOLOGIA E

STORIA DELL’ANTICHITÀ

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

La creatività linguistica di Aristofane: hapax legomena

nelle “Tesmoforiazuse”

CANDIDATA RELATORE

Eloisa Del Bravo Chiar.mo Prof. Mauro Tulli

CORRELATORE Dott. Dino De Sanctis

(2)

Indice generale

INTRODUZIONE...6 1 La barba e la maschera: δασυπώγων...9 1.1 Tesmoforiazuse seconde...13 1.2 Acarnesi...15 1.3 Vespe...17 1.4 Lisistrata...18 1.5 Rane...20 1.6 Ecclesiazuse...21 1.7 Alcune considerazioni...22 2 Metafore artigianali: κολλομελεῖν, γνωμοτυπεῖν, κηροχυτεῖν, γογγύλλειν...23 2.1 Prometeo liberato...28 2.2 Ichneutae...29 2.3 Cratilo...31 2.4 Alcune considerazioni...33 3 Il gorgheggio di Agatone: διαμινυρίζεται o διαμινύρεται?...34 3.1 Μινυρός ~ κινυρός...37 Μινυρός...37 Κινυρός...38 3.2 Μινυρίζω ~ κινυρίζω...38 Μινυρίζω...38 Κινυρίζω...39 3.3 Μινύρομαι ~ κινύρομαι...40 Μινύρομαι...40 Κινύρομαι...41 3.4 Alcune considerazioni...42 4 Poeti ai fornelli: χυμίζειν...43 4.1 Poesia e cucina...45 4.2 L'ἀρχαῖον e il καινόν che avanza...48

(3)

4.3 Musica e cucina...51

4.4 Alcune considerazioni...53

5 Uomo dalla voce di donna: γυναικόφωνος Ἀγάθων...54

5.1 Pervasività del tema γυναικ-...56

5.2 La voce dell'attore...58

5.3 Alcune considerazioni...59

6 Quando gli oggetti diventano iconici: ξυροφορέω, μιτροφορέω...60

6.1 L'arte di indossare la mitra...60

6.2 Il rasoio sempre a portata di mano...61

6.3 Alcune considerazioni...62

7 Piccoli furti in dispensa: σιφωνίζειν...64

7.1 Le accuse di Euripide nei confronti del δῆμος τῶν γυναικῶν...64

7.2 Τὸν οἶνον...66

7.3 Tὸν σῖτον...67

7.4 Alcune considerazioni...69

8 “Crescioneggiare”, ovvero “parlare a vanvera”: καρδαμίζειν...71

8.1 Τὸ κάρδαμον...72

8.2 Κάρδαμα βλέπειν...74

8.3 Alcune considerazioni...75

9 Compagna di tenda: συσκηνητρία nel contesto rituale...77

9.1 Gli alloggi delle donne alle Tesmoforie...78

9.2 Il suffisso -τρια...78

9.3 Alcune considerazioni...81

10 Lo smarrimento del Parente tra paratragedia e mimo: κοικύλλειν...82

10.1 Neoformazioni in -ύλλω...83

10.2 Un verbo dal significato oscuro...84

10.3 Alcune considerazioni...86

11 Hapax legomena “minora” : εἰσκέλλω, χορομανής, φιλέορτος...87

11.1 Εἰσκέλλω...87

11.2 Χορομανής, -ές...89

(4)

CONCLUSIONI...93 APPENDICE ICONOGRAFICA...96 BIBLIOGRAFIA...97

(5)

ἀρχὴ παιδεύσεως ἡ τῶν ὀνομάτων ἐπίσκεψις

Antisth. fr. 38 D. C.

τό τε γὰρ μιμεῖσθαι σύμφυτον τοῖς ἀνθρώποις ἐκ παίδων ἐστὶ

(6)

INTRODUZIONE

Della commedia attica è giunta fino a noi solo una minima parte: le undici commedie di Aristofane, unite a frammenti dello stesso e di altri commediografi a fronte delle 365 commedie, che si riteneva fossero in possesso della Biblioteca d'Alessandria1.

Nonostante il ruolo decisivo ricoperto dalla Biblioteca nella trasmissione, anch'esse costituivano una mera selezione della produzione complessiva del teatro comico del V sec. a.C., che doveva ammontare a circa 600 commedie, se teniamo conto che le opere presentate ogni anno alle Grandi Dionisie e alle Lenee erano cinque per ciascun agone. In questo naufragio, Aristofane si distinse per la volontà di riformare l'arte comica: egli intendeva portare la propria arte oltre le meccaniche comiche classiche, oltre la volgarità fine a se stessa (Nub. 510 ss). Combinare realismo corporale e riflessione intellettuale era la chiave per arrivare sia alla “pancia” dello spettatore-tipo sia alla mente di un pubblico più esigente. La fantasmagorica inventiva di Aristofane è palpabile nel campo della word-formation. Alla creazione di formazioni linguistiche del tutto originali, o neoformazioni, sono stati dedicati numerosi studi2: inserendomi nel solco tracciato dalla critica, ho ritenuto interessante

focalizzare la mia indagine su un ristretto gruppo di neoformazioni, gli hapax legomena, nell'ambito di una singola commedia, le Tesmoforiazuse.

La commedia, rappresentata con ogni probabilità alle Dionisie del 411 a.C., è stata tramandata da un unico codice, il Ravennas 429 (IX-X sec. d. C.), testimonianza muta ma potente delle vicissitudini di trasmissione cui vanno incontro anche le opere degli autori meglio attestati. Il Ravennate viene affiancato da scarne testimonianze papiracee3 e da un codex descriptus (Augustanus o Monacensis 492, XV sec.), talora

1 Questa notizia viene tramandata da un anonimo grammatico (De comoedia p. 7 Koster, cfr. n. 35 p. 28 MASTROMARCO-TOTARO Introduzione vol. II).

2 WILLI Language p. 24.

3 I papiri che hanno tramandato parti di testo sono quattro: PSI 1194 + PSI XIV p. XV (II sec. d.C.; vv. 139-156; 237-246; 272-288; 594-596; 804-809); POxy 1176 (II sec. d.C.; vv. 335-337; 374-375); POxy 3839 (II-III sec. d.C.; vv. 742-766; 941-956 + 25 [?]); POxy 3840 (IV sec. d.C.; vv. 1185-1193). Nessuno di essi mi è stato di supporto ai fini dell'analisi delle neoformazioni. 6

(7)

utilizzato per interventi correttivi. L'edizione stessa dell'opera non è andata di pari passo con quella delle altre commedie del corpus: l'editio princeps, soprannominata “Aldina”, curata da Marco Musuro e apparsa a Venezia nel 1498, conteneva solo nove commedie, escludendo Lisistrata e Tesmoforiazuse. Il Ravennate, fondamentale per la constitutio textus, venne ufficialmente scoperto circa tre secoli dopo, nel 1728, e dato alle stampe nel 17944, anche se il manoscritto era probabilmente già stato

usato da Eufrosino Bonini per il supplementum, con Lisistrata e Tesmoforiazuse, alla Iuntina del 15155. Le edizioni ottocentesche6 furono copiose: oggi è possibile fare

affidamento sia su Coulon (Paris 1923-1930) sia su quella più recentemente curata da Nigel Wilson (Oxonii 2007), i cui pregi l'hanno resa edizione di riferimento. Per quanto riguarda le Tesmoforiazuse, mi è stato utile consultare, fra le altre, l'agile edizione di Alan Sommerstein (Warminster 1944) e quella curata in tempi più recenti da Colin Austin e Douglas Olson (Oxford 2004), corredata da un'ampia introduzione e un dettagliato commento.

In questa complessa commedia, dove si intrecciano a più livelli ciò che è (o si ritiene essere) maschile e femminile, tragedia e commedia, sacro e profano, vita e arte, ho ritenuto stimolante osservare come questi confini, così mutevoli e sfumati, si concretizzino nello scarto formale e semantico dalla norma linguistica. La prassi da me seguita è consistita in due fasi: nella prima ho enucleato gli hapax legomena, termini che, a scapito della definizione, non ricorrono nel passo di un'unica opera (hapax assoluto), ma anche nei brani della mediazione erudita che commentano il termine stesso, ossia i lessici (da quelli più antichi, ad esempio l'Onomasticon di Polluce, a quelli di epoca bizantina, come quelli di Esichio, Fozio, la Suda). La

4 Per la ricostruzione delle “vicissitudini” del Ravennate, rimando a DEL CORNO-PRATO Introduzione pp. XXXIV-XXXV.

5 Il supplementum, basato su un antiquissimum exemplar della Biblioteca di Urbino, contenente Lisistrata e

Tesmoforiazuse venne pubblicato l'anno successivo, il 28 gennaio 1516. Velsen ha dimostrato che il

Ravennate, da Urbino, passò in Toscana, probabilmente a Pisa, dove, agli inizi del '500, insegnava proprio il Bonini (vedi DEL CORNO-PRATO Introduzione p. XXXII-XXXIV).

6 Fra le quali vale la pena ricordare: Brunck (Oxonii 18102) Dindorf (Lipsiae 1825 – Parisiis 1877); Fritzsche

(Lipsiae 1838); Bergk (Lipsiae 1852); Blaydes (Londini-Halis Saxonum 1880-1893); Van Leeuwen (Lugduni Batavorum 1893-1906). 7

(8)

seconda fase metodologica è consistita in un processo di investigazione sia testuale sia metatestuale: da un lato ho reso conto delle caratteristiche intrinseche del testo in cui la neoformazione appare, dall'altro ho esaminato le testimonianze potenzialmente attinenti al termine in questione, grazie al duplice contributo delle fonti lessicografiche e di ulteriori passi letterari. Il presente studio si prefigge lo scopo di analizzare in maniera sistematica e puntuale questi monstra linguistici, al fine di comprenderne le sfumature e decrittarne i meccanismi comici.

Ringrazio il Prof. Mauro Tulli e il Dott. Dino De Sanctis per la loro guida ferma e al tempo stesso paziente, nonché per l'invito ad assistere a due conferenze: la prima, intitolata “Per un Lessico del Comico: μίμησις”, svoltasi nell'Aula Magna di Palazzo Matteucci nelle giornate del 5 e 6 Maggio 2016; la seconda in memoria del Prof. Graziano Arrighetti e dei suoi fondamentali contributi filologici: “Graziano Arrighetti e la produzione letteraria dei Greci”, ospitata sia in Palazzo Matteucci sia nelle sale della Scuola Normale Superiore nei giorni 9-10 Gennaio 2017. Sono largamente debitrice nei confronti dei relatori e dei dibattiti scaturiti in seguito ai loro interventi, che mi hanno ancor di più avvicinato ad Aristofane e fornito importanti spunti di riflessione.

(9)

1

La barba e la maschera: δασυπώγων

EY. ἐνταῦθ᾽ Ἀγάθων ὁ κλεινὸς οἰκῶν τυγχάνει ὁ τραγῳδοποιός. KH. ποῖος οὗτος Ἁγάθων; 30 EY. ἔστιν τις Ἀγάθων— KH. μῶν ὁ μέλας ὁ καρτερός; EY. οὔκ, ἀλλ᾽ἕτερός τις. οὐχ ἑόρακας πώποτε; KH. μῶν ὁ δασυπώγων; EY. οὐχ ἑόρακας πώποτε; KH. μὰ τὸν Δί᾽ οὔτοι γ᾽ ὥστε καί μέ γ᾽ εἰδέναι.

La prima neoformazione che prenderemo in esame compare nel prologo, ad appena una trentina di versi dall'inizio della commedia.

Con un incipit in medias res, veniamo a conoscenza dei personaggi principali: Euripide e un anziano, che rimane anonimo fino al v. 74, dove si autodefinisce κηδεστής, termine che indicava qualunque parente acquisito tramite matrimonio, dello stesso Euripide7. I due, in cammino fin dalle prime luci dell’alba (Thesm. 2),

sono finalmente arrivati alla meta: la casa di Agatone (Thesm. 29). Un gustoso scambio di battute fra loro, che mira a caratterizzarli rispettivamente nel ruolo di bomolochos (Parente)8 e di intellettuale sofista (Euripide)9, nonché l’ingresso del

θεράπων (Thesm. 39), fanno sì che Euripide non riveli ancora al Parente lo scopo ultimo del loro viaggio10. Questa dilazione è, d’altro canto, propedeutica: così come

7 Gli antichi commentatori lo hanno identificato col suocero del tragediografo, Mnesiloco (Euripides T3 Kannicht, Su ε 3695. 21-22 Adler) e abbreviazioni del suo nome appaiono sporadicamente come marginal

speaker indications nell'unico manoscritto che ci ha tramandato la commedia, R, però visto che

l'identificazione non ha né autorità né probabilità, lo indicheremo semplicemente con “Parente”.

8 Per approfondire la figura del “buffone” rimando alla corrispondente, ricca nota del Lessico del comico (http://www.lessicodelcomico.unimi.it/buffone/).

9 Alla pari della sua precedente apparizione negli Acarnesi, ma anche di Socrate nelle Nuvole (cfr. vv. 228-234). 10 Espresso solo a Thesm. 88-92. 9

(10)

prima il Parente aveva finto di non comprendere la dotta disquisizione euripidea, infarcita di termini filosofico-scientifici (Thesm. 14-20), adesso il vecchio sembra non aver la più pallida idea di chi sia il κλεινὸς Ἀγάθων11, quindi avanza varie

proposte d’identificazione, una più improbabile dell'altra, in un crescendo sulla scala dell'assurdo.

Le ipotesi formulate dal Parente sono tre: in primo luogo cheAgatone abbia la pelle brunita (ὁ μέλας12, Thesm. 31); in secondo luogo che sia forzuto (ὁ καρτερός13,

ibidem); infine, che sia dotato di una folta barba (Thesm. 33)14.

La neoformazione è, per l'appunto, δασυπώγων (-ωνος, ὁ, ἡ). L’epiteto, coniato da Aristofane unendo l’aggettivo δασύς, εῖα (ion. –έα, έη), ύ “dalla superficie irsuta, folta” al sostantivo πώγων, ωνος (ὁ) “barba”, è in posizione particolarmente felice: usato dal Parente nel vano tentativo di richiamare alla memoria l'aspetto di

11 Thesm. 29.

12 La maschera di larghe dimensioni color rosso scuro, con barba a forma di cuneo (triangolare), sguardo fisso e largo sorriso, era un accessorio standard per i ruoli maschili, così come una maschera scenica bianca era usata in casi di personaggi femminili, effeminati o di giovane età (STONE Costume p. 267 ss.).

13 Con ciò non collimano né la delicatezza della sua complexio (Thesm. 98) né quella del suo canto (Thesm. 130), tanto ammirati dal Parente. L’avvenenza del tragediografo, giovane amante di Pausania, traspare anche dalle pagine del Protagora (Prot. 315 D - E), ma soprattutto dal Simposio. In quest’ultimo dialogo platonico, infatti, Agatone attribuisce delicatezza (195 C 6 – 196 A 1), giovinezza (195 A 8 – C 6) e flessuosità (196 A 1– B 3) ad Eros: la teoria della μίμησις esposta nelle Tesmoforiazuse (vv.146-150), stabilendo l’identità tra l’autore e la sua arte, è implicita garanzia dell’applicabilità di queste qualità ad Agatone stesso (ARRIGHETTI Cameleonte pp. 11-31; REGALI Mimesis IPS 35 pp. 204-208).

14 Il passo richiama alla mente gli Acarnesi: quando un servo si presenta in scena a nome del padrone, il noto generale Lamaco, Diceopoli gli chiede sarcasticamente: ὁ ποῖος οὗτος Λάμαχος…; (Ach. 963). Il servo gli risponde: “Il tremendo, il portatore di scudo, colui che la Gorgone palleggia e scuote i tre ombriferi cimieri” (ὁ δεινός, ὁ ταλαύρινος, ὃς τὴν Γοργόνα | πάλλει κραδαίνων τρισὶ κατάσκιος λόφοις - Ach. 964-5, traduzione di Diego Lanza). Ancora una volta un tricolon ascendente nella scala dell’assurdo, nel nostro passo riguardo l’aspetto fisico, nell’altro in rapporto alla bellicosità del referente. 10

(11)

Agatone15, compare poco prima della spettacolare entrata in scena del tragediografo

stesso tramite l’ekkyklema16.

Colore scuro della pelle, forza fisica e peluria, facciale e corporea, erano indubbia marca di mascolinità: l'incarnazione perfetta di questo ideale era, ovviamente, Eracle17. Grazie ad Aristofane (Thesm. 191-192), nonché alle pagine del Protagora e

del Simposio di Platone18, sappiamo che Agatone fosse noto non solo per il fatto di

essere, probabilmente, il più promettente tragediografo della nuova generazione, ma anche a causa della sua considerevole bellezza e della sua effeminatezza. Il pubblico è consapevole della distanza che separa le ipotesi del Parente dalla realtà, tuttavia si lascia trascinare in questo gioco di specchi deformanti, così come Euripide, alle continue, reiterate interruzioni del Parente, non può che rispondere con la medesima, incredula domanda, “Non l'hai mai visto?” L'aspettativa del pubblico non verrà dunque smentita dall'apparizione del glabro Agatone, anzi: la comicità delle parole del Parente trae linfa vitale dalla familiarità degli spettatori tutti nei confronti del personaggio storico e del σωμάτιον dai tratti femminei col quale sarebbe contestualmente apparso più tardi sulla scena19.

Possiamo riscontrare la presenza o l’assenza di barba anche in altri passi della commedia, come al v. 190, dove Euripide ribatte ad Agatone, che gli aveva

15 Poeta tragico, il più noto ad Atene dopo la grande triade, nacque con ogni probabilità nel 448-447 a. C. (LÉVÊQUE Agathon pp. 28-30). Pur avendo presentato la sua prima opera solo nel 416 a. C., questa lo portò direttamente alla vittoria (Plat. Symp. 173 A) e continuò a riscuotere fama e ammirazione: basti pensare, oltre al ruolo di primo piano nella nostra commedia, all’allusione riservatagli a Ran. 83-5, alla sua presenza nel

Simposio e nel Protagora platonici, alle cinque citazioni riservategli da Aristotele nella Poetica (mentre

Eschilo vi viene citato appena tre volte, LÉVÊQUE Agathon p. 14) e al florilegio di tradizione indiretta (TrGF 39 F 1-34 Snell) grazie al quali ci pervengono i frammenti superstiti della sua produzione. Morì intorno al 401-400 a. C. in Macedonia (LÉVÊQUE Agathon pp. 73-77), dopo essere emigrato alla corte del re Archelao nel 407 a. C. ca. (LÉVÊQUE Agathon pp. 67-68).

16 La maggior parte degli studiosi ritiene che il v. 96 (οὑκκυκκλούμενος) attesti senza dubbio l’uso di questa piattaforma circolare ruotante: Agatone, disteso sul letto all’interno della propria abitazione, sarebbe stato così visibile anche al pubblico. Per ulteriori approfondimenti, rimando alla nota Ecciclema curata da Caciagli nell'ambito del Lessico del comico (http://www.lessicodelcomico.unimi.it/ecciclema/).

17 Incontestabile segno di virilità, coraggio e forza erano le “natiche nere” di Eracle (Zen. V, 10). 18 Rimando alla nota 13 supra.

19 Da sottolineare che il tono ironico delle parole del Parente non fu compreso, secondo quanto afferma lo Σ a

Thesm. 31, dagli antichi commentatori, fra cui gli scolari di Aristarco e Didimo, i quali credettero che quelle

caratteristiche corrispondessero all’Agatone reale. La rettifica a questo fraintendimento venne da un anonimo grammatico, forse Simmaco (DEL CORNO-PRATO p. 148). 11

(12)

domandato perché non potesse difendersi di persona nel processo che gli avrebbero intentato le donne alle Tesmoforie, di avere i capelli grigi e la barba20 (πολιός εἰμι καὶ

πώγων’ ἔχω), quindi di non poter passare inosservato in quell'ambiente, a differenza del giovane tragediografo, εὐπρόσωπος, λευκός, ἐξυρημένος, γυναικόφωνος, ἁπαλός ed εὐπρεπής (Thesm. 191-192). Visto il rifiuto di Agatone ad aiutare Euripide, il Parente si offre volontario (Thesm. 212), senza sapere a quale trasformazione andrà incontro: è proprio la scena della vestizione, nella quale il Parente diviene oggetto di dolorosa e umiliante rasatura del viso21, seguita da bruciatura dei peli nella zona

genitale, a costituire il momento di de-mascolinizzazione per eccellenza (Thesm. 213-245).

Per quanto riguarda il resto del corpus, sono certamente riscontrabili altri tasselli che vanno a formare quella che potremmo definire la “costellazione della barba”: inizieremo dall'analisi di un interessante frammento delle Tesmoforiazuse seconde, per poi proseguire con le commedie superstiti.

20 Secondo l’anonimo autore della Vita Euripidis (Euripides T1 A.7 Kannicht) il tragediografo aveva una barba molto fitta, così come sul viso (senza citare la fonte di queste affermazioni), comunque Thesm. 191 lascia pochi dubbi: semplicemente aveva la barba, come qualsiasi altro uomo adulto (AUSTIN-OLSON n. 189-90 pp. 118-9).

21 Si è molto discusso sul modo in cui Aristofane abbia messo effettivamente in scena la rasatura, ma la questione, in assenza di dati sicuri sulla fattura delle maschere dell’archaia, rimane aperta. Per una panoramica dei vari contributi rimando a MASTROMARCO-TOTARO, n.38 p. 460. 12

(13)

1.1 Tesmoforiazuse seconde

Di questa commedia22 ci sono pervenuti per tradizione indiretta diciotto frammenti.

La trama, probabilmente ambientata nell'ultimo dei tre giorni dedicati alle Tesmoforie (Calligenia ne era la divinità eponima, cfr. fr. 331 K.-A.), doveva essere in qualche modo collegata alle Tesmoforiazuse andate in scena nel 411 a.C.: non mancano infatti situazioni legate al mondo femminile (il fr. 332 contiene una lunga elencazione asindetica di prodotti di bellezza usati dalle donne ateniesi, fra i quali figurano anche alcuni oggetti del prologo delle Tesmoforiazuse prime23), riferimenti

letterari ad Euripide (fr. 342) e allo stesso Agatone: è proprio il fr. 341 ad offrire il contributo più rilevante.

Fr. 341 K.-A.:

καὶ κατ’ Ἀγάθων’ ἀντίθετον ἐξυρημένον

“Antitesi rasata al pelo alla maniera di Agatone” (traduzione di Torchio)24

Anche qui il personaggio di Agatone viene criticato per il suo essere effeminato (ἐξυρημένον), ma non solo: gli viene mossa una seconda critica, concernente il gusto dell'antitesi (ἀντίθετον).

Sappiamo che i sofisti ebbero un ruolo decisivo nell’educazione di Agatone e sul suo modo di fare tragedia: fu Gorgia a lasciare l’impronta più profonda25. Agatone

ereditò dal maestro l’amore per le figure retoriche, ma era l’antitesi la più

22 Sulla datazione di questa commedia non c'è consenso unanime fra gli studiosi: TORCHIO (Tesmoforiazuse

seconde, QFLTC 14, p. 33) ritiene fosse stata rappresentata dopo il 411 a.C. e probabilmente non prima del

407-406.

23 Fr. 332. 1 K.-A.: ξυρόν “rasoio”, κάτροπτον “specchio”; v. 2: μίτρα, copricapo muliebre; v. 6: κεκρύφαλος “cuffia” per raccogliere i capelli; v. 8: ἔγκυκλον, mantello di forma arrotondata.

24 PELLEGRINO (Frammenti ad loc.) traduce: “E l’antitesi ben rasata alla maniera di Agatone”.

25 LÉVÊQUE (Agathon pp. 126-127) osserva giustamente che Socrate, dopo aver udito il discorso di Agatone su Eros, non può che esclamare: καὶ γάρ με Γοργίου ὁ λόγος ἀνεμίμνῃσκεν (Symp. 198 C 1 - 2).

(14)

riconoscibile cifra del suo stile26. Questo frammento, tramite un gioco basato

sull’ἀπροσδόκητον27, stabilisce di conseguenza una preziosa connessione tra due

aspetti comuni all’uomo e al tragediografo: pratica della rasatura e gusto per le antitesi.

È a mio parere decisivo mettere in luce che questo binomio concorra a caratterizzare Agatone tanto nelle Tesmoforiazuse seconde quanto nelle Tesmoforiazuse prime: a Thesm. 55 appare, non a caso, il verbo ἀντονομάζειν28, ma già ai vv. 30-33, nel

dialogo tra Euripide e il Parente, Aristofane optò per tre aggettivi che non si sarebbero limitati a descrivere passivamente Agatone, ma che avrebbero “interagito” con le conoscenze pregresse del pubblico, concernenti sia l'immagine fisica sia lo stile caratteristico del tragediografo.

Come dal negativo di una fotografia si può arrivare all’originale, così Aristofane costruisce il personaggio di Agatone partendo dal ritratto antitetico del Parente.

26 Fra i frammenti superstiti di Agatone, quelli che illustrano meglio il gusto per le antitesi sono: TrGF 8, 11, 12, 20 Snell. Vedi anche Ateneo (Deipn. V. 187) e l’aneddoto di Eliano (VH 14.13).

27 Al posto di ἐξυρημένον ci aspetteremmo ἐξευρημένον, che in effetti è la lezione riportata dai codici, ma Kassel ed Austin accettano la correzione proposta da Jahn (Aristophanes, RhM 4, 1846, p.368) sulla base di Pers. 1, 85-6 (crimina rasis | librat in antithesis). Tale correzione sembra confermata dalla varia lectio ἐξυρᾶτο (Su. κ 1756 Adler) in Ach. 119 (riferita all’effeminato Clistene), preferita in genere dagli editori a ἐξευρημένον dei codici. Ultimo ma non ultimo, il fatto che a Thesm. 191 Agatone venga definito ἐξυρημένος fa decisamente propendere per la lectio difficilior. Vedi TORCHIO (cit.) p.47.

28 Approfondiremo il contesto nel quale ricorre questo verbo nel prossimo capitolo, dedicato alle metafore artigianali. 14

(15)

1.2 Acarnesi

Nella prima commedia ad esserci pervenuta interamente, grazie alla quale Aristofane trionfò alle Lenee del 425 a.C.29, troviamo esplicito riferimento a due personaggi

barbuti, i quali, in realtà, altro non sono che impostori: lo Pseudoartabano e Clistene. L’ambasciatore persiano, soprannominato “Occhio del Re”, ha sì paramenti e barba molto peculiari30, ma bastano due cenni del capo in risposta alle domande di

Diceopoli a tradirlo (Ach. 113-115: ). Pochi versi dopo viene il turno del primo dei due eunuchi al seguito: sotto una barba posticcia si celano le lisce guance di Clistene, personaggio ripetutamente schernito per la sua effeminatezza nelle commedie di Aristofane31. Diceopoli, smascheratolo, gli chiede: τοιόνδε γ᾽, ὦ πίθηκε, τὸν πώγων᾽

ἔχων | εὐνοῦχος ἡμῖν ἦλθες ἐσκευασμένος; “Oh tu, dal rasato culo ardente, con questa barba, razza di scimmia, sei venuto qui, travestito da eunuco?” (Ach. 120-121, traduzione di Lauriola). Come nota ΣE, si tratta di una parodia del fr. 187 West di

Archiloco (τοιήνδε δ’, ὦ πίθηκε, τὴν πυγὴν ἔχων “con un tale di dietro, o scimmia”)32, parte di un αἶνος33 su una scimmia ed una volpe. Una scimmia era stata

eletta re degli animali e una volpe invidiosa, che aveva visto di recente un pezzo di carne usato come esca in una trappola, convinse la scimmia di aver conservato quella porzione proprio per onorare il suo nuovo status. Quando la scimmia rimase intrappolata e biasimò la volpe per il suo comportamento, la volpe replicò ridicolizzandone le terga scoperte.

29 Ach. Hyp. I. 32-3.

30 Egli si presenterebbe in scena con una maschera dotata di un enorme occhio e un ventaglio di cuoio, raffigurante una magnifica barba orientale, secondo TAILLARDAT Images pp. 65-67.

31 Vedi Eq. 1373-4; Thesm. 235, 574-5, 582-3; Nub. 355; Av. 829-31.

32 Cfr. Aesop. Fab. 81: ὦ πίθηκε, σὺ δὲ τοιαύτην πυγὴν ἔχων τῶν ἀλόγων ζῴων βασιλεύεις; “O scimmia, sei tu, con quel didietro, il re degli animali non dotati di parola?” (πυγὴν West: MSS τύχην).

33 La frequenza di favole con come protagonisti animali nei giambografi è stata ampiamente notata e studiata. Secondo ZANETTO (Iambic patterns p. 68) l’uso giambico dell’αἶνος è paragonabile alla funzione dei μῦθοι e degli αἶνοι nelle commedie di Aristofane: i personaggi, infatti, possono esprimere la loro aggressività mediante il racconto di μῦθοι a sostegno della loro opinione, al fine di ridicolizzare l’avversario (cfr. Lys. 781-96, 805-20). 15

(16)

La scimmia è spesso simbolo di ingannevolezza (Ach. 907 e il verbo πιθηκίζω34 a

Thesm. 1133) e non è raro che i politici vi vengano accostati35, inoltre, come nota

giustamente Rosen, il collegamento fra il πρωκτός rasato del pathicus Clistene (Ach. 119) e la scimmia al v. 120 è evidente solo se il pubblico aveva ben presente lo ψόγος del passo archilocheo36.

Dai suddetti passi risulta evidente che la presenza di barbe molto elaborate e/o posticce viene intesa come anomala, quindi meritevole di essere sottolineata. I personaggi che mettono in atto l’inganno sono altresì passibili di umiliazione verbale, contenente elementi sessuali, da parte dell’eroe della commedia, Diceopoli37.

34 Nel greco "imbarbarito" dello Scita, πιτηκίζω. 35 Ran. 708-9; Phryn. com. fr. 21. 1-2.

36 ROSEN Old comedy pp. 17-18.

(17)

1.3 Vespe

In questa commedia, classificatasi seconda alle Lenee del 422 a.C.38, si fa

riferimento, più che a un personaggio genuinamente barbuto, a un topos ben radicato nella società ateniese del tempo.

Il coro, ai vv. 473-477, accusa Bdelicleone, che tenta di arginare la travolgente passione del padre per i processi, di essere nemico del popolo, amico di Brasida39, di

portare abiti con frange di lana (ossia con gli orli non finiti) e di tenere la barba non rasata (...τήν θ᾽ ὑπήνην ἄκουρον τρέφων) 40. Le barbe incolte sono uno dei principali

segni della scarsa attenzione riservata dagli Spartani all’aspetto esteriore, che gli Ateniesi non mancano di lamentare41. In questo caso, però, le accuse rivolte al

personaggio sono palesemente risibili42: esse sono un mero pretesto per attaccare gli

Spartani e chiunque simpatizzi per loro43

38 Vesp. Hyp. I. 30.

39 A partire dal 424 a.C. il generale spartano fece molti sforzi per smantellare i possedimenti ateniesi in Tracia tramite operazioni sia militari sia diplomatiche (cfr. vv. 209-10, 288a-289); accuse simili per bocca di anonimi demagoghi a Pax 639-40.

40 In questo passo il termine usato per “barba” è ὑπήνη: in senso stretto, si tratterebbe di “mustacchi” (cfr. ὑπηνήτης, Hom. Od. X. 279).

41 Av. 1281-2; Lys. 279-80,1072; Pl. Com. 132.2 con commento di PIRROTTA ad loc.

42 Il personaggio, invece, dovrebbe essere riccamente vestito fin dall’inizio della commedia, al contrario del padre (“metamorfosi” del padre a Vesp. 1122-1167, quella del figlio subito prima, ai vv. 1109-1122). Simili differenze di costume dovrebbero sussistere anche nelle Nuvole tra Strepsiade e Fidippide da un lato, Discorso Giusto e Ingiusto dall’altra (Nub. 69-72, 920).

(18)

1.4 Lisistrata

Anche in questa commedia, prodotta da Callistrato44 e rappresentata probabilmente

alle Lenee45 del 411 a.C.46, trovano spazio sia gli stereotipi ateniese nei confronti

degli Spartani sia racconti riguardanti personaggi mitici dotati di barba.

Nella parodo, ai vv. 271-80, il leader del semicoro maschile afferma che le donne non possono occupare l’Acropoli: nemmeno il primo che lo fece, il re spartano Cleomene47, se ne andò via illeso48. A Lys. 276-280, infatti, viene data una

descrizione delle precarie condizioni in cui versavano i soldati spartani dopo due giorni di assedio: “affamati, sporchi, con la faccia pelosa (ἀπαράτιλτος lett. “con la barba non depilata”49), non lavati da sei anni”. Ci troviamo nuovamente di fronte alla

barba lunga come parte integrante dello stereotipo ateniese dello Spartano50.

L’azione sovversiva delle donne le mette sullo stesso piano dell’invasore spartano51:

l’unico baluardo a difesa dell’ordine costituito, in assenza degli uomini impegnati in

44 Lys. Hyp. I. 34. Callistrato produsse anche Banchettanti (427 a.C.), Babilonesi (426 a.C.), Acarnesi (425 a.C.) e Uccelli (414 a.C).

45 SOMMERSTEIN Events 411 JHS 97, pp. 112-126. 46 Lys. Hyp. I. 33-34.

47 Cleomene I regnò tra il 520/519 e il 490 a.C. Nel 510 a.C. aiutò Atene ad espellere il tiranno Ippia. Chiamato dall’arconte Isagora ad Atene nel 508 per aiutarlo a stabilire un regime oligarchico, venne costretto a rifugiarsi sull’Acropoli per la forte opposizione della fazione popolare guidata da Clistene: subì l’assedio per due giorni, fino alla tregua, che gli permise di tornare a Sparta (Hdt. V. 69-73).

48 Possibile che, in base alla tregua, il re e i suoi uomini avessero dovuto disfarsi delle armi e rimanere con un solo indumento a testa (il τριβώνιον è usato da schiavi: Pl. 714-5; poveri: Eccl. 850 e asceti: Vesp. 116), comunque i vecchi uomini del coro stanno sicuramente esagerando la portata (nonché la durata) dell’umiliazione subita da Cleomene.

49 Unica altra attestazione dell’aggettivo è a Luc. 45.5. Il verbo παρατίλλομαι può essere usato sia per donne sia per uomini (Ach. 31).

50 Altri elementi erano: portare i capelli lunghi (Hdt. I.82.8), osservare una dieta rigida (Xenoph. Lac. 2.5-6) e dedicarsi all’igiene personale meno frequentemente di quanto gli Ateniesi ritenessero appropriato (Plut. Lyc. 16.12). In questo contesto sia le penose condizioni in cui versava il contingente spartano sia la presenza fisica degli uomini del coro all’assedio sono ritenute assurde da SOMMERSTEIN (Lysistrata 168). Sulla presunta età ultracentenaria dei vecchi coreuti vedi MASTROMARCO-TOTARO n. 63 p. 338. 18 51 Cfr. anche Lys. 621: la casa di Clistene è l’ideale “zona franca” dove gli Spartani, notoriamente inclini

all’omosessualità (Ar. fr. 358 K.-A.; Pl. Leg. 636 B – C), e le donne si sarebbero potuti riunire per complottare, secondo il coro di vecchi.

(19)

battaglia, è rappresentato dai vecchi del coro52. A Lys. 809-811 il semicoro delle

vecchie racconta la storia di Timone, misantropo archetipico53 “dal volto coperto di

spini inaccessibili”54 (...ἀβάτοισιν | ἐν σκώλοισι τὰ πρόσωπα περιειργμένος), che

aveva in odio i malvagi ma era molto amico delle donne.

Questo racconto è il degno contraltare di un altro episodio (Lys. 784-796), narrato dal semicoro dei vecchi: Melanione, famoso cacciatore arcade55, rifuggiva le nozze

vivendo come un eremita sui monti, con il proprio cane come unica compagnia. Le versioni di entrambi i semicori, però, sono di fatto incompatibili con le caratterizzazioni tradizionali di quei personaggi mitici56: uomini e donne stanno

distorcendo senza pudore la tradizione per sostenere i loro argomenti57. Questi due

racconti sono, in ultima analisi, complementari e anticipano il ritorno, nel finale della commedia, dell’armoniosa integrazione tra uomini e donne.

Dunque, in questa commedia, la barba torna come elemento stereotipante ma viene anche abilmente usata dal semicoro femminile come strumento per demolire l’altro semicoro a colpi di dialettica.

52 Nonostante la caricatura, il ritratto che emerge non è del tutto privo di simpatia: anche parte del pubblico potrebbe aver parteggiato per loro (HENDERSON Lysistrata 99).

53 Più tardi fu ritenuto essere un personaggio realmente esistito nell’Atene del V sec. a.C. (contra HENDERSON Lysistrata ad loc.).

54 L’espressione potrebbe indicare capelli e barba oppure fierezza e/o inaccessibilità del soggetto (HENDERSON Lysistrata ad loc.).

55 Xen. Cyneg. 1.2; 1.7. Secondo VIDAL NAQUET (Cacciatore nero pp. 144-145) egli era la figura archetipica dell’efebo ateniese.

56 Per quanto riguarda Timone, cfr. Phryn. fr. 19 K.-A. e Av. 1549; per quanto concerne Melanione, cfr. il mito di Atalanta (Apollod. III. 9. 2).

(20)

1.5 Rane

In questa commedia, classificatasi prima alle Lenee del 405 a.C.58, oltre al peculiare

abbigliamento di Dioniso, che richiama gli elementi contrastanti della mise di Agatone59, vengono citati due personaggi barbuti all’interno dell’agone fra Euripide

ed Eschilo.

Euripide sta criticando lo stile ampolloso e le parole pesanti proprie dell’arte tragica di Eschilo (Ran. 939-40): per questo ha sottoposto la lingua a una “cura dimagrante” (vv. 942-944), per renderla comprensibile e vicina alla quotidianità degli spettatori. Poco dopo, ai vv. 965-966, Euripide nomina Formisio60 e Megeneto61, due “allievi”

di Eschilo: essi sono denotati da neoformazioni decisamente fantasiose come

σαλπιγγολογχυπηνάδαι “gente con tromba (σάλπιγξ), lancia (λόγχη) e barba

(ὑπήνη)” e σαρκασμοπιτυοκάμπται “squartatori (σαρκάζειν62) che piegano i pini

(πιτυοκάμτης63)”.

58 Ran. Hyp. I c.

59 Come notano giustamente MASTROMARCO-TOTARO (n. 6 p. 565), lo stupore di Eracle alla vista di Dioniso (Ran. 44-7) ricorda quello provato dal Parente alla vista di Agatone (Thesm. 136-40), anche se qui l’incontenibile ilarità di Eracle è dovuta al fatto di trovarsi davanti un buffo sosia (pelle di leone e clava) dotato però del tipico abbigliamento femmineo di Dioniso (coturni e κροκωτός, veste color zafferano che sarà costretto ad indossare anche il povero Parente a Thesm.253).

60 Formisio (PA 14945, Ath. Pol. 34.3), politico seguace, insieme a Teramene, di una politica moderata, era notoriamente barbuto, tanto che, ad Eccl. 97, il suo nome equivale ad indicare la peluria pubica femminile. Nel 393 a.C. ca. prese parte (insieme a Epicrate, cfr. Eccl. 71) a un’ambasceria in Persia, in seguito alla quale venne accusato di prendere mazzette (Plat. Com. fr. 127), inoltre, a detta di Filetero (fr. 6), rimase sessualmente attivo fino alla morte.

61 Su Megeneto, detto “Mane” (nome da schiavo frigio, connotante stupidità e inutilità, cfr. Av. 1311; Lys. 908) nome non altrimenti noto, vedi DOVER Frogs n. 965 p. 313.

62 Il verbo viene anche usato nel senso di snudare i denti (Pax 282), quindi a proposito di un sorriso che non coinvolge gli occhi (DOVER Frogs n. 966 p. 313).

63 Epiteto (Plut. Thes. 8.3) del bandito Sinis, che viveva vicino all’Istmo di Corinto e uccideva i viandanti dopo averli legati alle cime di due alberi di pino ancorate a terra da corde, in modo da dilaniare i malcapitati quando gli alberi tornavano nella loro posizione verticale. Venne ucciso a sua volta da Teseo. 20

(21)

Come già a Ran. 822-825, 902-904, Eschilo viene associato ad esseri che potremmo addirittura definire super-uomini64, buoni solo a combattere e poco altro, in

opposizione agli “allievi” euripidei, Clitofonte e l’astuto Teramene (Ran. 967).

Possiamo quindi dedurre che Aristofane intendesse operare una differenziazione sostanziale tra il modello maschile eschileo, che aveva come cifra caratterizzante la barba, e il modello euripideo, che ne era privo.

1.6 Ecclesiazuse

In questa commedia, il cui anno di rappresentazione oscilla tra il 393 e il 390 a.C.65,

la barba torna ad essere, come negli Acarnesi, un trucco: il travestimento escogitato da Prassagora per conquistarsi il favore dell’Assemblea, infatti, prevedeva anche l’utilizzo di barbe posticce66.

Altri riferimenti a personaggi barbuti si ritrovano al v. 71 (Epicrate67, la cui barba,

eccezionalmente lunga, gli garantì il soprannome di sakesphoros68, “portatore di un

gigantesco scudo”) e ai vv. 102-104 (Agirrio e Pronomo: quest’ultimo, probabilmente, era stato un politico la cui improvvisa scomparsa dalla scena pubblica era coincisa con una marcata crescita in lunghezza della barba di Agirrio69).

64 SOMMERSTEIN (Frogs n. 966 p. 242) li definisce ironicamente macho-men.

65 USSHER (Ecclesiazusae XX-XXV) propende per il 393 a.C., ma la maggior parte degli editori moderni preferisce il 392/391 a.C.. Per un quadro più completo, vedi USSHER n. 2 p. XXI.

66 Eccl. Hyp. I. 4, II. 3; Eccl. 24-25, 98-10, 126-127, 273-274, 493-494, 502-503.

67 Egli (PA 4859, LGPN 70), eminente politico intorno al 390 a.C., era uno dei più strenui sostenitori della guerra contro Sparta, nonché membro, insieme a Formisio (cfr. n. 46 supra) dell’ambasceria ateniese diretta in Persia intorno al 393 a.C., accusato da Callistrato (nipote di Agirrio) e poi condannato in contumacia (Dem. 19. 277-280; Philoc. FGrH 328 F 149) per aver rifiutato la pace, disobbedito all’Assemblea, accettato mazzette (Plat. com. fr. 127) e fatto un falso rapporto.

68 Plat. com. fr. 130.

69 Agirrio (PA 179, LGPN 1) era uno dei leader politici di maggior spicco tra il 390 e il 380 a.C.. Egli, a detta di Prassagora, prima era una donna: di qui la battuta (Eccl. 112-113) secondo la quale tutti i politici di maggior successo erano stati un tempo degli uomini che si prostituivano (SOMMERSTEIN Ecclesiazousae n.112-113 p. 149). 21

(22)

Possiamo dunque affermare che, in questo caso, abbiamo un’evidente connessione tra barba e personaggi appartenenti (o aspiranti) alla sfera politica.

1.7 Alcune considerazioni

Siamo a conoscenza, grazie ai ritrovamenti archeologici, che le maschere comiche dei personaggi adulti di sesso maschile erano di norma barbute. D’altro canto, abbiamo avuto modo di constatare che, ad essere menzionate nelle commedie, sono solo barbe evidentemente assenti (Agatone e Clistene), uniche nel loro genere (Pseudoartabano, Spartani), rimosse (come nel caso del nostro povero Parente) o indossate sulla scena (Clistene negli Acarnesi, donne nelle Ecclesiazuse)70.

Interessanti anche gli “intrecci” tra barba e politica (Ecclesiazuse, Rane), barba e mito (Lisistrata) barba e costumi della società ateniese del tempo (Lisistrata, Vespe). Per quanto concerne δασυπώγων, la neoformazione ricorre subito prima dell’entrata in scena di Agatone, quindi prima ancora che egli esponga la famosa teoria della μίμησις (Thesm. 145-56): Aristofane, già a Thesm. 30-33, getta dunque le basi per la costruzione del personaggio secondo la teoria che egli stesso propugnerà.

Possiamo scorgere, sotto il primo, più immediato, livello della loidoria comica, un livello più sottile, che non tutti gli spettatori saranno stati in grado di cogliere. Ritengo infatti che Aristofane abbia voluto ritrarre Agatone servendosi di uno stilema retorico ben preciso, il più amato dal giovane drammaturgo: l’antitesi.Vari frammenti superstiti della produzione di Agatone71, alcuni brani del discorso su Eros nel

Simposio72, ma soprattutto il fr. 341 K.-A. delle Tesmoforiazuse seconde, che lega

l’antitesi all’uomo effeminato, privo di barba, sono di sostegno a quest'ipotesi.

70 COMPTON ENGLE Costume p. 40. 71 Vedi nota 21 supra.

(23)

2

Metafore artigianali: κολλομελεῖν, γνωμοτυπεῖν, κηροχυτεῖν,

γογγύλλειν

ΘΕ. δρυόχους τιθέναι δράματος ἀρχάς. κάμπτει δὲ νέας ἁψῖδας ἐπῶν, τὰ δὲ τορνεύει, τὰ δὲ κολλομελεῖ, 55 καὶ γνωμοτυπεῖ κἀντονομάζει καὶ κηροχυτεῖ καὶ γογγύλλει καὶ χοανεύει.

Le successive neoformazioni che esamineremo si trovano a Thesm. 55-57: le analizzeremo in parallelo, visto che sono strettamente legate sia a livello testuale sia a livello semantico.

Siamo sempre all'interno del prologo: Euripide e il Parente si sono nascosti73 (Thesm.

36), perché dalla casa di Agatone sta uscendo un servo, con tanto di torce e rami di mirto, per propiziare con un sacrificio la composizione poetica del suo padrone74. Il

Servo, dopo aver invitato tutta la gente e la natura nelle sue varie componenti (etere, mare, esseri alati, fiere del bosco) all'εὐφημία75, descrive il lavoro poetico di Agatone

con una serie di metafore tratte da attività artigianali (paralleli da altre fonti per l'uso di metafore simili in commedia sono scarsi76). Il giovane tragediografo veste, di volta

in volta, i panni del carpentiere navale che “pone travi di quercia a sostegno del dramma” (δρυόχους τιθέναι δράματος ἀρχάς, Thesm. 5377); del falegname, che “piega

nuove volute di versi, e alcune tornisce, altre incolla” (κάμπτει δὲ νέας ἁψῖδας ἐπῶν,

73 L'espressione ἐκποδών è tipica delle cosiddette “scene di origliamento”, mentre il verbo πτήσσειν è tipico dell'acquattarsi di animali, spesso in preda allo spavento (DEL CORNO-PRATO n. 36 p. 150).

74 Torce e rami di mirto vengono richiesti anche da Bdelicleone perché si possa compiere un rito propiziatorio che renda il padre più compassionevole (Vesp. 860-861). Rami di mirto vengono nominati inoltre ad Av. 43, all'interno di un elenco di oggetti che Pisetero ed Evelpide hanno portato con loro alla ricerca di un posto tranquillo.

75 Il silenzio rituale viene prima giustificato con la presenza del tiaso delle Muse nella casa di Agatone (vv. 40-42), poi col fatto che Agatone stesso si accinge a comporre (vv. 49-57).

76 TAILLARDAT Images pp. 442-443.

(24)

τὰ δὲ τορνεύει, τὰ δὲ κολλομελεῖ, Thesm. 5478); del fabbro che “conia

sentenze...plasma la cera, arrotonda e mette nello stampo” (καὶ γνωμοτυπεῖ...καὶ κηροχυτεῖ καὶ γογγύλλει καὶ χοανεύει , Thesm 55-5779).

L'atto poetico viene dunque analizzato come processo di fabbricazione: la μελοποιία si snoda attraverso una serie di operazioni che si richiamano esplicitamente al mondo delle τέχναι80. L'intento satirico del passo sta proprio in quello che Taillardat

definisce “caotico guazzabuglio di metafore”81 e nell'incongruenza tra l'applicazione

delle stesse all'arte di Agatone: l'idea della poesia come un handiwork è infatti incompatibile con la concezione secondo la quale essa sia divinamente ispirata82.

Non è più il poeta che, ispirato dalle Muse, ad elevarsi col canto a una dimensione superiore, ma è lo stesso tiaso delle Muse a scendere sulla terra e a fermarsi nella casa di Agatone: il processo di laicizzazione della poesia è ormai giunto a compimento83. A ben vedere, non poteva essere altrimenti: il canto che Agatone si

78 Il verbo κάμπτειν si usa propriamente per “piegare, curvare” materiali lignei, ad es. il cerchio di una ruota (cfr.

Il. IV. 486). Qui viene usato metaforicamente per indicare le nuove linee melodiche promosse dai

ditirambografi, che miravano a sostituirsi alla regolarità delle ἁρμονίαι tradizionali. Queste nuove linee diventano sinuose, capricciose e abbondano di tratti: è a questo che si riferiscono sia il sostantivo κάμπτη sia il verbo κάμπτειν, usati dai Comici in senso peggiorativo. Alcuni esempi sono: Nub. 333, dove i ditirambografi vengono gratificati dall’appellativo κυκλίων τε χορῶν ᾀσματοκάμπται “contorti musicisti di cori ciclici” (traduzione di Mastromarco); Nub. 969-972, dove il citaredo Frinide di Mitilene e i suoi discepoli vengono puniti per il loro κάμπειν καμπήν; Ferecrate, in un noto passo del Chirone (fr. 155 K.-A.), se la prende prima con Cinesia, apparso fra l’altro come personaggio negli Uccelli (Av. 1372 ss.), artefice di ἐξαρμόνιοι καμπαί (presumibilmente “modulazioni”), poi con lo stesso Frinide citato in precedenza (soprannominato Ἰωνοκάμπτης da Timoteo, fr. 8 Diehl) perché precorritore delle idee rivoluzionarie del caposcuola Timoteo, infine con Timoteo stesso, responsabile di aver portato la Musica su ἐκτράπελοι μυρμηκίαι “stravaganti sentieri di formiche” (cfr. ΣR Thesm. 99). Sull’argomento vedi TAILLARDAT Images

pp. 456-457 e BORTHWICK Notes p. 70 ss. Secondo MUECKE (Portrait p. 48) bisogna comunque sottolineare il fatto che il verbo κάμπτειν e i suoi derivati, sia nei passi di Ferecrate sia in quelli delle Nuvole, connettono innovazione musicale con corruzione sessuale, associazione molto rilevante per Agatone, inoltre l’autentico satiric point dell’inno di Agatone sta nel fatto che la musica è divenuta talmente importante da rendere le parole immateriali.

79 Il verbo χοανέυειν indica l’atto di versare il metallo fuso nello stampo con la tecnica della “fusione a cera persa” (vedi A.-O. ad loc.). Non dimentichiamoci di Thesm. 18 ss., dove abbiamo un gioco di parole col sostantivo χοάνη, “imbuto”, in un contesto filosofeggiante (vedi nota di MASTROMARCO-TOTARO ad

loc.).

80 CHIRICO Poetica PP 45 p. 103. 81 TAILLARDAT Images pp. 442-443. 82 MUECKE Portrait pp. 44-45.

(25)

accinge a comporre si ispira alla nuova musica e alla nuova tragedia ed è completamente estranea alla tradizione, quindi alle Muse stesse, custodi della memoria poetica84.

L'esasperata ricerca della novità in campo lessicale viene incanalata da Aristofane in queste quattro neoformazioni, ognuna delle quali cela, neanche troppo nascostamente, un sostrato retorico.

Il verbo alla base di κολλομελεῖν, κολλᾶν85, nel Fedro (Phaedr. 278 E) viene ad

indicare il metodo di lavoro di Lisia e dei sofisti. Secondo le parole di Socrate: “chi non ha niente di più prezioso di ciò che ha composto, passa il tempo a rigirarselo in su e in giù, staccando e riattaccando i vari pezzi l’uno sull’altro”, procedimento ben lontano da quello messo in atto dal filosofo. Dal punto di vista formale, ci aspetteremmo *μελοκολλεῖ (cfr. μελοποιεῖν, Thesm. 67), ma l'inusitata forma del composto, con l'inversione dei termini, è parte della parodia86.

Il verbo γνωμοτυπεῖν87 allude alla sofistica passione per le sentenze: coniato a

partire dall’aggettivo γνωμοτύπος, -ον “che forgia massime”, viene usato per la prima volta a Cav. 137988 , successivamente a Nub. 952, Ran. 87789 e nella Retorica

84 CHIRICO Poetica PP 45 p. 102.

85 Il verbo deriva dal sostantivo κόλλα, che potrebbe essere una derivazione in - ̯ia dalla radice i.e. *kol-, ma ulteriori dettagli sono oscuri (BEEKES Dictionary p. 736). A Cav. 463 Paflagone, che sta rivaleggiando col Salsicciaio a colpi di ingegnose metafore, usa κολλᾶν in riferimento ai complotti (TAILLARDAT Images pp. 232-234), anche se verbo e derivati erano propriamente utilizzati per indicare la saldatura del metallo (Pi. N. 7. 78; Hdt. I. 25. 2) o per unire il legno (Thphr. HP V. 7. 4) e le σελίδες di un rotolo papiraceo.

86 AUSTIN-OLSON n. 54 p. 71. Secondo DEL CORNO-PRATO (n. 54 p. 156) è forse allusiva ad analoghe, bizzarre neoformazioni care ai ditrambografi.

87 Cfr. μελοτυπέω (Aesch. Ag. 1153).

88 Nella forma γνωμοτυπικός (cfr. NEIL Knights ad loc.: gli aggettivi in -ικός erano “alla moda”, visto che scaturivano dalla crescente tendenza a filosofeggiare e forse dalla retorica di Gorgia; l'uso di γνῶμαι o di generiche massime sulla vita e sulla condotta da tenere era ovviamente una gran cosa per la retorica, anche se il termine γνωμολογία, la parola scolastica per uso, viene applicata piuttosto all'utilizzo di vecchie massime che non all'invenzione di nuove).Cfr. anche ἐγγλωττοτυπεῖν, hapax a Cav. 782 “coniare frasi magniloquenti (μεγάλως)” (traduzione di Mastromarco).

(26)

di Aristotele (1395a7)90. Esso indica l'artificiosità e la preziosità che riguardano non

solo la lingua e l'espressione, ma anche il pensiero: è proprio per il carattere sentenzioso delle composizioni di Agatone che Aristotele e Stobeo lo hanno citato, trasmettendoci così i suoi frammenti91. Questa formazione lessicale originale, però, è

destinata ad essere sostituita da γνωμολογέω nel linguaggio della critica letteraria92.

Il verbo κηροχυτεῖν, letteralmente “versare cera liquefatta” (aggettivo κηρόχυτος, -ον, da χέω), passa poi a esprimere metaforicamente l'azione del “plasmare” le parole secondo le esigenze dell'arte in Stobeo93.

Γογγύλλειν,“arrotondare”, è la neoformazione che offre maggiori spunti. Lezione

scelta da Porson al posto dell'ametrico γογγυλίζει94 in base a una glossa di Esichio

(Lex. γ 764 Latte: γογγύλλειν· συστρέφειν95), è uno dei numerosi verbi terminanti in

-ύλλω coniati o riusati dai commediografi per la loro espressività96. Pochi versi dopo

occorre, ad esempio, συγγογγύλλω (Thesm. 61): il Parente, ricalcando le parole del Servo tramite una detorsio ad comicum, descrive il trattamento cui sottoporrebbe Agatone, “dopo averlo fatto girare e piegare” (συγγογγύλας καὶ συστρέψας, con reduplicazione enfatica), ma nelle Tesmoforiazuse troviamo anche στωμύλλω (vv. 461, 1073) e κοικύλλω (v. 852), che esamineremo più avanti.

90 “L’uso delle massime è adatto all'età dei più vecchi e gli argomenti sono quelli di cui chi parla ha esperienza; infatti adoperare le massime quando non si è di tale età è sconveniente, come pure raccontare favole; e farlo su argomenti di cui non si ha esperienza è cosa sciocca e da ignorante. Un segno sufficiente di ciò è il fatto che i contadini sono soprattutto amanti delle massime e si esprimono facilmente con massime (οἱ γὰρ ἀγροῖκοι μάλιστα γνωμοτύποι εἰσὶ καὶ ῥᾳδίως ἀποφαίνονται)” (traduzione di Plebe- Aristotele, Opere:

Retorica. Bari, 1961). Secondo TAILLARDAT (Images p. 445 e n. 3 ibidem) non c'è alcun esempio della

metafora dello γνωμοτυπεῖν prima di Aristofane e nemmeno dopo di lui: è poco probabile che il brano aristotelico fosse memore del passo di Aristofane, piuttosto attesta che l'aggettivo fosse un termine tecnico della sfera retorica formato sul modello dell'omerico χαλκοτύπος.

91 CHIRICO (Poetica PP 45 pp. 106-107 e n. 52 p. 107) cita giustamente LÉVÊQUE (Agathon p. 135). 92 CHIRICO Poetica PP 45 pp. 106-107, però vedi nota 82 supra.

93 Stob. IV. 1.94: ἐπιτηδεύματα πλάσσει καὶ κηροχυτεῖ τὰν ψυχάν. Essa rappresenta l'unica altra attestazione del verbo, attribuita a un non meglio precisato Ippodamo pitagorico, forse Ippodamo di Mileto.

94 R; Su. γ 361. 1-2 Adler: γογγυλίζει, ἀντὶ τοῦ μεταστρέφει. Curioso il prosieguo della glossa (Su. γ 361. 2-4 Adler), che accenna all'abitudine delle donne di impastare focacce rotonde: ὥσπερ γυναικὶ γογγύλην μεμαγμένην. αἱ γὰρ γυναῖκες, ἵνα μὴ δοκοῖεν πολυφάγοι εἶναι, ὀλιγοφαγίας δόξαν ἐμφαίνουσι στρογγύλας ποιοῦσαι τὰς μάζας. 26

(27)

Tornando al verbo γογγύλλω, esso è riconducibile a γογγύλος, -η, -ον “rotondo”97, il

cui primo significato coincide con forma più comune dell'aggettivo, cioè στρογγύλος (lat. rotundus): quest'ultimo iniziò ad affermarsi come termine retorico semitecnico proprio in questo periodo, come possiamo riscontrare al v. 686 degli Acarnesi (στρογγύλα ῥήματα), nel frammento 488 K.-A. ascrivibile ad Aristofane e, successivamente, nel Fedro (Phaedr. 234 E – 235 A) di Platone98.

Il fr. 488 K.-A., appartenente alle Donne che occupano le tende99, recita: χρῶμαι γὰρ

αὐτοῦ τοῦ στόματος τῷ στρογγύλῳ, ossia “uso la rotondità che è propria del suo linguaggio”, espressione che Aristofane avrebbe usato per rispondere all'accusa mossagli da Cratino (fr. 342 K.-A.) di imitare troppo Euripide. Esichio (s.v. κομψά, Lex. κ 3481 Latte) ci dice che στρογγύλος è la stessa cosa di κομψός, altro aggettivo che accomuna Agatone ad Euripide: i ῥήματα κομψά (fr. 719 K.-A.) attribuiti da Aristofane ad Agatone hanno il loro modello in Euripide, per il quale nei Cavalieri (v. 18) è stato coniato l'avverbio "alla maniera di Euripide", κομψευριπικῶς100.

95 La forma in -ίζει (R, Su. γ 361 Adler) è dovuta, con ogni probabilità, all'influenza del κἀντονομάζει a Thesm. 55. Pochi versi dopo abbiamo anche συγγογγύλας (indicativo presente), lezione scelta da Enger al posto della lezione del Ravennate, γογγυλίσας (cfr. anche emendamento di Cobet a Lys. 975). Il verbo συστρέφειν, riferito a frasi, tecnica narrativa e simili, significa “condensare, stringere, radunare” (vedi il ῥῆμα βραχὺ καὶ συνεστραμμένον degli Spartani a Prot. 342 E); è interessante notare come questa forma verbale occorra pochi versi dopo (Thesm. 61): il Parente, ricalcando le parole del Servo tramite una detorsio ad comicum, descrive il trattamento cui sottoporrebbe Agatone, “dopo averlo fatto girare e piegare” (συγγογγύλας καὶ συστρέψας, con reduplicazione enfatica). Sulla stessa linea si colloca la preghiera rivolta a Zeus dall'insoddisfatto Cinesia, il quale si augura che, sopraggiunto un tifone, sua moglie Mirrine venga sollevata, fatta volteggiare in aria (ξυστρέψας καὶ ξυγγογγύλας, Lys. 975), per poi tornare al suolo περὶ τὴν ψωλήν (Lys. 79). Esiste anche il verbo συστρογγύλλω, usato dal comico Alessi (Aless. Phaidr. fr. 248. 4 K.-A. “arrotolo a pillola”, cioè “divoro”:... σφαῖραν ἐποίησε τὴν πατρώιαν οὐσίαν | οὕτω συνεστρόγγυλεν ἰταμῶς καὶ ταχύ).

96 PEPPLER Comic Terminations V, AJP 42.2, pp. 152-153.

97 Fra i derivati dell'aggettivo figurano il sostantivo γογγύλη, -ης “rapa” o “pagnottina” (ad esempio Pax 28) e γογγυλίς “piccola rapa” (Aristoph. fr. 581. 6 K.-A. e Thesm. 1185, dove lo Scita paragona un seno piccolo e sodo ad essa).

98 CHANTRAINE Dictionnaire pp. 1064-1065 e TAILLARDAT Images pgf. 502, 798, 892.

99 Questa commedia venne rappresentata qualche tempo dopo il 418 a. C. (MASTROMARCO-TOTARO,

Introduzione vol. II p. 12). Per ulteriori approfondimenti rimando al capitolo 9.

(28)

Le occorrenze della forma più rara sono: il fr. 326 Mette (= fr. 199 Sommerstein) del Prometeo liberato di Eschilo, il v. 304 degli Ichneutae di Sofocle e la sezione 247 C 4-9 del Cratilo di Platone.

2.1 Prometeo liberato Ἥξεις δὲ Λιγύων εἰς ἀτάρβητον στρατόν· ἔνθ' οὐ μάχης, σάφ' οἶδα, καὶ θοῦρός περ ὤν μέμψῃ· πέπρωται γάρ σε καὶ βέλη λιπεῖν ἐνταῦθ· ἑλέσθαι δ' οὔτιν' ἐκ γαίας λίθον ἕξεις ἐπεὶ πᾶς χῶρός ἐστι μαλθακός. 5 Ἰδὼν δ' ἀμηχανοῦντά σ' οἰκτιρεῖ πατήρ, νεφέλην δ' ὑποσχὼν νιφάδι γογγύλων πέτρων ὑπόσκιον θήσει χθόν'· οἷς ἔπειτα σὺ βαλὼν διώσεις ῥᾳδίως Λιγύν στρατόν

“Giungerai poi alla schiera impavida dei Liguri,

dove non lamenterai battaglia, lo so chiaramente, pur se sei impulsivo; è infatti destino che là ti manchino anche i dardi:

nemmeno una pietra avrai da poter levare da terra, poiché tutto il suolo è soffice. Dunque, vedendoti in difficoltà, tuo Padre avrà compassione di te e manderà giù una nube e, con una pioggia di pietre arrotondate, il suolo ombreggerà, e tu poi,

gettatele, agevolmente sgominerai dei Liguri la schiera.” (traduzione di Ramelli)

Come ci tramanda Strabone101, Eschilo (TrGF fr. 199.7 Nauck = fr. 326 ed. Mette) fa

profetizzare a Prometeo, spiegando a Eracle la strada del Caucaso in direzione delle Esperidi, che Zeus invierà una pioggia di pietre arrotondate (νιφάδι γογγύλων πετρῶν) in suo favore, quando si troverà in difficoltà a fronteggiare l'armata dei Liguri. Igino102 specifica che Ercole, mentre portava via i buoi a Gerione, passò

attraverso il territorio dei Liguri, i quali tentarono di rubargli la mandria.

101 Strab. Geogr. IV. 1. 7.

102 Ig. Astron. II. 6 (Bunte 1875): Iovem autem misertum filii curasse, ut circa eum magna lapidum copia esset;

(29)

La storia fornisce un'eziologia per l'esistenza della pietrosa e arida (ora parzialmente irrigata) Plaine de la Crau, che si estende ad est del Rhône fra Arles e il mare103, ma

soprattutto la più antica occorrenza di γογγύλος, ad indicare la rotondità delle pietre utilizzate da Eracle come armi “di fortuna”.

2.2 Ichneutae XO. ποῖός τις ἦν εἶδος; πρ[ο]μήκης, ἢ 'πίκυρτος, ἢ βραχύς; ΚY. βραχύς, χυτροίδης, πο[ι]κίλῃ δορᾷ κατερρικνωμένος. ΧO. ὡς αἰέλουρος εἰκάσαι πέφυκεν ἢ τὼς πόρδαλις; ΚY. πλεῖσ̣τ̣ο̣ν̣ με[τ]αξύ· γογγύλον γάρ ἐστι καὶ βραχυσκελές. ΧO. οὐδ᾽ ὡς ἰχνευτῇ προσφερὲς πέφυκεν οὐδ᾽ ὡς καρκίνῳ; 305 ΚY. οὐδ᾽ αὖ τοιοῦτ[ό]ν ἐστιν· ἀλλ᾽ ἄλλον τιν᾽ ἐξευροῦ τρόπον. ΧO. ἀλλ᾽ ὡς κεράστ ̣[η]ς κάνθαρος δῆτ᾽ ἐστὶν Αἰτναῖος φυήν; ΚY. νῦν ἐγγὺς ἔγν[ως] ᾧ μάλιστα προσφερὲς τὸ κνώδαλον. ΧO. τ[****** φων[**]ν ̣ἐστιν αὐτοῦ, τοὐντὸς ἢ τοὔξω, φράσον. ΚY. [*********]λο[** φ]ορίνη σύγγονος τῶν ὀστράκων. 310 Χο. [ ca. 16 ll. ]ν ̣έ[***]* πόρσυνον, εἴ τι πλ̣έ̣ο̣ν ἔχεις. Κυλλ. [ ca. 21 ll. ]υ̣ν δ' αὖ λύραν ὁ παῖς καλεῖ.

Coro: "Che aspetto aveva? Lungo, curvo, corto?"

Cill.: "Corto, fatto a casseruola, variegato, tutto rughe"

Coro: "È come un gatto, per fare un paragone, o un leopardo?" Cill.: "No, c'è una bella differenza! È panciuto, ha le zampe tozze" Coro: "Non è neppure simile a un ichneumon o a un granchio?" Cill.: "No di nuovo, non è fatto così: cerca un'altra via!

Coro: "Vediamo, si presenta come uno scarafaggio cornuto dell'Etna?"

Cill.: "Ora ci sei vicino, è quello che ha più somiglianza con il nostro animale" Coro: "...[cosa risuona] di esso, l'interno o l'esterno, dimmi"

Cill.: "...l'involucro, parente dei gusci"

103 Piana che sarebbe stata ben nota ai Greci vista la prossimità della colonia focese di Marsiglia (SOMMERSTEIN Fragments p. 209). 29

(30)

Coro: "...prosegui con qualche altro particolare, se puoi"

Cill.: "...il bambino la chiama lira." (testo e traduzione di Maltese)

Il dramma satiresco di Sofocle meglio conservato è intitolato Ἰχνευταί: il POxy IX 1174104 ce ne tramanda circa 440 versi (44 frammenti). Nonostante sia problematico

stabilirne la cronologia105, il tema è tratto dall'Inno omerico dedicato ad Hermes,

ossia il furto dei buoi di Apollo compiuto da un ladro insospettabile: Hermes appena nato106. Apollo, per recuperarli, chiede aiuto a Sileno e al suo corteggio di satiri,

promettendo loro in cambio la libertà e una ricompensa. Le orme dei buoi li conducono a una grotta, dalla quale provengono strani suoni: i satiri, spaventati, vorrebbero darsi alla fuga, ma sono trattenuti da Sileno. La nutrice di Hermes, Cillene, fuoriesce dalla grotta e spiega che quei suoni così peculiari vengono dalla lira appena inventata dal dio; visto che lo strumento è rivestito di pelle di bue, Sileno accusa Hermes del furto: Apollo, soddisfatto, concederà la libertà a tutti i satiri e assume la lira come strumento personale.

Al v. 304 Cillene sta cercando di spiegare al coro di satiri che forma abbia l'animale dal cui guscio era stata ricavata la cassa di risonanza della lira e dice: πλεῖστον με[τ]αξύ ̇ γογγύλον γάρ ἐστι καὶ βραχυσκελές. Originariamente, infatti, la lira aveva una cassa di risonanza costituita proprio dal carapace di una testuggine107.

Sofocle, nel “mondo alla rovescia” del dramma satiresco, ha presentato come stranianti (vv. 329-331), per creature ferine abituate all'aulo, gli effetti del suono della lira, strumento apollineo per eccellenza e comunemente ritenuto adatto alla paideia108.

Le curiose “congetture zoologiche” del coro che tenta di identificare l'animale dal quale Hermes ha ricavato la lira, in un crescendo di comiche assurdità

104 Papiro del II sec. d.C., edito per la prima volta da Hunt nel 1912 con la collaborazione di U. v. Wilamovitz-Moellendorf.

105 Per la discussione rimando a MALTESE Ichneutae pp. 12-17.

106 Fra l'Inno e il dramma satiresco sussistono comunque vistose divergenze nei dettagli e nello sviluppo dell'azione: quella più significativa è che nell'Inno l'invenzione della lira precede il furto degli armenti di Apollo (MALTESE Ichneutae p. 17).

(31)

(dall'αἰέλουρος al πόρδαλις, all'ἰχνευτής, al κάρκινος, al κάνθαρος Αἰθναῖος, all'ὄστρακον, vv. 298 ss), danno corpo all'atmosfera animalesca che doveva permeare la rappresentazione109, della quale l'aggettivo γογγύλος partecipa

attivamente. 2.3 Cratilo Εἰς δὲ τὸ “γογγύλον” τοῦ οὖ δεόμενος σημείου, τοῦτο πλεῖστον αὐτῷ εἰς τὸ ὄνομα ἐνεκέρασεν. Καὶ τἆλλα οὕτω φαίνεται προσβιβάζειν καὶ κατὰ γράμματα καὶ κατὰ συλλαβὰς ἑκάστῳ τῶν ὄντων σημεῖόν τε καὶ ὄνομα ποιῶν ὁ νομοθέτης, ἐκ δὲ τούτων τὰ λοιπὰ ἤδη αὐτοῖς τούτοις συντιθέναι ἀπομιμούμενος.

“E avendo bisogno d'un segno per indicare il “tondo”, il gongylon, prese l'o, e lo mescolò largamente a questo vocabolo. E così sembra ch'egli, il legislatore, proceda con gli altri, creando per via di lettere e di sillabe un segno e un nome per ciascun oggetto, e da questi con essi stessi componga i rimanenti imitando.” (traduzione di Martini)

Il Cratilo, uno dei dialoghi appartenenti alla maturità della produzione di Platone, è dedicato al problema della correttezza dei nomi (ἡ τῶν ὀνομάτων ὀρθότης). Le posizioni che si confrontano sono due: quella di Ermogene, che ritiene che i nomi siano attribuiti alle cose per semplice convenzione, e quella di Cratilo, che sostiene che i nomi sono connessi alle cose per natura.

Nel passo (Crat. 247 C 4-9), Socrate sta spiegando ad Ermogene l'opera del νομοθέτης, il quale, per indicare la “rotondità” fece ampio uso dell'omicron nella

108 MAAS-McINTOSH SNYDER sottolineano quanto fosse basilare imparare a suonare la lira nell'educazione elementare ateniese: la chelys-lyra è infatti frequentemente parte di scene scolastiche o ginniche, come si nota dalle pitture vascolari, ma anche come emerge dalle fonti letterarie del V sec. a.C. ( Nub. 966-972). Le due studiose (Stringed instruments p. 87) si richiamano anche al fr. 361 Edmonds (fr. 395 K.-A.): Socrate, che imparò tardivamente a suonare la lira, durante una festa accompagnò un recital piece di Stesicoro proprio con quello strumento.

(32)

parola, facendo dunque confluire all'interno della parola quanto più “lettere tonde” possibile; l'effetto è sicuramente accresciuto dal raddoppiamento enfatico del gamma. Il processo di creazione delle parole, continua Socrate, avviene per imitazione (ἀπομιμούμενος): secondo Barney110, i primary names imitano la natura

delle cose tramite l'essere composti da lettere che assomigliano loro, quindi che il “potere” delle lettere li renda strumenti adatti a rappresentare le cose, inoltre, se il principio in nome del quale la correttezza dei nomi per essere determinata è la mimesis, è ragionevole che le “parti minime” dei nomi siano identificate tramite il criterio del loro contenuto mimetico.

Ecco, quindi, che anche il νομοθέτης mette in pratica la teoria mimetica, anche se le difficoltà che insorgeranno nel corso dell'analisi etimologica finiranno per mettere in crisi la teoria della correttezza naturale dei nomi, sancendo l'inefficacia di ogni indagine sulle cose ridotta a indagine sui nomi.

Riferimenti

Documenti correlati

 la paura di partire per la guerra, all'epoca della Prima Guerra del Golfo, mitigata dalla convinzione di farlo per una giusta causa;.  la nostalgia dei tempi in cui se ne

Ti proponiamo l’ascolto del brano più famoso di Bepi de Marzi: “Signore delle cime”, in una doppia esecuzione: quella dei Crodaioli e una

Anche la prima immagine del lungo flashback che rievoca la figura di Mathieu sembra suggerire questa lettura: il primo incontro che il futuro sorvegliante fa al suo

17) impiegati amministrativi e tecnici dipendenti dagli enti ed imprese esercenti pubblici spettacoli, dalle imprese radiofoniche, televisive o di audiovisivi,

ADSM - Motivazione scheda di bene non

Guaritore e Distruttore, dio del mi- cidiale arco e della cetra melodiosa, divinità solare ma capace anche di calare dall’Olim- po «simile a notte» (Il. 1, 47), si può ben

PERTINI”.

The teams evaluated as having the most impactful and innovative product at the conclusion of the Foodathon will participate in a high-level