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SULLA PRODUTTIVITA’

Nel documento Per una idiomatica dell'italiano (pagine 31-79)

costruzione intera lessicalizzata.

Gli elementi funzionali, quindi, si presentano come dei segnalatori di operazioni sintetiche precedenti allo sviluppo sintattico-discorsivo.

SULLA PRODUTTIVITA’

Particolarità delle RFP (o RFL) è di essere semiproduttivo. Se la regola sintattica diventa tale proprio per la sua produttività, le formazioni in morfologia, hanno una natura scalare la cui applicazione forma lessico in misura variabile. Va da sé che una regola di formazione di parola non solo può essere ritenuta

produttiva ma si definisce anche secondo il suo grado di produttività. Un primo passo nella descrizione del lessico, di genere più qualitativo, consisterà nel capire quali siano le 'regolarità' nella formazione di 'parole complesse', ed un secondo di carattere quantitativo, attribuirà alle regolarità individuate un rendimento

differente in base alla distribuzione del lessico complesso.

L'osservazione quantitativa del lessico, che consiste nel determinare quante parole complesse siano generate mediante una determinata regola, riterrà la frequenza indicativa per un certo tipo di formazione solo se precedentemente, per quest'ultima, sia supposta la produttività (qualitativa) in genere. Detto in altri termini, il dato statistico sulla frequenza di una RFP è indicativo se la regola stessa è produttiva qualitativamente nella sincronia da noi esaminata. Alcuni tipi di formazioni potrebbero presentarsi numerose e tuttavia non essere produttive. In questo caso la regola avrebbe agito sì produttivamente ma ad uno stadio della lingua precedente, e la frequenza della formazione nel lessico non sarebbe indicativa della produttività.

Generalmente gli studiosi rappresentano i diversi processi coinvolti nell'azione della regola ad un unico livello. Abbiamo più volte ribadito che ciò consegue dall'isoformismo dato, come scontato, nella rappresentazione dei componenti morfologici. Questa posizione ha un’influenza decisiva al punto tale

che una costruzione può essere ritenuta regolare o meno nel momento in cui sia trasparente tanto la sua struttura quanto la sua semantica. Vogliamo dire che laddove non si riesca a delimitare l'apporto semantico di un costituente, in sintonia con l'assunto l'isoformismo, verrà messo in dubbio lo status complesso della parola, quindi la sua derivazione secondo regola, e di conseguenza non avremo la necessità di considerazioni sulla produttività della formazione.

In altra sede sostenivamo che una delle differenze tra le regole sintattiche, intese sia tradizionalmente come regole di riscrittura sia come proiezioni del lessico nella teoria X-barra, e le regole morfologiche consista nel fatto che le prime abbiano come componenti terminali parole mentre le seconde combinino parole con elementi funzionali in quella che può essere considerata una successione che non esige proiezione alcuna di livello e mantiene

complessivamente il rango X° della base. Nell'ambito della regola di formazione abbiamo a che fare con costituenti sottolessicali il cui significato è difficilmente specificabile. Presunto l'isomorfismo tra forma e contenuto, la produttività non sarà inquadrata solo nella frequenza ma anche nella capacità del parlante o del linguista di individuarne la trasparenza semantica -strutturale al fine di poter riutilizzare la regola per altre formazioni. Anzi l'unità forma -contenuto è la premessa per individuare una formazione complessa non sosttoposta a lessicalizzazione e quindi potenzialmente produttiva.

Tuttavia abbiamo già sostenuto quanto sia difficilmente sostenibile in ambito morfematico mantenere un approccio isomorfo. I processi morfologici interessano più livelli i quali sono, in parte , autonomi. Per questo legare la produttività all'isoformismo della forma e del contenuto non garantisce una descrizione unitaria della regola e provoca una proliferazione di RFP che utilizzino ad esempio lo stesso suffisso per il medesimo passaggio categoriale. A conferma di quanto detto, si può facilmente riscontrare come nel lessico siano presenti parole complesse il cui significato è difficilmente prevedibile. Ma non solo, è constatabile pure, diffentemente dalla sintassi, che costruzioni produttive e trasparenti manchino di essere registrate nel nostro lessico complesso

«Chomsky and Halle point out two aspects of word formation which have no obvious analogue in syntax; the nonexistence of not only clearly ill-formed words (*ion-trans-al-at-form) but also

some apparently well-formed ones (*arrivation, *derival, *committance, *ridiculosity); and the unpredictability of the meanings of some words which do exist ( for example, recital versus

recitation, and transmission in the sense ‘car gearbox’). These aspects are often summed up by

saying that word-formation processes may be less than fully productive»52

Nella sintassi, il discorso sviluppandosi analiticamente, costruisce una situazione. Il termine 'cotruire' è fondamentale per capire per quale motivo la sintassi riesca a sviluppare situazioni 'reali', immaginarie o ipotetiche.

L'importante è che la costruzione segua la logica del linguaggio. Le formazioni morfologiche, avendo carattere sintetico, ovvero formando unità, devono, per essere parte del lessico, 'stabilizzare' un concetto o un referente e renderlo successivamente disponibile al riutilizzo. La parola è sì ben formata, ma la sua esistenza non può prescindere da 'un riferirsi a'. La capacità di riferimento53 è caratteristica della parola complessa come intero. Tra i costituenti è la sola base che gode di questa proprietà . Ricostruire per mezzo di significati generici la semantica di una regola isomorficamente alla sua forma, non garantisce affatto il significato finale, e più specifico, della parola. Secondo noi, quest’operazione rappresenta una interpretazione alla luce del risultato della regola ed è lontana dal rappresentare un ricostruzione affidabile della formazione in tutti i suoi aspetti.

In sintassi il fattore di produttività è dipendente dalla grammaticalità formale. Quando un’espressione è 'ben formata' si definisce automaticamente come produttiva ed è necessario specificare pochi tratti di sottocategorizzazione. La semantica non viene presa in considerazione ma è presupposto il suo

funzionamento composizionale. Di norma infatti ogni forma libera che fa parte di una combinazione sintattica ha un significato identificabile. La generalità di cui gode la regola e di conseguenza la produttività in sintassi dipende dal basso grado di specificazione dei termini che possono occorrere nella sua applicazione.

Abbiamo voluto sottolineare l'importanza dell'isomorfismo in sintassi, nel più ampio discorso sulla produttività, perché, comunemente, alla morfologia si attribuiscono comportamenti simili alla sintassi. Nel nostro caso l’isomorfismo delle parole, che ben si adatta in sintassi, si traduce, a livello morfologico, in

52

Carstairs.A-McCarthy. Current Morphology.Routledge.pp.32

53 Qui utilizziamo la parola riferimento non solo a oggetti della realtà ma anche a concetti,

isomorfismo dei costituenti morfemici. Questo comporta che al momento in cui si individui una formazione, senza pur chiarirne l'apporto semantico, è solito

riconsiderare la sequenza intera dandogli uno statuto a metà tra il lessico semplice e il lessico complesso produttivo.

«La semantica di una RFP è trasparente o ‘composizionale’, vale a dire che il significato della parola complessa si può ricavare dal significato degli elementi componenti. Ciò è vero quando la regola è produttiva mentre una parola che permane a lungo nel lessico può acquistare, come si è già detto, significati idiomatici non più desumibili dagli elementi che la costituiscono. Ad esempio un tavolaccio non significa soltanto ‘ un pessimo tavolo’ si riferisce anche al ‘giaciglio del prigioniero’, significato, questo , che non si può desumere dai due costituenti tavolo e -

accio»54

La produttività è un fattore da prendere in esame se si vuol considerare una unità lessicale complessa e il suo eventuale grado di lessicalizzazione. La semiproduttività delle regole morfologiche è conseguenza del peso delle restrinzioni a cui le formazioni devono sottostare. Esse sono la prova per alcuni linguisti che in morfologia lessico e processi non siano completamenti distinti ma che si compenetrino l’un l’altro.

«The productive and the general rules are the most independent of the representations to which they apply , but as we go down the scale, more and more information about particular

representations has to be built into the rule. Thus a rule that applies to a paticular lexical class ( such as the class of nouns that has a final fricative that voices in the plural) must contain a particular signal - a diacritic feature or a phonological feature used as a diacritic – to mach it with the particular representations to which it applies and prevent it from applying to forms which do not undergo the alternation (e.g., nouns such as chief). In other words, part of

representation has to be built into the rule. And of course, so-called rules governing suppletion are nothing more then rappresentations»55

54

Ibidem 102 Scalise morfologia

55 Bybee.L.J. Morphology as Lexical Organization. In Theoretical Morphology,

Questa osservazione da alla regola morfologica uno statuto ibrido tra il processo e la rappresentazione. Un processo diventa generale quando la sua azione è

automatica e sottostà a poche condizioni che non ne impediscono di prevederne gli effetti. All'origine della distinzione tra regola e rappresentazione c'è la più nota dicotomia grammatica/lessico. Là dove finisce la ricerca delle regolarità del linguaggio, inizia il lessico che fornisce le unità prime emerse dall'analisi. Così sopratutto in sintassi.La morfologia, invece, difficilmente si confà alla stessa distinzione. La natura delle regole di formazione, come visto sopra, tengono conto di specifiche restrinzioni che oltrepassano un approccio differenziato per grammatica e lessico.Ecco, allora, che per descrivere le regolarità del lessico verrano osservati diversi aspetti della formazione di parola, a differenti livelli e con funzionamenti non sempre paralleli.

La RFP produce lessemi che hanno un significato in comune ma di tipo particolare. Solitamente quest'ultimo è indicato come il Wortbildungsbedeutung della regola. Il termine indica un significato che è di tipo relazionale e si distingue da un contenuto lessicale ottenuto mediante il confronto tra le parole soggette alla regola. Il Wortbildungsbedeutung consiste nella parafrasi frastica della relazione sintagmatica, identificata tra significato della base e il lessema d’uscita della regola. Le modalità di questa relazione dipendono, in gran parte, dal tipo di categorie interessate nella derivazione. Nel caso di un nome derivato da un verbo con i suffissi -tore e -trice

«la Wortbildungsbedeutung della regola che forma nomi derivati con i suffissi –tore e –trice in italiano consiste nel formare nomi che possono essere i soggetti del verbo cui i suffissi si aggiungono: una lavatrice lava , una stiratrice stira , un frullatore frulla , un lavoratore lavora. Solo il significato lessicale dei singoli derivati ci dirà poi se l’entità designata è una macchina o apparecchio , come nel caso di lavatrice e frullatore , o una persona , come nel caso di

lavoratore; in alcuni casi , poi, un stesso lessema , come stiratrice, può designare sia la macchina

che la persona in grado di compiere l’azione designata dal verbo56»57

56

Thorton.A.M (2005). pp142 Nota 12 Si potrebbe discutere in questo caso se si tratta dello stesso lessema o di due lessemi diversi.

La relazione in absentia, e per questo paradigmatica, della derivazione non è basata sulla sostituibilità dei termini interessati ma dal loro potenziale legame sintagmatico la cui caratteristica semantica è avere un forte grado di ridondanza il cui limite è la tautologia.

In questo caso la sintagmatica non si sviluppa secondo relazioni sintattiche che conducono il discorso a significare bensì espandono, con grado informativo minimo, il significato di un termine. Diciamo che la relazione è sintattica in modo caratteristico perché combina, in un certo senso, categorie diverse del medesimo termine. Questo esula dagli scopi della sintassi normalmente intesa. Una ipotesi che qui non approfondiremo è quella che la costruzione di lessemi complessi serva proprio a far fronte a costruzioni analitiche che per l'alto grado di ridondanza non sono sviluppate sintagmaticamente. La derivazione avrebbe la funzione di nascondere la relazione sintagmatica ridondante all'origine della formazione, e nello stesso tempo di renderla permeabile all'arricchimento lessicale del termine coniato, caratteristica, quest'ultima, del processo sintetico di lessicalizzazione.

Importante è aver tracciato il peculiare tipo di paradigmaticità che interessa la derivazione, una relazione sintagmatica in absentia, lontana dal significato che la morfologia a paradigma e parola da al termine paradigmatico. Il paradigma rappresenta, nel modello Words and Paradigms, le realizzazioni fonologiche di un singolo lessema flesso e derivato. La natura complessa del lessema non è presa in esame e la paradigmatica è sviluppata solo per giustificare le realizzazioni non fonologiche della parola. Il tipo di paradigmatica da noi marcato, invece, parte dall'analisi della parola complessa, la quale non è presa nella sua interezza, e ha lo scopo di riuscire a capire che tipo di funzione abbia il costituente affissale responsabile della derivazione.

La morfologia e la linguistica del segno

Sinora abbiamo più volte sottolineato come la teoria morfologica abbia contribuito a sfatare ‘il mito’ del segno perfetto e la sua composizionalità. Abbiamo argomentato che la natura delle costruzioni morfologiche non può ammettere questo principio che, a nostro avviso, deriva dall'aver adottato metodi analitici in gran parte sintattici. A differenza della sintassi, la morfologia

costruzionale interessa valori paradigmatici che non trovano seguito nelle teorie puramente sintattiche.58 Poi, l'aver riconosciuto l'esistenza di un livello

morfologico ‘ha spezzato’ l’isomorfismo tra la sintassi e la semantica. Era importante per noi stabilire, con l’introduzione di nozioni proprie della

morfologia, come lo scarto tra forma e contenuto, tipico anche delle costruzioni idiomatiche, sia un fattore non solo constatabile dai ‘fatti’ della lingua ma anche ‘normale’ per la teoria linguistica e la lingua in genere. Aver evidenziato il comportamento paradigmatico delle realizzazioni morfologiche ci ha permesso di capire il distacco ‘reale’ tra la forma delle parole e il loro contenuto. D’altra parte, però, abbiamo poco sottolineato che la nozione di segno sia poco adatta a

descrivere quei componenti morfologici che non sono parole.

Soffermiamoci su alcune osservazioni che trattano gli affissi e

cerchiamo, rimettendo mano al modello morfematico, di meglio descriverli alla luce del nostro distaccamento dal segno morfemico. Forse in questo modo i risultati ottenuti dall’analisi classica potranno essere mantenuti e reinseriti in una prospettiva diversa, invece che essere abbandonati per una morfologia interamente lessicale. L’affisso non ha una semantica ben definita ed appartiene ad una classe chiusa dei componenti della lingua. Non sono rari i casi di sinonimia ed

omonimia. Le parole, che sono l’esempio tipico del segno, rappresentano una classe apetta e liberamente ampliabile. Sappiamo che sinonimia e omonimia rappresentano fenomeni di ‘disturbo’ per il segno. Il numero delle parole però fa sì che i due fattori abbiano un’influenza minore, rispetto agli affissi, nel sistema lessicale. Ciò accresce maggiormente il dilemma dello statuto dell’affisso in una linguistica fondata sul segno.

58Differentemente avviene invece per la morfologia flessiva che ha una sua rappresentazione

Ad esempio

«... there is no single well-behaved past-participle sign in English , because the past participle may be formed by affixing –en (driv-en), -ed (paint-ed) or zero (hit-Ø). Conversely, the suffixes -

en and –ed are no parts of well-behaved signs, because each has two or three disparate

derivational and inflectional functions, as in enliv-en, ox-en, wood-en, paint-ed (past tense), bead-

ed (Beard 1981:333).»59

In questo caso potremmo forzare i dati, ed è stato fatto, e ritenere che ci siano degli affissi omonimi oppure delle realizzazioni allomorfiche di uno stesso morfema

«but this simply obscures the central point ( as Beard sees it), namely that the pattern of the relationship beween affixes and the meanings of the words the help to form is quite different , and much less ‘Saussurian’, than the pattern of the realtionship between simple open-class items ( or simple lexemes) and their meanings»60

Il fatto che il segno saussuriano non sia una descrizione adatta alle unità

morfologiche derivative61 avvalora l’ipotesi, tutta metodologica, di trattare queste unità analitiche dal punto di vista funzionale più che segnico.La differenza tra funzione e segno consiste nel tipo di legame instaurato: la prima lega entità dello stesso livello, il secondo mette in relazione elementi di piani diversi.Ciò che si può dire ‘stabilito’ dell’unità morfologica derivativa non è quindi la sua stabilità semiotica di significante e significato bensì la sua unità funzionale rappresentata dalla metamorfosi categoriale e della Wortbildungsbedeutung. In questo senso possiamo parlare di approccio funzionale alla derivazione.

Per descrivere il modo in cui agiscono i costituenti morfologici mal si adatta un approccio formale dove i segmenti rispettano la biunivocità. Qui non possiamo assumere il segno come primitivo per poi stabilirne i modi combinatori. Nel caso degli affissi derivativi siamo impossibilitati ad eseguire l’indicizzazione semantica che ci permetterebbe successivamente di formalizzare i rapporti

59

A.Carstairs-McCarthy. Current Morphology. Routledge. pp.182

60A.Carstairs-McCarthy. Current Morphology. Routledge. pp.182 61 Qui sottolinea una importante differenza tra derivazione e flessione

grammaticali, lasciando in secondo piano il lato semantico del segno ( o ‘sottosegno’).

Nella morfologia di parola, per la natura del lessema, il segno biunivoco trova un suo posto. E’ ammessa la relazione forma-contenuto ma in modo più complesso vista la presenza dei paradigmi. Diversamente, una teoria che voglia conservare l’affisso come unità morfologica ‘reale’ dovrà spostare il suo centro dalla nozione di segno a quella di funzione. Per lo scopo specificamente

grammaticale che esegue l’affisso, esso è, a rigore, un’unità strutturale specifica della morfologia. Il suo status all’interno della lingua è, differentemente dal lessema, distante dal lessico e in generale da quel ‘campo’ di fenomeni linguistici nel quale il concetto di segno trova terreno.

Nell’abbandonare il paradigma strutturale per quello generativo, la teoria linguistica ha fatto della sintassi il suo componente base. Anche in sintassi era necessario rappresentare il lessico ma gli strumenti sviluppati a questo riguardo hanno avuto poca considerazione delle unità affissali. Sopratutto i ‘modi’, in cui questi componenti formali agiscono, hanno goduto di scarsa attenzione. Ciò che riguardava la combinazione trovava il suo modello nella sintassi ed era adattato per lo più sulle parole. Non è scontato, quindi, dire che approcci differenti, sintattici e morfologici, mettono in evidenza aspetti diversi delle parole.

Ad esempio Chomsky in Aspect (1965) rivalutava, all’interno della teoria sintattica, l’importanza del lessico, descrivendolo nel seguente modo

«Each lexical item is to be supplied with syntactic, semantic and phonological information. The syntactic information for each item includes its category (Noun, Verb, ect.) and perhaps

subcategory (Proper Noun, Intransitive Verb, etc), as well as selection restrictions which relate

to syntactic or semantic characteristic of others items in the immediate syntactic context. In addition, lexical entries may be abbreviated by appeal to lexical redundancy rules»62

Il lessico tratta d’unità non scomponibili dotate di tratti categoriali e subcategoriali. Alcune restrinzioni di selezione ne determinano l’intorno sintagmatico. Le regole di ridondanza poi, risolvono la complessità lessicale, presentando le derivazioni come relazioni tra lessemi semplici e complessi. I

termini complessi non fanno parte direttamene del lessico ma sono ‘richiamati’ dalle relazioni rappresentate mediante le regole morfologiche. In questo modo non viene data nessuna realtà analitica ai suffissi perché l’unità combinatoria è la parola e non vi è riferimento a elementi sotto-lessicali. Così appesantito all’interno della grammatica, il lessico diventa fondamentale per la sintassi a discapito delle trasformazioni sintattiche, le quali, nei modelli precedenti, erano il centro del componente sintattico e, nella semantica generativa, giustificavano anche le costruzioni morfologiche.E’ nel lessico che la sintassi ha il suo principio e limite. Dalle parole è possibile proiettare le strutture sintagmatiche. Ad esse si attribuiscono tutti i tratti concernenti la loro distribuzione. È chiaro, a questo punto che la sintassi sia una teoria combinatoria i cui primitivi, le parole, appaiono essere segni caratterizzati nella loro interezza. Dal più semplice al più complesso, la sintassi costruisce le proprie formazioni garantendone la

composizionalità e la dipendenza dai primitivi lessicali.

Scendendo di livello troviamo una situazione differente. Anzitutto in morfologia non siamo in presenza di elementi ‘liberi’. I segmenti morfologici appaiono necessariamente ‘legati’ ad altri componenti del medesimo livello.63 La proiezione della ‘testa’ morfologica ha peculiarità che si motivano solo all’interno della costruzione lessicale. Il carattere del suffisso, lontano dall’essere quello di un segno biunivoco autonomo, ha il suo scopo ‘obbligato’ nella

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