V. IL RISCHIO SISTEMICO E I RIFLESSI SULLA GOVERNANCE ASSICURATIVA
5.4. CONSEGUENZE SULLA GOVERNANCE DELL’IMPRESA SISTEMATICAMENTE RILEVANTE
5.4.2. Un modello di governance “systemic stakeholders oriented”?
5.4.2.1. Sulla stabilità finanziaria come “nuovo” common good
Per meglio indagare tale aspetto, quindi, una breve premessa sull’evoluzione del concetto di bene pubblico può essere utile al fine di meglio collocare la locuzione “stabilità finanziaria” (o, in negativo, rischio sistemico) e le regole imposte all’agire privato per la tutela di tale bene.
Tradizionalmente i beni pubblici hanno trovato il loro ancoraggio costituzionale nel dettato dell’art. 42 Costituzione secondo cui la proprietà è pubblica o privata. E con tale espressione si è sempre fatto riferimento a beni materiali, ben individuati e sottoposti al regime speciale pubblicistico, tripartito in regime demaniale, di patrimonio indisponibile e di patrimonio disponibile.
Tuttavia, sin dagli anni 60’ e soprattutto nella dottrina americana608, si è andata sviluppando, dapprima in riferimento ai beni ambientali, una nuova interpretazione del regime di determinati beni che ha lentamente messo in discussione i capisaldi della regolazione pubblica, tra cui anche quelli, a parere di chi scrive, della regolazione finanziaria. Il problema è stato inizialmente studiato dalle scienze economiche e solo recentemente ha interessato anche quelle giuridiche.
Ciò che si intende evidenziare, con tale ragionamento è che sia nel sistema bancario che in quello assicurativo, si potrebbero rintracciare ipotesi di “imprese-funzione” o, quanto meno, di “funzionalizzazione” di alcuni aspetti o alcune fasi dell’attività
607 F. Denozza, La frammentazione del soggetto nel pensiero giuridico tardo-liberale, op. cit., 47:
“Arriviamo così ad una delle radici profonde della recente crisi. L’idea di poter procedere ad una governance puramente tecnica di ciascun frammento di realtà costruito intorno al suo appropriato maximand, l’occultamento del momento della scelta politica, la conseguente svalutazione della rilevanza del governo generale, ha condotto alla creazione di diversi sottosistemi, ciascuno impegnato a massimizzare l’interesse di una specifica categoria di soggetti, e ad una generalizzata miopia nei confronti del funzionamento del sistema nel suo complesso. E cos`ı l’ordinamento, tutto impegnato a supportare la razionalità di questo o di quel gruppo di agenti per favorire il più scorrevole svolgimento delle singole transazioni, ha perso completamente di vista l’equilibrio del sistema, e i rischi cui il tutto era esposto, anche a dispetto del buon funzionamento delle singole parti. […]. In sintesi, la frammentazione concettuale, con la conseguente concentrazione dell’attenzione sulla facilitazione delle capacità massimizzanti di ciascun sottosistema, ha indotto ad ignorare gli effetti che si andavano producendo sul sistema nel suo complesso. Ad ignorare, cioè, gli effetti disfunzionali che il pur corretto funzionamento di ciascuno dei sottosistemi poteva avere sul funzionamento di altri sottosistemi e, in definitiva, del sistema nella sua interezza”.
608 G. Hardin, The tragedy of commons, in Science, 1968, 162, 1243-1248; E. Ostrom, Governing the
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imprenditoriale609. “Così nell’ambito dell’attività assicurativa possono ritenersi funzionalizzanti alcuni vincoli imposti agli investimenti da effettuarsi a copertura delle riserve. Tali vincoli infatti trovano la propria giustificazione in scopi di politica economica diversi dalla semplice tutela dell’interesse del risparmiatore alla solvibilità dell’impresa; interesse che dovrebbe comunque rappresentare un limite invalicabile anche al loro perseguimento. Naturalmente non contrasta con le conclusioni così raggiunte la presenza di norme che consentono alle autorità creditizie il controllo dei flussi finanziari: si tratta di un controllo a livello macroeconomico che trova nel secondo comma dell’art. 41 il proprio fondamento costituzionale e che non incide sul contenuto delle scelte imprenditoriali”610, pur essendo incisa da un forte regime di vigilanza611.
Alcuni frangenti, dunque, della vita delle imprese vigilante, e in particolare di banche e assicurazioni, potrebbero esplicarsi in termini di funzione pubblica perché tesi a salvaguardare la stabilità finanziaria anche a discapito degli interessi dei soci e della società. Gli interventi legislativi che impongono l’ottica del lungo termine, infatti, costituiscono un chiaro esempio di come si sia creata una frattura tra interesse dell’impresa e interesse del mercato in cui opera e della società nel suo complesso612. Tali frangenti coincidono con momenti essenziali del fenomeno della corporate
governance e inducono a ripensarne i confini nell’ottica di un modello “systemic stakeholder oriented”. Tale modello si contrapporrebbe ai tradizionali modelli
elaborati nei sistemi anglosassoni del “shareholder value maximization model” e al più generico “stakeholder model”.
609 La riflessione è limitata ad alcuni ambiti e non anche all’attività assicurativa nel suo complesso. Per
alcuni approfondimenti del tema, in relazione all’ambito creditizio, S. Amorosino, Tipologie e funzioni
delle vigilanze pubbliche sulle attività economiche, in Dir. amm., 2004, 4, 723 ss.
610 G. Castellano e R. Costi, Attività bancaria e attività assicurativa nell’intermediazione finanziaria, in
Giur. comm., 1984, 45.
611 M. Nigro, La riforma della vigilanza sulle assicurazioni e la posizione dell’ISVAP, in Giur. comm.,
1984, 1046: “La vigilanza è legata al potere di direttiva e consiste e praticamente si esaurisce nell’accertare la conformità alle direttive dei comportamenti dell’istituto (in questo senso, la vigilanza sull’Istituto è più che un controllo di legittimità in senso tradizionale ma è meno che un controllo di merito, sempre in senso tradizionale”.
612 A. R. Admati, A sceptical view of financialized corporate governance, op. cit., 140: “To address the
problem of corporations transferring risk inefficiently to others and misallocating resources, it is important that incentives offered to managers create a long-term focus”.
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I due paradigmi menzionati si basano su diverse concezioni dell’impresa e si intrecciano con i temi dell’impresa quale “nexus of private contracts” e dell’impresa operante anche nell’interesse di una più ampia categoria di interessati, inclusi i lavoratori, i consumatori e più ampiamente la società613. Si tratta di temi sui quali la letteratura, specie giuscommercialistica, è pressochè sconfinata anche in virtù dei numerosi riflessi che l’una o l’altra concezione comportano nell’analisi degli istituti di diritto societario. In tale sede, dunque, si farà solo brevemente cenno di alcune parziali prospettive.
Come già proposto da parte della dottrina americana, l’obiettivo della corporate
governance nelle imprese sistematicamente rilevanti sembra andare oltre gli interessi
dei soci per includere la protezione dei soggetti interessati nei limitati termini del rischio sistemico614. A tal fine, occorre precisare che, secondo queste tesi, lo “systemic
stakeholder” sarebbe un attore socio-economico che potrebbe non essere
immediatamente e direttamente connesso con la società tramite l’usuale nesso di contratti (quali ad esempio lavoratori o fornitori o consumatori) ma che tuttavia ha più estese connessioni con la società. Di conseguenza, la protezione di tali “systemic
stakeholders” equivarrebbe alla protezione della stabilità e della sostenibilità
dell’economia e del sistema finanziario, la sua capacità di facilitare e rafforzare il processo economico, di gestire i rischi e di assorbire gli shock615.
Per sostenere la menzionata posizione, gli interpreti non solo evidenziano alcuni noti svantaggi della teoria orientata alla massimizzazione del profitto per i soci (tra i quali, ad esempio, le dimostrazioni empiriche secondo cui tale teoria non sempre porta a una
613 Tra gli studi più importanti sul tema, R. H. Coase, Nature of the firm, in Economica, 1937, 338: che
nel definire una teoria a spiegazione della intima essenza del concetto economico di impresa evidenzia come: “Outside the firm, price movements direct production, which is co-ordinated through a series of exchange transactions on the market. Within a firm, these market transactions are eliminated and in place of the complicated market structure with exchange transactions is substituted the entrepreneur-co- ordinator, who directs production”. La successiva letteratura si è poi concentrata sulla effettiva struttura con riferimento agli attori operanti nell’impresa, M. C. Jensen e W. H. Meckling, Theory of the firm:
managerial behaviour, agency costs and ownership structure, in Journal of financial economics, 1976,
3, 305-360.
614 S. Schwarcz, Misalingment: corporate risk-taking and public duty, in Notre Dame law review, 2016,
1, 92 ss.
615 Z. Xing Tan, Stewardship in the interests of systemic stakeholders: re-conceptualizing the means and
the ends of Anglo-American corporate governance in the wake of the global financial crisis, in Journal of business & technology, 2014, 169-212.
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maggiore reddittività dell’impresa e spesso esacerberebbe il fenomeno della speculazione sul breve termine con i conseguenti danni all’economia), ma dimostrano anche la forte opinabilità di alcune critiche mosse alla teoria del “systemic stakeholder”.
L’idea di una impresa gestita per gli stakeholder risale agli inizi del 900’ quando già alcuni interpreti evidenziarono, in riferimento alle grandi imprese, il potere delle medesime di incidere sulle vite altrui616. Tuttavia il modello proposto attualmente differirebbe da quello del secolo scorso in virtù della sua delimitazione entro i confini del rischio sistemico617.
Alla teoria “istituzionalista sistemica”, infatti, erano state mosse principalmente quattro obiezioni: i) l’essere tale teoria applicabile solo alle imprese finanziarie e non avere implicazioni di governance per quelle non finanziarie (non essere, invece, come il modello shareholders oriented, “ubiquitous”; ii) la protezione degli interessati sistematicamente rilevante sarebbe di competenza di altri regimi regolatori (ad esempio, le regole sul capitale), ma non della corporate governance che dovrebbe continuare a perseguire la massimizzazione dell’interesse dei soci; iii) che la protezione degli interessi sistemici condurrebbe a un obiettivo per la corporate
governance troppo ampio e non verificabile (e riproporrebbe il tema, sopra accennato,
della sostanziale irresponsabilità dell’organo gestorio per le ipotesi in cui siano violati doveri così ampi da non essere verificabili), iv) la protezione degli interessati sistemici escluderebbe il perseguimento della massimizzazione del profitto e dunque danneggerebbe la sopravvivenza dell’impresa618.
616 E. Merrick Dodd Jr., For whom are corporate managers trustees?, in Harvard Law review, 1932, 45,
1145-1163.
617 Z. Xing Tan, Stewardship in the interests of systemic stakeholders: re-conceptualizing the means and
the ends of Anglo-American corporate governance in the wake of the global financial crisis, op. cit.,
181: “One of the key advantages of a risk-based conception is that it is neither over-inclusive nor under- inclusive. Other theories which define a stakeholder as any group or individual who can affect or is affected by the firm are subject to the charge of being overbroad - based on such conceptions, even entities that have no clearly identifiable interests such as the natural environment, would also be considered a stakeholder. At the same time, it avoids being restricted to unduly narrow definitions which include only those actors who have immediate and contractual interactions with the company (for example, customers, suppliers and employees)”.
618 Sintetizza le quattro principali critiche e le confuta, Z. Xing Tan, Stewardship in the interests of
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Quanto al profilo di cui al punto iv), è stato evidenziato come tale canone, al pari di altri spesso citati obiettivi quali “la condotta etica” o la condotta ecologicamente responsabile, sarebbe troppo ampio. In realtà, mentre tali ultimi criteri devono essere misurati su multiple dimensioni, il rischio sistemico può essere chiaramente misurato con test quali “too big to fail test” o “interconnnection test” già utilizzati dalle autorità statunitensi619. La complessità tecnica della misurazione, di conseguenza, non
andrebbe confusa con l’eccessiva vaghezza riscontrata in altri ambiti: l’obiettivo della stabilità finanziaria perseguito dai sistemi di amministrazione, pertanto, sarebbe più identificabile e empiricamente verificabile rispetto alla responsabilità sociale d’impresa620.
Quanto al punto v), invece, contrariamente all’affermazione per cui il modello delineato sarebbe incompatibile con la massimizzazione degli interessi dei soci, alcuni studi hanno dimostrato come sia pienamente compatibile con il valore di lungo termine della società. Nella confutazione dei modelli proposti in dottrina, l’uno incentrato sulla primazia degli amministratori, l’altro sul potenziamento del potere dei soci, diversi orientamenti sono espressi sulle possibili articolazioni della governance, alternativamente incentrate su una stewardship comune tra amministratori e soci, o su una stewardship incentrata sul ruolo degli investitori istituzionali621.
Come già autorevolmente sostenuto, l’obiettivo finale dei regolatori non è meramente la protezione delle controparti contrattuali o del settore industriale regolato, essendo di fronte invece al desiderio di ottenere cambiamenti che proteggano anche e soprattutto il bene pubblico622.
Sembra profondamente condivisibile, dunque, l’opinione di chi ha sostenuto la configurabilità di un vero e proprio “public governance duty” in virtù del quale
governance in the wake of the global financial crisis, op. cit., 171; sugli stessi temi anche D. Min, Balancing the governance of financial institutions, in Seattle University law review, 2017, 40, 763-764.
619 Z. Xing Tan, Stewardship in the interests of systemic stakeholders: re-conceptualizing the means and
the ends of Anglo-American corporate governance in the wake of the global financial crisis, op. cit.,187.
620 E. Wynmeersch, Corporate governance and financial stability, in Financial law istitute working
paper, 2008-2011, www.sssrn.com.
621 I. H-Y Chiu, Institutional shareholders as stewards: toward a new conception of corporate
governance, in Brooklyn journal corporate finance & commercial law, 2012, 387-432.
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l’amministrazione di un’impresa sistematicamente rilevante ha l’obbligo di valutare l’impatto di quella assunzione di rischi sul pubblico così come sugli investitori e di bilanciare i costi e i benefici usando il principio di precauzione per proteggere il pubblico623. È stato evidenziato infatti come il rischio sistemico abbia complicato il concetto stesso di eccessiva assunzione di rischio e abbia dunque impedito, in sede di giudizio di responsabilità dei singoli amministratori, un’effettiva allocazione di responsabilità, così di fatto lasciando senza sanzioni i soggetti posti ai vertici delle imprese responsabili durante la crisi finanziaria624.
La conseguenza di un tale approccio è un inevitabile indebolimento dell’operatività della business judgment rule e dunque un ambito di responsabilità degli amministratori più ampio rispetto alle tradizionali imprese di diritto comune. La ragione di questa differenziazione può essere individuata, da un lato, nel fatto che “la società civile” non può incidere, a differenza dei soci, sull’operato degli amministratori (votando la loro revoca, per esempio); dall’altro, nella constatazione per cui la lesione di un interesse pubblico viola di per sé la regola basilare dell’assenza del conflitto di interessi che deve essere ponderato tra amministratore e interesse pubblico per l’appunto625.