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Lo sviluppo delle company town: Dalmine

Un caso del tutto particolare sulla via che conduce dal paternalismo ottocentesco alla "fabbrica totale" è rappresentato dalla Società Dalmine, nata nel 1906 con capitali italiani e tedeschi e la denominazione di Società Anonima Tubi Mannesmann. Dopo la crisi legata alla riconversione post-bellica, nel 1920 viene fondata un anuova impresa, denominata Società Anonima Stabilimenti di Dalmine. Lo stabilimento sorse in una zona rurale nei pressi di Bergamo, a Sabbio, nel 1907. La scelta dei terreni per la costruzione della fabbrica dipende dall'abbondanza della manodopera presente in loco, di acqua necessaria agli impianti e dal basso costo dei terreni. L'azienda è titolare del brevetto per la laminazione dei tubi in acciaio senza saldatura e passa, nei primi anni Trenta, sotto il controllo dello Stato. Negli anni del fascismo il villaggio costruito per ospitare gli operai conosce un rapido sviluppo, anche riguardo all'offerta di servizi assistenziali e ricreativi. Gli enti pubblici locali sono favorevoli ad eliminare le tasse sulle materie prime nei confronti dell'azienda e si prodigano nell'allacciarla alla linea tramviaria di Bergamo, agevolandone le possibilità di investimenti.

Ben presto l'insediamento diventa uno dei più compiuti esempi di fabbrica totale. Tra il 1911 e il 1912 vengono costruite le prime case residenziali per gli impiegati e i dirigenti. Contemporaneamente si procede alla realizzazione delle prime palazzine per gli operai. In questo primo periodo erano garantiti soltanto un servizio di vigilanza e la presenza di un medico, in più la dirigenza si impegna a sostenere finanziariamente sia un servizio di ostetricia sia le spese cimiteriali del comune di Sabbio. È negli anni Venti che si apre una nuova fase, in seguito alla fine della prima guerra mondiale che determina l'uscita dei capitali tedeschi dalla direzione dell'azienda. L'insediamento si completa intorno al 1924, ad opera dell'architetto Greppi. Il quartiere operiao è composto da 25 edifici a due piani, per un totale di 120 appartamenti, ognuno dotato di un orto, di acqua corrente e di luce elettrica. Dalla parte opposta della fabbrica, viene eretto il quartiere Leonardo da Vinci, destinato agli impiegati, secondo l'ormai classico modello della zonizzazione. Qui vi sono 30 case bifamiliari con ampio giardino posto sulla piazza principale. È qui che vengono realizzati tutti gli impianti sportivi, con campi da golf, da calcio, piste di atletica leggera, ecc...

Dai tre preesistenti comuni di Sabbio, Mariano e Sforzatica nasce il municipio di Dalmine, che non a caso assume il nome dell'azienda, palesando l'identificazione sempre più totale tra l'azienda e il territorio. La carica di podestà, creata dal regime fascista, viene affidata a Ciro Prearo, direttore amministrativo e gestore dei servizi assistenziali e ricreativi, in carica ininterrottamente fino al 1943. Alcune importanti istituzioni vengono aperte di fronte alle porte dello stabilimento, creando un terzo settore oltre a quelli già descritti. Si tratta di un forno, di un magazzino, di un macello, di un asilo, si una colonia elioterapica e delle scuole per i figli dei lavoratori. Anche la chiesa, il palazzo comunale, la Casa del Fascio e la sede del Dopolavoro aziendale sorgono qui negli anni a seguire. La crescita della popolazione occupata nell'impresa è costante nel tempo, raggiungendo, nel 1940, le 5.500 unità. Alla stessa data gli abitanti totali del villaggio sono 7.300. questo aumento viene assorbito da un terzo nucleo abitativo, il quartiere Centro, composto da abitazioni per gli operai e numerosi esercizi commerciali. La Società si muove su tre fronti principali: salute, previdenza e assistenza. Nel primo caso si tratta di migliorare le condizioni fisiche degli operai attraverso una sana e corretta alimentazione che si opponga all'abuso di alcolici. Per ciò che rigurda gli altri campi vengono realizzati un ambulatorio, una Casa di riposo per anziani, una Cassa di previdenza per gli impiegati. Nel 1935 nasce la società Pro Dalmine, incaricata di gestire il patrimonio immobiliare non industriale della città, e tutte le opere sociali, ricreative, culturali e

assistenziali9. Vengono distribuite anche delle borse di studio e dei prestiti ai dipendenti per

l'acquisto della casa. La Pro Dalmine, ricalcando alcuni esempi di paternalismo ottocnetesco, si impegna direttamente nella produzione agricola dei beni alimentari venduti negli spacci aziendali. Un simbolo dei provvedimenti del regime nei confronti delle nuove generazioni sono le colonie elioterapiche, al centro di numerosi convegni e provvedimenti. Anche la Dalmine partecipa a questa organizzazione, con la creazione, oltre a quella elioterapica, di una colonia marina a Riccione nel 1938, di una colonia montana e di una crenoterapica nel bergamasco. Anche la formazione non viene trascurata, sono infatti previste scuole di apprendistato, suole elementari, scuole operaie e professionali, facendo di Dalmine la città industriale modello dell'ideologia fascista.

Ad ampliamento della propria attività, nel 1943, dopo essersi associata alla Innocenti Safta, la Dalmine costruisce uno stabilimento ad Apuania, nella zona tra Massa e Carrara, dedito alla costruzione di tubi in acciaio per la ricerca petrolifera. A Massa si realizza un nucleo di alloggi e servizi per impiegati, capisquadra e operai qualificati, con un progetto a firma dello stesso Giovanni Greppi. Dalmine non è tenuta d'esempio solo per quanto riguarda l'impianto strutturale del villaggio ma anche e soprattutto per la fornitura dei servizi assistenziali e ricreativi. Nel periodo del secondo dopoguerra la disoccupazione diffusa nell'area permetterà alla Società di esercitare la massima libertà nelle assunzioni, aggirando il pericolo di rivendicazioni operaie10. Nel 1954, infatti, la direzione dello stabilimento

ringrazierà i propri dipendenti per non aver partecipato alle agitazioni operaie, al contrario di Dalmine, dove conducono all'occupazione degli impianti. Nel settembre dello stesso anno la Dalmine Safta procederà ad un ulteriore ampliamento dei propri impianti, fondando una filiale in Argentina, a Campana, nello stato di Bueons Aires.

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