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I.R.PE.F.– imposta sostitutiva – definitività rivalutazione con versamento prima rata – sussiste - diritto al rimborso – non sussiste.

In tema di rivalutazione agevolata dei cespiti patrimoniali, la scelta del contribuente di optare per la rideterminazione del costo di acquisto della partecipazione costituisce atto unilaterale dichiarativo di volontà che giunto a conoscenza dell’Amministrazione Finanziaria (attraverso il pagamento dell’imposta sostitutiva) comporta di per sé quale suo effetto la rideterminazione del valore della partecipazione e non può essere revocato per scelta unilaterale del contribuente. Una volta soddisfatte le condizioni prestabilite per accedere al beneficio, con la redazione della perizia e il versamento della prima rata d’imposta nei termini previsti, si determina il perfezionamento dell’obbligazione tributaria, per cui il contribuente non può più modificarne gli

effetti e ottenere il rimborso delle somme corrisposte. C.B.

Proventi illeciti

Sez. n. 2, sentenza n. 393/2019

del 21 maggio 2019, Presidente rel. Russo Giuseppe.

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I.R.PE.F.– redditi diversi – proventi illeciti – distrazione di fondi di associazione – contestazione – prova contraria – qualificazione.

Allorché da un controllo svolto nei confronti di una associazione sportiva dilettantistica emerga la distrazione di fondi, a fini personali, da parte del presidente della medesima, spetta a quest’ultimo, a fronte dell’imputazione a suo carico di tali somme a titolo di “proventi illeciti”, l’onere di dimostrare che i predetti fondi siano stati comunque destinati ad attività connesse alla gestione dell’associazione. Ma.T.

Redditi di capitale

Sez. n. 2, sentenza n. 30/2019

del 23 gennaio 2019, Presidente rel. Russo Giuseppe.

I.R.PE.F.-redditi di capitale - in genere - società di capitali - ristretta base societaria – accertamento societario per IRES - presunzione di distribuzione degli utili ai soci - legittimità - sussiste.

Trattandosi di società a ristretta base societaria, nel caso di specie di un unico socio che detiene il 100% delle quote societarie, nonché di soggetto che è anche amministratore unico della società e rappresentante legale della stessa, il rapporto tra l'accertamento di un maggiore reddito nei confronti della società di capitali e l'accertamento nei confronti dell'unico socio della stessa, quale percettore di utili, consolida una legittima

presunzione di attribuzione di utili extra-bilancio. U.S.

Sez. n. 3, sentenza n. 158/2020

del 18 febbraio 2020, Presidente Corder Paolo, Relatore Villacara Antonio.

IRPEF – società a ristretta base sociale – definitività dell’accertamento in capo alla società – presunzione di distribuzione degli utili ai soci – sussiste.

Nelle controversie riguardanti le società a ristretta base sociale, nel caso in cui la definitività dell'accertamento societario abbia di riflesso comportato l’attribuzione al socio di una quota di utili accertati in capo alla società corrispondente alla quota di capitale detenuta, vale la presunzione di attribuzione pro quota ai soci degli utili extracontabili accertati in capo alle società partecipate a ristretta base sociale, che può essere superata solo qualora venga dimostrato che i maggiori ricavi accertati in capo alla società siano stati accantonati o reinvestiti.

IRPEF – società a ristretta base sociale – presunzione di distribuzione degli utili ai soci – redditi di capitale – contributi previdenziali – pagamento – obbligo – non sussiste.

Nelle controversie riguardanti le società a ristretta base sociale, nel caso in cui la definitività dell'accertamento societario abbia di riflesso comportato l’attribuzione al socio di una quota di utili accertati in capo alla società corrispondente alla quota di capitale detenuta, su tali redditi non sono dovuti i contributi previdenziali, posto che sono qualificabili come redditi di capitale. A.V.-E.D.S.

Sez. n. 4, sentenza n. 519/2020

del 7 ottobre 2020, Presidente Napolitano Luisa, Relatore Mercurio Francesco.

Irpef – tassazione dividendi – accollo del debito per dividendi da parte del cessionario d’azienda - incasso giuridico dividendi – non sussiste.

La tassazione dei dividendi avviene per cassa; non è applicabile la tesi dell’incasso giuridico (in virtù della quale la rinuncia a crediti correlati a redditi che vanno tassati per cassa comporta l’avvenuto incasso giuridico

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dei crediti e quindi l’obbligo di sottoporli a tassazione), in caso di accollo del debito per dividendi da parte del cessionario di usufrutto di azienda, poiché non si verifica in tal caso alcuna rinuncia al credito per dividendi da parte del socio, né alcun arricchimento della società partecipata (con conseguente aumento del valore della partecipazione), tali da innescare il presupposto impositivo. M.D.C.

Conforme a Sez. 4, n. 520/2020 del 7.10.2020. In tema di incasso giuridico, cfr Sez. 6, n. 465/2020 del 29.9.2020, che l’ha ritenuto realizzato in caso di giroconto del debito per TFM maturato dall’amministratore deceduto, a debito nei cfr degli eredi/soci.

Riferimenti normativi: artt. 45, 47, 88, 95, comma 6, e 101, comma 7, d.P.R. n. 917 del 1986.

Redditi d’impresa

Sez. n. 2, sentenza n. 668/2020

del 16 novembre 2020, Presidente Guidorizzi Marzio, Relatore Donella Marco.

IRPEF – accertamento - impresa familiare – maggiori redditi - imputabilità al contribuente titolare di impresa familiare – legittimità - sussiste.

Il maggior reddito accertato in capo ad un’impresa familiare deve essere interamente imputato al titolare dell’impresa stessa, poiché il solo reddito indicato in dichiarazione è suddivisibile tra i componenti

dell’impresa familiare. M.T.

Redditi di lavoro dipendente

Sez. n. 4, sentenza n. 319/2020

del 27 agosto 2020, Presidente Valmassoi Giovanni, Relatore Corletto Daniele.

Reddito di lavoro dipendente – credito per le imposte pagate all’estero – detrazione esercitata in una dichiarazione relativa ad annualità successive a quelle di insorgenza dei redditi – spettanza – sussiste – omessa esposizione del credito nella dichiarazione relativa all’anno di percezione del reddito e a cui si riferiscono le imposte estere – decadenza – non sussiste – termine per l’esercizio del diritto – è quello di prescrizione decennale ex art. 2946 c.c. – divieto di doppia imposizione – sussiste

La detrazione del credito per le imposte pagate all’estero su un reddito ivi prodotto spetta con riferimento all’anno d’imposta in cui è prodotto il reddito stesso, ma se ne può usufruire anche in periodi d’imposta successivi, riliquidando l’imposta già versata, a norma dell’art. 165, comma 6, del d.P.R. n. 917 del 1986. Se pure è vero che la legge prevede in linea di massima tale possibilità con riferimento all’ipotesi in cui il pagamento a titolo definitivo dell’imposta estera avvenga successivamente alla presentazione della dichiarazione dei redditi per l’anno di percezione del reddito estero, tuttavia la disposizione introduce in sostanza il principio che consente al contribuente di utilizzare, in detrazione dalle imposte dovute per altri anni di imposta e nei limiti della relativa capienza, il credito d’imposta che risulta dall’avvenuta doppia imposizione.

A differenza della precedente versione, l’attuale testo del comma 8 del citato art. 165 non prevede più, in modo espresso, la decadenza dal diritto in caso di omessa presentazione della dichiarazione o di omessa indicazione dei redditi prodotti all’estero nella dichiarazione presentata, cosicché è possibile ricavare la regola che il credito per le imposte assolte all’estero può essere fatto valere nell’ordinario termine di prescrizione decennale ex art. 2946 c.c. Va osservato che l’indicazione del credito d’imposta nella

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dichiarazione dei redditi dell’anno di competenza costituisce un adempimento di forma volto ad impedire comportamenti di evasione e a facilitare il controllo da parte dell’Agenzia delle entrate. Nel caso di specie, nessun comportamento di tal genere può essere rimproverato al contribuente, il quale, in quanto percettore di solo reddito di lavoro dipendente, ha adempiuto agli obblighi fiscali tramite presentazione da parte del datore di lavoro del mod. 770 e del CUD e non ha affatto tenuto nascosto il reddito conseguito all’estero.

Esiste un principio generale dell’ordinamento tributario, non derogabile nel caso di specie, secondo cui, in applicazione della regola costituzionale della commisurazione del dovere fiscale alla capacità contributiva, è vietata la doppia imposizione e prescrizioni di natura formale non possono prevalere sulla fedeltà alla ratio ed allo spirito dell’art. 165 del d.P.R. n. 917 del 1986 (nel caso di specie, si trattava di un contribuente che, nella propria dichiarazione, aveva esposto in detrazione dal reddito dell’anno 2013 il credito per le imposte pagate all’estero per i redditi ivi conseguiti, come lavoratore dipendente, negli anni 2007, 2008 e 2009;

l’Ufficio, in esito al controllo formale ex art. 36 ter del d.P.R. n. 600 del 1973, aveva rettificato la dichiarazione negando il riconoscimento del credito in questione in quanto tale credito non era relativo all’anno di

competenza). R.B.

C.T.P. di Treviso, Sez. n. 2, sentenza n. 174/2020

del 3 dicembre 2020, Presidente Chiarelli Pierluigi,