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4. LA PRODUZIONE NARRATIVA DI PREADOLESCENTI DIALETTOFONI CON DISLESSIA

4.3 M ATERIALI E METODO

4.3.4 T RASCRIZIONE E SCORING DEI PUNTEGGI

Per la trascrizione dei testi narrativi si è scelta una procedura metodologica che consentisse, in una prima fase, la trascrizione di tutti gli elementi prodotti dai partecipanti, compresi tutti quegli espedienti comunicativi chiamati mazes; questi sono descritti in letteratura come tutte quelle interruzioni, false partenze, riformulazioni, autocorrezioni, pause ed inizi di parola e/o frase che si osservano in un testo prodotto oralmente (Loban, 1976). Data la loro frequente ricorsività in tutte le produzioni orali (semi-)spontanee e non, di bambini e adulti a sviluppo tipico e atipico, sono spesso oggetto di analisi sia da parte della letteratura linguistica, che ne ha indagato la presenza nelle produzioni di bambini monolingui nei primi anni di sviluppo (Loban, 1976), così come in quelle di bambini con disturbo specifico del linguaggio (Thordardottir, Weismer, 2002) e bilingui a sviluppo tipico (Fiestas, Pena, Nagy, Cohen, McAlister, 2005).

Negli studi precedentemente citati, gli autori e le autrici hanno condotto analisi differenziali tra la produzione di testi narrativi con e senza mazes, evidenziando, ad esempio, importanti differenze quantitative fra l’eloquio spontaneo di monolingui e bilingui, per cui questi ultimi farebbero più spesso ricorso a ripetizioni sia a livello di parola che a livello di frase (Fiestas, et al., 2005). Secondo Thordardottir e Weismer (2002), i bambini con disturbo linguistico produrrebbero invece un numero

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significativo di content mazes, ovvero di revisioni a livello lessicale e morfosintattico, pur comportandosi come i loro coetanei a sviluppo tipico per quanto riguarda l’uso di pause.

Ai fini del presente studio, l’uso dei mazes all’interno delle trascrizioni non è stato finalizzato ad un’analisi differenziale tra la produzione narrativa con e senza mazes, come negli studi precedenti. La natura di queste particelle discorsive raramente informative a livello semantico fa infatti sì che esse non siano necessarie all’interpretazione lessicale e morfosintattica delle C-units (Hunt, 1965) all’interno delle quali si trovano (Loban, 1976). Il loro utilizzo nel presente studio è stato quindi scelto per procedere ad una trascrizione dei testi narrativi che consentisse una migliore valutazione degli elementi informativi in essi presenti. In un primo momento, il testo è stato trascritto comprendendo tutti i mazes prodotti dai soggetti, includendo quindi tutte le pause, i commenti personali, le ripetizioni di lemmi e di singole frasi, le interruzioni e le autocorrezioni. In un secondo momento, una nuova trascrizione è stata elaborata, in cui si è proceduto all’eliminazione di tutti gli elementi sopra citati, permettendo a chi scrive di svolgere un’analisi di tutti gli elementi realmente funzionali all’interpretazione lessico-semantica delle C-units totali. Per effettuare le eliminazioni, si è tenuto conto di parametri metodologici precedentemente utilizzati in uno studio condotto da Carlomagno, Vorano, Razzano, Marini (2013) sulle abilità narrative in pazienti afasici adulti. Considerate le ovvie differenze tra le due popolazioni indagate, così come quelle tra gli obiettivi del presente studio e quello di Carlomagno e colleghi (a sua volta ispirato al lavoro di Nicholas e Brookshire (1993) sul medesimo tema), l’uso della presente metodologia è stata limitata alle regole di conteggio e valutazione di quei contenuti che fossero realmente poco informativi all’interno delle singole C-units. Nella presente tabella sono perciò illustrati tutti gli item oggetto di tale valutazione preliminare (per un approfondimento, si veda l’Appendice in Carlomagno, et al. (2013) e l’Appendice B del lavoro originale di Nicholas e Brookshire (1993)):

Tabella 7. Valutazione funzionale degli item ispirata a Carlomagno et al. (2013) Elementi non conteggiati (in corsivo) Elementi conteggiati (sottolineati) Commenti, riflessioni personali,

dichiarazioni pronunciate dai soggetti che esulano dal racconto della storia: “C’ era nu top suttə un albero, e un cane, nu cän la, lu

vi- , non so come si dice, non so parlare molto bene in dialetto, nu cän lu vira”3

“Parafasie semantiche, fonemiche o neologismi (sostituzioni di fonemi) che siano riconducibili ad una parola che abbia a che fare col contesto” (Carlomagno, et al., 2013): “U cän u trova a inseguire”;

3 Gli esempi ivi riportati corrispondono a produzioni narrative semi-spontanee prodotte dai soggetti durante le due prove

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Item lessicali e funzionali tronchi o oggetto di sostituzione e autocorrezione da parte del soggetto: “Il gatto, intanto, era già, si stava

face- era, si è fatto male perché è entra- è, uh, è stato sopra delle spine che lo facevano

male”;

Verbi putandi che esprimono una opinione del soggetto rispetto a ciò che accade nella storia, ma sono funzionali alla narrazione: “quella che si vede penso che sia la mamma”

Ripetizioni non rafforzative e quindi non necessarie: “Allora n’ è, n’ è zumpata a, a ru guagnun n’ è zumpata a palla intr' u ma- ,

intr' u matt”;

Ripetizioni sotto forma di sinonimi, utilizzati come rafforzativo: “però u topolin si ficca suttə l’ alberə (si, passa, no, veramente) passa suttə l’ arberə”;

Intercalari, particelle modali, connettivi pragmatici non funzionali alla valutazione semantica dei contenuti narrativi: “…e quindi appoggiò le salsicce sul terreno, c’è,

diciamo, sulla strada”;

Item lessicali o funzionali in lingua non-target prodotti prima di o dopo una corretta produzione in lingua-target: “e la mamma, a mammsa aciellə ghera felice”; “si butta intr’ u stagn e aiutò la, a pecurella” 4;

Pause e tentennamenti indicati da segni grafici: “U cän, uh, s’ è, uh, per pijarlo, ha sbattutə a capa”.

Neologismi frutto di una evidente sovrapposizione tra lingua target e non target: “U cän s’ arraggiò, s’arrabbiò e pijò u gatt i ra cuda, e lo fice cadirə” 5.

Al fine di far comprendere le differenze quantitative emerse rispetto all’eliminazione dei mazes dai testi narrativi, riportiamo nelle seguenti tabelle i dati relativi al conteggio dei token totali nelle produzioni in retelling dei partecipanti. Il conteggio dei token è avvenuto attraverso lo strumento di

4 Questa scelta è dovuta soprattutto alla necessità di includere, all’interno del testo narrativo, item che permettano

un’adeguata misurazione di code-switching e code-mixing, limitando il pericolo di una sottostima di questi indici di misurazione e, di conseguenza, una descrizione meno precisa delle abilità linguistiche nella lingua target.

5 Gli item ivi prodotti sono frutto di una italianizzazione del dialetto: agli item dialettali (“arraggiärə” arrabbiarsi, “pijarə” prendere, “cura” coda, “carìrə” cadere) vengono applicati morfemi lessicali e verbali propri dell’italiano; in particolare, i verbi vedono l’innesto del morfema flessionale [-ò] indicativo della terza persona del passato remoto italiano, caduto in disuso nel dialetto coriglianese e, più in generale, nei dialetti della Calabria settentrionale (Rohlfs, 1969; Falcone, 1976; Trumper, 1997).

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analisi computazionale Dylan Tool (v2.1.9), sviluppato dall’Istituto di Linguistica Computazionale “Antonio Zampolli” di Pisa 6.

Tabella 8. Conteggio token testi narrativi (retelling – italiano)

Conteggio parole totali (con mazes) Conteggio parole totali (senza mazes)

GRUPPO M (DS) M (DS) GC1 172 (19,8) 128 (19,15) GS1 137 117 GC2 144 (22,4) 122 (10,4) GS2 175 134 GC3 165,2 (25,15) 140,25 (16,7) GS3 130 103

Tabella 9. Conteggio token testi narrativi (retelling – dialetto)

Conteggio parole totali (con mazes) Conteggio parole totali (senza mazes)

GRUPPO M (DS) M (DS) GC1 186 (45,8) 130,5 (31,09) GS1 200 130 GC2 170,7 (46,3) 136 (23,5) GS2 224* 147* GC3 189 (20,3) 143,5 (28,05) GS3 169 132

*token prodotti in lingua non target

Come è possibile notare dal dato sulla produzione in dialetto, una precisazione si rende necessaria rispetto alla produzione di GS2 in questa lingua: nonostante la partecipazione attiva alla sperimentazione e l’esposizione al dialetto fin dalla nascita (cfr. Tab. 2), questi non ha mai prodotto alcun token in dialetto nel corso della prova. A differenza di GS1 e GS3, infatti, GS2 ha esclusivamente prodotto token in lingua non target durante la sperimentazione in L2, prediligendo sempre l’uso dell’italiano durante la narrazione. A conferma di ciò vi è anche il dato riferito alla misurazione dei fenomeni di code-switching e code-mixing, effettuata sulla percentuale di token

6 Lo strumento di analisi testuale può essere ritrovato al presente link (ultima consultazione: 10/07/2020):

http://www.ilc.cnr.it/dylanlab/apps/texttools/?tt_user=guest .

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prodotti in lingua non target e di “code-mixed” token (cioè lemmi “pidgin” originati dall’italianizzazione di parole dialettali) in rapporto alle parole totali del testo, che illustriamo nella seguente tabella:

La presenza di questi fenomeni di commutazione e mescolanza linguistica può essere vantaggiosa da un punto di vista analitico, perché permette un’osservazione diretta del grado di autonomia espressiva raggiunto dai partecipanti nella L2 e della loro capacità di rimodulazione degli elementi microstrutturali in quella lingua (Heredia, Altarriba, 2001). Sembrerebbe infatti che i bambini con DSL siano capaci di utilizzare il code-switching senza difficoltà, al di là delle singole difficoltà linguistiche (Gutiérrez-Clellen, Simon-Cereijido, Erickson Leone, 2009). Inoltre, considerando che il bilinguismo italiano/dialetto è praticamente fondato sul principio di intercambiabilità tra i due codici all’interno delle produzioni orali dei parlanti della medesima comunità (Berruto, 2011; Cerruti, 2011, 2016), trascurare quest’aspetto non sarebbe stato possibile e, anzi, avrebbe comportato una vera e propria pecca metodologica. Sicuramente, ci è molto utile per comprendere la differenza tra la produzione in dialetto di GC2 e quella di GS2. È possibile infatti che la competenza di questo soggetto in dialetto sia per lo più passiva e non sufficiente alla produzione di testi semi-spontanei, cosa che rende impossibile la valutazione della sua competenza bilingue. Una stima effettiva della competenza morfosintattica di GS2 in L2 risulterebbe a questo punto del tutto aleatoria, considerando che il confronto con il gruppo di controllo in dialetto avviene, in realtà, su due lingue diverse. Rimane comunque possibile un’analisi degli elementi macrostrutturali ed un confronto con quelli prodotti dal

Tabella 10. % code-switching e code-mixing (retelling - dialetto) N° token

prodotti

% token in lingua target

% token

in lingua non target

% token “code-switched” M (DS) M (DS) N M (DS) N M (DS) N GC1 130,5 (31,09) 55% (0,2) 75,25 (42,2) 31% (0.20) 37,2 (20,5) 0% (0,005) 0,25 (0,5) GS1 130 54% 70 31% 40 5% 6 GC2 136 (23,5) 66% (0,18) 87,25 (20,6) 18% (0,18) 24,2 (26,8) 1% (0,01) 1,5 (1,9) GS2 147 0% 0 89% 131 0% 0 GC3 143,5 (28,05) 68% (0,29) 102,7 (53,4) 19% (0,25) 21,7 (27,1) 1% 0,75 (0,9) GS3 169 70% 93 16% 21 1% 1

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campione di controllo, poiché, anche se in lingue diverse, i copioni delle due storie sono pressoché identici per struttura, numero di personaggi, ruoli narrativi e numero di stati mentali.

Il coding degli elementi macrostrutturali è avvenuto a partire dal singolo testo narrativo soggetto ad eliminazione dei mazes. Ai fini dell’analisi, due parametri sono stati presi in considerazione, ovvero i punteggi relativi alla struttura episodica della storia (story structure) e al numero di lemmi indicativi di stati mentali ed emotivi (internal state terms) prodotti. Questi parametri permettono la valutazione della macrostruttura narrativa della storia prodotta dal soggetto, dalla cui struttura episodica si può derivare il grado di complessità linguistica raggiunto dai partecipanti (Roch, et al., 2016; Tsimpli, et

al., 2016; Gagarina, et al., 2012; 2019). La struttura dei copioni sperimentali del LITMUS-MAIN

(Cat/Dog Story) si costruisce infatti sulla base di tre episodi principali, ognuno dei quali ha un protagonista a cui vengono attribuiti 2 stati mentali (all’inizio e alla fine dell’episodio), un obiettivo principale da raggiungere, un tentativo di raggiungimento del determinato obiettivo e un risultato, positivo o negativo, conseguito dal protagonista. Ad ognuno di questi elementi è stato attribuito 1 punto all’interno della griglia di valutazione del LITMUS-MAIN, per un totale di 17 punti per quanto riguarda la struttura della storia. Il numero di IST è stato invece conteggiato attribuendo 1 punto per ogni verbo percettivo (“vedere”, “sentire”, “notare”, ecc.) e psicologico (“spaventarsi”, “arrabbiarsi”, pinsarə “pensare”, vulirə “volere”, etc.), oltre che ai verbi dicendi (“gridare”, “abbaiare”, “miagolare”, “dire”, etc.), così come per ogni lemma espressivo di emozioni e stati mentali (arraggiatə “arrabbiato”, tristə “trist”, spagnatə “spaventato”, “affamato”, “curioso”, etc.).

Per l’analisi degli elementi microstrutturali, sono state prese in considerazione altre due categorie analitiche: la diversità lessicale e la percentuale di frasi subordinate. Attraverso l’analisi di questi due parametri si è voluto valutare, oltre alla ricchezza lessicale dei soggetti, anche il grado di complessità morfosintattica presente all’interno delle loro produzioni (Andreou, Tsimpli, 2020; Tsimpli, et al., 2016). La valutazione della diversità lessicale è avvenuta sulla base del rapporto type/token (ovvero il rapporto tra parole diverse e parole totali) all’interno del testo narrativo, calcolato attraverso lo strumento di analisi testuale Dylan Tool v2.1.9, una volta che il testo è stato oggetto di revisione ed eliminazione di tutti i mazes e quindi di tutti i contenuti non informativi. La percentuale di frasi subordinate prodotte è invece stata calcolata in rapporto alle frasi totali (intese come le frasi che contengono il verbo, Hoyt, 2009) prodotte all’interno del testo narrativo.

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