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MP (I wish I knew...)

Yitzhak Katzenelson, “Il canto del popolo ebraico massacrato”, canto VI (riduzione)

(L2) - L'ho guardata quella bimbetta di due anni che pareva una nonna – cent'anni sembrava che avesse, così seria nella sua grande pena.

E poi c'era una bambina di cinque anni che dava da mangiare al fratellino in lacrime…

Intingeva un pezzetto di pane secco in una marmellata acquosa e lo portava abilmente in quella piccola bocca. Ridendo gli ha asciugato una lacrima…

parlando lo ha riempito di gioia.

MPP

Da un racconto di Carlotta Sami, portavoce dell'UNHCR (adattamento) - Leggono: Mariam Mousli, di origine siriana, e la figlia Lara.

(L1) - La felicità di Tala è durata solo un anno.

Dal giorno in cui è nata ad Aleppo, a quando hanno cominciato a piovere bombe, i vetri delle finestre spaccati dalle pallottole, le urla e la paura.

A un anno ha iniziato a scappare. A un anno ha perso la mamma.

Ha lasciato la Siria, mano nella mano col suo papà, un ragazzo di 32 anni.

Hanno provato a vivere da rifugiati in Turchia. Senza nulla con sé.

Il papà deve aver pensato che quella non era vita per la piccola Tala.

Allora si è affidato a un Caronte Turco che gli ha promesso di fargli attraversare l'Evros, il fiume che separa Turchia e Grecia.

Avranno impiegato almeno due giorni ad attraversarlo: Caronte li ha lasciati al primo canale. L'acqua sino al petto e papà con Tala sulle spalle e un braccio alzato per tenere asciutto il fagotto con i vestitini di ricambio.

Stremati e fradici hanno camminato nei boschi, il fango e la neve alle ginocchia.

Senza più forze si sono buttati in un casotto di cemento. Papà ha raccolto dei rametti ma non ha acceso il fuoco. Con le ultime forze ha messo a Tala i vestitini asciutti. Poi lentamente è morto.

Hanno trovato Tala per caso: il sindaco del paese passava di là per controllare le capre e nello specchietto dell'auto ha visto una piccola creatura con i riccioli scuri.

Non diceva una parola, non piangeva. Respirava lì, su quella strada di fango, in mezzo a chilometri di desolazione.

Entrando a guardare il giaciglio ha trovato il suo documento, e un calzino rosa con i fiori.

S

Ora Tala è in una comunità greca.

BRANO-11: I wish I knew how it would feel to be free

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Voglio sentire le vostre voci MP (Wiegala)

Shlomo Venezia, “Sonderkommando Auschwitz”

(L2) - Testimoniare rappresenta un enorme sacrificio, riporta in vita una sofferenza lancinante che non mi lascia mai. Tutto va bene e, d'un tratto, mi sento disperato. Appena provo un po' di gioia, qualche cosa si blocca dentro; la chiamo “la malattia dei sopravvissuti”.

Liliana Segre, “Come una rana d'inverno”

(L1) - I primissimi tempi avrei tanto voluto parlare, ma non trovavo orecchie che mi ascoltassero… Avrei voluto parlare a lungo… ma ho capito che non c'era alternativa al silenzio.

S

Primo Levi, “Se questo è un uomo”

(L2) - Allora… ci siamo accorti che la nostra lingua manca di parole per esprimere questa offesa, la demolizione di un uomo… Se parleremo non ci ascolteranno, e se ci ascoltassero, non ci capirebbero.

MPP

Yitzhak Katzenelson, “Il canto del popolo ebraico massacrato”, canto I (riduzione) (L3) - Gridate! Dei pesci nell'acqua vi hanno divorati.

Gridate dai forni. Gridate, piccoli e grandi.

Voglio sentire le vostre grida, le vostre voci, i vostri singhiozzi.

Grida, popolo ebraico massacrato, grida, grida, grida più forte!

Non invocare il cielo: non ti sente. Né ti sente la terra.

Sorgi, popolo mio. Tendi le braccia da quelle fosse così profonde.

Venite tutti, da Treblinka, da Sobibor, da Auschwitz,

venite dalle paludi, affogati nel fango, imputriditi nel muschio.

Venite, voi disseccati, voi stritolati, voi frantumati.

Nonni, nonne, padri, madri con i bambini al collo.

Venite ossa di ebrei ridotte in polvere e cenere.

Alzatevi, mostratevi. Venite tutti, venite, voglio vedervi.

Voglio contemplare in silenzio il mio popolo massacrato.

E canterò… sì… datemi l'arpa… io canterò.

BRANO-12: Wiegala

SLIDE

Ilse Weber fu internata a Terezìn. Per alleviare le pene dei tanti bambini tenuti prigionieri, compose molte poesie che arrangiava in canzoni accompagnandosi con la chitarra. Venne uccisa assieme al figlio subito dopo il trasferimento ad Auschwitz.

“Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora io reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni sono la mia patria, gli altri i miei stranieri.” (Don Lorenzo Milani)

“Noi restiamo uomini, finiremo da uomini... Proprio perché siamo uomini, alla fine gli SS saranno impotenti davanti a noi... Il carnefice può uccidere un uomo, ma non può cambiarlo in altra cosa.” (Robert Antelme, “La specie umana”)

“Noi restiamo uomini... Il carnefice può uccidere un uomo, ma non può cambiarlo in altra cosa.”

BRANO-13: Ho conosciuto il dolore Roberto Vecchioni

(L1)

Ho conosciuto il dolore (di persona, s’intende) e lui mi ha conosciuto.

Siamo amici da sempre:

io non l’ho mai perduto, lui tanto meno, che anzi, si sente come finito

se per un giorno solo, non mi vede o non mi sente.

Ho conosciuto il dolore e mi è sembrato ridicolo!

Quando gli do di gomito,

quando gli dico in faccia: “Ma a chi vuoi far paura?”

--- Ho conosciuto il dolore ed era il figlio malato, la ragazza perduta all’orizzonte, il sogno strozzato,

l'indifferenza del mondo alla fame, alla povertà, alla vita;

il brigante nell'angolo,

nascosto vigliacco battuto tumore.

Era Dio che non c’era, e giurava di esserci, ah se giurava di esserci.

E non c'era.

---

Ho conosciuto il dolore

e l’ho preso a colpi di canzoni e parole per farlo tremare, per farlo impallidire per farlo tornare nell’angolo, così pieno di botte, così massacrato, stordito, imballato, così sputtanato,

che al segnale del gong saltò fuori dal ring e non si fece mai più, mai più vedere.

--- Poi l’ho fermato in un bar che neanche lo riconosceva la gente.

L’ho fermato per dirgli: “Con me non puoi niente.”

Ho conosciuto il dolore, e ho avuto pietà di lui.

Della sua solitudine, delle sue dita da ragno;

di essere condannato al suo mestiere, condannato al suo dolore.

--- L’ho guardato negli occhi

che sono voragini e strappi di sogni infranti,

respiri interrotti,

ultime stelle di disperati amanti.

"Ti vuoi fermare un momento?!"

gli ho detto,

insomma vuoi smetterla di nasconderti,

ti vuoi sedere?

Per una volta ascoltami! Ascoltami.

E non fiatare.

---

Hai fatto di tutto per devastarmi la vita.

Perché nel cuore appreso in questo attendere,

anche in un solo attimo, l’emozione di amici che partono, figli che nascono,

sogni che corrono nel mio presente, io sono vivo e tu, mio dolore non conti un cazzo di niente.

--- Ti ho conosciuto dolore, era una notte d'inverno,

una di quelle notti che assomigliano a un giorno.

Ma in mezzo alle stelle invisibili e spente

io sono un uomo.

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