2. Per una fondazione naturalistica del panpsichismo
2.1 Filosofia della mente e panpsichismo: il dibattito contemporaneo
2.1.2 Tassonomia delle tesi rivali del panpsichismo
Le posizioni di filosofia della mente del tutto incompatibili con il panpsichismo sono: il
materialismo emergentista, il dualismo di sostanze e il panprotopsichismo; le posizioni com-
patibili con le forme di panpsichismo che riteniamo più deboli sono invece: l’idealismo, il
monismo neutrale e le proposte di desostanzializzazione del soggetto.
Il materialismo emergentista è una tesi classica di filosofia della mente, per la quale questa non è originaria né maggioritaria nell’universo e sopravviene sulla materia ad un certo punto della sua storia evolutiva. I filosofi materialisti hanno proposto dunque diversi gradi di ridu- zione della mente alle sue presunte cause materiali, ma le loro ipotesi devono affrontare obie- zioni molto convincenti e divenute classiche, come quella di Kripke (1980), contro l’identificazione dell’esperienza con i processi cerebrali, come il knowledge argument di Ja- ckson (1982) e il conceivability argument, in particolare nella forma sostenuta da Chalmers (1996).9
Il dualismo di sostanze, di derivazione più o meno cartesiana, presta il fianco ad una più facile e a nostro avviso decisiva obiezione che consiste nel chiedere ragione della concepibili- tà di una sostanza senza materia. Un argomento classico del fisicalismo – panpsichista (Stra- wson 2006) e non (Frege 1918) – dimostra infatti la necessità che la mente sia, in una qualche forma, proprietà di un soggetto materiale. Riteniamo, inoltre, di poter sfruttare lo stesso ar- gomento anche nei confronti dell’Idealismo, sia nella sua formulazione classica che in quella panpsichista (Sprigge 1983): l’idealismo, comunque formulato, è la tesi per la quale la mate- ria non è originaria né maggioritaria nell’universo e sopravviene a partire dalla base mentale della realtà.
Il monismo neutrale è una tesi ontologica formulata da Bertand Russell (1927) come alter- nativa al dualismo e all’idealismo: essa si basa sulla constatazione che la fisica e le scienze matematiche sono in grado di rivelare solo la natura relazionale, ma non quella intrinseca, dei fenomeni materiali ed esperienziali; da qui Russell inferisce un modello di spiegazione della realtà che, facendo riferimento ad un elemento fondativo, terzo e neutro fra il fisico e il men-
9 È interessante notare due aspetti: primo, che per Kripke la discussione dell’identità mente-corpo rappresenta la principale
conseguenza della tesi semantica fondamentale relativa all’identità; secondo, che gli altri due argomenti (espressione di uno stile di pensiero tipico della scuola australiana di Canberra), sono stati ridimensionati nella loro portata dai loro stessi autori (almeno nel caso di Jackson 2003) e conducono oggi, più che nella direzione del dualismo, verso un’apertura a nuove forme di fisicalismo, sia compatibili con il panpsichismo (come nelle ipotesi di lavoro di Chalmers 1996 e 2014a), che non compa- tibili con esso (Stoljar 2006 e 2014 e Pereboom 2014).
tale, ne sappia produrre una sintesi monistica. David Chalmers (2014a) considera il monismo neutrale come la migliore base per la fondazione del panpsichismo; e alla teoria russelliana fanno riferimento molti studiosi (anche non panpsichisti, come Pereboom 2014) interessati ad una spiegazione fisicalista, ma non riduzionista, della coscienza. Nonostante questi elementi a favore, riteniamo che il monismo neutrale vada analizzato con molta circospezione, sia per l’ambiguità delle fonti, sia perché appare naturale il suo sviluppo in forme diverse da quelle “negative”, che contraddistinguono la sua formulazione letterale: se infatti si restasse fermi all’ipotesi dell’ignoranza circa la realtà ultima, non si potrebbe sfruttare il monismo neutrale in filosofia della mente, se non per vie indirette;10 se si accetta invece di ridefinire la realtà ul-
tima attraverso i termini della materialità, della psichicità o di una sintesi delle due, sembra evidente la trasformazione dello stesso monismo neutrale in nuove forme di materialismo (Stoljar 2014, Pereboom 2014), di idealismo (Rosenberg 2004), di panprotopsichismo o di panpsichismo.11
Il panprotopsichismo rappresenta una valida alternativa al panpsichismo e va considerato attentamente, sia per la sua forte affinità con quest’ultimo, sia per la sua capacità di conserva- re alcuni caratteri salienti del monismo neutrale: il panprotopsichismo sostiene infatti che i costituenti ultimi della realtà siano di tipo proto-mentale e che si differenzino da quelli ipotiz- zati dal panpsichismo per essere non autocoscienti. I sostenitori di questa tesi partono dalla constatazione dell’esistenza, nella mente umana, di una larga porzione di processi inconsci (evidenziata anche dalla distinzione cognitiva fra stati mentali di primo e secondo ordine); af- fermano inoltre che la maggiore semplicità dei processi protopsichici li rende migliori candi- dati a costituirsi come livello fondamentale della realtà.
L'elaborazione di un argomento forte, in grado di mostrare la preferibilità del panpsichi- smo, non è quindi un compito facile: intendiamo basarla comunque sull’analisi concettuale della nozione di “mente”12 e sul rilievo della contraddittorietà insita nell’ipotesi di una “per- cezione inconscia”, isolata dalla coscienza; riteniamo infatti che le forme dell’inconscio siano reali, ma possano darsi solo come momenti di una coscienza. Inoltre, il panpsichismo mostra
10 Un esempio rilevante di questo uso indiretto è Stoljar (2006).
11 Si confronti, ad esempio, la voce dedicata al Neutral monism dalla Stanford Encyclopedia of Philosophy, paradigmatica nel
mostrare la possibilità di derivare dalla tesi di base conclusioni opposte.
migliori capacità, rispetto al suo rivale, nei confronti del problema della combinazione:13 in
sintesi, questo problema consiste nella difficoltà di spiegare i criteri di costituzione delle co- scienze complesse a partire da elementi (proto)psichici ed evidenzia, a nostro avviso, la con- traddizione in cui il panprotopsichismo si imbatte nel momento in cui deve giustificare il pas- saggio dalle menti non coscienti a quelle autocoscienti.
La tesi della desostanzializzazione del soggetto (o defleated subject) viene da noi trattata per ultima in quanto è compatibile con tutte le altre teorie della mente e sostiene che per com- prenderla sia necessario passare da un modello sostanzialistico del soggetto ad uno relaziona-
le, se non addirittura che sia necessario abbandonare la stessa nozione di soggetto. Il confron-
to con questa ipotesi appare molto delicato, sia perché riteniamo teoreticamente convincente una descrizione relazionale della coscienza, sia perché la più radicale negazione della sogget- tività si è espressa storicamente in varie proposte filosofiche, fra loro collegate e a vario titolo rilevanti per il panpsichismo: in sintesi, William James (1890) ha elaborato infatti un panpsi- chismo senza soggetto, Russell (1921) un’analoga negazione della soggettività senza conse- guenze panpsichiste, infine Whitehead (1929) un sistema panprotopsichico ispirato alla mec- canica quantistica.
Dopo aver attentamente esaminato queste teorie, e in particolare l’ipotesi di sostenere un
defleated subject panpsychism, ci siamo convinti della necessità di porre un limite alla deso-
stanzializzazione del soggetto: se è vero infatti che questo si compone delle sue esperienze ed tutt’altro che immutabile, appare cogente la conservazione di uno o più nuclei sostanziali, che supportino la relazionalità delle strutture fenomenologiche e senza i quali sarebbe difficile so- stenere una forma di realismo filosofico e la convinzione di poter dire delle verità.14 A livello operativo quest’ultima riflessione, da un lato conduce ad un ripensamento del peso da attribui- re, nella stesura della tesi, alle teorie non congruenti con il tipo di panpsichismo da noi prefe- rito; dall’altro consente di passare alla discussione del primo dei punti su cui sono stato stimo- lato a riflettere, cioè alla definizione del miglior modello di panpsichismo sostenibile.
13 Sulle opportunità e le difficoltà di questo problema, si veda Chalmers (2014b).
14 Una forma di defleated subject panpsychism risulta quindi molto interessante, ma da considerare per quel tanto che ha di