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Le tecniche narrative di Verga

5. Il Verismo in Giovanni Verga

5.6. Le tecniche narrative di Verga

Alle novelle di Vita dei campi è affidato un compito sperimentale: come abbiamo visto, esse possono essere lette come la progressiva e sempre più completa definizione della tecnica verista di Verga. La principale conquista dell’autore è quella che gli consente di passare dall’ottica del narratore a quella del personaggio:

Malpelo si chiamava così perché aveva i capelli rossi; ed aveva i capelli rossi perché era un ragazzo malizioso e cattivo, che prometteva di riescire un fior di birbone18.

Questa è la voce narrante che introduce sin dal principio il protagonista della novella; una voce che pretende di imporre «una logica tuttaltro che persuasiva e universale»19 e che rivela immediatamente la nuova padronanza verghiana delle tecniche della narrazione impersonale.

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Giovanni Verga, Tutte le novelle, cit., p. 163.

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5.6.1. La regressione e il discorso indiretto libero

Nel famoso incipit di Rosso Malpelo si nota immediatamente che la mentalità adottata dal narratore è quella popolare, della comunità di cui il protagonista fa parte. Il narratore onnisciente, che contempla dall’alto la vicenda e ne tira le fila, commentando, informando e giudicando, non c’è più; al suo posto troviamo una voce che regredisce al livello sociale e mentale della gente che ritrae, adottandone anche l’umile punto di vista. Chi narra, sa e vede soltanto ciò che sa e vede il personaggio che agisce in quel momento e gli antefatti e le circostanze vengono portati a conoscenza del lettore solo grazie al suo pensiero.

La tecnica della regressione pone il problema del rapporto tra la scarsissima credibilità della voce popolare e il fatto che l’autore abbia deciso di affidarle il racconto. La questione è analizzata da Roberto Bigazzi, che scrive:

Sostituire alla guida autorizzata una abusiva, capace solo di notizie monche e tendenziose, non è un machiavello verista e verghiano per tenere lontani, grazie all’impersonalità così raggiunta, gli spettri romantici, o viceversa per mescolarsi misticamente tra gli umili; né questo drastico cambio della cornice narrativa può essere considerato un semplice intervento per valorizzare il realismo del quadro, magari con l’aiuto di una riverniciatura dialettale. Il narratore non è insomma l’utile controfigura di Verga, ma il rappresentante di un mondo in cui si stravolgono i vecchi ideali facendo finta di rispettarli20.

Il passaggio a questo nuovo tipo di narratore è molto importante: egli rinuncia a fare da mediatore tra il libero esprimersi del personaggio e il lettore, fondendosi con i pensieri e le idee delle sue creature. Si tratta di una precisa volontà di adesione al mondo rappresentato.

Strettamente legata a questo artificio narrativo è la prassi linguistica del

discorso indiretto libero, una tecnica che permette al narratore di dare

indirettamente la parola ai suoi personaggi senza l’intervento dei “ponti”

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grammaticali costituiti dai verbi reggenti (disse, aggiunse, pensò...). Il momento di passaggio dalla parola del narratore a quella del personaggio non è quindi evidenziato da alcun segnale grammaticale; tuttavia l’indiretto libero è così vicino al discorso diretto da mantenere le coloriture e i modi di dire caratteristici dei personaggi. È una sorta di via di mezzo tra le due modalità tradizionali del discorso: il narratore abbassa il codice linguistico a quello dei parlanti.

Un chiaro esempio di questa tecnica lo troviamo al principio di Cavalleria

rusticana:

Dapprima Turiddu come lo seppe, santo diavolone! voleva trargli fuori le budella dalla pancia, voleva trargli, a quel di Licodia! Però non ne fece nulla, e si sfogò coll'andare a cantare tutte le canzoni di sdegno che sapeva sotto la finestra della bella.21

Bisogna precisare che la decisione di Verga di regredire al piano dei personaggi non è una semplice scelta formale, ma è semmai una scelta ideologica: narrare i fatti dal punto di vista rassegnato dei ‘vinti’ dalla vita è, per l’autore, un modo implicito per affermare la propria interpretazione pessimistica della realtà.

5.6.2. Lo straniamento

Essendo, il discorso indiretto libero, originato da un contatto tra lo scrittore e il personaggio, è naturale che il narratore, subentrato a Verga, lo sfrutti anche a scopo deformante. In questo modo si origina un terzo fenomeno caratteristico della scrittura verghiana, lo straniamento, che consiste nel cancellare la familiarità di un oggetto o di un personaggio, utilizzando un tipo di percezione in grado di rendere la cosa osservata “strana”, come se la si vedesse per la

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prima volta. Per comprendere meglio questa tecnica narrativa è esemplare, ancora una volta, la novella Rosso Malpelo: il punto di vista adottato è quello malevolo del popolo, per il quale il comportamento del ragazzo appare costantemente incomprensibile, tanto che anche il rispetto devoto con cui conserva i vestiti e gli oggetti appartenuti al padre – cosa che noi riterremmo naturale nell’agire di un figlio- viene continuamente contrassegnato come “strano”:

Malpelo se li lisciava sulle gambe, quei calzoni di fustagno quasi nuovi, gli pareva che fossero dolci e lisci come le mani del babbo, che solevano accarezzargli i capelli, quantunque fossero così ruvide e callose. Le scarpe poi, le teneva appese a un chiodo, sul saccone, quasi fossero state le pantofole del papa, e la domenica se le pigliava in mano, le lustrava e se le provava; poi le metteva per terra, l'una accanto all'altra, e stava a guardarle, coi gomiti sui ginocchi, e il mento nelle palme, per delle ore intere, rimuginando chi sa quali idee in quel cervellaccio.

Ei possedeva delle idee strane, Malpelo! Siccome aveva ereditato anche il piccone e la zappa del padre, se ne serviva, quantunque fossero troppo pesanti per l'età sua; e quando gli aveano chiesto se voleva venderli, che glieli avrebbero pagati come nuovi, egli aveva risposto di no. Suo padre li aveva resi così lisci e lucenti nel manico colle sue mani, ed ei non avrebbe potuto farsene degli altri più lisci e lucenti di quelli, se ci avesse lavorato cento e poi cento anni22.

L’autore fa in modo che il filtro del narratore popolare eserciti un’ottica straniante nei confronti dei comportamenti di Malpelo; in questo modo viene messa in risalto la diversità del protagonista rispetto alla comunità che lo circonda.

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