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Vagabondaggio

Nel documento Il genere breve in Giovanni Verga Le novelle (pagine 120-124)

12. Le ultime raccolte

12.1. Vagabondaggio

Nel 1887 esce, presso l’editore fiorentino Barbera, la raccolta di novelle

Vagabondaggio, i cui racconti si svolgono per lo più nel ricordo del mondo

agricolo siciliano. Il titolo sembra rimandare alla monotonia della vita che, anche qui, è vista come un itinerario incessante e doloroso. Manca, tuttavia, un tema ben individuabile e originale: l’idea del «vagabondaggio» come movimento inarrestabile della vita è presente, infatti, in tutta la narrativa verghiana. Alla realizzazione della raccolta non è estraneo il motivo economico, problema che in questo periodo affligge l’autore insistentemente. Nel gennaio ’86 Verga scrive all’editore fiorentino Pietro Barbèra:

Sto mettendo in ordine le novelle pel volume, ritoccandole e migliorandole ove occorra, chè desidero la nostra pubblicazione abbia il sapore di cosa nuova e il libro qualche maggior valore di una semplice raccolta, e poiché siamo a stagione inoltrata, il meglio è farlo uscire in primavera. Ad ogni modo in febbraio le manderò i materiali pel volume96.

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R. Bigazzi, Su Verga Novelliere, cit.

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L’edizione è pronta, in realtà, soltanto alla fine dell’aprile 1887 e non riscuote un grande successo, tanto che la raccolta non viene più ristampata dal Barbèra, ma due volte, nel 1901 e nel 1920, dal Treves.

I motivi ricorrenti delle novelle sono la gelosia, la solitudine, l’egoismo e la malinconia, tutti impregnati di un pessimismo sempre più cupo: i personaggi sono protagonisti di un continuo misero errare alla ricerca effimera di una vita migliore. Ogni consolazione si rivela immaginaria e subito svanisce nel nulla.

12.1.1. La novella che apre la raccolta: Vagabondaggio

Il primo racconto, quello da cui la raccolta prende il nome, sembra ripetere una delle storie di ‘formazione’ tipiche di Per le vie: Nanni Lasca, desideroso di conoscere il mondo e di evadere dal suo «scoglio», inizia a vivere svolgendo mestieri diversi e irregolari, finché torna al luogo da cui era partito e si sposa per soldi, guadagnandosi il rispetto di tutti. La differenza principale dalla raccolta milanese sta nella struttura della narrazione: la storia non consiste nel racconto di un particolare avvenimento, ma nei ricordi del protagonista mediati dalle parole del narratore. L’incipit lapidario comincia proprio con Nanni che “rammenta” il ripetitivo lavoro svolto con il padre presso il fiume:

Nanni Lasca, da ragazzo, non si rammentava altro: suo padre, compare Cosimo, che tirava la fune della chiatta, sul Simeto, con Mangialerba, Ventura e l'Orbo; e lui a stendere la mano per riscuotere il pedaggio. Passavano carri, passavano vetturali, passava gente a piedi e a cavallo d'ogni paese, e se ne andavano pel mondo, di qua e di là del fiume97.

La memoria di Nanni stabilisce fin dal principio il dualismo tra stasi e movimento e il protagonista è convinto che l’immobilità della chiatta sia

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negativa. Per nulla in quel mondo vi è approdato, con suo padre, dopo una disgrazia:

Prima compare Cosimo aveva fatto il lettighiere. E Nanni aveva accompagnato il babbo nei suoi viaggi, per strade e sentieri, sempre coll'allegro scampanellìo delle mule negli orecchi. Ma una volta, la vigilia di Natale - giorno segnalato - tornato a Licodia colla lettiga vuota, compare Cosimo trovò al Biviere la notizia che sua moglie stava per partorire. - Comare Menica stavolta vi fa una bella bambina, - gli dicevano tutti all'osteria. E lui, contento come una Pasqua, si affrettava ad attaccare i muli per arrivare a casa prima di sera. Il baio, birbante, che lo guardava di mal'occhio, per certe perticate che se l'era legate al dito, come lo vide spensierato, che si chinava ad affibiargli il sottopancia canterellando, affilò le orecchie a tradimento - jjj! - e gli assestò un calcio secco98.

Compare Cosimo, dunque, di professione lettighiere, viene ferito da un asino e nonostante la Gagliana riesca a salvargli la vita, egli rimane zoppo. Il calcio dell’asino blocca il personaggio, lo cristallizza legandolo alla chiatta, luogo simbolico della stasi, al punto che egli rinuncia persino a raggiungere la moglie e la figlia appena nata.

D'allora in poi compare Cosimo rimase a tirar la fune, su e giù pel fiume; e con ogni conoscente che passava, mandava sempre a dire a sua moglie che sarebbe andato a vederla, un giorno o l'altro, e la bambina pure. - Verrò a Pasqua. Verrò a Natale -. Mandava sempre a dire la stessa cosa; tanto che comare Menica ormai non ci credeva più; e Nanni, ogni volta, guardava il babbo negli occhi, per vedere se dicesse davvero.

Con lui rimane Nanni, che ben presto inizia a sognare di andarsene da quella vita monotona e sempre uguale. Mentre le stagioni si susseguono con moto circolare alla chiatta, il protagonista si lascia affascinare dai viaggi degli altri e dai racconti dell’Orbo sulle meraviglie del mondo:

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E ne aveva vista passare tanta della gente! Passavano conoscenti, passavano viandanti che nessuno sapeva donde venissero, a piedi, a cavallo, d'ogni nazione, se ne andavano pel mondo, di qua e di là del fiume.

L'Orbo, che non aveva nessuno al mondo, e se l'era girato tutto, diceva: - Quello lì viene da Catania, quest'altro da Siracusa -. E sempre cuor contento, lui, raccontava agli uomini stesi bocconi le meraviglie che aveva visto laggiù, lontano lontano. E Nanni ascoltava intento, come aveva fatto la Grazia ai racconti che lui sballava, con delle allucinazioni di vagabondaggio negli occhi stanchi di vedere eternamente l'osteria dello zio Antonio, che fumava tutta sola, nella tristezza del tramonto99.

Ma prima di prendere la decisione definitiva di allontanarsi, passa parecchio tempo, come dimostrano i numerosi ricordi narrati nella novella sulle stagioni trascorse sempre a Primosole, durante le quali fa innamorare di sé la giovane Grazia. Proprio con lei Nanni si dà alla prima fuga, ma i due si separano dopo l’incontro con don Tinu; incontro che si risolverà nell’evasione decisiva del ragazzo. Tuttavia, dopo un lungo girovagare, Nanni finisce per tornare al punto di partenza, un po’ come ‘Ntoni dei Malavoglia, il quale, però, si rivela cosciente della propria colpa. Il protagonista di Vagabondaggio, invece, ritorna a Primosole semplicemente per mettere in pratica, attraverso un matrimonio di convenienza, la logica del compromesso imparata girando il mondo: «E si fece il nido come un gufo. Di correre il mondo ne aveva abbastanza ora, e badava a mangiare e bere colla moglie e gli avventori, che tenevano allegra la casa e lasciavano dei soldi nel cassetto»100.

Come abbiamo detto il racconto è strutturato sul ricordo, quindi sulla rievocazione a posteriori di eventi passati. Con questa tecnica Verga trascrive indirettamente i moti interiori e le inquietudini del personaggio, Nanni, che nel momento in cui rievoca determinati episodi della sua vita non riesce a capire perché essi si siano impressi nella sua mente, ma è evidente che se li ricorda

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G. Verga, Tutte le novelle, cit.

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Nel documento Il genere breve in Giovanni Verga Le novelle (pagine 120-124)

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