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1.1 Tecnologia dell’idrogeno

1.1.3 Tecnologie di produzione di idrogeno

Le principali tecnologie di produzione dell’idrogeno attualmente considerate sono:

1. steam reforming del gas metano o di altri combustibili fossili gassosi o liquidi;

2. elettrolisi dell’acqua;

4. gassificazione del carbone.

Queste sono le tecnologie convenzionali e normalmente in uso; parallela- mente all’ottimizzazione di queste tecnologie si procede alla ricerca in nuovi campi per la produzione dell’idrogeno:

1. idrogeno da biomassa (digestione anaerobica o pirolisi); 2. idrolisi accoppiata con i sistemi eolici o solari;

3. tecnologie futuribili come il reforming al plasma o la radiolisi.

La maggior parte, allo stato attuale delle cose, dell’idrogeno commercializ- zato nel mondo trae origine da fonti fossili ed è prodotto principalmente come coprodotto dell’industria chimica, in particolare dei processi di produzione del polivinile di cloruro (PVC) e di raffinazione del petrolio. La metodologia più nota e diffusa per la produzione dell’idrogeno è indubbiamente il reforming di idrocarburi. Questo metodo, che ad oggi risulta essere il più economico e maturo, coinvolge come materie prime il metano (o frazioni leggere del petrolio), e rappresenta da solo circa il 48% della produzione mondiale di idrogeno; tuttavia non risolve il problema delle emissioni di gas inquinanti e del consumo di combustibili fossili. L’idrogeno, d’altra parte, può essere estratto dall’acqua con il processo di elettrolisi, processo assolutamente rin- novabile e non inquinante di per se, ma richiedente grossi quantitativi di energia elettrica: la convenienza o meno del processo dipende quindi dalla natura della sorgente energetica. Volendo considerare il caso specifico italia- no l’idrogeno sembra un appetibile vettore energetico che potrebbe essere prodotto in modo quasi totalmente eco-compatibile; l’Italia, infatti, possiede grandi risorse in termini di energie rinnovabili (irraggiamento solare, flusso delle acque, vento, biomasse) e, secondo studi della Sapienza di Roma [36], ha un potenziale globale stimabile in circa 550.000 GW h anno−1 di energia elettrica producibile. A fronte di tale potenzialità bio-sostenibile di elettricità studi permettono di stimare una possibile produzione di idrogeno totale in Italia pari a 7.100.000 t anno−1, suddivise in:

• 3.000.000 t anno−1 da irraggiamento solare;

• 280.000 t anno−1da impianti mini e micro-idraulici a bassissimo impatto

ambientale;

• 460.000 t anno−1 da energia eolica;

Queste tecnologie sono tuttavia ben lontane da poter essere applicate con tali potenzialità e prevedono in ogni caso che si instauri un sistema energetico basato sull’idrogeno (linee di trasporto, stoccaggio, etc.). Come detto prece- dentemente quindi il primo passo verso lo sviluppo di tale sistema energetico deve passare per l’ottimizzazione delle presenti tecnologie che nell’immediato potranno fornire un apporto di tale vettore energetico sufficiente per dare inizio alla costruzione delle facilities necessarie.

Reforming

La tecnologia maggiormente utilizzata per la produzione di idrogeno è quella facente riferimento al reforming di idrocarburi. Tra gli idrocarburi utilizzabili il metano risulta indubbiamente il più conveniente per motivi di reperibilità e, conseguentemente, di economia. L’enorme vantaggio di questi sistemi è l’utilizzo di combustibili fossili sufficientemente diffusi e a basso costo e questo, unitamente al fatto di poter contare su alte produttività e tecnologie mature, rende il costo di produzione dell’idrogeno concorrenziale. Di contro però l’utilizzo di combustibili fossili comporta necessariamente la presenza di fonti di inquinamento e di sorgenti di impurezze.

Tale processo su scala industriale si realizza adottando condizioni operative di temperatura variabili nel range tra 800 e 900◦C e pressioni operative tra i 10 e i 40 bar, con l’ausilio di catalizzatori a base di nichel. In generale deve essere considerato anche uno stadio preliminare di processo indirizzato alla desolforazione dell’alimentazione idrocarburica al fine di rimuovere composti solforati di origine organica, o meno, che possono disattivare sia il catalizzatore di reforming che quello di water gas shift.

Il processo prevede due fasi distinte e consecutive l’una all’altra.

La prima fase consiste nella decomposizione dell’idrocarburo in idrogeno e monossido di carbonio secondo la reazione:

CH4+ H2O → CO+ 3H2 ∆H298K = 206 kJ mol−1 (1.1)

La seconda fase consiste nella reazione di shift in cui il monossido di carbonio reagisce con l’acqua secondo la reazione:

CO+ H2O → CO2 + H2 ∆H298K = −41 kJ mol−1 (1.2)

Il gas in uscita dalla sezione di reforming è una miscela composta prin- cipalmente da idrogeno e anidride carbonica, la quale, naturalmente, deve essere rimossa. La composizione media prevede 77% di idrogeno, anidride carbonica al 19% circa e la restante parte di monossido di carbonio, acqua e

metano. I processi di separazione di uso comune sono l’assorbimento chimico o il Pressure Swing Absorbtion (PSA).

I processi di separazione per assorbimento consistono concettualmente nel mettere in contatto la miscela dei prodotti con un opportuno solvente in una colonna di assorbimento in cui l’anidride carbonica viene assorbita e quindi rimossa dalla miscela. Generalmente si utilizzano solventi a base di ammine (e principalmente ammine primarie come metilammina e diglicolammina). Questi sistemi però, nel caso di richiesta di gradi di purezza molto elevati, necessitano di ulteriori processi di purificazione per l’idrogeno a valle.

I processi di separazione per adsorbimento (PSA) sfruttano invece la mag- giore diffusività di un componente della miscela di interesse nella matrice di un solido rispetto alla diffusività degli altri componenti. I processi PSA sono generalmente esotermici per cui necessitano di un sistema capace di aspor- tare il calore prodotto. Le sostanze adsorbenti utilizzate per la separazione dell’anidride carbonica dall’idrogeno sono le zeoliti ed i carboni attivi; queste sostanze vengono rigenerate o riducendone la pressione oppure aumentandone la temperatura. Tali processi operano generalmente a pressioni comprese tra i 10 ed i 40 bar ed a basse temperature di alimentazione (5 ÷ 40◦C). Il

grado di purezza ottenuto in questo caso riesce a soddisfare anche le più rigide richieste. Gli impianti commerciali comprendono generalmente un certo numero di reattori di PSA, operanti alternativamente in adsorbimento ed in rigenerazione. Volendo schematizzare questo processo di separazione in vari step si possono individuare:

• adsorbimento;

• depressurizzazione in equicorrente; • depressurizzazione in controcorrente; • rigenearazione a bassa pressione; • ripressurizzazione.

Durante lo step di adsorbimento il gas in uscita dal reformer viene in- trodotto nei reattori ad alta pressione dove le impurità vengono adsorbite e una corrente di idrogeno con alti gradi di purezza viene estratta. Quando l’adsorbente raggiunge il suo limite, l’unità di adsorbimento viene esclusa dalla linea di processo e la corrente di alimentazione viene dirottata su di una unità rigenerata per mantenere il processo in continuo. Per recuperare l’idrogeno intrappolato nel materiale adsorbente nell’unità posta fuori linea, il materiale adsorbente viene depressurizzato in modalità di equicorrente

Figura 1.2: Schema del processo di steam reforming: a rappresentano gli scambia- tori utilizzati per il riscaldamento delle correnti, b uno scambiatore per il recupero termico, c l’unità di desolforazione, d identifica il reattore di reforming, e il reattore di shift del monossido ed infine con f l’unità PSA.

e ulteriori quantità di idrogeno con un elevato grado di purezza vengono recuperate. A questo punto le impurezze a loro volta adsorbite sul materiale si spostano sulla superficie del letto adsorbente saturandolo e questo elemento viene rigenerato mediante una ulteriore depressurizzazione effettuata que- sta volta in regime di controcorrente rispetto al normale utilizzo. A questo punto una purificazione a bassa pressione viene effettuata con una corrente di idrogeno ad alto grado di purezza per riportare il letto adsorbente alle condizioni ottimali e successivamente il ciclo di rigenerazione si compie ripres- surizzando l’apparato alle condizioni di processo. Si richiedono, quindi, fasi di pressurizzazione e depressurizzazione e utilizzo di flussi termici che rendono il processo complesso e dagli elevati costi. Una rappresentazione del processo convenzionale di steam reforming viene riportata nella Fig. 1.2 [37].

Uno degli obiettivi delle ricerche attualmente in corso è quello di imple- mentare un processo fortemente consolidato dal punto di vista industriale tramite tecnologie di separazione che possano migliorare il grado di purezza dei prodotti e abbassare i costi energetici. Mediante l’utilizzo, per la puri- ficazione dell’idrogeno prodotto, di reattori a membrana è infatti possibile ridurre le drastiche condizioni operative in termini di pressione e temperatura [37], con notevoli risparmi dal punto di vista dei costi di produzione.

Considerando ad esempio la Fig. 1.3, dove il reattore a membrana è stato integrato nel modulo di shift, risulta evidente come l’intero processo risulti semplificato anche per la riduzione di operazioni unitarie necessarie. Inoltre, rispetto al processo convenzionale, l’uso di membrane dense a base di palladio permette la produzione di idrogeno ultrapuro, separando questo componente dalla miscela di reazione e incontrando in questo modo i rigidi requisiti di

Figura 1.3: Schema di processo di reforming di metano con vapore con reattore a membrana (d).

purezza richiesti da applicazioni quali quelle nelle celle a combustibile. La rimozione di uno dei prodotti di reazione porta inoltre al continuo spostamen- to dell’equilibrio chimico favorendo ulteriormente la conversione dei reagenti; ciò permette, tra l’altro, di condurre la reazione di reforming a temperature sensibilmente più basse (250 ÷ 300◦C in meno) rispetto al processo convenzio-

nale; tale accorgimento comporta un guadagno aggiuntivo di efficienza del processo.

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