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III.2.1 (Ri)costruzione di una famiglia: il rapporto con la figura materna

Uno dei fil rouge emersi dalla biografia di Terayama è il rapporto con la madre, divenuto sin da subito uno dei principali motivi di riflessione nella sua opera, a partire dalla poesia, passando per adio, fotog afia e teat o, pe giu ge e i fi e al i e a, do e t o a l ela o azio e più atu a el film De e i shisu. Nonostante la tematica venga sviluppata soprattutto nella sua produzione degli anni Sessanta, non mancano esempi più tardi come il film sopracitato, il mediometraggio Kusa eik ū o, per il teatro, Shintokumaru. Per tracciare le coordinate del Terayamago, il sistema t a s ediale ela o ato dall auto e all i te o della propria opera, appare quindi opportuno iniziare proprio da questo aspetto.

La presenza-assenza della figura materna domina già la sua produzione poetica giovanile, corrispondente proprio al pe iodo i ui Hatsu si t asfe is e pe la o o i K ūshū, lo ta a dal figlio. Per questo sono frequenti gli haiku nei quali compare la parola haha (madre), come ad esempio Ma a do e e a i a e / fi h i fio i d altea / fio is o o sui i a i (Terayama in Ruperti 2014: 152).28 Nei versi del periodo prevale, nei confronti della madre, un sentimento di nostalgia; il gio a e Shūji asso ia spesso la sua figura a quella di un possibile incontro o a immagini liriche che la edo o p otago ista: Nel mezzo di spighe d o zo / he supe a o la ia statura / vado incontro a mia madre (Terayama in Ruperti 2014: 152).29 Terayama trova nella poesia il modo di esprimere i suoi sentimenti nei confronti di un distacco che, a una così tenera età, non può che essere avvertito in maniera traumatica.

Il rapporto con la madre si evolve però con il passaggio da u ediu all alt o, andandosi a configurare in maniera sempre più problematica e contraddittoria, come se il giovane, per quanto lo desideri, sia impossibilitato a staccarsi dalla donna, costantemente diviso tra repulsione e dedizione filiale. Per descrivere questo rapporto di amore e odio Sorgenfrei ha utilizzato il o plesso di Ajase , formalizzato dallo psicoanalista Kosawa Heisaku negli anni trenta (Sorgenfrei

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Haha kuru beshi / tetsuro ni sumire / saku made wa. Da questo passaggio in poi tutte le poesie riportate da Ruperti (2014) sono tradotte dallo stesso Bonaventura Ruperti, in caso contrario sono traduzioni dell auto e.

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167 2005: 59-62),30 seppure Terayama affermi di identificarsi maggiormente con il mito di Oreste (Terayama 1983b: 44).

Tuttavia questa tematica, così come quelle che saranno prese in considerazione successivamente, non sarà analizzata per fornire una lettura di tipo biografica alle opere dell auto e, ma per ela o a e l e oluzio e nel passaggio da u ediu all alt o. Ri e a do i a di e o essio i, si tenterà di formalizzare un sistema transmediale che dimostri come il medium influenzi la rappresentazione di un dato te a e o e uest ulti o possa evolversi e risuonare di similitudini e dissonanze, esaltando la specificità dei differenti mezzi espressivi. È importante a questo proposito ricordare che, pur partendo da questioni biografiche, la più grande innovazione portata da Terayama nel mondo dei tanka stata l auto-fictionalizzazione del sé (Senda 1983: 10). Nelle sue poesie l auto e non dà espressione al proprio io interiore, ma esalta la apa it dell a te di creare una realtà alternativa che Terayama definisce ka ōsei fikusho — una finzione possibile, ma o pe uesto e o eale — come esplicita in riferimento a un tanka per il quale era stato criticato:

«I feel that e e got to i teg ate so ethi g else e ight all the fi tio of possi ilit into our work. For example when I composed the poe , A summer butterfly passes over me as I sell Red Flag , ever o e i sta tl sta ted sa i g: You sold Red Flag? o stop l i g o ou e disho est […] it s t ue, I ha e e e sold Red Flag, ut I k o a lot of people who do, and when I muster up my emphaty for those people I feel justified i sa i g I sell Red Flag . By giving tanka primary significance and subordinating everyday life to the poem, I was able to live within a consciousness that was selling Red Flag, e e if I had t ph si all stood the e selli g it. We e got to sta t usi g this t pe of fi tio of possi ilit » (Terayama in Ridgely 2010: 29).

I osta ti te tati i da pa te dell a tista di s a di a e i o fi i dei edia — cercando di mostrarne i limiti per poi superarli — consente la creazione di un sistema transmediale che rende il passaggio

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Ajase è il nome giapponese di Ajatashatru (V sec. a.C.), Re del regno di Maghada che, sotto il suo comando, divenne il più pote te del No d dell I dia. Secondo la tradizione buddhista sua madre cercò di ucciderlo appena nato, ma il figlio sopravvisse alla prova e venne riportato al palazzo dal Re in persona. Una volta cresciuto, Ajase fa uccidere il padre e tenta di fare lo stesso con la madre. Il tentativo però fallisce e, a causa del rimorso, contrae una malattia talmente orribile da far allontanare tutti uelli atto o a lui. L u i a a i a e gli i i o p op io la ad e, o la uale a i a i fi e a i stau a e u appo to fatto di puro amore e devozione filiale.

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168 da u ediu all alt o fluido. Pe hia i e uesto o etto, e a alizza e al eglio l e oluzio e del rapporto tra un io fittizio e la figura materna all i terno della sua opera, è opportuno partire dalle pa ole dell auto e stesso:

«Di solito, quando si chiede quale sia la cosa più importante a questo mondo, si risponde con l a o e t a uo o e do a e uello t a ad e e figlio he suppo go sia o le ose più emozio a ti i assoluto. Pe e l a o e t a uo o e do a però non è così toccante. Non mi piace olto, fo se pe h se to he ie t a ella sfe a dell a o e pe se stessi e, pe uesto, e e so o o upato po o. Da uesto pu to di ista, pe so he l a o e t a madre e figlio sia molto più puro e commovente. In particolare la madre, buona o cattiva che sia, possiede un affetto che contiene una tristezza intollerabile [yarikirenai yōna, awaresa o fukunda aijō]. L a o e pe i figli pu o e o o e te sia nelle madri cattive sia in quelle buone. Perciò nascono numerosi drammi. La madre è un dramma infinito [Haha to iu mono wa, mugen no dorama nan da yo]» (Terayama in Terayama H. 1985: 186-187).

Terayama è attratto dal legame madre-figlio in quanto lo considera il rapporto più forte al mondo, quello dal quale possono nascere infinite possibilità drammaturgiche. Avendo vissuto in gioventù i u a fa iglia sghe a , alla uale a a a u o dei t e pilast i il pad e sui uali tradizionalmente si fonda, Terayama è stato portato a considerare la famiglia come un concetto puramente ideale (e idealizzato), definito dai lega i di sa gue e uffi ializzato da documenti come il koseki. La fa iglia u istituzio e p edete i ata e, i ua to tale, i appo ti fa ilia i o so o alt o he u a osa da app ese ta e enjiru mono, Terayama 1983b: 42), una performance quindi. Per dimostrare le dinamiche sulle quali si reggono questi rapporti, Terayama ha agito in p i o luogo su se stesso, i e ta do e odifi a do i i o di d i fa zia — auto-fictionalizzandosi — pe pote app ese ta e i a ie a ealisti a la fi zio e dei lega i p edete i ati, i a zitutto attraverso il vincolo potentissimo che esiste tra madre e figlio. Terayama troverà poi quella famiglia che non ha mai avuto con la fo dazio e del Te jō sajiki (Nishidō 2015: 239), nel quale accoglie fūte , figli dello iede e giovani senza alcuna esperienza teatrale che condividono però con lui un vissuto simile, come evidenziato nel caso di Sho o suteyo. La e to di u a so iet oderna di tipo capitalistico a partire dagli anni Cinquanta ha naturalmente influenzato questo slittamento percettivo riguardante la famiglia, tanto che non sono rare opere di drammaturghi angura

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169 ambientate nel periodo antecedente alla guerra. Per Terayama la famiglia giapponese è stata spogliata della aggio pa te delle fu zio i he i op i a fi o all i izio del No e e to, delegate ad altre istituzioni nella società coeva. Al suo interno è rimasta solamente la sfera sessuale, ma anche questa ha subito un cambiamento nel momento in cui è stata separata la funzione riproduttiva da uella ludi a. Esse do la p i a u a a atte isti a del o do a i ale, all uo o i ua to esse e razionale non è rimasta che la seconda, con una conseguente esclusione della componente se ti e tale. Tale sdoga a e to del sesso ete osessuale lo ha fatto di e ta e ste eotipato e a ie isti o , perciò Terayama si dimostrerà maggiormente interessato a esplorare quello omosessuale o particolari forme feticiste (Terayama 1991: 22).

III.2.2 O asute: u appli azio e del Te a a ago

Analizzando l e oluzio e del appo to o la figu a ate a att a e so i a i edia, si può ota e come già nei versi degli anni Cinquanta il legame puramente emozionale e nostalgico lascia il posto a sentimenti co flittuali, ei uali o i o o la o otazio e ali o i a della pe dita e l i pulso di liberazione per un rapporto divenuto opprimente. È in particolare con la terza raccolta di tanka — De e i shisu del 1965 — che Terayama articola maggiormente il tema della madre, donandogli probabilmente la sua forma poetica più matura. Uno dei versi più celebri, nonché incipit del film omonimo : Quartiere dei carpentieri / quartiere dei templi / quartiere del riso, degli alta i uddhisti… / o i sa u ua tie e / o e o p i o u a e hia ad e, o di elle? (Terayama in Ruperti 2014: 152).31 Emerge nel tanka il te a dell obasute (o ubasute), ovvero del getta e le do e a zia e , in Terayama sempre riferito alla figura materna. Questo termine individua una pratica che la leggenda racconta venisse messa in atto in tempo di carestia o di diffi olt e he o siste ell a a do a e un membro anziano della famiglia in un luogo remoto e poco accessibile, di solito una montagna o una foresta. Nella prefettura di Nagano, in particolare, è situato u o te he stato ide tifi ato o e lo O asute a a, di e uto fo te d ispi azio e pe il romanzo di Fukazawa Shichirō i titolato Na a a a ushikō (Le canzoni di Narayama, 1956), dal uale so o poi stati t atti gli o o i i fil di Ki oshita Keisuke e I a u a Shōhei . Le prime attestazioni di questa leggenda risalgono al X secolo e sono contenute nello Yamato monogatari (Racconti di Yamato) e nel Koki akashū (Raccolta di poesie giapponesi antiche e

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170 moderne). Di nuovo nel XV secolo, Zeami, uno dei più grandi drammaturghi di teatro ō, dedica al tema u ope a i titolata se pli e e te Obasute (id.), nella quale a venire magnificata è la bellezza e la dig it dell a zia a he, o e do, a etta il suo desti o o se e it . È u ioso ui di ota e come, nonostante gli studi sul folklore concordino sul fatto che la pratica appartenga soprattutto alla sfera della leggenda (Yoshikawa 1998, Yamaguchi 1974), questa tradizione sia sopravvissuta fino alla contemporaneità, ispirando numerose opere.

L i ita e to a getta e le do e a zia e ade is e pe fetta e te al te a dello iede promosso da Terayama nei primi anni Sessanta e, infatti, se ne trova traccia per la prima volta in uno dei saggi raccolti poi in Gendai no seishunron, intitolato esplicitamente O asute o susu e: Okāsa o shitai no shimatsu I o aggia e to all obasute: la sistemazione del cadavere della madre, 1962), nel quale Terayama consiglia ai giovani di separarsi dai genitori prima di legarsi troppo a loro e diventarne dipendenti. La pratica viene poi affrontata in maniera più diretta in Yamanba (La strega della montagna, 1964),32 un radio drama con il quale vince il suo primo premio internazionale — il Prix Italia — he pe ette all ope a di esse e t adotta i u e ose li gue e di i izia e a fa circolare il nome di Terayama in Europa. In Yamanba l auto e i e te la a azio e t adizio ale — per la quale è la moglie a incitare il marito a getta e la ad e — facendo scoprire al protagonista he, el suo illaggio, l obasute è una condizione necessaria affinché possa prendere moglie. Qua do uest ulti a si rifiuta però di consumare il matrimonio, tradendo allo stesso tempo il coniuge, la colpa per aver abbandonato la madre torna a pe seguita e l uo o. Tutta ia Terayama non è soddisfatto del risultato finale, in quanto:

«il problema della vitalità in eccesso [yojō seimei] he ella fa iglia ie e t attato a u li ello e a e te e oti o. Qui la fa iglia ie e it atta o e se fosse la ausa della sua stessa dist uzio e, a il p o esso di es lude e la ad e dalla fa iglia giappo ese i ua to gruppo unito da vincoli di sangue, è in realtà dovuto al modernismo [kindaishugi]» (TSNG II: 346).

Il te a dell obasute percorre trasversalmente tutti i media utilizzati da Terayama e appare infatti a teatro già in Aohige (Barbablù, 1968), opera appartenente al primo periodo del Tenjō sajiki, una

32 L ope a fa pa te di u a t ilogia di radio drama incentrati sul folklore giapponese che include anche Osorezan (Il Monte della

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171 sorta di rielaborazione dei temi di Yamanba: ell adatta e to pe il teat o ho p o ato a esaminare di nuovo il problema della vitalità in eccesso, creando un personaggio occidentale chiamato Barbablù che viene messo a confronto con il protagonista (TSNG II: 346). Il personaggio di Barbablù, che acquista anziane donne per farne della carne da servire ai suoi ospiti, sostituisce narrativamente la montagna, offrendo così la possibilità di salvare la madre al protagonista Hansuke. L uo o, infatti, dopo non essere riuscito a sedurre la moglie come nel radio drama, si pente e decide di sottrarre l a zia a a Barbablù nascondendola nel villaggio. Quando però la donna esce allo scoperto per denunciare il tradimento della moglie, Hansuke viene costretto a getta e di nuovo la madre per non superare il numero di abitanti consentiti.

Se in Yamanba Terayama sentiva di essere rimasto troppo vicino al folklore giapponese e di non essere riuscito a elaborare criticamente il tema per renderlo universale, qui, o l i esto del pe so aggio di Ba a lù, desta ilizes the Japa ese ess of the a ati e a d se es to sig al oad categories of desire betrayal, autonomy, family, and custom as the appropriate analytical rubrics athe tha Japa (Ridgely 2013: 294). Terayama dimostra così, nel passaggio tra i media, di essere in grado di trasformare e approfondire la tematica in questione utilizzando gli strumenti specifici del medium. In questo caso si avvale di una delle caratteristiche principali del suo teatro e dell angura in generale: il superamento delle forme moderne (teatrali e non solo), attraverso una rielaborazione critica del premoderno.

Una volta trasposto sullo schermo cinematografico, l obasute cambia ulteriormente forma. In Sho o suteyo è infatti trattato con umorismo nero nella scena in cui una sorta di prete-venditore porta a po ta, hia ato dal pad e del p otago ista, e a di o i e e l a zia a o a a e t a e i u a casa di riposo. Rispetto agli altri esempi, nel film Terayama mette in luce in chiave satirica una contraddizione fondamentale insita nel figlio-agente — e quindi nella gioventù giapponese — ovvero che la necessità di staccarsi dai propri genitori è sempre accompagnata dall i apa it di farlo, tanto per questioni emotive, quanto egoistiche. A dimostrazione di ciò la figura del figlio- agente diventa sempre più passiva a o a a o he Te a a a ate ializza l obasute nel triplice passaggio che porta dalla parola scritta alle immagini in movimento. Si va incontro a una progressiva spersonalizzazione, dalla quale emerge o fo za es e te l i apa it dei figli di assumersi le proprie responsabilità a causa di dubbi personali. I primi due passaggi rimangono ell a ito del o -visibile: dalla parola scritta a quella parlata il fruitore può immedesimarsi nel

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172 protagonista passa do dall io della poesia — determinato a trovare un negozio a cui vendere la madre — alla voce di Hansuke nel radio drama, dove riesce ad abbandonare la madre sul monte, per poi pentirsene una volta che i suoi appetiti sessuali non vengono soddisfatti. Come nota Ridgely, nel tanka i oggetto is the o e ializi g p edi ate that holds the t ue po e of this line – if there is a town for buying used mothers than someone is also selling them (Ridgely 2010: 146). Al contrario di Yamanba, il tanka riesce quindi a palesare quel problema legato alla modernità per il quale la famiglia viene distrutta dalle logiche economiche del capitalismo.

Nel passaggio al campo del visibile che contraddistingue teatro e cinema, il fruitore vede materializzarsi gli attori e può quindi acquisire consapevolezza del medium, distanziandosi così dall ope a app ese tata. Nel fil , i pa ti ola e, ie e espi to il concetto di immedesimazione nel momento in cui Eimei parla direttamente allo spettatore affermando la propria individualità. In Aohige, i dubbi di Hansuke sembrano aumentare ulteriormente rispetto alla controparte adiofo i a. L i se i e to del pe so aggio di Ba a lù, i fatti, pe ette al p otago ista di abbandonare la madre, consapevole del fatto che questa potrebbe sopravvivere per anni nel castello, alleviando così i sensi di colpa del suo atto egoistico. La sua insicurezza viene però acuita ua do, sal ata l a zia a u a p i a olta, ost etto a getta la di uo o pe o di e degli abitanti del villaggio. Quella del protagonista diventa quindi u azione guidata da agenti esterni che lo riducono alla passività e e a ulla o l individualità. In Sho o suteyo, i fi e, l u i a azio e compiuta effettivamente dal padre di Eimei è quella di chiamare il prete (un passaggio neppure ost ato dal fil , a pe tutta la du ata della o p a e dita egli i a e i sile zio, arrivando perfino a negare il proprio coinvolgimento, in una totale de-responsabilizzazione che si riflette anche nella sua incapacità di relazionarsi con gli altri membri della famiglia.

Nel lasso di tempo che comprende le quattro opere in esame — dal 1964 al 1971 — Terayama ha iflettuto sul te a dell obasute iela o a dolo i ase al o te ito e utilizzato o u app o io t a s ediale, passa do dalla si u ezza dell azio e el tanka al rifiuto del gesto nel film. I suddetti estremi corrispondono a opere che tentano di superare i limiti del rispettivo medium per permettere una rappresentazione più sfaccettata del rapporto madre-figlio. Il passaggio fluido e pe ea ile da u ediu all alt o e de possi ile l a alisi di uesta osa da app ese ta e da p ospetti e diffe e ti he si ali e ta o a i e da, poi h Te a a a ifiuta u u i a i te p etazio e omogeneizzante. Yamanba e Aohige, invece, non costituiscono opere di rottura e rientrano nei

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173 canoni dei rispettivi generi; non è un caso che queste due siano anche le più simili tra le quattro, in quanto Terayama ha impiegato spesso un linguaggio analogo per i due media. Infatti, se è naturale che quello radiofonico non faccia riferimento al senso della vista, è una particolarità propria dell auto e quella di aver creato numerosi lavori teatrali nei quali la vista dello spettatore è ostruita (a partire da Garigari hakase no hanzai), o addirittura esclusa (in Mōjin shokan). In virtù di ciò, di e ta esse ziale i e t a i i asi l utilizzo di pa ole esp essi e he e si o iuga o o il linguaggio poetico adoperato solitamente da Terayama, il quale riuscirà a implementarlo anche nei propri film.

In questo contesto i po ta te p e de e i o side azio e a he l ese pio di Jashū o , ritenuta u a delle ope e più app ese tati e di Te a a a, i Giappo e e all este o, ella uale il te a del rapporto con la madre, nella forma dello obasute, raggiunge la sua elaborazione teatrale più matura e compiuta, ultima evoluzione del percorso iniziato con Yamanba e Aohige. La narrazione principale aderisce piuttosto fedelmente alla leggenda, attuando però il ribaltamento già visto nelle due opere sopracitate. Il protagonista Ya ata ō33 si innamora infatti di una donna

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