Capitolo 4: Ovarioisterectomia open e laparoscopica a confronto
4.2 Tempi operatori a confronto
Nonostante la grande abilità e confidenza che il chirurgo potrà arrivare ad avere con lo strumento laparoscopico, occorrerà un lungo training formativo affinché i tempi operatori in laparoscopia possano essere sovrapponibili a quelli della chirurgia tradizionale. Ciò è dovuto al fatto che la tecnica laparoscopica è molto più laboriosa, meno intuitiva ed immediata della open. Già l’introduzione dei trocars richiede tempi più lunghi rispetto al praticare una breccia laparotomica, così come anche la creazione dello pneumoperitoneo, che deve essere realizzato in maniera graduale, sia per verificare il corretto inserimento della cannula (o dell’ago di Veress) in cavità addominale, sia per monitorare attentamente eventuali variazioni dei parametri vitali del paziente in questa fase delicata.
Inoltre la facilità con cui l’ottica, una volta inserita in cavità addominale, andrà incontro ad offuscamento per la differenza di temperatura tra interno ed esterno, o per contatto con superfici lipidiche determinerà ulteriori rallentamenti nelle operazioni data la necessità di estrarre lo strumento e pulirlo con una soluzione antiappannamento (UltraStop®) o con soluzione fisiologica tiepida oppure possiamo provare a passare delicatamente l’ottica sulla superficie per esempio di un tratto intestinale. Un metodo risultato molto efficace nel prevenire l’offuscamento dell’ottica prevede il passaggio di CO2 riscaldata attraverso il trocar in cui è inserita l’ottica (tale metodo è stato utilizzato nel nostro lavoro per gli interventi eseguiti nel Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Pisa).
Inoltre, anche l’introduzione dei trocars accessori, seppur video-assistita, deve essere eseguita con delicatezza e prudenza richiedendo quindi un certo tempo.
E’ evidente come tutte queste operazioni, necessarie per accedere alla cavità addominale, richiedano un tempo notevolmente più lungo rispetto alla dieresi della parete addominale con il bisturi.
Per quanto riguarda le manualità chirurgiche a livello delle ovaie e dell’utero, i tempi sono sempre a favore della chirurgia laparotomica. In laparoscopia, infatti, per recidere il legamento ovarico e largo, è necessario ogni volta cambiare lo strumento utilizzato (strumenti da presa, coagulazione, taglio). E’ evidente che il prendere e riposare gli strumenti laparotomici sul carrello servitore richiederà tempi ben minori.
A tal proposito è necessario aggiungere che l’uso dell’Ultracision (utilizzato nel nostro lavoro nella Clinica di Prato) riduce in maniera drastica i tempi delle manualità chirurgiche laparoscopiche, potendo con lo stesso strumento, sia tagliare che coagulare, evitando perciò l’estrazione ed il reinserimento degli strumenti. Lo stesso vantaggio, cioè di poter tagliare e coagulare con lo stesso strumento, è fornito dall’elettrochirurgia monopolare, che
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però non accorcia altrettanto i tempi operatori perché dati i potenziali danni che potrebbero derivare da un suo utilizzo frettoloso ed incauto, richiederebbe tempi decisamente maggiori del più sicuro bisturi ad ultrasuoni.
Un altro punto molto importante da considerare è rappresentato dall’esecuzione dell’emostasi delle strutture da recidere.
Con la chirurgia laparotomica vengono eseguite legature con filo riassorbibile, che seppur richiederanno molta attenzione sia per la scelta del punto esatto di applicazione che per l’intensità di serratura del nodo, certamente necessiteranno di tempi ben più brevi rispetto alla stessa fase operatoria con tecnica laparoscopica. In quest’ultima infatti è necessario procedere a laboriose elettrocoagulazioni che devono essere tanto estese da permettere direttamente il taglio senza ulteriori precauzioni emostatiche. Anche riguardo a questo punto l’avere a disposizione il bisturi ad ultrasuoni può decisamente fare la differenza. Inoltre un altro momento che richiede più tempo nella tecnica laparoscopica è il momento della legatura delle arterie uterine a livello della cervice. Infatti, eseguire le legature con le pinze laparoscopiche non è affatto cosa semplice, richiede grande coordinazione ed esperienza.
Anche l’estrazione delle ovaie e dell’utero dalla cavità addominale sposta i tempi operatori a favore della laparotomia in cui una volta afferrati, vengono semplicemente appoggiati sul carrello servitore. In laparoscopia i tempi necessari a svolgere questa operazione variano in base alle dimensioni dell’utero. Talvolta, infatti, risulta necessario ampliare la breccia laparotomica per renderla di dimensioni adeguate all’estrazione. E’ evidente come questo secondo caso richieda un maggior tempo di esecuzione.
Giunti a questo punto, prima di poter procedere alla chiusura dell’addome, sarà necessaria l’evacuazione dello pneumoperitoneo e l’estrazione delle cannule, momenti completamente assenti nella chirurgia laparotomica. La prima fase richiede tempo per la giusta progressività dell’operazione, mentre la seconda, cioè l’estrazione delle cannule, necessiterà di cautela ed attenzione al fine di evitare l’insorgenza di ernie incisionali, evenienza che potrà essere in parte scongiurata praticando un delicato sollevamento della parete addominale all’atto dell’estrazione.
A questo punto si procederà alla chiusura della parete addominale. In questa fase i tempi si spostano nettamente a favore della chirurgia laparoscopica dove le ridotte dimensioni delle tre piccole brecce implicano rapidi tempi di sutura. Nella chirurgia laparotomica l’incisione è sempre molto più ampia e la questione diventa ulteriormente laboriosa se è stata praticata sulla linea paramediana, nel qual caso è necessario suturare su un piano più profondo il
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peritoneo con lamina interna e porzione profonda del muscolo retto dell’addome, sul piano superiore la porzione più superficiale e la lamina esterna del m. retto dell’addome e poi sottocute e cute. E’ evidente che i tempi in questa fase depongono nettamente a favore della tecnica laparoscopica.
Da tutte le considerazioni suddette se ne evince come i tempi operatori risultino essere sempre e comunque più rapidi nella chirurgia laparotomica. E’ però fondamentale sottolineare come l’esperienza del chirurgo, l’affiatamento con il video-operatore e con tutta l’equipe così come pure la possibilità di avere a disposizione la strumentazione ad ultrasuoni possano notevolmente ridurli.
Uno studio francese del gruppo di Clermon-Ferrand, paragonando i risultati di isterectomie laparoscopiche eseguite su donne tra il 1989 ed il 1995 con quelli dei medesimi interventi eseguiti tra il 1996 ed il 1999, ha rilevato che il tasso di conversione laparotomica è sceso dal 4,7% all’1,4%, l’incidenza di complicanze maggiori dal 5,6% all’1,3% ed il tempo operatorio da 115 a 90 minuti.
All’università di Helsinki, è stato condotto da Harkki-Siren, Sjoberg, Toivonen, Tiitnen un altro studio comparativo tra l’isterectomia laparoscopica e quella laparotomica su 50 donne, 25 delle quali sottoposte ad intervento laparotomico e 25 a quello laparoscopico. E’ stato riportato un tempo medio di 57 minuti per la tecnica laparotomica contro gli 85 minuti per la laparoscopica con una differenza media di 28 minuti.
Un altro studio effettuato a Praga da Houlb, Jabor, Sprongl, Kliment, Fischlova, Urbanek su 77 donne di cui 18 sottoposte ad isterectomia laparotomica e 59 ad isterectomia laparoscopica hanno anch’essi riscontrato tempi più lunghi per gli interventi del secondo gruppo; precisamente una media di 105 minuti per gli interventi laparoscopici con un range tra 80 e 120 min, e 80 min in media per gli interventi laparotomici con un range tra 70 e 90 min.
Davidson, Moll e Payton hanno dimostrato che la durata dell’ovarioisterectomia laparoscopica eseguita in 16 cagne sane è mediamente di 120 minuti (range 47-175 minuti) contro i 69 minuti (range 25-140) ottenuti nella tecnica open (Davidson et al., 2004). In un altro studio i tempi sono risultati inferiori per entrambi i metodi: 55,7 minuti per la laparoscopia eseguita su 8 soggetti contro 31.7 minuti per la open eseguita sullo stesso numero di pazienti (Hancock et al., 2005).
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