0 6 12 18 24 30 36 42 48 54 60 66 72 78
Sopravvivenza senza di platino resistenza
BRCAm
81 Grafico 11 Grafico 12 0 6 12 18 24 30 36 42 48 54 60
Tempo alla platino Resisitenza
BRCAwt
0 6 12 18 24 30 36 42 48 54 60 66 72 78 84Sopravvivenza senza di platino resistenza
BRCAwt
82
Tabella 4: Sopravvivenza libera da malattia
ETA’ PFS 2anni PFS 5 anni
<61 38.9% 19% >61 23.3% 9 % p=0.255 MR PFS 2anni PFS 5 anni 0 34.5% 34% <1 38.9 % 8 % >1 21 % 0 % p=0.005 Ascite PFS 2anni PFS 5 anni NO 41.9% 9.7% SI 27% 3.2% p=0.012
BRCA PFS 2anni PFS 5 anni
unknown 29.3% 5.2%
wt 34.8% 8,7%
m 37.5% 0 % p=0.663
Bevacizumab PFS 2anni PFS 5 anni
si 47.4% 5.3%
no 28.2% 5.1% p=0.183
Tabella 5: Sopravvivenza globale
ETA’ OS 2anni OS 5 anni
<61 97% 64.3% >61 90.3% 63.3% p =0.629 MR OS 2anni OS 5 anni 0 98% 80.6% <1 92% 63.6% >1 88.8% 44.8% p=0.009
Ascite OS 2anni OS 5 anni
NO 97.9% 72.3%
SI 91.5% 58.1% p=0.042
BRCA OS 2anni OS 5 anni
unknown 89.6% 51.7%
wt 100% 83.3%
m 100% 79.7% p=0.043
Bevacizumab OS 2anni OS 5 anni
si 97.6% 67.4%
no 92.7% 62.4% p=0.225
83
Tabella 6: Analisi multivariata per la sopravvivenza libera da malattia Variabile HR IC 95% P MR 1.647 1.960-2.825 0.023 Ascite 1.651 1.026- 2.659 0.039
Tabella 7: Analisi multivariata per la sopravvivenza globale
Variabile HR IC 95% P
MR 2.285 1.059 – 4.928 0.035
Tabella 8
BRCA status n Platinum-resistance
n median time(range) No Platinum-resistance n median time(range) Mutated 21 5(23%) 45.4 months (34-58) 16(76%) 52.2 months (4-74) Wild-type 36 15(42%) 26 months (11-56) 21(58%) 45.2 months (9-78)
84
6. DISCUSSIONE
La chirurgia citoriduttiva primaria seguita da chemioterapia a base di platino e taxani rappresenta il trattamento standard del carcinoma ovarico avanzato. Gli attuali regimi sono in grado di ottenere una risposta completa clinica di circa il 50% dei casi , una risposta completa patologica nel 25 - 30%, una PFS mediana di 15.5-22 mesi , ed una OS mediana 31-44 mesi [83-91]. Due studi clinici randomizzati di fase III ( GOG 218 e ICON 7) hanno dimostrato che l’ aggiunta del bevacizumab al regime CBDCA+ PTX durante la chemioterapia e come trattamento di mantenimento migliora sistematicamente la PFS, senza alcun vantaggio in OS [92,93]. Sebbene la MR dopo PDS sia stata variamente definita, i lavori più recenti suggeriscono che l’ outcome clinico più favorevole si ottiene nelle pazienti nelle quali è stato asportato tutto il tumore macroscopicamente visibile [94-98].
Negli ultimi anni la chemioterapia neoadiuvante [neoadjuvant chemotherapy , NACT] seguita da chirurgia di intervallo (interval debulking surgery [IDS]) è stata sempre più frequentemente utilizzata nelle pazienti con malattia “ bulky” non operabili in maniera adeguata per condizioni cliniche generali, età o patologie concomitanti o che richiederebbero estese ed ultra-aggressive procedure chirurgiche per ottenere una citoriduzione chirurgica ottimale [99-102]. Il numero dei cicli di chemioterapia somministrati prima della IDS sembra avere una rilevanza clinica, dato che ogni aumento del numero dei cicli oltre 3-4 ha un effetto detrimentale sulla OS [100, 102]. Pertanto, lo sforzo chirurgico massimale dovrebbe essere pianificato più precocemente possibile in queste pazienti.
Due studi randomizzati di fase III hanno mostrato che la NACT seguita da IDS non è inferiore in termini di PFS e OS alla chirurgia citoriduttiva primaria seguita da chemioterapia in pazienti con carcinoma ovarico avanzato e che il debulking chirurgico macroscopicamente completo rimane il goal del
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trattamento indipendentemente dal timing della chirurgia citoriduttiva [103,104]. Tuttavia entrambi questi studi sono stati pesantemente criticati , specialmente per il bias di selezione delle pazienti, per le insoddisfacenti percentuali di OS e per la scarsa qualità della chirurgia [104,105]. Alcuni studi sembrano suggerire che la recidiva dopo NACT e IDS è biologicamente più aggressiva rispetto a quella che si sviluppa dopo PDS e chemioterapia [107-114].
Il nostro gruppo di lavoro ha recentemente condotto uno studio retrospettivo su 384 pazienti con carcinoma ovarico in stadio IIIC-IV trattate con PDS seguita da chemioteapia a base di platino (n= 322) o NACT a base di platino seguita da IDS e ulteriore chemioterapia con lo stesso regime di induzione (n= 62), e che erano in risposta clinica completa al termine del trattamento primario presso i Dipartimenti di Ginecologia e Ostetricia delle università di Pisa e di Brescia tra il Settembre 1994 e il Luglio 2014. Le percentuali di citoriduzione a MR= 0 erano 35.7% e 51.6% per il gruppo PDS e per il gruppo IDS. Tuttavia, l’outcome clinico delle pazienti completamente citoridotte era significativamente migliore nelle pazienti sottoposte a PDS rispetto a quelle sottoposte a IDS. La PFS a 2 anni, 5 anni e 7 anni era 65.8%, 40.8% e 39.3% nelle prime versus 43.8%, 12.5% e 12.5% per le seconde (p=0.001); le OS a 2 anni, 5 anni e 7 anni erano rispettivamente, 96.4%, 69.3%, 50.4% e 87.1%, 41.8% ,32.6% (p=0.001). Le pazienti completamente citoridotte dopo NACT potrebbero avere avuto una piu’ alta incidenza di lesioni di minime dimensioni non rilevabili chirurgicamente , eventualmente nascoste da cicatrici soprattutto nell’addome superiore e sulle superfici diaframmatiche. Per di piu’, foci neoplastici microscopici persistenti dopo NACT potrebbero contenere piu’ cloni chemioresistenti rispetto a quelli persistiti dopo PDS e chemioterapia. Pertanto, il raggiungimento di una MR= 0 ha un significato prognostico assai diverso nei due gruppi di pazienti. La PDS deve essere considerata l’approccio chirurgico standard per le pazienti con carcinoma ovarico avanzato , mentre la NACT seguita da IDS dovrebbe essere riservata a pazienti considerate non elegibili per uno sforzo chirurgico primario o per la massiva diffusione , soprattutto con coinvolgimento dei mesi alla TC diagnostica o per scadenti
86
condizioni generali dopo accurata valutazione da parte di un team multidisciplinare (ginecologo oncologo, anestesista, chirurgo generale dedicato, medico internista) .
In questa tesi abbiano analizzato retrospettivamente 141 pazienti con carcinoma ovarico in stadio FIGO IIB-IV, grado 2-3, sottoposte PDS, a chemioterapia a base di PTX+CBDCA e a follow-up periodico presso il servizio Oncologico Ginecologico del Dipartimento di Ginecologia e Ostetricia dell’ Università di Pisa tra il Gennaio 2004 e il Dicembre 2016. I tumori epiteliali borderline ed i tumori epiteliali invasive di basso grado (G1) non sono stati inclusi nello studio. Al termine della chemioterapia di prima linea, 113 pazienti (80%) erano in risposta clinica completa, 22 (16%) erano in RP , 2 ( 1.4%) avevano malattia stabile e 4 (2.8%) erano in progressione. L' outcome clinico delle pazienti è stato il seguente: 39 (27.6%) erano NED dopo una mediana di 58.1 mesi (range , 9.1–159.2 mesi) dal termine del trattamento primario, 54 (38.3%) erano AWD dopo un intervallo mediano di 24.5 mesi (range,6.4 – 96.3mesi), e 48 (34,1%) erano DOD dopo un intervallo mediano di 36.8 mesi (range, 12.2 – 126.7 mesi) . La PFS a 5 anni era 34% nelle pazienti con MR= 0, 8% in quelle con MR macroscopico < 1 cm e 0% in quelle con MR > 1cm ( p=0.005) .
All’ analisi multivariata , la MR >1cm e la presenza di ascita erano fattori prognostici sfavorevoli indipendenti per la PFS (HR= 1.647, 95%CI= 1.960-2.825, p=0.23, e rispettivamente, HR=1.651, 95%CI= 1.026-2.659,p=0.039).
La OS a 5 anni era 80.6% nelle pazienti con MR= 0, 63.6% in quelle con MR macroscopico < 1 cm, e 44.8% in quelle con MR > 1cm ( p=0.009) , ed era 72.3% nelle pazienti prive di ascite e 58.1% in quelle con ascite (p=0.042).
All’ analisi multivariata , la MR >1cm era una variabile prognostica sfavorevole indipendente per la OS (HR= 2.285, 95%CI= 1.059-4.928, p=0.035). E’ interessante osservare che l’aggiunta alla chemioterapia del bevacizumab migliora la PFS a 2 anni ( 47.4% versus 28.2%) in accordo con i dati degli studi GOG
87
218 e ICON 7. Questa differenza non raggiunge la significatività statistica per il numero dei casi. I due studi riportati in precedenza includeva rispettivamente 1873 e 1528 pazienti.
Recenti studi hanno riportato che le pazienti con carcinoma ovarico e mutazione di gBRCAm hanno un comportamento clinico più favorevole, caratterizzato da una più giovane età alla diagnosi, [115,116,117], da una più grande incidenza di istologia sierosa di alto grado [115-118,119] , di stadio avanzato [116,118,119] e di distribuzione viscerale di malattia [120], più alte percentuali di risposta al platino sia in prima che in ulteriori linee di trattamento [118,121-123] ed un outcome clinico migliore [116,117,119,124,125] . L’ uso sistematica del test genetico è stata introdotto solo di recente nella nostra pratica clinica e pertanto i numeri a disposizione non ci consentono ancora di valutare adeguatamente i risultati in termini di PFS e di OS. Alcuni dati molti interessanti e coerenti con il comportamento biologico descritto in letteratura sono emersi dall’ analisi delle 57 pazienti delle quali era disponibile il risultato del test genetico per BRCA1 e BRCA2. Il 23% delle 21 pazienti con mutazione di gBRCA hanno sviluppato una resistenza durante o entro 6 mesi dal termine dell’ultima terapia a base di platino (platino- resistenza) dopo una mediana di 45.4 mesi (range , 34 -58 mesi). D’ altro canto il 42% delle 36 pazienti con g-BRCA wild-type sono andate incontro a platino-resistenza dopo una mediana 26 mesi (range,11-56 mesi). Pertanto, le pazienti con mutazione del gBRCA diventano platino-resistenti meno frequentemente e dopo un più lungo lasso di tempo rispetto alle pazienti con gBRCA wild type.
I nostri risultati, in accordo con i dati della letteratura, confermano cha la MR dopo PDS è il principale fattore prognostico del carcinoma ovarico avanzato. Le pazienti con MR > 1cm hanno un rischio 1.647 volte più alto di progressione e 2.285 volte più alto di morte rispetto a quelle con MR=0. Lo sforzo chirurgico massimale durante la citoriduzione primaria è pertanto essenziale per offrire alla paziente le migliori probabilità di sopravvivenza a lungo termine.
Il BRCA rappresenta un biomarker predittivo della sensibilità al trattamento con i PARP inibitori , con il platino e con altri farmaci e prognostico dell’outcome clinico. Attualmente tutte le linee guida
88
consigliano di eseguire un test BRCA in tutte le pazienti con carcinoma ovarico epiteliale non mucinoso , non borderline al momento della diagnosi in modo che queste informazioni siano
disponibili tempestivamente per essere incluse nelle decisioni sulle successive strategie di trattamento e in caso di ricaduta.
Un tumore può avere una mutazione somatica de novo non identificabile attraverso il test germinale. Le mutazioni germline e somatiche nei geni HR si verificano in circa il 31% dei pazienti con carcinoma ovarico sieroso di alto grado. Di queste, il 75% delle mutazioni della linea germinale e il 71% delle mutazioni somatiche sono localizzate nei geni BRCA.
Mutazioni di BRCA1 somatiche sono state riportate nel 5-9% dei casi di carcinoma ovarico sporadico, mentre mutazioni somatiche di BRCA2 sono state identificate nel 3-4% . Gli studi hanno dimostrato che il test genetico su tessuto tumorale ovarico consente l'identificazione di tumori con mutazioni germinali o somatiche e potrebbe identificare fino al 50% in più di pazienti con tumore ovarico mutato BRCA rispetto al test germinale da solo.
La mutazione di altri geni coinvolti nel meccanismo di HR , come PALB2, FANCA, FANCI, FANCL, FANCC, RAD50, RAD51, RAD51C, RAD54L, ATM, ATR, CHEK1, e CHEK2 , conferiscono al tumore la stessa sensibilità terapeutica (tumori con fenotipo “BRCAness”) .
Di conseguenza, la diffusione di sondaggi somatici di HRD (homologous recombination deficiency) nella pratica clinica di routine, permetterebbe, ad un più largo gruppo di pazienti portatrici di
carcinoma ovarico HRD, di beneficiare degli stessi vantaggi clinici e terapeutici delle pazienti BRCA carriers . E’ attualmente in corso uno studio in collaborazione con l’Anatomia Patologica e con il Laboratorio di Genetica Medica per la valutazione del BRCA somatico nelle pazienti non sottoposte a test di BRCA germinale su sangue periferico.
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