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Tentativi di riforma organica e “piccole riforme” del sistema regionale

3.1. Le proposte di riforma della L. n. 845/78

Abbiamo precedentemente affermato che la storia della FP appare caratteriz- zata da un andamento intermittente che vede alternarsi cicli di forti discussioni e tentativi di riforma complessiva del sistema con cicli di assestamento e razionaliz- zazione.

Il decennio che stiamo esaminando ha conosciuto l’una e l’altra fase. La prima metà degli anni ’80, infatti, si è caratterizzata per il recepimento della legge quadro da parte delle leggi regionali, la seconda metà, invece, si distingue come momento di produzione di nuove impostazioni normative, sia a livello regionale (la c.d. le- gislazione di seconda generazione) sia a livello nazionale, dove vengono elaborate proposte di riforma della L. n. 845/78.

Nessuna di queste arriverà al dibattito parlamentare, ma susciteranno co- munque un dibattito, anche acceso, tra gli operatori.

Gli unici due provvedimenti approvati nel decennio hanno un carattere “setto- riale” e anche questi possono essere ricondotti alla categoria della razionalizza- zione o della innovazione (senza attribuire ai due termini un giudizio di merito). Il primo, la legge n. 40/1987, che prevede un sostegno finanziario alle sedi centrali degli Enti, va nel senso dell’ottimizzazione dell’esistente, il secondo, la L. n. 492/88, che prevede finanziamenti a progetti predisposti dalle Regioni finalizzati all’innovazione del sistema va nel senso del cambiamento degli assetti strutturali e funzionali della Formazione Professionale.

3.1.1. Il prearticolato De Michelis

La proposta De Michelis128, pur organizzata in articoli, non ha la struttura for-

male di un atto normativo (per questo si parla di prearticolato): si limita a enunciare prese di posizioni di modifica o di correzione della legge 845/78, senza ricorrere al rigore e alla precisione propria di un testo legislativo.

Le istanze più rilevanti del documento sono rappresentate da un allargamento dello spettro formativo (non solo Formazione Professionale, ma anche orienta- mento), uno smantellamento del sistema gestionale esistente (che implica un ridi- 128Il testo è stato inviato il 17 gennaio 1987 dal Ministro ai Presidenti delle Regioni e alle orga-

nizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro. Cfr. ISFOL, I progetti per le riforme - Scuola

mensionamento dell’area pubblica e “liberalizzazione” degli enti e delle “imprese di formazione”, non si parla più di enti senza scopo di lucro e soggetti portatori di “una proposta formativa”).

Importante l’affermazione di principio che la Formazione Professionale “costi- tuisce una componente essenziale del sistema educativo nazionale oltre che uno strumento della politica del lavoro” (art. 1).

È forse il momento di massima divaricazione con la L. n. 845/78. Infatti, mentre questa è ispirata da un’ottica di tipo ideologico (preminenza della gestione pubblica, gestione convenzionata in base a parametri tecnici, ma anche culturali), il documento ministeriale si muove in una logica di tipo funzionale: smaltimento della forte strutturazione degli enti convenzionati con un intervento bilanciato che, da una parte, diminuisca la tutela pubblica e, dall’altra, dia spazio alla “responsabi- lità imprenditoriale”.

I rapporti scuola-Formazione Professionale vengono declinati lungo 4 diret- trici:

– complementarietà e sinergia dei programmi. Le soluzioni proposte si muo- vono su un piano generale, più che indicazioni e previsioni operative sono enunciazioni di criteri di massima (il problema va affrontato dalla riforma della secondaria, grande peso va riservato alle Regioni, occorre avviare quali- ficate sperimentazioni);

– validità degli attestati regionali rispetto ai titoli di studio statali. La soluzione proposta (nei concorsi pubblici, a parità di titoli di studio, si fa valere l’atte- stato regionale) non rappresenta un valore aggiunto rispetto ad una prassi ge- neralizzata;

– strutture e personale degli Istituti professionali e scuole ed istituti d’arte129. Il problema viene rinviato “nella sede idonea della riforma della scuola secon- daria superiore specie in rapporto all’elevamento dell’età dell’obbligo”; – rientro nel sistema scolastico di coloro che sono in possesso di attestato regio-

nale130. Rispetto alla soluzione della L. 845 (la scuola lo riceve sulla base di un proprio “ordinamento”) il prearticolato sposta il focus dall’allievo al pro- gramma (la scuola automaticamente inserisce l’allievo sulla base del pro-

gramma didattico, concordato Ministero e Regioni)131.

129La L. n. 845/78 prevede (art. 6) che le strutture e il personale “non utilizzabili o necessarie per

la riforma della scuola secondaria superiore” fossero trasferite alla Regione.

130La L. N. 845/78 prevede (art. 11) che “a coloro che abbiano conseguito una qualifica o me-

diante la frequenza di corsi o direttamente sul lavoro è data facoltà di accesso alle diverse classi della scuola secondaria superiore secondo le modalità previste dal relativo ordinamento”.

131“… ripropone una nuova formulazione che introduca una sorta di ‘reciprocità’ tra Regioni e

Ministero della pubblica istruzione, sottolineando così l’importanza della reciprocità sul piano dei contenuti, … mantenendo il punto di una formale ratifica istituzionale, rispettivamente della Regione o del Ministero della Pubblica Istruzione per garantire la coerenza con le impostazioni programma- tiche, rispettivamente in materia di qualificazione professionale o di istruzione secondaria”.

3.1.2. Le due proposte Formica

Il Ministro Formica ha prodotto due proposte. La prima132(1987), da un punto

di vista contenutistico, è riconducibile alla stessa gestazione culturale della pro- posta De Michelis: rispetto a quella, infatti, si può parlare di differenze, non certo di divergenze. Da un punto di vista formale, si presenta come una revisione par- ziale della L. n. 845/78, nel senso che sostituisce o modifica soltanto alcuni articoli. Di fatto, però, l’entità e la natura delle modifiche la configurano non già come una semplice manutenzione normativa, ma come un nuovo provvedimento. Sono, in- fatti, oggetto di revisione alcuni punti nodali del sistema, con soluzioni regolamen- tari sia nuove che mutuate dalla proposta De Michelis.

Fra le soluzioni nuove vanno ricordate:

a) l’inserimento nel processo programmatorio della valutazione delle attività, sia “ex ante” sia “ex post” (il Ministero del Lavoro definisce i parametri nazionali, le regioni i metodi, le procedure e i parametri regionali);

b) l’elaborazione dei programmi e dei piani che vanno impostati e realizzati sotto forma progettuale.

Per i “rientri scolastici” si prevede:

– un giovane che abbia acquisito una qualifica a conclusione di una attività di al- meno 1800 ore ha diritto ad “essere ammesso al secondo anno del ciclo scola-

stico successivo all’istruzione obbligatoria, nell’indirizzo più coerente al con- tenuto professionale dell’attestato formativo”;

– Ministero del Lavoro e Ministero della Pubblica Istruzione concertano gli eventuali contenuti minimi che i programmi della Formazione Professionale devono presentare, perché il diritto possa essere esercitato.

Come si può notare viene data una traduzione regolamentare alla sollecita- zione culturale della proposta De Michelis (procedere per automatismi).

132Cfr. ISFOL, I progetti per le riforme - Scuola secondaria e formazione professionale, F. Ange-

li, Milano, 1992, pp. 166-168.

Anche in questo testo il soggetto attuatore non è più l’ente di formazione con- notato giuridicamente (senza scopo di lucro) culturalmente (emanazione di soggetti portatori di una proposta formativa) della L. n. 845/78, ma un organismo che abbia tra i propri fini la formazione professionale e con posizione di rilievo se costituito “su iniziativa congiunta delle parti sociali” (art. 5 comma 2 lett, b).

La seconda proposta del ministro Formica133(1988) presenta nei confronti della

precedente delle somiglianze e differenze. Sul piano formale si connota, contraria- mente alla precedente, come revisione totale della L. n. 845/78. Sul piano contenu- tistico recupera in larga misura le soluzioni già formulate e ne propone di nuove: segnaliamo, in particolare, l’enfasi sulla convenzione con cui la Regione definisce i rapporti con i soggetti gestori privati: non più un fenomeno notarile e atto autorita- tivo, ma un momento di fissazione degli obiettivi socioeconomici delle attività pre- viste134.

3.1.3. La proposta ISFOL-Enti

Una quarta proposta va sotto il nome di proposta ISFOL-Enti135. L’iniziativa,

promossa dall’ISFOL (1989), nasceva dall’esigenza di verificare i punti di conver- genza su temi dibattuti tra i soggetti operanti nella formazione professionale nella loro duplice veste: tecnica, da un lato, in quanto gestori di attività formative e poli- tica ed espressione di realtà socio-culturali connotate da orientamenti diversi.

L’articolato136modifica ed amplia lo spettro regolamentare della L. n. 845 (non

solo formazione professionale, ma anche orientamento, osservazione del mercato del lavoro e sostegno all’occupazione), ma anche revisiona, approfondisce e innova il sistema delineato dalla legge quadro.

Nella proposta la Formazione Professionale non è solo uno strumento dei poli- tica attiva, ma “è parte del sistema formativo nazionale concorrendo in modo spe-

cifico alla valorizzazione delle risorse umane”.

Tra le gli elementi più significativi137segnaliamo le soluzioni date:

– al problema dei rientri: sulla scia delle proposte De Michelis - Formica ven- gono previsti meccanismi automatici di accesso sulla base di una regolamen- tazione (concertata tra Ministero del Lavoro e quello della Pubblica Istru-

133Ibidem, pp. 170-176.

134Tra le altre novità menzioniamo: a) la promozione di tirocini formativi in azienda mediante

contributi alle aziende stesse; b) l’istituzione di un comitato di coordinamento delle Regioni; c) il fi- nanziamento integrativo dei progetti speciali e dell’innovazione.

135Alla iniziativa furono invitati tutti gli enti di formazione operanti su scala nazionale (circa 40). 136Cfr. ISFOL, I progetti per le riforme - Scuola secondaria e formazione professionale, Franco

Angeli, Milano, 1992, pp. 176-184.

137Elaborazione di un processo unitario di programmazione e valutazione delle politiche forma-

tive e occupazionali e accentuazione del ruolo di governo delle Regioni (art. 2), creazione di un si- stema ricorrente e personalizzato di formazione professionale (art. 8), promozione di spazi interattivi tra sistema istituzionale di formazione e sistema aziendale (art. 17).

zione) che definisce “la corrispondenza tra attestati di qualifica ed indirizzi

scolastici di destinazione” e “i contenuti formativi … minimi da realizzare”

(art. 16);

– al problema dei soggetti gestionali: al quadro delineato dalla legge quadro (enti pubblici, enti privati senza scopo di lucro emanazione delle OO. SS., del movi- mento cooperativo, di associazioni con finalità formative e sociali, di imprese e loro consorzi) sono aggiunti, anche, “organismi aventi tra i loro fini la forma- zione professionale” (art 11). A questi ultimi, sono preclusi interventi formativi finalizzati all’inserimento dopo l’obbligo di istruzione. In altri termini la for- mazione iniziale può essere solo affidata agli enti senza scopo di lucro;

– al problema dei Centri di formazione: per la prima volta in un documento di questa natura viene proposto il “modello agenziale”, cioè, una struttura che non eroga solo interventi formativi, ma anche servizi per l’orientamento, ser- vizi di osservazione di fenomeni attinenti il mercato del lavoro e consulenza alle imprese su politiche formative occupazionali e, per quanto riguarda la formazione stessa, non si limita al momento erogativo corsuale, ma realizza attività di ricerca finalizzata alla progettazione e fa sperimentazione didattica (art. 12).

Altri elementi qualificanti della proposta sono:

– l’elaborazione di un processo unitario di programmazione e valutazione delle politiche formative e occupazionali, l’accentuazione del ruolo di governo delle Regioni (art. 2);

– la creazione di un sistema ricorrente e personalizzato di Formazione Professio- nale (art. 8);

– la promozione di spazi interattivi tra sistema istituzionale di formazione e si- stema aziendale (art. 17).

Le proposte De Michelis e Formica non sono mai diventate un disegno di legge governativo o una proposta parlamentare. L’unico progetto arrivato in Parla- mento, anche se con un percorso insolito, è proprio quello che non era nato con questa intenzione, quello ISFOL - Enti. All’inizio della XI legislatura, nel 1992, in- fatti, alcuni deputati, primo firmatario Sangiorgio, fecero proprio quell’articolato a cui fu dato il titolo di “Legge quadro di riordino degli strumenti di politica attiva del lavoro e di formazione professionale”138.

Qualche buona intuizione la doveva avere questo articolato, se, poco dopo, fu 138Cfr. ISFOL, I progetti per le riforme - Scuola secondaria e formazione professionale, Franco

Angeli, Milano, 1992, pp. 186-194. Il testo fu presentato il 23 aprile 1992; le differenze con quello dell’89 sono davvero poche: alcune varianti di carattere terminologico (es. “politiche attive” invece che “politiche formativo-occupazionali”); alcune precisazioni di maggior dettaglio sulla programmazione nazionale e regionale; qualche scambio di posizione tra gli articoli e i titoli; una parziale revisione del- le competenze dello Stato (art. 19); l’introduzione di un capo V e di un articolo specifico (art. 22) sulle agenzie per l’impiego, peraltro presente (ma non come termine) nel testo ISFOL-Enti.

quasi sostanzialmente ripreso dal ministro Nino Cristoforo139. Una proposta bipar- tisan, che raccoglieva consensi sul versante governativo e su quello dell’opposi- zione.

3.2. La legge 40/1987: sostegno finanziario al pluralismo gestionale

La Legge 14.2.1987 n. 40140, Norme per la copertura delle spese generali di

amministrazione degli enti privati gestori di attività formative, nasce per suppor-

tare economicamente le sedi centrali degli enti di Formazione Professionale141“che

svolgono attività rientranti nell’ambito delle competenze statali di cui all’articolo 18 della legge 21 dicembre 1978, n. 845”, per le spese che sostengono nelle loro

funzioni di “coordinamento operativo” delle strutture periferiche142.

Il richiamo all’art. 18 della legge quadro (articolo che elenca le competenze ri- maste allo Stato143) si rendeva necessario per dare una plausibilità giuridica al prov- vedimento. Perché mai, infatti, lo Stato avrebbe dovuto contribuire alle spese degli Enti per un coordinamento, di cui beneficiavano le loro strutture che operavano nelle Regioni? Il riferimento alle competenze statali in materia di Formazione Pro- 139Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale dal 28/6/1992 al 28/4/1993 nel Gabinetto

Amato.

140Cfr. G.U. 24.02.1987, n. 45.

141Rispondenti ai requisiti previsti dalla L. n. 845/78 “che siano emanazione o delle organizza-

zioni democratiche e nazionali dei lavoratori dipendenti, dei lavoratori autonomi, degli imprenditori, o di associazioni con finalità formative e sociali, o di imprese e loro consorzi, o del movimento coo- perativo; che applichino per il personale il contratto nazionale di lavoro di categoria; che rendano pubblico il bilancio annuale per ciascun centro di attività; che non perseguano scopi di lucro”.

142Cfr. Art. 1: “Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale concede agli enti privati, che

svolgono attività rientranti nell’ambito delle competenze statali di cui all’articolo 18 della legge 21 dicembre 1978, n. 845, contributi per le spese generali di amministrazione relative al coordinamento operativo a livello nazionale degli enti medesimi, non coperte da contributo regionale”.

143“a) la disciplina dell’ordinamento delle fasce di mansioni e di funzioni professionali omo-

genee e ai fini dei rapporti contrattuali di lavoro ...; b) il collegamento con le regioni sotto il profilo delle reciproche informazioni e documentazioni; c) i rapporti con il Fondo sociale europeo, e, d’in- tesa con il Ministero degli affari esteri, con le autorità e gli organismi esteri operanti in materia di formazione professionale; d) l’istituzione ed il finanziamento delle iniziative di formazione professio- nale dei lavoratori italiani all’estero …; e) la predisposizione ed il finanziamento delle attività forma- tive del personale da utilizzare in programmi d’assistenza tecnica e cooperativa con i Paesi in via di sviluppo; f) le attività di studio, di ricerca, di documentazione, di informazione e sperimentazione, da definirsi mediante specifico programma annuale in relazione alle esigenze della programmazione na- zionale e a quelle di indirizzo e di coordinamento nel settore, secondo quanto previsto dall’articolo 41, secondo comma, DDL. P. R. 24 luglio 1977, n. 616 (7); g) l’inoltro alla Comunità economica eu- ropea, o ad altri organismi internazionali, ed il finanziamento integrativo dei progetti formativi am- messi al concorso dei fondi comunitari o internazionali; h) l’assistenza tecnica e il finanziamento delle iniziative di formazione professionale, d’intesa con le regioni e tramite esse, nei casi di rilevante squilibrio locale tra domanda e offerta di lavoro … nonché gli interventi di riqualificazione previsti dalla legge 12 agosto 1977, n. 675; i) l’organizzazione ed il finanziamento, d’intesa con le regioni e su loro iniziativa, di corsi di aggiornamento del personale impiegato nelle iniziative di formazione professionale secondo quanto previsto dall’art. 4, lettera h); j) la definizione su parere conforme della commissione di cui all’articolo 17, dei requisiti tecnici per il riconoscimento dell’idoneità delle strutture e delle attrezzature adibite alla formazione professionale”.

fessionale dà, quindi, un sostrato di legittimità alla legge, anche se tra le compe- tenze elencate nell’art. 18 poche sono quelle che vedono un coinvolgimento opera- tivo degli Enti.

La soluzione escogitata appare, comunque, più adeguata dell’“artificio”, prece- dentemente adottato, con cui si contribuiva alle spese delle sedi di coordinamento degli enti mediante la concessione di attività di studio, ricerca e documentazione, secondo quanto prevedeva la lett. f della legge quadro. Attività, peraltro, che ha prodotto una letteratura imponente, ma di cui non si sa pressoché nulla, perché mai fatta circolare, quasi che un report di ricerca fosse da considerarsi più un atto am- ministrativo dovuto (quindi da archiviare) che un contributo scientifico di cono- scenza e di proposta (e perciò da diffondere).

Ma, al di là degli accorgimenti giuridici e degli stratagemmi ed espedienti uti-

lizzati144, le soluzioni adottate volevano essere una risposta ad un problema reale:

supportare le spese sostenute dagli Enti, che, come prescriveva la legge quadro, erano senza scopo di lucro, nella consapevolezza che la capacità di innovazione dei Centri di Formazione Professionale era in relazione diretta con la capacità di inno- vazione delle centrali operative che li coordinavano.

Naturalmente la “ratio” del provvedimento risulta comprensibile solo alla luce del principio di sussidiarietà, per cui l’erogazione dei contributi non è una benigna concessione dello Stato, ma oltre che costituire “un implicito riconoscimento del-

l’associazionismo organizzato”145, è una spesa opportuna per la qualità del sistema.

Il “coordinamento operativo”, di cui parla la L. n. 40/87 si estende alle strut- ture proprie dell’ente, alle strutture consorziate e a quelle strutturalmente collegate alla stessa organizzazione ed associazione promotrice, come si esprime il Decreto

del Ministro del lavoro, On. Gianni De Michelis146, n. 125 del marzo 1987147(cfr.

Figura n. 18).

Per strutture proprie, specificava il Decreto, si intendono i CFP locali sul terri- torio nazionale o extranazionale con questi requisiti:

144RANSENIGOP., Osservazioni circa la Legge n. 40/87, il decreto e la circolare di applicazione,

in «Rassegna CNOS», 1988, n. 2: “Anche il ricorso al marchingegno di utilizzare strumentalmente i fi- nanziamenti relativi alle attività di studio, di ricerca, di documentazione, di informazione e di speri- mentazione – previsti alla lettera f) dell’art. 18 della legge – non poteva risultare efficace allo scopo e richiedeva un intervento legislativo di coerenza amministrativa nei confronti degli Enti ...”.

145Ibidem, p. 49.

146DEMICHELISGIANNI(Venezia, 1940). Già nel Partito Socialista Italiano dagli anni sessanta,

poi segretario nazionale del Nuovo PSI (2001-2007). È stato deputato alla Camera (dal 1976 al 1994), ministro delle Partecipazioni statali (dal 1980 al 1983), ministro del Lavoro (nel 1986), vicepresidente del Consiglio dei ministri (1988-1989), ministro degli Affari esteri (dal 1989 al 1992). Esponente di spicco del Partito Socialista Italiano, ne è stato membro della direzione nazionale durante la segreteria di Bettino Craxi.

147 Decreto 3/3/1987, n. 125, Criteri e modalità per la determinazione dei contributi previsti

dalla legge 14/2/1987, n. 40, recante norme per la copertura delle spese generali di amministrazione degli enti privati gestori di attività formative.

– avere la stessa denominazione dell’ente, ovvero la denominazione comune che lo statuto prevede per tutti i propri centri se diversa dal nome dell’ente; – che siano stati costituiti dall’ente, ovvero che abbiano costituito l’ente per as-

solvere le necessità del coordinamento.

Figura n. 18 - Tipologie di strutture che ricadono sotto il coordinamento operativo di enti bene-

ficiari della L. n. 40/87.

Prospetto n. 7 - Parametri dei livelli nei quali sono distribuiti gli Enti beneficiari della L. n.

a) Le strutture consorziate sono strutture di un ente che aderisce a consorzi tito- lari del finanziamento.

b) Le strutture collegate alla stessa organizzazione od associazione promotrice sono quelle che sono state costituite dalla stessa associazione o organizzazione che ha emanato l’Ente nazionale.

Gli aspetti operativo-procedurali relativi al funzionamento della Legge sono stati fissati dal Decreto menzionato e da una circolare ministeriale dell’aprile ’87148, aggiornata negli anni successivi149.

Per poter beneficiare di quanto previsto dalla Legge, i soggetti presentano an- nualmente (entro il 31 marzo) al Ministero del lavoro una domanda di contributo.

In base alla documentazione allegata150alla domanda e vagliata dal Ministero, cia-

scun Ente viene collocato in uno dei 3 livelli del prospetto n. 8.

Si rammenta che il Decreto n. 125 (all’art. 4) definisce attività innovative, quelle che:

“prevedono l’attività di formazione collegata all’uso delle nuove tecnologie e che sono rivolte al conseguimento delle professionalità richieste per la riqualificazione o l’inseri- mento per i tre livelli più elevati previsti dal CCNL e per i quadri direttivi, nonché al conseguimento delle professionalità richieste per la imprenditorialità”.

Le disponibilità finanziarie annuali vengono ripartite tra i tre livelli in propor- zione diretta al volume complessivo delle ore/allievo realizzate da tutti gli enti di ciascun livello151.

Nell’anno 1988 gli enti beneficiari erano 28152, ripartiti nei tre livelli come da Prospetto n. 9.

L’erogazione del contributo, mediante Decreto interministeriale del Ministero

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