• Non ci sono risultati.

Il tentativo obbligatorio di conciliazione in materia di contratti agrari a

3. Il tentativo obbligatorio di conciliazione negli ultimi decenni

3.1 Il tentativo obbligatorio di conciliazione in materia di contratti agrari a

Con l’emanazione della Legge 3 maggio 1982, n. 203 è stata introdotta nel nostro ordinamento l’ipotesi dell’esperimento conciliativo extragiudiziale quale condizione di proponibilità della domanda giudiziale in materia di contratti agrari70. L’articolo 46 della detta legge, oggi abrogato a seguito del Decreto legislativo 1 settembre 2011, n. 150, stabiliva quanto segue:

«Chi intende proporre in giudizio una domanda relativa a una controversia in

materia di contratti agrari e' tenuto a darne preventivamente comunicazione, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, all'altra parte e all'ispettorato provinciale dell'agricoltura competente per territorio.

Il capo dell'ispettorato, entro venti giorni dalla comunicazione di cui al comma precedente, convoca le parti ed i rappresentanti delle associazioni professionali di categoria da esse indicati per esperire il tentativo di conciliazione della vertenza. Se la conciliazione riesce, viene redatto processo verbale sottoscritto da entrambe le parti, dai rappresentanti delle associazioni di categoria e dal funzionario dell'ispettorato.

Se la conciliazione non riesce, si forma egualmente processo verbale, nel quale vengono precisate le posizioni delle parti.

69

Ivi, pag. 89.

70

Qualche anno prima, con la Legge 27 luglio 1978, n. 392, era stata inserita la stessa tipologia di esperimento conciliativo in materia di locazione; sebbene in sede di discussione parlamentare si fosse paventata la scelta del procedimento di conciliazione da svolgere in sede extragiudiziale, presso apposite commissioni di conciliazione per l’equo canone (cosiddette “Commissioni casa”), alla fine si optò per l’esperimento in sede giudiziale e precisamente di fronte al giudice competente per il successivo giudizio.

27

Nel caso in cui il tentativo di conciliazione non si definisca entro sessanta giorni dalla comunicazione di cui al primo comma, ciascuna delle parti e' libera di adire l'autorità giudiziaria competente».

Sebbene tale articolo spiegasse quali erano i passaggi relativi all’azionabilità dell’esperimento, come si può notare, dalla lettera della norma non si evinceva in modo chiaro ed esplicito la configurazione del tentativo di conciliazione come condizione di proponibilità della domanda giudiziale. Per rendere il campo completamente scevro da interpretazioni contraddittorie intervenne, oltre alla dottrina71, la giurisprudenza della suprema Corte di cassazione. Il giudice di legittimità, infatti, con svariate sentenze72 stabilì una volta per tutte che la mancanza dell’esperimento conciliativo in quest’ambito, rilevabile anche d’ufficio nel corso del giudizio di merito, comportava la definizione della causa con sentenza dichiarativa di improponibilità73.

La norma imponeva che tale tentativo si tenesse dinanzi all’Ispettorato provinciale dell’agricoltura competente per territorio. La ragione di questa scelta, che è certamente il frutto di una evoluzione della concezione dell’istituto, va tuttavia ricercata tra le disposizioni del Codice di procedura civile. Infatti nella sua versione originaria, agli articoli dal 430 al 43374, si prevedeva il tentativo di conciliazione obbligatorio per le controverse in materia di lavoro agrario, e in particolare per i rapporti di mezzadria, di colonia parziaria e di piccola affittanza75 da esperirsi presso

71

Si veda, a titolo di esempio, la bibliografia presente nelle note di Luigi GARBAGNATI,

Giurisprudenza agraria, Volume I, Giuffrè editore, Milano, 2007, pp. 24-25.

72

Cfr. a titolo di esempio: Cass. 5 giugno 1995, n. 6295 e Cass. 1 agosto 2001, n. 10497 in F. SANTAGADA, Op. cit., pag. 92; Cass. (III sezione) 15 luglio 2008, n. 19436 e Cass. (III sezione) 29 gennaio 2010, n. 2406 in Fortunato LAZZARO e Roberto MUCCI, La semplificazione dei riti e

le recenti riforme del codice, Giuffrè editore, Milano, 2012, pp. 132-134. Per altra giurisprudenza

sul punto si veda Luigi GARBAGNATI, Massimo NICOLINI e Cristina CANTÙ, I contratti agrari:

rassegna di giurisprudenza sulle Leggi 3 maggio 1982, n. 203 e 14 febbraio 1990, seconda edizione,

Giuffrè editore, Milano, 2007, pp. 319-363.

73

Facevano eccezione solo i casi in cui il procedimento conciliativo non fosse definito nel termine di sessanta giorni a causa di eventuali ritardi da computare all’ispettorato. In questo caso si ritenne che non sarebbe stato rispettato quanto stabilito dalla Corte costituzionale, secondo la quale il previo tentativo di conciliazione non integrava nella specie un “adempimento vessatorio di difficile osservanza, né un’insidiosa complicazione processuale tale da ledere il diritto di difesa dell’attore” (Cfr. Corte cost. 21 gennaio 1988, n. 73 in F. SANTAGADA, Op. cit., pag. 93).

74

Articoli che ricalcano a sommi tratti l’articolo 5, comma I, Regio Decreto 21 maggio 1934, n. 1073.

75

Così come stabilito dall’articolo 429 del Codice di procedura civile nella versione precedente alla Legge 11 agosto 1973, n. 533. Oltre a queste materie, tale tentativo era previsto anche per le controversie su rapporti di lavoro e di impiego che sono o possono essere disciplinati da contratti collettivi o da norme equiparate; su rapporti di lavoro e di impiego dei dipendenti di enti pubblici

28

l’associazione legalmente riconosciuta che rappresenta la categoria a cui appartiene la parte76. Tale previsione, nell’ottica del legislatore del tempo, corrispondeva alla logica corporativistica tesa più alla tutela del gruppo sociale di riferimento anziché al singolo, il quale era condotto ad affrontare le dinamiche sociali che lo riguardavano esclusivamente attraverso un organo che lo rappresentasse e in una sede (extragiudiziale) che fosse in qualche modo più congeniale alle contrattazioni e transazioni delle varie corporazioni. Questa concezione ideologicamente orientata, benché il testo dell’articolo 46 presenti diverse similitudini con i citati articoli del Codice di procedura civile, possiamo ritenerla scomparsa con la legge del 1982; infatti, l’organo dell’Ispettorato provinciale dell’agricoltura, poiché costituito da soggetti ritenuti competenti in materia, conoscitori delle dinamiche contrattuali, nonché agenti nel settore agricolo, deve ritenersi nelle intenzioni del legislatore come il più idoneo ad aiutare le parti a giungere ad un’equa soluzione della controversia sorta tra loro e non come lo spazio in cui favorire gli interessi corporativistici.

In ogni caso l’intento principale perseguito dal legislatore dell’82 era senza dubbio quello di porre un filtro nell’accesso alla giurisdizione, per il timore che un eccessivo carico di controversie potesse paralizzare oltremodo il funzionamento delle stesse strutture giudiziarie inserendovi allo stesso tempo anche un’agevolazione al componimento delle controversie nel mondo del lavoro agricolo.

In questo ambito della società, in cui le relazioni di fiducia tra coloro che offrono e coloro che richiedono lavoro costituiscono assai spesso un tratto essenziale delle dinamiche produttive, la strada della media conciliazione, oltre ad essere un’opportunità per tutti nella risoluzione delle controversie, è anche il meccanismo più idoneo per gestire i relativi rapporti giuridici.

inquadrati nelle associazioni sindacali; su rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici, che dalla legge non sono devoluti ad altro giudice.

76

Oltre a quest’obbligo, il legislatore ne aggiunse anche un altro, da esperirsi dinanzi al giudice, con l’articolo 7 della Legge 2 marzo 1963, n. 320. Con questa legge, infatti, vennero soppresse le Sezioni specializzate (Commissioni arbitrali) per la risoluzione delle controversie in materia di contratti agrari e affitto dei fondi rustici, affidando le medesime a collegi giudicanti interni alla magistratura.

29

3.2 Il tentativo obbligatorio di conciliazione in materia di lavoro a seguito della