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Teoria politica Comunicazione

Autoaiuto

S i m o n e P e r o t t i , ADESSO BASTA, pp. 191, € 14, Chiarelettere, Milano 2009

Dopo aver fatto il manager per diciannove anni, l'autore di questo manuale per "lascia-re il lavoro e cambia"lascia-re vita" ha scelto di de-dicarsi quasi esclusivamente a scrivere e a navigare. Il punto di svolta avviene, racconta Perotti, quando qualche membro dell'eserci-to di schiavi a cui apparteniamo apre gli oc-chi e vede: "Vede che così non va, che le ore nel traffico sono alienanti, che la schiavitù del lavoro è un ricatto

insop-portabile, vede che i senti-menti e le relazioni sono schiacciate in un angolo lon-tano, vede che l'acquisto dei beni è solo un produttore di bisogni ulteriori, che nessun bene ulteriore potrà soddisfa-re, che necessiterà però nuo-vo lanuo-voro, nuovi compromessi per essere ancora possibile. Vede soprattutto che non c'è alcun guardiano, alcuna ca-mionetta di militari che ti spa-ra se esci dal gruppo, e che non ci siamo accorti di qual-cosa di clamoroso: le regole che ci rendono schiavi ci im-pediscono di constatare la nostra schiavitù, ma le abbia-mo accettate noi, nessuno ce

le ha imposte a forza". Trovare l'energia per cambiare le regole significa innanzitutto, per Perotti, comprendere bene un meccanismo produttivo che per alimentarsi divora anche le vite di persone intelligenti e colte; la sua è una critica al mondo del lavoro e all'assuefa-zione ad esso dal punto di vista di un indivi-duo che ha deciso di disintossicarsi: uno dei punti forti del testo è una sorta di questiona-rio, in cui si elenca la pesante restrizione del-le libertà individuali a cui siamo tutti sogget-ti, con scarsa consapevolezza e una buona dose di rassegnazione all'esistente. Il pro-blema centrale è che né la politica né la scuola educano al sogno della libertà e, al contrario, ogni sogno viene considerato ir-realizzabile. Eppure, come spiega Perotti, il lavoro produce malessere e incapacità di usare con piacere e soddisfazione il proprio tempo. E allora occorre mettere in atto alcu-ne strategie di cambiamento che si potreb-bero ricondurre, in generale, al concetto più volte richiamato di downshifting: si tratta di

rallentare, di cambiare marcia, di giungere a una volontaria e consapevole riduzione del lavoro e del salario per riconquistare il senso di una vita perduta. Lavoro faticoso, sicura-mente, e che richiede una maggiore vigilan-za sulle proprie scelte e sui propri comporta-menti, ma anche sui bisogni reali e su quelli indotti. La pars construens del ragionamento

di Perotti ci sembra più ardua, più difficile da estendere ai molti casi umani: non tutti pos-sono uscire con stile (e una lauta liquidazio-ne) da una vita da manager e il fondo dell'in-ferno può anche essere, invece di un ufficio milanese, un cali center o una fabbrica sen-za impianti di sicurezsen-za. Ma, come spiega Perotti al fondo del suo libro, sulle orme di Latouche, "la creazione di iniziative locali de-mocratiche è sicuramente più realistica di quell di un mondo globale democratico". Da una critica convincente come quella di Pe-rotti, sia pure nei suoi tratti ancora fortemen-te elitari, si può comunque partire per qual-che nuovo esperimento di decrescita serena, sul fronte allargato di un necessario movi-mento di liberazione.

MONICA BARDI

mer Institute in Cognitive Neuroscience del-l'Università Santa Barbara della California. Questo libro può considerarsi l'arrivo e il compendio delle sue ricerche, già esposte in una ventina di libri precedenti. Le sue ri-cerche hanno avuto come oggetto la base biologica della psicologia e della socialità dell'essere umano nelle relazioni interperso-nali, che è "quel che ci rende unici" rispetto agli altri esseri viventi. L'autore analizza scientificamente i cambiamenti che ci hanno portato a essere non solo esseri che sento-no, ma che pensano e pensano non solo a sé ma su di sé, agli altri esseri umani, ma so-prattutto a cosa pensano gli altri. La scienza

disegni di Franco Matticchio

è un'analisi cosciente (nel libro c'è un capi-tolo sulla coscienza) di quello che percepia-mo, rispetto a modalità meno rigorose di analisi come nelle mitologie, nelle leggende metropolitane ecc. Gazzaniga non "crede", "sa" che anche l'amore, la solidarietà e in genere le emozioni e i sentimenti, le arti, le religioni si basano su meccanismi biologici selezionati nei millenni, nei milioni di anni della nostra storia. Quel che ci rende unici è essenzialmente il nostro cervello, con i suoi cento miliardi di neuroni, ognuno dei quali ha migliaia di connessioni con gii altri, a lo-ro volta organizzate in moduli, alcuni innati altri acquisiti, che regolano inconsciamente il nostro modo di pensare e di agire. Gazza-niga si rende conto che tutto questo è cosi "fantastico", che c'è anche chi non può ac-cettarne una spiegazione fisica attraverso neuroni, sinapsi, neurotrasmettitori, moduli; e dice: "Andiamo avanti senza di loro". Gli addetti ai lavori troveranno qui sistematizza-to quello che già sanno, ma anche nuovi ar-gomenti prima non presi in considerazione, gli altri lettori troveranno il libro di facile e gradevole lettura, perché è non solo rigoro-so, ma chiaro, semplice e alle volte anche spiritoso.

UMBERTO PICHIERRI

Michele Trasi, Andrea Zabielio, GUERRILLA

GAR-DENING, p p . 159, € 13,50, Kowalski, Milano, 2009

Il guerrilla gardening è una forma di attivismo

spontaneo nato in ambito urbano nelle grandi metropoli, prime fra tutte New York all'inizio de-gli anni 70, come appropriazione di spazi ur-bani dimenticati per farvi crescere piante e pra-ticarvi il giardinaggio. In seguito questo tipo di pratica si è diffusa un po' in tutto il mondo uti-lizzando il web come veicolo comunicativo e mezzo di organizzazione spontanea. Negli an-ni il movimento ha mutato connotazione: non sono più tanto la pratica del giardinaggio in sé o il risultato degli interventi ad essere centrali, quanto le modalità d'azione laboriosamente codificate e la suggestiva dimensione di clandestinità costruita intorno a questi "blitz". Il "Manuale di giardinaggio e resistenza contro il degrado urbano" si ri-volge a persone che non han-no mai preso una pianta in mano: il primo e secondo ca-pitolo cercano di persuadere il lettore, il terzo offre basi di giardinaggio rudimentali e il quarto fornisce istruzioni e modalità per preparare e met-tere a punto "le spedizioni". Gli autori si servono di un lin-guaggio bellico vagamente divertito per introdurre il letto-re a queste azioni di giardi-naggio giudicate estrema-mente rischiose, sovversive ed eccitanti: "[...] segretezza, sudore, audacia, [...] scappare co-me banditi [...] si agisce senza chiedere il per-messo alle autorità [...] giardinaggio d'assalto [...] la guerrilla agisce per lo più nella notte [...] indossate vestiti scuri [.,.] il palo deve restare sempre vicino al mezzo di trasporto [...] par-cheggiate l'auto[...] in modo che, in caso di fu-ga, possiate abbandonarla sul posto senza che venga identificata come il vostro mezzo uf-ficiale [...]", e cosi via. L'adrenalinica carica eversiva che anima la preparazione e l'orga-nizzazione delle "spedizioni" non trova forza nell'ideazione delle realizzazioni. I giardinieri in realtà compiono i loro interventi in modo assai tradizionale sia dal punto di vista delle tecniche orticole utilizzate, sia per la scelte delle piante, perlopiù floricole provenienti da vivaio. Bisogna inoltre ricordare che questi spazi dimenticati, invece che luoghi di degrado, possono essere anche considerati come luoghi privilegiati per accogliere la biodiversità. In ambienti forte-mente antropizzati come quelli urbani queste "dimenticanze" permettono alle piante di ripro-dursi e diffondersi naturalmente senza control-lo dell'uomo funzionando cosi da riserva biocontrol-lo- biolo-gica in città, come teorizzato nel manifesto del

Tiers-Paysage di Gilles Clément che

conside-rebbe tali interventi come dannosi.

STEFANO OLIVARI

M i c h a e l S . G a z z a n i g a , H U M A N . Q U E L CHE CI REN-DE UNICI, ed. orig. 2008, trad. dall'inglese di Laura Sparaci, pp. 569, €36, Raffaello Cortina, Milano 2009

Michael S. Gazzaniga è direttore del Sage Center for the study of the Mind e del

Sum-Clio Zammateo, CLIO MAKE UP, pp. 253, € 11,50, Rizzoli, Milano 2009

Un manuale di trucco, corredato con imma-gini esemplificative, che ha già raggiunto la quarta edizione da quando è uscito per la pri-ma volta nell'agosto dell'anno scorso. Nato dal blog dell'autrice, è uno strumento molto chiaro che aiuta donne giovani e meno giova-ni ad usare il make up in modo accorto,

sen-za strafare. Partendo dal tipo di pelle, l'autrice mette in guardia contro gli effetti dannoso di certi cosmetici: vanno scelti rispettando età, tipologia e contesto. Inoltre, tra una cornice rosa e svelti figurini anni Venti, la Zammateo svela piccoli ma importanti segreti per valoriz-zare il nostro look. A chi ha meno esperienza, l'efficacia dell'illuminante per correggere l'u-niformità della texture del fondotinta sembrerà

una vera scoperta. Come i colori dell'ombret-to e il modo di stendere la matita per gli occhi. Completano il volume, i consigli rivolti alle adolescenti e alla donne mature. I testi sono scritti con molta ironia, e autoironia, senza di-menticare elementi importanti quali la fretta e il portafoglio.

CAMILLA VALLETTI

Avinash K. Dixit, Barry J. Nalebuff, L'ARTE

DEL-LA STRATEGIA, trad. dall'inglese di Francesco Zago, ed. orig. 2008, pp. 525, €22,00, Corbaccio, Milano 2010.

Difficoltà a prendere decisioni in qualsivo-glia campo della nostra vita? In affari, in amo-re o in famiglia? Questo corposissimo manua-le, dotato di immagini e di equazioni, sembra voler affrontare in modo definitivo, e soprattut-to scientifico (ovvero servendosi della teoria dei giochi) quella che è una delle debolezze più diffuse tra gli esseri umani: la capacità di convincere e di convincersi di aver ragione. Scritto da due professori che insegnano a Princeton e a Yale, il testo insegna come indi-viduare le mosse del nostro antagonista, o del nostro amico, in modo da potere coordinare anche il nostro comportamento e ottenere successo. Attraverso una moltitudini di casi possibili, i due professori disegnano una rosa di azioni/reazioni che non lasciano adito a spazi bianchi, a vuoti difficilmente interpreta-bili. Un attacco serrato all'ineluttabilità delle conseguenze del caso.

2 L'INDICE

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• K i O H c o G i a n f r a n c o B u f f a r d i , BIOETICA QUOTIDIANA IN PSICHIATRIA. DALLE DICHIARAZIONI UIVER-SALI ALLE STORIE SINGOLARI, p p . 192, € 23,

FrancoAngeli, Milano 2009

Il libro di Buffardi, psichiatra e psicote-rapeuta, nasce certamente da dubbi, ri-flessioni e consapevolezze profonde. L'autore ha una lunga frequentazione con la malattia mentale, per via della profes-sione del padre, anch'egli psichiatra, e della malattia di un affezionato congiunto. Questo rende ragione dell'intenso coin-volgimento emotivo, al quale si affianca una visione fortemente antropocentrica, tipicamente jaspersiana, con cui è affron-tato il tema della bioetica in psichiatria. Una psichiatria etica non può che collo-care, infatti, sempre e comunque, al cen-tro del proprio operato l'individuo nella sua condizione di

ma-lato. Oggetti della psi-chiatria sono la perso-na, il suo ambiente e le sue relazioni, in ter-mini biswangeriani de-finiti rispettivamente come eigenwelt, umwelte mitwelt. Il te-sto è rivolto agli psi-chiatri di "trincea", a chi si trova ad affron-tare stigma e discrimi-nazione, sperimentan-do quotidianamente i limiti, propri e della so-cietà, nei confronti della patologia

menta-le. Dopo una prima sezione in cui viene trattato in termini storici e un po' generali il tema della bioetica in psichiatria, si passa alla parte più viva della trattazione. Casi clinici complessi, spesso tragici ed estremi, mettono in luce i grandi problemi della cura, affrontando alcune complesse problematiche della psichiatria, quali equità di cura, qualità della vita, emargi-nazione sociale, adesione alle terapie. Vengono successivamente affrontate le importanti, talvolta inconciliabili, dicoto-mie tra efficacia terapeutica ed effetti col-laterali, fra diritto alla privacy e necessità di coinvolgere la sfera relazionale del ma-lato, fra libertà di cura e trattamenti sani-tari obbligatori. In sintesi, molti dubbi e poche certezze. L'autore è tuttavia fidu-cioso, come emerge dalla metafora tea-trale posta a conclusione del volume. Do-mande e riflessioni continue permettono allo psichiatra di allargare, nel tempo, i propri orizzonti nel palcoscenico della cura, di sostenere la propria presenza

scenica e di rafforzare il diritto dei pa-zienti ad essere sempre gli indiscussi protagonisti del proprio lavoro.

MARIANNA BOSO

Jay Haley, STRATEGHI DEL POTERE, ed. orig. 1986, trad. dall'inglese di Adelino Bortoluzzi, Carmelo Miola e Andrea Mosconi, pp. 175, € 16, Raffaello Cortina, Milano 2009

A poco più di due anni dalla morte del suo autore, Cortina propone l'edizione ita-liana di The power tactics of Jesus Christ and other essays, scritto nel 1969 e ripub-blicato con alcuni aggiornamenti nel 1986. Jay Haley, uno dei fondatori della terapia familiare e della scuola di Palo Alto, si in-terroga sulle tattiche di potere che si na-scondono nelle trame della psicoterapia. Egli identifica tre modelli: lo psicoanalista, Gesù Cristo e lo schizofreni-co, accomunati dall'a-vere creato strategie comunicative per "con-trollare" la relazione. Lo psicoanaiista utiliz-zerebbe una serie di stratagemmi per man-tenere il paziente in po-sizione di inferiorità, in-coraggiandolo, al con-tempo, a sperare di poter diventare supe-riore. Gesù, grande or-ganizzatore e leader, colpiva ii potere dan-do organizzazione ai poveri e agli indifesi, affermando di non volere il cambiamento, ma incoraggiandolo nei fatti. Lo schizofre-nico avrebbe invece il potere di influenza-re i conflitti e di teneinfluenza-re insieme la sua fami-glia, la quale presenta imprescindibili pe-culiarità che nascondono "un bisogno pa-rossistico e costante di confusione". L'au-tore evidenzia la molteplicità delle teorie psicoterapiche e la vaghezza dei risultati (il 50-60 per cento dei pazienti in lista d'atte-sa guarirebbe prima di iniziare la terapia), suggerendo ironicamente accorgimenti volti ad aumentare la percentuale di falli-menti. Cosi pure indica una serie di consi-gli volti a "pianificare un matrimonio infeli-ce". Critica con severità la psichiatria bio-logica e l'organizzazione degli ospedali psichiatrici; stessa sorte riserva alla psi-coanalisi. L'originalità dello stile, amaro, ironico, paradossale come quello della psi-coterapia stessa, e l'accostamento di capi-toli scritti in epoche diverse rendono la

let-tura a volte difficile. Se il pregio del volume è la valorizzazione della relazione interper-sonale e dello stile di comunicazione, oltre che la relativizzazione delle varie terapie, il testo ha il suo limite principale nell'assolu-tizzare le proprie considerazioni a discapi-to dell'idea di multifatdiscapi-torialità e comples-sità.

PAOLA LORUSSO

nuove tecnologie che si ritiene possano avere un impatto negativo e potenzial-mente pericoloso sull'ambiente circostan-te. Le considerazioni conclusive sul "con-dizionamento alla paura" e sulla possibi-lità di "educare al rischio" così come sul ruolo dei mass media offrono ulteriori, in-teressanti spunti di riflessione.

VALENTINA MARTINELLI

Lucia Savadori e Rino Rumiati, RISCHIARE.

QUANDO SÌ E QUANDO NO NELLA VITA DI OGNI GIORNO, pp. 139, €8,80, il Mulino, Bo-logna 2009

Un titolo conciso e accattivante per un piccolo saggio che affronta lucidamente un'attività che accompagna in grado va-riabile l'esperienza umana. Gli autori, ini-zialmente, sottolineano alcuni dei punti comuni alle differenti definizioni del con-cetto di "rischio": la possibilità di perdere qualcosa o subire un danno; l'importanza attribuita dal soggetto alla perdita e la di-mensione di incertezza associata a tale evento. I primi modelli volti a individuare una condotta razionale nelle scelte dagli esiti incerti risalgono alla prima metà del XVIII secolo, prima a opera di matematici e in seguito di economisti. Proprio in am-bito economico si colloca l'originale "teo-ria del prospetto" elaborata da due psico-logi, Kanheman e Tversky, nel 1979, se-condo la quale gli individui tendono ad at-tribuire un peso significativamente supe-riore alle perdite subite rispetto ai guada-gni di pari entità. Infatti, l'importo della perdita o del guadagno non viene valuta-to in termini assoluti, ma nel contesvaluta-to di una cornice di riferimento. Tale teoria, de-scritta graficamente dalla "funzione di va-lore", potrebbe spiegare, ad esempio, al-cuni comportamenti rischiosi e apparen-temente irrazionali osservati nei giocatori d'azzardo. Da questi primi riferimenti teo-rici, gli autori muovono a esplorare gli in-numerevoli fattori connessi al comporta-mento degli individui di fronte alle scelte: le caratteristiche di personalità, l'impor-tanza del fattore motivazionale nell'assun-zione di responsabilità da parte di sog-getti che scelgono professioni rischiose, le principali distorsioni cognitive che pos-sono influenzare un'obiettiva valutazione, come l'illusione di controllo, gli atteggia-menti impliciti, l'effetto "Nimby", l'acroni-mo inglese ("Not in my backyard", non nei mio cortile) per la tenace opposizione espressa frequentemente da gruppi di in-dividui alla proposta di insediamento di

COCAINA. CONSUMO, PSICOPATOLOGIA, TRAT-TAMENTO, a cura di Paolo Rigliano ed Ema-nuele Bignamini, pp. 350, €28, R a f f a e l l o

Cor-tina, Milano 2009

Ampio e soddisfacente trattato, frutto dell'integrazione tra diversi esperti italiani, delle conoscenze relative alla sostanza il cui uso "ubiquitario, massiccio e trasver-sale" è ormai senza rivali nei panorama delie molecole psicotrope. È un testo par-ticolare, perché prescinde dai pure impor-tanti aspetti economici, organizzativi e cri-minali della produzione e del commercio della droga, per dedicarsi a quelli di uso, abuso e dipendenza connessi alla perso-nalità dei consumatore, in ogni sua decli-nazione psicopatologica. Preso atto della diffusione del fenomeno nei suoi aspetti simbolici, nei falsi miti che vi sono collega-ti, nelle aspettative che è in grado di su-scitare, gli autori si interrogano sui pre-supposti neurobiologici e farmacologici della dipendenza da cocaina. La ricca esperienza clinica maturata sul campo consente loro di formulare una serie di ipo-tesi relative al "successo" di questa polve-re bianca, simbolo della nostra società de-siderante, che viene interpretata in relazio-ne a una serie di istanze del singolo, come del gruppo: aumento della domanda so-ciale di eccitazione, necessità di amplifi-cazione delle emozioni, errori di identifica-zioni, di impazienza, culto della vertigine e dell'effimero. L'ultima parte del testo illu-stra in dettaglio il doppio versante dell'in-tervento terapeutico: quello farmacologico accanto a quello cognitivo-comportamen-tale; se le premesse descritte più sopra sono corrette, riesce facile comprendere come l'approccio terapeutico discenda di-rettamente dall'ipotesi costruita a monte, quella di una struttura comune soggiacen-te alla triade uso, abuso e dipendenza nei confronti della sostanza. In conclusione, un testo utile, che pur aspirando a un uso pratico, di fatto viene a costituire una sor-ta di "interpresor-tazione della cocaina" nella società contemporanea.

PIERLUIGI POLITI

Carlo Alessandro Landini, Lo SGUARDO ASSENTE. ARTE E AUTISMO: IL CASO SAVINIO, pp. 200, € 20, FrancoAn-geli, Milano 2009

Davvero possiamo interpretare alcune caratteristiche dell'arte di Savinio come espressione di una sìndrome di Gerstmann, con neglect visuo-spaziale e lesione del giro angolare sinistro? Altre invece come perdita psicotica, for-se schizofrenica, dell'attitudine astratta, con "decostruzio-ne massiccia dei percetti"? E altre ancora come e f f e t t i proiettivi di una paranoia? O come equivalenti di paralo-gismi, feticismo, parafilia, letteralità psicopatologica, per-dite di coerenza centrale, marasma neuronale con scarsa organizzazione sinestesica dei flussi percettivi, deficit di "decision making" e di chaining intenzionale da difetto delle funzioni esecutive, o di alessitimia o deficit di em-patia da ridotta funzionalità dei neuroni specchio? E quel-l'in terrògarsi continuo di Savinio sui "contorni" delle co-se, sui loro margini misteriosi, sull'invisibile sotteso al vi-sibile, da cui emergono sogno, mito, simbolo, è davvero utilmente riconducibile al concetto di "allucinazione ne-gativa"?

Questo caleidoscopico e piacevole saggio, ricco di sug-gestioni, che oscilla tra molteplici campi del sapere, tutti attraversati a rapidi tocchi, suscita in realtà più di una per-plessità. Da studioso dell'autismo, perplessità sulla nozio-ne di "autismo" con cui l'autore implicitamente lavora,

sul suo uso generico e troppo estensivo, che finisce con il confonderne caratteristiche e confini, sia rispetto a condi-zioni psicopatologiche assai diverse che a una generica

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