• Non ci sono risultati.

Teorie femministe e critica letteraria

Il più specifico dialogo tra critica femminista e letteratura coinvolge da un lato la definizione di “letteratura femminile” e dall'altro l'analisi del testo letterario. Nel titolo del presente progetto ho scelto di utilizzare la definizione di “romanzo delle scrittrici” al posto di quella – più controversa – di “romanzo femminile”, in seguito ad una precisa riflessione metodologica117.

La definizione di “letteratura femminile” è stata ed è tuttora oggetto di divergenze, tanto che una delle prime studiose ad aver avanzato una sua problematizzazione è stata Virginia Woolf. Il suo pensiero ha anticipato alcune delle questioni più sensibili che continuano ad animare il dibattito all'interno della critica letteraria femminista. All'inizio del suo celebre testo A Room of One's Own, resoconto di due sue conferenze dal titolo “Donne e romanzo”, la scrittrice britannica esprime le sue riserve a proposito del tema stesso sul quale verte il suo intervento: ““Donne e romanzo” poteva significare le donne e

ciò che esse sono; oppure le donne e i romanzi che scrivono; o ancora, le donne e i romanzi dei quali sono protagoniste”118. La stessa problematizzazione coinvolge anche la

“critica femminista”. Annette Kolodny parla della necessità di rivedere questa definizione, molto spesso utilizzata per riferirsi a cose diverse: qualsiasi analisi scritta da una donna; l'analisi scritta da una donna su un libro scritto da un uomo; l'analisi scritta da una donna sul libro di una donna119. Sia che ci si riferisca al campo letterario che al campo della

critica, la domanda che ci si pone è “esiste una specificità femminile?”.

A questa domanda non è stata data un'unica risposta. Virginia Woolf opera un'analisi materialista della letteratura, rivolgendo l'attenzione al contesto e alle condizioni materiali 117 Cfr. supra, p. 10.

118 Woolf, Una stanza, p. 3.

119 Cfr. Kolodny, Annette, Alcune considerazioni sulla definizione di una “critica letteraria femminista”, in Baccolini, Critiche femministe, p. 37, (ed. or.) Dancing Through the Minefield: Some Observations on

in cui si scrive. La Woolf sostiene che la marginalità a livello letterario di cui la donna ha sofferto per secoli non è altro che il riflesso della sua condizione di inferiorità a livello sociale e familiare. Di conseguenza, per poter scrivere, le cose essenziali di cui una donna ha bisogno sono una stanza tutta per sé e l'indipendenza economica necessaria al proprio sostentamento120. L'espressione della Woolf è diventata idiomatica nei contesti femministi,

perché ritenuta fondante di una nuova idea di riscatto attraverso la scrittura. L'ipotesi è quindi che i romanzi delle donne presentino dei temi condivisi, proprio come effetto di un'esperienza materiale comune121. Questa prospettiva verrà successivamente criticata in

quanto considerata alla base di una visione essenzialista della scrittura femminile.

Nel medesimo saggio, la scrittrice anticipa anche l'analisi dell'evoluzione della letteratura femminile che Elaine Showalter122 sviluppa nel corso degli anni Settanta. La

Woolf sostiene che la donna, per essere in grado di scrivere ad un livello artisticamente alto deve prima di tutto liberarsi dalla volontà di compiacere la realtà esterna segnata dal dominio del canone maschile e in secondo luogo rielaborare la rabbia del dissenso, legata alla propria condizione di inferiorità. Una volta raggiunta una condizione di libertà e autonomia, la spinta di ribellione e di reazione al sistema scompare, liberando la scrittura da quel senso di amarezza legato alla sofferenza e permettendole di diventare arte123. A tal

proposito, negli anni Settanta, la Showalter elabora un paradigma in tre fasi che riassume, a suo avviso, il modello dell'evoluzione della scrittura femminile. La prima fase, definita

feminine, rappresenta gli esordi della scrittura femminile, in cui la donna è portata

all'imitazione e all'interiorizzazione della tradizione vigente, marcata dal canone maschile; la seconda fase, detta feminist, è caratterizzata dalla ribellione nei confronti del canone maschile e dalla richiesta di autonomia; la terza fase, denominata female, consiste nella riscoperta di sé e nello sviluppo di un proprio linguaggio e di un proprio stile. Questo modello è stato peraltro adottato da Joseph Zeydan124 nell'analisi della produzione letteraria

delle scrittrici del mondo arabo dalla fine del XIX sec. ad oggi.

Nonostante il modello della Showalter avesse l'obiettivo “politico” di rafforzare l'indipendenza delle donne, attraverso la creazione di un universo letterario femminile autonomo e con una propria tradizione, esso ha contribuito alla rappresentazione della 120 Woolf, Una stanza, pp. 5, 107, 221.

121 Cfr. Demaria, Teorie, pp. 69-70.

122 Showalter, Elaine, Toward a Feminist Poetics, in Jacobus, Mary (ed.), Women's Writing and Writing

about Women, London, Croom Helm,1979.

123 Cfr. Woolf, Una stanza, pp. 119-161. 124 Cfr. Zeydan, Arab Women Novelists.

letteratura femminile come una “subcultura” nei confronti di quella maschile, che viene assurta a termine di paragone o “norma”. La Showalter tende a rappresentare la letteratura femminile e la critica femminista come delle enclaves alternative e separate da quelle maschili125. La studiosa Myra Jehlen126 ad esempio la accusa di non conferire un'effettiva

indipendenza alla letteratura femminile, ma di considerarla come un'“azione nonostante la dipendenza”. Oltre a ciò, il fatto che Showalter si proponga di applicare questo modello alla produzione letteraria di donne appartenenti a qualsiasi cultura, rappresenta una forma di generalizzazione che porta al rischio di essenzialismo e appiattimento delle differenze.

Una possibile proposta è quella di considerare l'espressione letteraria come risultato dell'interazione di più fattori: determinanti biologiche, talenti innati, socializzazione127. È

necessario trattare ogni autrice/autore e ogni opera come entità separate con una propria specificità e solo in un secondo momento osservare se ricorrono degli elementi e quali sono128. A questo proposito, nel presente studio, ho scelto di dedicare una prima parte

all'analisi di ciascun romanzo, per metterne in rilievo i caratteri peculiari. Solo nella seconda parte procedo ad un'analisi comparata che permette di rilevare eventuali elementi di continuità e rottura. Anche in un'analisi comparata, tuttavia, l'accento è posto sulla valorizzazione della differenza e non sulla ricerca di punti in comune, per garantire il mantenimento della specificità della singola opera letteraria. A tal proposito, è necessario rivalutare almeno in parte l'approccio materialista, prestando attenzione al contesto dell'esperienza femminile e della scrittura e quindi alle peculiarità di ciascuna scrittrice.

Ma la letteratura femminile è quella a firma femminile? Peggy Kamuf129, ad esempio,

rifiuta di ridurre l'opera letteraria alla sua firma. Viene quindi ipotizzato uno stile femminile che non è correlato esclusivamente al sesso dell'autore, ma che riguarda coloro che mettono in gioco il femminile, come modalità alternativa al fallologocentrismo. Riferendosi all'écriture féminine, Hélène Cixous cita Jean Genet, al fianco di Colette e Marguerite Duras, come esempio di iscrizione del femminile in letteratura130. Questa, per

Luce Irigaray131, fa riferimento alle forme della differenza sessuale, nel senso che riprende

125 Jehlen, Archimede, pp. 74-76. 126 Ibid.

127 Kolodny, Alcune considerazioni, p. 39. 128 Ivi, p. 42.

129 Cfr. Miller, Nancy K., L'eroina del testo: una studiosa femminista e le sue finzioni, in Baccolini, Critiche

femministe, pp. 177-178, (ed. or.) The Heroine's Text: Readings in the French and English Novel, 1722-1782, Columbia, 1980.

130 Cfr. Cixous, Le rire, nota 1, p. 43.

131 Irigaray, Luce, Speculum. L'altra donna, Milano, Feltrinelli,1975, (ed. or.) Speculum. De l'autre femme, Paris, 1974.

l'ordine simbolico occidentale, improntato sulla morfologia maschile, rinnovandolo e sovvertendolo attraverso la ricostruzione mimetica di una sessualità femminile autonoma. Ma nonostante il forte nesso con la corporeità femminile, ciò non pregiudica all'uomo la possibilità di praticare questo tipo di scrittura.

Tuttavia, non si può ignorare l'origine intrinsecamente provocatoria della scrittura delle donne, che nasce proprio dalla necessità di passare dallo statuto di oggetto delle rappresentazioni altrui, a quello di soggetto della propria rappresentazione. Secondo Sandra Gilbert e Susan Gubar132, ad esempio, per venire alla luce la donna scrittrice deve

intraprendere un processo doloroso che consiste nel “superare l'angoscia dell'influenza dei

padri fondatori”133, mentre per Annette Kolodny “una donna scrittrice deve esaminare,

assimilare e trascendere le immagini estreme di angelo e di mostro che gli autori uomini hanno creato per lei”134. È dunque questa scelta necessaria a strutturare la differenza tra

scrittura maschile e femminile e a porre però la necessità di mantenere un dialogo tra di esse.

Anche l'attitudine delle scrittrici del mondo arabo, nei confronti dell'ipotesi di una differenza tra scrittura femminile e maschile, può essere riassunta in due posizioni principali: le scrittrici che rivendicano l'esistenza di una letteratura femminile e quelle che la rifiutano. Ad esempio, in un lavoro sull'autobiografia nell'opera di scrittrici arabe, Fadia Faqir afferma: “The need to define their position in history and locate themselves vis-à-vis

the male master narrative, and to explore and formulate a separate individual identity has urged Arab women writers to write their life stories.”135. La scrittura femminile risulta

quindi segnata all'origine da un elemento di comunanza che è proprio la volontà di uscire dal silenzio. La concezione patriarcale vuole infatti la donna relegata nella sfera del privato. Di conseguenza, quando la donna scrittrice articola il sé, oltrepassando i limiti della sfera privata e dirigendosi verso quella pubblica, la sfida alla cultura dominante

male-centered è già in atto. A questo proposito, la scrittrice siriana Hayfāʼ Bīṭār sostiene:

“Le donne arabe sono sepolte nel silenzio. L'educazione della donna araba si basa sul silenzio: nascondere i sentimenti. La donna che si arrabbia o che alza la voce per esprimersi non è ben accetta. Le caratteristiche della femminilità, nel mondo arabo,

132 Gilbert, Sandra M. and Gubar, Susan, The Madwoman in the Attic: The Woman Writer and the

Nineteenth-Century Literary Imagination, Yale, Yale University Press, 20002 [1979]. 133 Baccolini, Critiche femministe, p. 23.

134 Ivi, p. 24.

135 Faqir, Fadia (ed.), In The House of Silence. Autobiographical Essays by Arab Women Writers, UK, Garnet Publishing, 1998, p. 8.

sono state deformate nel silenzio. [...] La donna che esprime la propria personalità viene considerata mascolina. Come se la femminilità fosse correlata alla debolezza.”136

Di conseguenza, come afferma la scrittrice siriana Anīsa ʻAbbūd, il modo di affrontare il sé nella scrittura differisce tra uomo e donna, in quanto le catene che la donna deve spezzare per potersi esprimere sono più tenaci137:

يخأ نكلو»

،جرخخخت نأ ىلإ ىدأ امم ،اهسفن نع تنلعأو ،ةروكذلا نيناوقل ةأرملا تدصت اًر

...يقاخخمعأ يخخف اخخمب حوخخبل ...صنلا يف ةدوجوم انأو ...انأ هذه :لوقتو تاملكلا مامأ فقتو

...يعاجوأب خرصرلو

«

138

“Ma alla fine la donna ha sfidato le leggi patriarcali, dichiarando pubblicamente se stessa. Tutto ciò ha fatto sì che uscisse e si fermasse dinnanzi alle parole dicendo: questa sono io... sono presente nel testo... per rivelare ciò che ho dentro... per gridare le mie sofferenze...”139

La ʻAbbūd non ipotizza la presenza di una differenza formale tra scrittura femminile e maschile, ma una differenza di presupposti e obiettivi. La donna, attraverso la scrittura, sfida la norma patriarcale opponendosi ai miti che circondano il suo corpo140. Questo viene

utilizzato per rappresentare l'oppressione da parte del sistema patriarcale in quanto luogo in cui si riversano anche le crisi dell'individuo maschile e della società141. Nel processo di

creazione letteraria, la donna attinge dalla propria esperienza, dando vita ad una kitāba

muḍādda (scrittura “contro”)142.

A proposito degli obiettivi della scrittrice, Fadia Faqir afferma che: “The task of

women writers , therefore, becomes extremely complicated and instead of effecting a single translation, they have to carry out a multiple translation of the darkness, espoused with a search for a new language free of the relogious and dominant.”143. In passato, infatti, la

136 Intervista rilasciatami dall'autrice il giorno 8 dicembre 2011 a Beirut, appendice, p. XXVIII, (traduzione dall'arabo mia).

137 ʻAbbūd, Anīsa, Kitābat al-nisāʼ bayna al-šakwā wa-l-iḥtiǧāǧ, fī al-Šarīf, Māhir wa-al-Zarallī Qays (bi-išrāf), al-Siyar al-ḏātiya fī Bilād al-Šām, Dimašq, Dār al-Madā, 2007, pp. 207-208.

138 Ivi, p. 208.

139 Traduzione dall'arabo mia.

140 Cfr. ʻAbbūd, Kitābat al-nisāʼ, p. 209. 141 Cfr. ivi, p. 212.

142 Ivi, p. 209.

donna scrittrice era costretta a nascondersi dietro ad una lingua non sua e a disgregarsi in parti affinché il lettore non indovinasse il suo corpo e il suo vero volto nel testo, per eludere la censura patriarcale144.

Tra le sostenitrici dell'ipotesi di una peculiarità femminile nella scrittura, si trova anche la scrittrice siriana Salwā al-Na‘īmī, che nel corso di un'intervista a me rilasciata afferma:

“Posso solo dire che c'è del femminile in ciò che scrivo, cioè è una scrittura “sessuata”. La mia ambizione è quella di scrivere un testo senza nessuna marca di genere, [...], perché vorrei che il lettore sentisse che è una donna a scrivere, senza avere alcuna traccia. Uno scrittore uomo non può scrivere un mio testo, questo perché la mia è una scrittura sessuata. Significa che le mie reazioni al mondo sono sessuate perché passano attraverso il mio corpo di donna. Io vedo tutto attraverso la mia esperienza, la mia coscienza, il mio corpo di donna. Dunque non sono assolutamente d'accordo con tutti quelli che sostengono, soprattutto all'interno del mondo arabo, che non c'è differenza tra scrittura maschile e scrittura femminile, che siamo tutti esseri umani e quindi scriviamo allo stesso modo. [...] Per me questo è impossibile: [...] quando scrivo, anche se il narratore è maschile, ci sono sempre uno sguardo femminile e una coscienza femminile.”145

Hudā Barakāt è una delle scrittrici arabe che più categoricamente rifiuta la definizione di scrittura femminile. La romanziera libanese sostiene che, nell'atto della scrittura, avvenga una sorta di oltrepassamento del gender, in quanto si tratta di un atto straordinario, al di là dei condizionamenti sociali che riguardano uomo e donna146. La divisione tra sessi

è, per l'autrice, riduttiva e costrittiva, mentre la ricchezza della scrittura sta esattamente nel mescolare le due sfere: “It seems to me that the act of writing is out of the ordinary, beyond

the conditioning and characteristics of male and female social behaviour. [...] When we write we are both male and female and yet at the same time well beyond either.”147, dichiara

la stessa Barakāt. Anche la scrittrice siriana Hamīda Naʻnaʻ non crede nell'esistenza di una letteratura femminile. Nella sua visione, il tentativo di imprigionare la donna in una definizione fissa di femminilità crea degli ostacoli che ne limitano la crescita: “When I 144 Cfr. ʻAbbūd, Kitābat al-nisāʼ, p. 209.

145 Intervista rilasciatami dall'autrice a Parigi, il 31 maggio 2011, appendice, pp. XLIII-XLIV, (traduzione dal francese mia).

146 Cfr. Barakat, Hoda, I Write Against my Hand, in Faqir, In The House, p. 45. 147 Ibid.

write, I do not know who I am because I write in spite of myself. It never occurs to me for one moment that I am presenting a feminist view of the world or that I am writing feminist literature.”148.

Nel presente studio ho scelto di basarmi sulla posizione di quelle scrittrici che considerano la peculiarità dell'esperienza della donna. Ritengo infatti che, nonostante non si possa parlare di uno stile femminile “essenzialmente” diverso da quello maschile, il fatto che la scrittrice operi all'interno di una società ancora segnata dalla logica patriarcale conferisca un significato diverso alla sua produzione letteraria, rispetto a quella degli scrittori. Ciò non significa che un uomo si occupi di tematiche differenti rispetto a quelle trattate dalla donna, ma che queste tematiche, se trattate da una penna femminile, acquisiscano una valenza diversa.

A livello metodologico, per analisi dei testi, riprendo alcune linee guida della critica femminista, restando però aperta ad altri approcci. Ritengo infatti che in uno studio di critica letteraria la preminenza spetti al testo e non alla teoria, per evitare il rischio di avanzare interpretazioni ideologiche. In altre parole, come sostiene Myra Jehlen149, non

bisogna porre al testo domande che esso stesso non si pone, in quanto la domanda circoscrive già la risposta. L'approccio ideologico riduce il potenziale di significazione di un testo, fornendone una lettura univoca150. Il testo letterario è un'opera d'arte e, nonostante

sia legato al contesto di produzione, gode comunque di un carattere autonomo.

Nell'affrontare i romanzi delle scrittrici siriane da me scelte, lascio dunque spazio alla personalità di ciascuna opera, analizzata grazie all'ausilio di diverse teorie letterarie. Solo in un secondo momento mi focalizzo sugli eventuali punti di somiglianza, attraverso un'analisi comparata con l'obiettivo di teorizzare la funzione delle rappresentazioni del corpo.

148 Na'na, Hamida, Writing Away the Prison, in Faqir, In The House, p.103. 149 Cfr. Jehlen, Archimede, pp. 65-104.

Capitolo secondo

Kursī di Dīma Wannūs: il corpo oggettivato

Documenti correlati