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3 «SIENA MI FE’» (1858-1873) 3 1 Un lungo concorso.

3.7 Terapia in cartelle.

Se le novità introdotte da Livi contribuirono a cambiare la vita in comune all’interno del San Niccolò, ciò su cui l’attenzione è costretta a fermarsi, osservando le cartelle cliniche, è un cambiamento del rapporto fra medico e paziente. L’opera moralizzatrice del medico non passava infatti soltanto dalle regole comuni stabilite per tutta la popolazione degente e non, sebbene Livi continuasse ad accordare un grande effetto benefico all’ambiente

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manicomiale. La terapeutica si svolgeva anche attraverso un inedito rapporto individualizzato e individualizzante fra il medico e il soggetto malato che al San Niccolò si costruì, grazie alla presenza costante del direttore, proprio in questa fase. La cartella clinica rappresenta il principale strumento e, al tempo stesso, testimonianza di questo corpo a corpo. Nata per sopperire ai metodi inesistenti o sommari in cui veniva annotata la storia clinica del paziente, introdotti al San Niccolò una ventina di anni prima183, la

cartella restituisce un incontro che rivela un duplice scopo. Da un lato, attraverso le riflessioni sul singolo, in un periodo in cui la nosografia psichiatrica risultava ancora piuttosto fluida e generalmente poco dettagliata, serviva a conoscere, osservare e ricondurre le peculiarità sintomatiche del soggetto ad un sistema diagnostico che si proponeva di rintracciare delle tendenze comuni, delle regole, nella malattia mentale. Dall’altro, è prova di un rapporto più intimo che coinvolge due soggetti, di un ascolto che applica delle rudimentali tecniche di comprensione psicologica, volto soprattutto a verificare l’efficacia terapeutica di regole e metodi nella irriducibile molteplicità dell’espressione del disagio mentale184. Il problema della diagnosi precorreva e al tempo

stresso si intrecciava con l’individuazione di una terapeutica funzionante che prevedeva un alto coinvolgimento da parte del medico.

Le poche cartelle sopravvissute del periodo di direzione Livi al San Niccolò, da lui fortemente reclamate e introdotte,185 risultano molto disomogenee: in diversi casi sono

composte di annotazioni appena accennate, spesso si interrompono dopo i primi mesi di osservazione, quando si riteneva che la malattia avesse preso un andamento cronico e fosse quindi inutile continuare a proliferare in osservazioni. Mancano in sostanza di quello standard compilativo, seppur stereotipato e altamente ripetitivo, che avrebbe caratterizzato le cartelle di fine secolo. Si può però ipotizzare che la causa della poca accuratezza fosse anche la materiale mancanza di tempo da parte del medico direttore per

183 Il Giornale del San Niccolò, introdotto nel 1840, era un diario nel quale erano annotate sia le

informazioni relative ai pazienti prima che arrivassero all’istituto che quelle relative alla loro degenza. Al tempo stesso, era corredato da rubriche che registravano l’entrata e l’uscita dei pazienti.

184 Per una riflessione sull’uso delle cartelle cliniche in psichiatria e per il loro utilizzo in ambito

storiografico cito essenzialmente due saggi: G. Riefolo e F.M. Ferro, Note sulla fondazione della

psichiatria clinica: prassi dell'osservazione e nascita della 'cartella', in “Giornale storico di Psicologia

Dinamica”, n. 22, 1987, pp. 177-202 e V. Fiorino, La cartella clinica: un’utile fonte storiografica?, in

Identità e rappresentazioni di genere in Italia tra Otto e Novecento, a cura di F. Alberico, G.

Franchini, E. Landini ed E.M. Passalia, Genova, 2010, pp. 51-69.

185 I prestampati delle cartelle cliniche non erano una novità della seconda metà dell’Ottocento;

Gualandi le aveva introdotte al S. Orsola bolognese nel 1819. Quelle che Livi adottò al San Niccolò si componevano di una prima facciata dove venivano annotati i dati anagrafici del paziente, compresi indole, temperamento e abito di corpo, e una parte dedicata ai “cenni della malattia fuori dello spedale”; nelle pagine successive venivano appuntate le osservazioni pratiche e un’ultima facciata era destinata alle “aggiunte e conclusioni finali”.

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la loro redazione. Livi era impegnato, quasi da solo, in innumerevoli attività all’interno e all’esterno del manicomio, di cui la compilazione di cartelle, registri e module statistiche costituiva un’ulteriore parte del progetto di consolidamento strutturale e terapeutico. Verga e i redattori dell’ “Archivio” Biffi e Castiglioni avevano insistito moltissimo sulla necessità della conoscenza del fenomeno dell’internamento manicomiale e dell’incidenza e genesi della malattia mentale attraverso l’elaborazione di statistiche uniformi, che i medici dei manicomi non erano sempre disposti ad affrontare. Si tratta di un’istanza che si inseriva nel metodo positivo delle scienze naturali applicato alla medicina che si stava sviluppando, come si è visto, nel corso della prima metà dell’Ottocento. Peraltro, al di là della propaganda funzionale degli alienisti, statistiche sanitarie e sui manicomi erano state elaborate e avevano ricevuto attenzione, almeno in Toscana, da parte delle amministrazioni e dei governi186. Tuttavia, lo scopo della raccolta dei dati per gli psichiatri

era anche quello di gettare le prime basi di uno degli obiettivi chiave dalla Società Italiana di Freniatria: farsi personalmente carico dell’elaborazione di una statistica generale dei pazzi del Regno. Questo progetto mirava a precedere e incoraggiare la conoscenza capillare del fenomeno sanitario della follia per poter proporre, acquistando la funzione pubblica di soggetti intermediari, linee di intervento e riforme strutturali per la gestione delle questioni mediche a livello provinciale e nazionale da parte del nuovo stato italiano187. Le tabelle statistiche di Livi, che aveva in parte mutuato da quelle in uso al San

Servolo, vennero presentate perfino al Congresso di Statistica tenutosi a Firenze nel 1867 e pubblicate nell’ “Archivio Italiano” come esempio da seguire per i colleghi188. Sistemi di

186 A testimonianza di ciò, il volume del 1854 Ricerche statistiche sul Granducato di Toscana, Firenze,

Tip. Tofani, compilato da Attilio Zuccagni Orlandini, rese note, fra le altre, le statistiche dei pazienti ricoverati nei 3 istituti manicomiali presenti sul territorio.

187 Su questo punto cfr. le considerazioni di F. Minuz, Gli psichiatri italiani e l’immagine della loro

scienza cit., pp. 65 e sgg; Delle prime inchieste relative a fenomeni di grande incidenza sulla sanità

pubblica, come quello della pellagra o del cretinismo, erano state via via commissionate agli psichiatri negli anni Sessanta e le statistiche cominciarono ad essere trasmesse agli enti Provinciali incaricati della costruzione di nuovi istituti e del mantenimento dei ricoverati indigenti, mentre per delle ricognizioni capillari sulla situazione sanitaria nazionale si dovettero attendere alcuni anni. Cfr. P. Frascani, Medicina e statistica nella formazione del sistema sanitario italiano: l’inchiesta

del 1885, in “Quaderni storici”, n. 45, 1980, pp. 942-956. Per l’emergenza del ruolo della statistica

come metodo di conoscenza della società moderna e per il contesto italiano nel passaggio dagli stati preunitari allo stato nazionale, in un clima di forte fiducia verso la missione civilizzatrice delle scienze statistiche, rimando invece a S. Patriarca, Numbers and Nationhood. Writing Statistics in

Nineteenth- Century Italy, Cambridge, Cambridge University Press, 1996.

188 Anche la Compagnia possedeva una copia dei registri, conservata presso l’Archivio

Amministrativo. La consegna dei registri da parte del Rettore della Compagnia al nuovo Direttore è testimoniata nel racconto dell’insediamento di Livi al san Niccolò il 7 settembre 1858, dove, fra i suoi compiti erano annoverati: «a lui la consegna dei Registri; quella del Ricettario, delle stampiglie delle cartelle giornaliere, e dei rapporti, non meno che delle ricevute per l’ammissione dei dementi,

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