In questa parte si vuole evidenziare, al di là delle definizioni di legge che non presentano margini di dubbio, eventuali criticità emerse da enun-ciati spesso suscettibili di interpretazioni da parte di chi li usa e presenti nella vasta letteratura in materia circolante.
GDO è l’acronimo utilizzato per identificare la Grande Distribuzione Organizzata che rappresenta la moderna forma distributiva, ossia l’attuale sistema di vendita al dettaglio di prodotti alimentari e non alimentari di largo consumo mediante una rete di esercizi commerciali. Tale formula di vendita può essere considerata l’evoluzione più recente del negozio tradi-zionale che nel tempo aveva assunto forma e dimensioni sempre maggiori tanto da configurarsi nella tipologia del supermercato singolo. Nella sua veste esteriore, l’elemento distintivo è caratterizzato dall’esercizio dei punti vendita organizzati in “catene commerciali” sotto un unico marchio, mentre sotto il profilo della gestione la GDO si distingue in due categorie, la Distri-buzione Organizzata (DO) – denominata anche DistriDistri-buzione Associata – e la Grande Distribuzione (GD). Nello specifico la DO si configura come ca-tene di punti vendita apparca-tenenti a soggetti imprenditoriali giuridicamente distinti, legati a centrali di acquisto e marketing nazionale nelle formule di consorzi, cooperative o associazioni. Ogni singolo operatore commerciale svolge la propria attività in modo autonomo, attuando la propria proposta commerciale sia in forma diretta sia in quella di franchising9. Ne sono esempio in Friuli Venezia Giulia i marchi Selex, Crai, Despar, Conad.
La Grande Distribuzione (GD) è caratterizzata da catene di punti vendita facenti capo ad un’unica impresa o gruppo societario di imprese solitamente di dimensioni rilevanti – anche a livello internazionale – che gestiscono direttamente gli esercizi commerciali come “succursali” di un’unica entità economica. Ne sono esempio in regione i marchi Coop, Bennet, Carrefour, Pam, Eurospin. Nonostante le diversità, le due forme gestionali hanno numerosi elementi in comune tanto sul piano commer-ciale, con la possibilità di centralizzare gli acquisti e sfruttare economie di scala, quanto su quello strategico attraverso l’uso in comune
dell’inse-9 Detta anche affiliazione commerciale è una forma contrattuale mediante la quale un’azienda concede il diritto di commercializzare i suoi prodotti o servizi usando il suo nome o marchio ad un’altra azienda, dietro pagamento di un canone.
gna standardizzata, dei prodotti a marchio privato esclusivo e dell’attività promozionale su vasta scala.
Sempre rifacendosi alla già citata LR 29/2005, si ricavano le definizioni delle varie tipologie di esercizi di vendita in cui si articola l’attività com-merciale e distributiva in relazione alle superfici di vendita. In particola-re, il TITOLO I (“Salvaguardia e valorizzazione dei locali storici e delle attività storiche del Friuli Venezia Giulia”), CAPO I, (“Principi generali, definizioni e ambito di applicazione”), Art. 2 (“Definizioni”) contiene le specifiche in merito agli esercizi di vendita distinguendoli in:
h) esercizi di vendita al dettaglio di vicinato: gli esercizi con superficie di vendita fino a metri quadrati 250;
i) esercizi di vendita al dettaglio di media struttura: gli esercizi con superficie di vendita superiore a metri quadrati 250 e fino a metri quadrati 1.500, questi si distinguono in: 1) esercizi di media struttura minore: con superficie di vendita superiore a metri quadrati 250 e fino a metri quadrati 400; 2) esercizi di media struttura maggiore: con superficie di vendita superiore a metri quadrati 400 e fino a metri quadrati 1.500;
j) esercizi di vendita al dettaglio di grande struttura: gli esercizi aventi superficie di vendita superiore a metri quadrati 1.500;
k) centro commerciale al dettaglio: un insieme di più esercizi al dettaglio, realizza-ti secondo un progetto unitario, con infrastrutture e servizi gesrealizza-tirealizza-ti unitariamente, la cui superficie complessiva di vendita sia superiore a metri quadrati 1.500 e la cui prevalente destinazione commerciale possa essere integrata da servizi all’u-tenza diversi da quelli esclusivamente commerciali, incluse le attività di intratte-nimento e svago, con esclusione delle attività di vendita all’ingrosso;
l) complesso commerciale: un insieme di più esercizi sia di vicinato, che di media o grande struttura, insediati in uno o più edifici, funzionalmente o fisicamente integrati tra loro, o che facciano parte di un unico Piano attuativo la cui superficie complessiva di vendita sia superiore a metri quadrati 1.500 e la cui prevalente destinazione commerciale possa essere integrata da servizi all’utenza diversi da quelli esclusivamente commerciali, incluse le attività di intrattenimento e svago; m) outlet: la vendita al dettaglio da parte di produttori titolari del marchio o di
imprese commerciali, di prodotti non alimentari identificati da un unico mar-chio, che siano fuori produzione, di fine serie, in eccedenza di magazzino, prototipi o difettati (FVG, LR 29/2005).
Le formulazioni previste dalle normative vigenti, tuttavia, sono spesso ignorate dagli operatori o analisti del settore, che preferiscono adottare definizioni diverse, basate su raggruppamenti statistici a volte anche molto differenti, nonostante il denominatore comune a tutte le diciture sia rappre-sentato dalla superficie di vendita dei singoli esercizi considerati.
Per esempio, secondo una classificazione adottata dall’IRES (Istituto di Ricerche Economiche e Sociali del Friuli Venezia Giulia) che per conto
dell’Ente Bilaterale Commercio Turismo e Servizi (EBITER FVG) effettua periodicamente analisi sulla Grande Distribuzione Organizzata (GDO) in Friuli Venezia Giulia, le tipologie delle attività di vendita sono così definite: r Supermercato: esercizio al dettaglio operante nel campo alimentare,
or-ganizzato prevalentemente a libero servizio e con pagamento all’uscita, che dispone di una superficie di vendita uguale o superiore a 400 mq e di un vasto assortimento di prodotti di largo consumo ed in massima parte preconfezionati nonché, eventualmente, di alcuni articoli non ali-mentari di uso domestico corrente.
r Minimercato: esercizio al dettaglio in sede fissa operante nel campo alimentare con caratteristiche identiche al supermercato fuorché per la superficie di vendita, che varia tra 200 e 399 mq.
r Grande Magazzino: esercizio al dettaglio operante nel campo non ali-mentare, organizzato prevalentemente a libero servizio, che dispone di una superficie di vendita uguale o superiore a 400 mq e di un assorti-mento di prodotti, in massima parte di largo consumo, appartenenti a differenti categorie merceologiche, generalmente suddivisi in reparti. r Ipermercato: esercizio al dettaglio con superficie di vendita superiore a
2.500 mq, suddiviso in reparti (alimentare e non alimentare), ciascuno dei quali aventi, rispettivamente, le caratteristiche di supermercato e di grande magazzino.
r Grande Superficie Specializzata: esercizio al dettaglio operante nel settore non alimentare (spesso appartenente ad una catena distributiva a succursali) che tratta in modo esclusivo o prevalente una specifica gam-ma merceologica di prodotti su una superficie di vendita non inferiore ai 1.500 mq.
Se si confrontano con le categorie di esercizi definite dalla normativa regionale (art. 2, LR 29/2005), appare evidente come le due formulazioni differiscano l’una dall’altra; inoltre, non è possibile identificare una corri-spondenza né con le Classificazioni ATECO (Attività Economiche), usate a livello amministrativo dall’Istituto Nazionale di Statistica Italiano (ISTAT) per le rilevazioni statistiche nazionali di carattere economico, né con quel-le adoperate dalquel-le aziende specializzate nella ricerca e analisi di mercato. Abitualmente infatti, nella letteratura specializzata quale quella proposta dalla società d’analisi Nielsen10, che classifica i canali di vendita, la GDO si articola in:
r Ipermercato: struttura con un’area di vendita al dettaglio superiore ai 2.500 metri quadrati. All’interno di questa fascia dimensionale, il seg-mento che va dai 2.500 mq ai 4.000 mq è detto Iperstore;
10 Azienda multinazionale di misurazione e analisi dati su consumatori e mercati spe-cializzata nelle ricerche di mercato sui beni e servizi di largo consumo.
r Supermercato: struttura con un’area di vendita al dettaglio che va dai 400 mq ai 2.500 mq All’interno di questa fascia dimensionale, il seg-mento che va dai 1.500 mq ai 2.500 mq è detto Superstore;
r Libero servizio: struttura con un’area di vendita al dettaglio che va dai 100 ai 400 mq All’interno di questa fascia dimensionale, il segmento che va dai 200 mq ai 400 mq è detto Superette.
Alcune precisazioni vanno fatte anche per quel che concerne il signifi-cato di centro commerciale e la sua definizione nel contesto della GDO al di là della definizione inserita nella LR 29/2005 già citata. In Italia, la legi-slazione di riferimento per quel che concerne la definizione di centro com-merciale è la legge quadro sul commercio n. 114 del 31 marzo 1998 che, all’art. 4. comma 1 lettera g), recita: “per centro commerciale si intende, una media o grande struttura di vendita nella quale più esercizi commer-ciali sono inseriti in una struttura a destinazione specifica e usufruiscono di infrastrutture comuni e di spazi di servizio gestiti unitariamente”.
Secondo la definizione proposta invece dal Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali (CNCC)11 – in accordo con quanto previsto dall’International Council of Shopping Center (ICSC) – per centro commerciale s’intende “un complesso architettonicamente e funzionalmente omogeneo di attività com-merciali, pianificato e realizzato da uno o più soggetti con criteri unitari, inte-grato con attività paracommerciali, di somministrazione di alimenti e bevande e di servizi, dotato comunque di spazi o di servizi comuni e che si avvale per-manentemente di una gestione unitaria, funzionale alla generazione di sinergie determinanti un valore aggiunto rispetto alle singole unità che lo compongono”.
Nella caratterizzazione del format, quindi, alcuni aspetti assumono un peso importante: la grandezza su cui si estende la superficie espositiva e quella dello spazio di vendita; la selezione e l’assortimento dei prodotti di vendita; l’offerta dei servizi proposti come supporto alla vendita (ad esem-pio ristorazione, intrattenimento, custodia dei bambini); l’organizzazione e la disposizione degli spazi all’interno del punto vendita; la posizione geo-grafica dov’è collocato sul territorio.
Pertanto, per essere considerato tale un Centro Commerciale deve soddi-sfare e caratterizzarsi per alcuni requisiti fondamentali: un minimo di Gross Leasable Area12 definito in funzione della tipologia del Centro; un leitmotiv
11 Costituito nel 1983, il CNCC è un’associazione che riunisce in un unico organismo tutti gli stakeholders (proprietà, società di servizi e selezionati retailers) collegati all’indu-stria dei centri commerciali, dei parchi commerciali e dei factory outlets.
12 La Gross Leasable Area (ovvero Superficie Lorda Affittabile) è espressa in metri quadrati e include tutte le aree che producono reddito di locazione, quindi la superficie di vendita, i loca-li per le lavorazioni, per le scorte e per l’attività amministrativa. La differenza fra la GLA e la superficie totale è rappresentata dalla superficie comune che non viene ceduta (toilettes, galle-ria commerciale, scale, montacarichi, parcheggi); copre circa il 70/90% della superficie totale.
alla base dell’ideazione, dello sviluppo e della concezione architettonica; una molteplicità di insegne commerciali e/o servizi diversificati; l’esistenza di superfici de-specializzate o specializzate che funzionano da unità trainanti tali da assicurare forza di attrazione permanente; l’esistenza di un parcheggio le cui caratteristiche siano rapportate alla tipologia, dimensione ed affluenza prevista; un’offerta commerciale e di servizi diversificati, stabilita a priori, in relazione al territorio di riferimento, da un unico soggetto a cui può essere de-mandata la commercializzazione; il controllo sul merchandising mix ed il suo adeguamento nel tempo; una gestione unitaria assolta da un soggetto ad hoc, che garantisca tutte le prestazioni ed i servizi collegati alla gestione immobi-liare, alla direzione del centro ed alla promozione continuativa dell’immagine della struttura commerciale; la presenza di un “Consorzio” o “Associazione” degli operatori presenti nel complesso e/o comunque di un soggetto che rico-pra un ruolo di interlocutore unico con la Pubblica Amministrazione ai fini autorizzativi.
Le strutture di vendita sono catalogate secondo tre principali criteri di classificazione:
1. in base alla dimensione, in riferimento alla GLA, si può distinguere tra r Centro Commerciale di vicinato o di quartiere con GLA inferiore a
5.000 mq;
r Centro Commerciale di piccole dimensioni con GLA compresa tra 5.000 mq e 19.999 mq;
r Centro Commerciale di medie dimensioni con GLA compresa tra 20.000 e 39.999 mq;
r Grande Centro Commerciale con GLA compresa tra 40.000 e 79.999 mq;
r Centro Commerciale Regionale di area estesa con GLA superiore a 80.000 mq;
2. in base alla localizzazione nel contesto territoriale si può distinguere tra r Centro Commerciale Urbano: è collocato nelle aree centrali ad alta
densità commerciale;
r Centro Commerciale Periferico: è collocato in zone semicentrali o al margine dell’area urbana, a densità commerciale limitata;
r Centro Commerciale Extraurbano: generalmente ha un’attrazione sovra comunale, in aree a densità commerciale bassa, ma ben servite da vie di comunicazione;
3. in base alla tipologia d’uso si può distinguere tra:
r Centro Commerciale a uso singolo: quando l’unico utilizzo del com-plesso immobiliare è quello di CC;
r Centro Commerciale a uso multiplo o Complesso Polifunzionale: quando il CC è inserito in un complesso immobiliare multifunzionale, con attività che possono essere residenziali, alberghiere, leisure o uffici.
L’inevitabile mutamento delle condizioni economiche, territoriali e so-ciali ha provocato un sostanziale cambiamento del centro commerciale, o perlomeno della sua concezione originale. Dalle primissime forme apparse negli Stati Uniti già nella prima metà del XX secolo, e dalle successive ap-prodate in Europa e in Italia nei primi anni Sessanta, si è assistito ad uno sviluppo che ha condotto a nuove strutture commerciali, aderenti ai biso-gni e alla volubilità della realtà che le circonda. L’evoluzione verso nuovi format distributivi ha portato alla nascita di factory outlet, di centri mo-nomarca (retail warehouse), di parchi commerciali (retail park) e di centri commerciali a tema.
Sempre secondo le definizioni proposte dal Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali (Sommonte, 2019), i factory outlet “nascono come aggregazione di più punti vendita dei produttori dove poter smercia-re rimanenze, smercia-resi, linee sperimentali, eccedenze di produzione della propria marca. Non sono da confondersi con i factory shops ovvero gli spazi aziendali. Si tratta infatti di complessi generalmente di ampie dimensioni (minimo 5.000 mq di GLA) caratterizzati da un mercato orientato dall’offerta commerciale. Ogni singolo aspetto è accuratamen-te studiato: dall’archiaccuratamen-tettura, al mix merceologico, ai servizi resi. Sono generalmente localizzati in un’area extraurbana ben fornita da vie di comunicazione e si completano con parcheggi, ristorazioni, aree diver-timenti. In alcune aree possono divenire veri e propri poli di attrazione a pieno titolo”.
Invece i centri monomarca, o nella terminologia inglese retail warehouse, sono esercizi commerciali di medie/grandi dimensioni dedicati a particolari categorie di beni definibili come “generi non alimentari a basso impatto”. Viste le loro dimensioni, questi prodotti richiedono ampie superfici di esposizione e di vendita in rapporto al numero di visitatori e acquirenti ed alla frequenza abituale di acquisto; per questo motivo sono quasi sempre collocati in area periferica, così da agevolarne le operazioni di trasporto e stoccaggio. Rientrano in questa categoria la vendita al dettaglio di materia-li dell’edimateria-lizia, del fai-da-te, dell’agricoltura e della zootecnia, la ferramen-ta, i legnami, i mobili e gli articoli di arredamento, gli elettrodomestici, i veicoli, incluse le imbarcazioni, e i prodotti di grande ingombro a questi similari.
Tra i nuovi format commerciali sempre più diffusi sono i parchi commerciali, definiti anche complessi commerciali o retail park, ossia “agglomerati commerciali aperti, ideati, progettati, costruiti e gestiti in modo unitario, dove la prevalenza degli esercizi commerciali è rap-presentata principalmente da una pluralità di medie/grandi strutture con accesso diretto del pubblico dal parcheggio o da passaggi pedonali aperti”.
Le principali caratteristiche che distinguono questo modello distributivo sono:
r GLA superiore a 5.000 mq anche come somma di più edifici; r tre o più medie/grandi strutture specializzate;
r presenza di un ingresso al pubblico verso il parcheggio e/o verso un ampio passaggio scoperto per tutte le unità di vendita;
r l’esercizio commerciale di medie/grandi dimensioni può usufruire di un’ampia superficie di facciata all’ingresso al pubblico del punto vendi-ta, rivolta verso il parcheggio, e comunque ben visibile;
r tutte le unità di vendita devono essere dotate di aree carico/scarico ade-guate e non confliggenti con i flussi del pubblico;
r la presenza di negozi di vicinato è consentita, seppur in misura minori-taria rispetto alle medie/grandi strutture;
r il parcheggio, adeguato per dimensione, deve essere in comune alle va-rie unità di vendita, o comunque deve essere agevole il passaggio pedo-nale fra le varie unità di vendita;
r la struttura architettonica può svilupparsi su uno o due piani purché il secondo piano abbia accesso diretto interno dagli stessi negozi al piano terra, oppure accesso da un parcheggio o passaggio pedonale aperto di adeguata dimensione posti al piano primo.
I centri commerciali non di ultima generazione possono trasformar-si in punti di convergenza attorno ai quali trasformar-si vengono a realizzare nuove costruzioni adibite alla vendita, ad esempio grandi superfici specializzate, grandi magazzini, multisala, ecc. In questo modo, soprattutto in occasione di ampliamenti e ristrutturazioni dei centri commerciali più datati, nasce un nuovo modello distributivo: il concetto integrato di parco commerciale e centro commerciale.
L’altro modello evolutivo è il centro commerciale a tema; usando la de-finizione del Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali: “si tratta di par-ticolari categorie di centri commerciali dedicate a specifici target di merca-to. Attualmente sono nella quasi totalità legati al leisure. Le unità trainanti sono infatti costituite dai multiplex, dalle attività di entertainments, dal fitness, oltreché da un consistente numero di attività di ristorazione. Le attività commerciali così come i servizi extracommerciali vengono accu-ratamente selezionati affinché possano contribuire ad accrescere il valore aggiunto di attrazione”.
Infine i centri commerciali a tema sono complessi innovativi che hanno l’o-biettivo di soddisfare in un unico luogo diverse occasioni di svago e consumo.