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VIDEOGIOCHI E LOCALIZZAZIONE CENNI STORIC

2.3 – TERZO PERIODO CRESCITA DEL MEDIUM

Hasegawa chiama la terza fase di sviluppo, e copre all’incirca la seconda metà degli anni Novanta, fino ai primi Duemila. Fu proprio in questi anni che il mercato europeo cominciò finalmente a dare i suoi frutti, cosa che spinse le varie case a indirizzare i propri sforzi verso il vecchio continente.

27Le avventure grafiche di quest’epoca hanno solitamente una GUI molto elaborata in cui sono riportate testualmente

tutte le azioni che il giocatore può svolgere (guardare, usare, aprire, chiudere ecc.). Durante il gioco si seleziona una delle azioni a disposizione e successivamente si “punta” con il mouse un elemento dello scenario con cui si vuole interagire per compiere l’azione. In questo modo si va a costruire una “frase di gioco” che descrive cosa sta accadendo nel gioco. Il processo di localizzazione è complesso proprio per la difficoltà di ricostruire efficacemente queste “frasi di gioco”.

In realtà sedi europee di varie società erano già state aperte alcuni anni prima. Nintendo, per esempio, aprì la sua filiale europea nel 1990 in Germania. Oltre alle problematiche legate al fatto che il mercato europeo negli anni precedenti era ancora poco proficuo, c’erano anche delle limitazioni a livello tecnico. Inserire due o più file di testo differenti occupava memoria e spesso sulle cartucce non c’era spazio per entrambe28. Un chiaro esempio ci viene offerto dal gioco per

Game Boy Pokémon, pubblicato in Europa nell’ottobre del 1999. Dato il grandissimo successo del franchise dovuto in gran parte alla trasmissione dell’anime, Nintendo decise di adattare il gioco nelle principali lingue europee. Date le limitate capacità di memoria delle cartucce per Game Boy, ogni versione presentava un solo linguaggio ed era quindi distribuita solo nel paese corrispondente. Solo più avanti, con il progresso tecnologico, fu possibile inserire nella stessa cartuccia più file di testo. Da metà degli anni ‘90, invece, quando il supporto principale dei giochi divenne il CD-ROM, c’era tutto lo spazio desiderato per poter inserire file di testo in più di una lingua. In ogni caso, le limitazioni per quanto riguarda i file di testo dell’UI rimangono e ancora oggi sono un problema che bisogna affrontare. Nell’autunno del 1994, appunto, uscirono sul mercato giapponese il Sega Saturn e la Sony Playstation, prime console a supportare giochi su CD-ROM. Per la verità, macchine in grado di leggere CD erano già state distribuite come periferiche di console basate su cartuccia, anche se a differenza di Sega Saturn e Playstation non erano console a sé stanti e avevano bisogno di essere affiancate alla macchina principale (come per esempio il Sega Mega CD per il Sega Megadrive o il Super CD ROM per PC Engine). L’utilizzo dei CD permise anche un notevole passo in avanti dal punto di vista sonoro, dal momento che era possibile utilizzare tracce registrate in studio da veri musicisti, anziché dover ricorrere a file sonori prodotti al computer che erano invece obbligatori sulle cartucce ROM. Nintendo invece decise di conservare il supporto su cartuccia per la sua nuova console, il Nintendo 64, uscito nel 1996, per molti altri aspetti invece rivoluzionaria.

Nonostante le nuove tecnologie, per quanto riguarda la traduzione non esistono ancora standard qualitativi da rispettare, né metodologie ritenute migliori. Fenlon29 e Kohler30 riportano una serie

di cattivi esempi di traduzione relativi alle versioni inglesi di giochi Square (oggi Square-Enix). Dopo l’abbandono di Woosley per motivi personali, Square perse la figura centrale del suo team di localizzazione, e ciò portò a un abbassamento generale del livello della traduzione. Per esempio,

28 Minako O’HAGAN e Carmen MANGIRON, Game Localization: translating for the global digital entertainment industry, Amsterdam e Philadelphia, John Benjamin Publishing Company, 2012.

29Wesley FENLON, The rise of Squaresoft localization, 2011, http://www.1up.com/features/squaresoft-localization,

consultato l’11 maggio 2015.

30Chris KOHLER, Power Up: how japanese video games gave the world an extra life, Indianapolis, Brady Games,

la versione inglese di Final Fantasy VII31, presenta frasi in una lingua grossolana e ricca di errori

e imprecisioni. Tra i primi personaggi che si possono trovare nel gioco, c’è un uomo che pronuncia una battuta piuttosto criptica “This man are sick” con la possibilità di rispondergli “Off course /

No, way”. Un’altra imprecisione consiste nella traslitterazione in caratteri latini del personaggio

Aeris. In originale, lo sviluppatore giapponese mirava a costruire un nome che richiamasse gli elementi di terra “earth” e aria “air”, ma la traslitterazione scelta Aeris, non aiutava a cogliere il collegamento32. Un altro gioco di questo periodo che presentava una traduzione grossolana è stato

Metal Gear Solid33, in cui più della metà dei messaggi di gioco è stata malamente tradotta dal

giapponese. Queste traduzioni di infimo livello sono state purtroppo la norma a cavallo degli anni Ottanta e Novanta. Tra le cause principali, oltre a quelle già citate, ci sono senza dubbio le limitazioni tecnologiche, i budget ridotti dedicati alla localizzazione e tutte le problematiche legate a un tipo di industria, quella videoludica, che stava ancora nascendo e che di conseguenza era ancora incerta su quali binari proseguire. E se mancavano modelli pragmatici, standard qualitativi e schemi da seguire in tutto il settore, a maggior ragione l’aspetto della localizzazione nella maggior parte dei casi era considerato totalmente secondario o accessorio. In più, come detto precedentemente, i giochi per lo più non venivano sviluppati tenendo in mente le necessità dei localizzatori. I caratteri giapponesi venivano inseriti non come file di testo ma come file grafici, cosa che costringeva i traduttori a inserire il testo inglese mediante una codifica a doppio byte del tipo Shift JIS, impossibile da controllare o tramite un software di correzione automatica34. Molti

errori ortografici sono proprio legati a questo problema.

Tra le eccezioni che è opportuno segnalare c’è Crash Bandicoot sviluppato da Naughty Dog e pubblicato nel 1996 su Playstation da Sony Computer Entertainment. In questo caso furono spese molte energie per la localizzazione del gioco. Non solo i personaggi del gioco furono ridisegnati e ridoppiati, e la difficoltà del gioco abbassata, ma venne anche prodotta una serie manga per pubblicizzare il gioco, andando quindi a rafforzare lo stretto legame che unisce vari media dello stesso franchise, come nella tradizione giapponese. Gli sforzi compiuti furono positivi portando il gioco a vendere 900.000 copie in Giappone e il seguito, pubblicato l’anno successivo, a superare il milione di copie35.

31Final Fantasy VII: videogioco di ruolo sviluppato da Square per Sony Playstation nel 1997.

32Wesley FENLON, The rise of Squaresoft localization, in “1up”, 2011, http://www.1up.com/features/squaresoft-

localization, consultato l’11 maggio 2015.

33Metal Gear Solid: gioco d’azione sviluppato da Kojima Productions e pubblicato da Konami per Sony Playstation

nel 1998.

34Wesley FENLON, The rise of Squaresoft localization, in “1up”, 2011, http://www.1up.com/features/squaresoft-

localization, consultato l’11 maggio 2015.

Figura 2.3: Copertina americana e giapponese di Crash Bash (Eurocom, 2000), quarto episodio

della serie a confronto.

In ogni caso, anche in questo terzo periodo nonostante i significativi passi in avanti compiuti a livello tecnologico, si può dire che la localizzazione di un gioco viene ancora percepita come un’operazione accessoria e successiva allo sviluppo vero e proprio.