• Non ci sono risultati.

4. INDUZIONE DELL’INFIAMMAZIONE DA PARTE DEGLI ALIMENTI

4.1 TESSUTO ADIPOSO

Il tessuto adiposo è l’organo metabolico primario utile per l’immagazzinamento dell’energia sotto forma di gliceridi triaciclici. Il tessuto adiposo, in caso di richiesta di energia fa si che gli adipociti possano rilasciare i FAs così da alimentare gli organi periferici che necessitano di energia. Al contrario, quando c’è un eccesso di nutrienti, gli adipociti proliferano e aumentano di dimensione favorendo l’obesità [73]. La capacità degli adipociti però è limitata, quindi se la riserva di energia in forma di triacil gliceridi è eccessiva, può indurre la morte dei tessuti adiposi e quindi una perdita di omeostasi. I vari segni di un’alterata omeostasi sono: sviluppo di insulina-resistenza, alterato assorbimento del glucosio, passaggio dalla lipogenesi alla lipolisi, aumento della secrezione dei grassi ed infiammazione [74]. Sia l’accumulo di lipidi ectopici, che l’accumulo di gliceridi triaciclici e intermedi biosintetici, possono avere degli effetti deleteri sui vari organi metabolici, ma possono anche contribuire alla progressione del T2DM e delle malattie metaboliche [75]. Molteplici trigger possono mediare l'infiammazione del tessuto adiposo, compresi i vari segnali di stress derivati dagli adipociti, i grassi ed i prodotti microbici che derivano dalla disbiosi e dall'aumento della permeabilità intestinale. Una fuoriuscita di FAs e di citochine che poi arrivano alla circolazione, contribuiscono allo stress ossidativo sistemico e allo sviluppo di malattie metaboliche. Quando le citochine infiammatorie vengono rilasciate inducono un'upregulation di NADPH, ossido nitrico sintasi (NOS) e mieloperossidasi (MPO). Tutto ciò contribuisce alla perossidazione lipidica, a danni al DNA e alle proteine che può provocare insulino-resistenza, disfunzione delle cellule beta del pancreas, aumento delle concentrazioni

30

plasmatiche di glucosio e complicazioni micro e macrovascolari associate al diabete [76].

4.2 FEGATO

Le cellule epatiche immunitarie integrano le informazioni immunitarie intestinali essendo fegato ed intestino collegati dal sistema portale, e pertanto, la disbiosi può influenzare il loro funzionamento. Esistono due tipi di cellule macrofaghe epatiche: le cellule di Kupffer epatiche (residenti nel tessuto) e macrofagi epatici che derivano dai monociti infiltrati nel tessuto. Le cellule di Kupffer sorvegliano il tessuto continuamente e hanno notevoli funzioni nel limitare l’infiammazione [77]. Le KC hanno varie funzioni, producono citochine antiinfiammatorie, fagocitano ed eliminano i batteri che attraversano la barriera intestinale, contribuiscono al mantenimento della sensibilità all’insulina, al controllo della lipolisi e influenzano il dispendio energetico. In caso di iperlipidemia o ipercolesterolemia o perdita di integrità della barriera, casi indotti da WD, si induce un flusso maggiore di attivatori immunitari innati di derivazione microbica e di lipidi alimentari modificati attraverso la vena porta che arrivano al fegato. Questa disfunzione provoca l'attivazione di KC e il rilascio dei fattori pro-infiammatori. Di conseguenza, si mette in moto una risposta infiammatoria che porta al reclutamento di monociti infiammatori derivati dal midollo osseo CCR2+ che sono monociti infiammatori, neutrofili e cellule del sistema immunitario adattativo. L'attivazione dei sottogruppi di cellule immunitarie attratte può quindi diffondere ulteriormente l'infiammazione, che può disturbare la funzione epatica attraverso l'attivazione delle cellule stellate, l'aumento del rilascio di collagene e formazione di fibrosi epatica [78].

Studi sui topi hanno dimostrato che la segnalazione infiammatoria epatica induce la produzione e il rilascio sistemico di proteine in fase acuta compresa la

31

PCR, siero amiloide A (SAA) e S100A8/A9 che però a loro volta hanno effetti sistemici pleiotropici inclusa la differenziazione dei progenitori mieloidi ematopoietici. Quindi, sia la dieta che la disbiosi possono avere effetti locali o sistemici sull’infiammazione. Di fatto, l’infiammazione cronica epatica indotta dalla dieta, e che è associata allo sviluppo di NAFLD e NASH, che colpisce ulteriormente il metabolismo dell’intero corpo, porta all’infiammazione sistemica ed aumenta la suscettibilità alla sepsi [79]. La steatosi epatica indotta dall’obesità può anche aumentare il flusso di FA sintasi derivato dagli adipociti (Fas) e i lipidi alimentari, che attiva la lipogenesi epatica ed inibisce l’ossidazione di FA. Da notare che dai vari esperimenti effettuati su topi è scoperto che il TNF potenzia questi effetti e aumenta l'attività lipogenica degli epatociti e la biosintesi delle ceramidi, che stabilisce un ciclo positivo di feed-forward che favorisce la resistenza all'insulina [80]. Inoltre, il WD va a cambiare la ceramide sistemica e il metabolismo degli sfingolipidi con un’elevata concentrazione circolante di lattosilceramide che porta a cambiamenti metabolici che a loro volta inducono un ulteriore infiltrazione di neutrofili nel derma che è associata all’aumento dell’infiammazione cutanea, legata all’obesità. Altri esperimenti hanno dimostrato come dopo la delezione di varie chinasi indotte da TNF quali IKKb, JNK e la proteina chinasi C atipica, hanno migliorato l’infiammazione epatica e la resistenza all’insulina [81]. Quindi, in condizioni omeostatiche, le KC residenti nei tessuti evitano la diffusione dei commensali e sono essenziali per la normale funzione dei tessuti. Però se sono sotto l'influenza dannosa dei WD infiammatori, le KC contribuiscono all'infiammazione sistemica e allo sviluppo delle malattie epatiche.

32 4.3 SISTEMA NERVOSO CENTRALE

Il microbioma intestinale quando è modificato dalla WD ha effetti anche sul sistema nervoso centrale che controlla l’appetito e la segnalazione cibo-ricompensa che sono tratti essenziali per l’omeostasi dei tessuti in generale. La WD influenza le concentrazioni di vari metaboliti bioattivi (tra cui SCFA, g-GABA e 5-HT) che sono fermentati dai batteri commensali e queste sostanze agiscono sul SNC attraverso le vie di segnalazione dirette ed indirette. I vari recettori delle cellule enteroendocrine intestinali rilevano i metaboliti e portano alla produzione e al rilascio di ormoni intestinali quali GLP-1, PYY, colecistochinina, leptina e grelina che insieme ad altri agiscono mediante meccanismi sistemici immuno-neuroendocrini. I processi immuno-metabolici locali che vengono alterati dalla disbiosi indotta dalla WD, sono responsabili di un controllo alterato dell’appetito e di un’alterata segnalazione di ricompensa alimentare al SNC [82]. Tuttavia, il SNC interagisce attivamente con il sistema nervoso periferico che è esposto ad infiammazioni aberranti che sono associate a malattie metaboliche. Vari studi su topo hanno evidenziato che i processi infiammatori sono associati a funzioni celebrali alterate che portano ad un declino cognitivo e ad una riduzione della memoria spaziale che ha dimostrato di innescare depressione e ansia [83]. Un’altra connessione tra SNC e sistema immunitario è la milza; per esempio, la milza di topi con diabete di tipo 1 e 2 in stato di iperglicemia, mostrano un elevato numero di GMP e un numero elevato di cellule mieloidi infiammatorie. È stato visto inoltre nelle milze di questi topi un elevato tono neurale simpatico che si traduce in un’elevata produzione di catecolammine non solo da parte del sistema nervoso simpatico, ma anche dai leucociti splenici che esprimono la TH e che sono coinvolti anche nella comunicazione neuro-immunitaria. La segnalazione delle catecolammine e la successiva differenziazione delle GMP funzionano grazie alla via di segnalazione del recettore b2-adrenergico che provoca la mielopoiesi splenica [84]. Inoltre, i

33

topi che hanno i recettori delle lipoproteine a bassa densità (LDLR) che vengono alimentati con la WD mostrano un aumento del trasporto della barriera ematoencefalica (BBB), associato con la microglia attivata e la neuro-infiammazione. L’aumento dell’assorbimento del glucosio da parte della barriera ematoencefalica, successivamente, altera il ciclo dell’acido tricarbossilico nel cervello insieme ad un accumulo di intermedi della ẞ-ossidazione, amminoacidi e mediatori lipidici pro-infiammatori, che nel complesso vanno a disturbare il metabolismo del cervello e la funzione cognitiva [85]. Studi recenti hanno illustrato come l’ambiente intestinale alterato è coinvolto nell’insorgenza e nella progressione della sclerosi multipla (SM) [86]. La disbiosi microbica indotta dalla WD, la rottura della barriera ematoencefalica e il trasferimento dei componenti patogeni, come ad esempio il peptidoglicano, della parete cellulare batterica nel cervello possono indurre l’attivazione di: microglia, riduzione del numero di cellule Treg ed una infiltrazione di cellule Th17. È stato visto che in topi trattati con antibiotico o topi privi di germi, è compromesso lo sviluppo dell’encefalomielite autoimmune sperimentale (EAE) in quanto si verifica un aumento del numero delle cellule Treg e delle cellule B regolatrici nei linfonoidi mesenterici e cervicali e di un ambiente antinfiammatorio generale. Per ridurre i sintomi dell’encefalomielite autoimmune sperimentale sono efficaci diete a basso contenuto di grassi, zinco, aspartato e vitamine A e D e diete con SCFA in quanto vanno ad attenuare la risposta e la reattività delle cellule T e B [87]. Si può concludere dicendo che l’infiammazione indotta dalla WD che induce una disbiosi microbica è di rilevanza traslazionale in quanto l’analisi del metaboloma2 del siero mette in evidenza fenotipi clinicamente rilevanti quali obesità, sindrome metabolica, disturbi autoimmuni, sensibilizzazione ad allergie e ad alcuni tipi di cancro.

2 METABOLOMA è l’insieme di tutti i metaboliti in grado di partecipare a tutti i processi di un organismo biologico

34 5. CONCLUSIONI

È sempre più evidente come le associazioni tra dieta ed immunità abbiano alla base interazioni molecolari tra le molecole presenti nella dieta o quelle generate dal microbioma e i recettori che sono espressi sulle cellule dell’ospite. La dieta può essere scomposta in sostanze farmacologicamente attive e la somma delle interazioni con i recettori dell’ospite può mantenere l’omeostasi oppure può indurre un’infiammazione cronica. Ad esempio, molte piante che vengono utilizzate come nutraceutici3 contengono antiossidanti, sostanze fitochimiche, fibre, vitamine e minerali e di fatto queste esercitano effetti benefici per la salute grazie alle loro proprietà di riduzione dei lipidi, proprietà antinfiammatorie e proprietà protettive del cancro attraverso la modulazione del metabolismo e dell’epigenetica [88]. Ci sono varie sostanze che possono essere utilizzate con effetti antinfiammatori ed antiossidanti come, ad esempio, il Celastrol che è un composto pentaciclotriterpenoide che può aumentare la sensibilità alla leptina e quindi ridurre il peso corporeo fino al 45% oppure il Chitosano che è una fibra alimentare presente nei crostacei e nei funghi, in grado di ridurre le concentrazioni di lipidi e colesterolo nel sangue in quanto si lega ai grassi alimentari ed inibisce così il loro assorbimento. Anche le sostanze fitochimiche, tra cui polifenoli e fibre alimentari, possono ridurre le concentrazioni di lipidi e colesterolo in quanto sono in grado di legarsi agli acidi biliari. Inoltre, le sostanze fitochimiche possono proteggere le cellule b del pancreas dallo stress ossidativo e possono inibire ulteriormente il rilascio delle citochine pro-infiammatorie IL-6, TNF e IL-1b [89]. Gli SCFA oltre ad avere proprietà immunomodulanti, possono contribuire in maniera benefica nel metabolismo energetico. Gli SCFA, con la segnalazione attraverso i recettori accoppiati alle proteine G (GPR) inducono il rilascio degli ormoni legati all’intestino che sono GLP-1, PYY e CKK che possono

3 NUTRACEUTICI sono sostanze di origine naturale in grado di svolgere una funzione benefica sull’organismo

35

influenzare in maniera positiva il peso corporeo, l’omeostasi del glucosio, la sensibilità dell’insulina, la regolazione dell’appetito, la funzione mitocondriale e l’attivazione della segnalazione AMPK epatica e muscolare. Tuttavia, i nutraceutici hanno funzioni biologiche documentate sul sistema immunitario e sui sistemi ormonali, ma l’efficacia, la sicurezza e il meccanismo d’azione sono ancora oggi oggetto di studio [90]. Ci sono vari trattamenti che possono essere attuati per migliorare le condizioni del paziente e una combinazione sinergica di vari rimedi vegetali o farmaceutici può avere effetti superiori rispetto ad un singolo trattamento che varia in base alle condizioni del paziente. Oltre che a ad un cambiamento di stile di vita che include uno stile di alimentazione più sano o lo svolgimento dell’attività fisica più regolare, gli interventi farmaceutici possono avere un impatto positivo sulla prevenzione della malattia. Ad esempio, il trattamento con statine, che sono in grado di abbassare il colesterolo, rimane un trattamento consolidato per la prevenzione delle malattie cardiovascolari. Un altro metodo che è stato approvato è il trattamento dell’iperlipoproteinemia con l’uso di anticorpi terapeutici contro la PCSK9 in grado di andare a ridurre notevolmente le concentrazioni di colesterolo [91].

L’impatto dei processi infiammatori che accompagna l’induzione e la progressione delle malattie metaboliche è stato dimostrato in diversi studi che utilizzano modelli di animali genetici di tipo “gain of function” e “loss of function” e con interventi di tipo farmacologico attraverso l’uso di antinfiammatori. Vari studi dimostrano come la somministrazione di anticorpi IL-6 o anti-TNF sono efficaci in modelli di topo malati di diabete mellito di tipo 2 e artrite reumatoide, anche se i risultati clinici effettuati negli esseri umani sono meno convincenti [92].

Nei risultati dello studio “Canakinumab Anti-inflammatory Thrombus Outcomes Study” (CANTOS) è stato dimostrato che se viene bloccato il rilascio di IL-1b mediato dall’inflammasoma NLRP3, si ha un effetto benefico in quanto

36

nell’uomo a rischio di eventi cardiovascolari si ha una riduzione della patologia.

Ad esempio, il Canakinumab4 riduce gli effetti cardiovascolari ricorrenti che sono indipendenti dall’abbassamento delle concentrazioni di colesterolo e ci suggerisce così che la diminuzione dell’infiammazione è un approccio terapeutico promettente per la prevenzione delle malattie cardiovascolari.

Inoltre, lo studio CANTOS ha dimostrato che i pazienti aventi una forte riduzione della proteina C reattiva dopo il trattamento, hanno mostrato il maggior beneficio della terapia consentendo così la selezione dei pazienti per studi futuri [93].

Vari studi ci mostrano “la via da seguire” per prevenire o migliorare le malattie con interventi nutrizionali ma, prima di poter dare delle raccomandazioni affidabili ai pazienti, dovrebbero essere eseguiti studi meccanicistici sui vari modelli nutrizionali o sui singoli nutrienti sulla funzione immunitaria e sui cambiamenti microbiologici ed epigenetici utili a comprendere il ruolo della nutrizione sugli esiti della malattia. (figura 2, box 1)

Tuttavia, sono necessari studi che collegano in modo completo il sistema immunitario, il microbioma e l’epigenetica e che vadano a determinare i mediatori casuali dei cambiamenti fisiologici che sono indotti dai nutrienti.

Studiare queste esposizioni multifattoriali richiede molti sforzi ma se eseguite bene possono portare a dei cambiamenti globali nella prevenzione e nella gestione delle malattie non trasmissibili. [94].

4 CANAKINUMAB anticorpo monoclonale di tipo umano

37

Figura C: Direzione futura della ricerca nutrizionale.

Tabella 4: rappresenta la strada da seguire nella ricerca nutrizionale.

38 BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

[1] Christ A., Lauterbach M., Latz E., “Western diet and the immune system: an inflammatory connection”. Immunity. 2019 Nov 19;51(5):794-811.

[2] Canevari L. and Clark, J.B. Alzheimer’s disease and cholesterol: the fat connection. Neurochem. (2007) Res. 32, 739–750.

[3]Bibbo S., Ianiro G., Giorgio V. et al. “The role of diet on gut microbiota composistion” European Review for Medical and Pharmacological Sciences 2016;

20: 4742-4749.

[4] Morinaga H., Mayoral R., Heinrichsdorff J., Osborn O., Franck N., Hah N., Walenta E., Bandyopadhyay G., Pessentheiner A.R., Chi T.J., et al.

“Characterization of distinct subpopulations of hepatic macrophages in HFD/

obese mice”. Diabetes (2015) 64, 1120–1130.

[5] Bekkering S., Arts R.J.W., Novakovic B., Kourtzelis I., van der Heijden C., Li Y., Popa C.D., Ter Horst R., van Tuijl J., Netea-Maier R.T., et al. Metabolic Induction of Trained Immunity through the Mevalonate Pathway. (2018) Cell 172, 135–146 e139.

[6] Anastasi “Trattato di anatomia umana” Vol. 2 – IV edizione. Ed-ermes.

[7] jhon E.Hall- “FISIOLOGIA MEDICA” – Dodicesima edizione. Elsevier.

[8] Jeffrey K. Actor ” INTRODUZIONE ALL’IMMUNOLOGIA”. Edizione del 2015. Pearson.

[9] Hosseini Z., Whiting S.J. and Vatanparast H. “Current evidence on the association of the metabolic syndrome and dietary patterns in a global perspective.” Nutr. (2016) Res. Rev. 29, 152–162.

[10] Hansson, G.K., and Hermansson, A. “The immune system in atherosclerosis”. Nat. Immunol. (2011). 12, 204–212.

39

[11] Panagiotakos D.B., Pitsavos C., Skoumas Y. and Stefanadis C. “The association between food patterns and the metabolic syndrome using principal components analysis: The ATTICA Study.” J. Am. Diet. (2007) Assoc. 107, 979–

987, quiz 997.

[12] Sheedy F.J., Grebe A., Rayner K.J., Kalantari P., Ramkhelawon B., Carpenter S.B., Becker C.E., Ediriweera H.N., Mullick A.E., Golenbock D.T., et al. “CD36 coordinates NLRP3 inflammasome activation by facilitating intracellular nucleation of soluble ligands into particulate ligands in sterile inflammation.”

Nat. Immunol. (2013). 14, 812–820.

[12.1] Tall A.R. and Yvan-Charvet L. “Cholesterol, inflammation and innate immunity.” Nat. Rev. Immunol. (2015). 15, 104–116.

[13] Duewell P., Kono H., Rayner K.J., Sirois C.M., Vladimer G., Bauernfeind F.G., Abela G.S., Franchi L., Nun˜ ez G., Schnurr M., et al. “NLRP3 inflammasomes are required for atherogenesis and activated by cholesterol crystals.” Nature. (2010).

464, 1357–1361.

[13.1] Rajamaki, K., Lappalainen, J., Oo € ¨ rni, K., Valimaki, E., Matikainen, S., Kovanen, P.T., and Eklund, K.K. “Cholesterol crystals activate the NLRP3 inflammasome in human macrophages: a novel link between cholesterol metabolism and inflammation.” PLoS ONE. (2010). 5, e11765.

[14] Stewart C.R., Stuart L.M., Wilkinson K., van Gils J.M., Deng J., Halle A., Rayner K.J., Boyer L., Zhong R., Frazier W.A., et al. “CD36 ligands promote sterile inflammation through assembly of a Toll-like receptor 4 and 6 heterodimer.” Nat.

Immunol. (2010). 11, 155–161.

[15] Duewell P., Kono H., Rayner K.J., Sirois C.M., Vladimer G., Bauernfeind F.G., Abela G.S., Franchi L., Nun˜ ez G., Schnurr M., et al. “NLRP3 inflammasomes are required for atherogenesis and activated by cholesterol crystals.” Nature. (2010).

464, 1357–1361.

40

[16] Reboldi A., Dang E.V., McDonald J.G., Liang G., Russell D.W. and Cyster, J.G. “Inflammation. 25-Hydroxycholesterol suppresses interleukin-1- driven inflammation downstream of type I interferon.” Science. (2014). 345, 679–684.

[17] Listenberger L.L., Han X., Lewis S.E., Cases S., Farese R.V., Jr., Ory D.S. and Schaffer J.E. “Triglyceride accumulation protects against fatty acid-induced lipotoxicity.” Proc. Natl. Acad. Sci. (2003). USA 100, 3077–3082.

[18] Erbay E., Babaev V.R., Mayers J.R., Makowski L., Charles K.N., Snitow M.E., Fazio S., Wiest M.M., Watkins S.M., Linton M.F. and Hotamisligil G.S. “Reducing endoplasmic reticulum stress through a macrophage lipid chaperone alleviates atherosclerosis.” Nat. Med. (2009). 15, 1383–1391.

[19] Wen H., Gris D., Lei Y., Jha S., Zhang L., Huang M.T., Brickey W.J. and Ting J.P. “Fatty acid-induced NLRP3-ASC inflammasome activation interferes with insulin signaling.” Nat. Immunol. (2011). 12, 408–415.

[20] Ding Y., Subramanian S., Montes V.N., Goodspeed L., Wang S., Han C., Teresa A.S., 3rd Kim J., O’Brien K.D. and Chait A.” Toll-like receptor 4 deficiency decreases atherosclerosis but does not protect against inflammation in obese low-density lipoprotein receptor-deficient mice.” Arterioscler. Thromb. Vasc. Biol.

(2012). 32, 1596–1604.

[20.1]Shi H., Kokoeva M.V., Inouye K., Tzameli I., Yin H. and Flier J.S. “TLR4 links innate immunity and fatty acid-induced insulin resistance.” J. Clin. Invest.

(2006). 116, 3015–3025.

[21] Lancaster G.I., Langley K.G., Berglund N.A., Kammoun H.L., Reibe S., Estevez E., Weir J., Mellett N.A., Pernes G., Conway J.R.W., et al. “Evidence that TLR4 Is Not a Receptor for Saturated Fatty Acids but Mediates Lipid-Induced Inflammation by Reprogramming Macrophage Metabolism.” Cell metabolism (2018). 27, 1096–1110 e1095.

41

[22] Koeth R.A., Wang Z., Levison B.S., Buffa J.A., Org E., Sheehy B.T., Britt E.B., Fu X., Wu Y., Li L., et al. “Intestinal microbiota metabolism of L-carnitine, a nutrient in red meat, promotes atherosclerosis.” Nat. Med. (2013). 19, 576–585.

[23] Koeth R.A., Lam-Galvez B.R., Kirsop J., Wang Z., Levison B.S., Gu X., Copeland M.F., Bartlett D., Cody D.B., Dai H.J., et al. “l-Carnitine in omnivorous diets induces an atherogenic gut microbial pathway in humans.” J. Clin. Invest.

(2019). 129, 373–387.

[24] Mozaffarian, D. “Dietary and Policy Priorities for Cardiovascular Disease, Diabetes, and Obesity: A Comprehensive Review.” Circulation. (2016). 133, 187–

225.

[24.1] Torres N., Guevara-Cruz M., Vela´ zquez-Villegas L.A., and Tovar A.R.

“Nutrition and Atherosclerosis.” Arch. Med. Res. (2015). 46, 408–426.

[25]Schwingshackl L. and Hoffmann G.” Monounsaturated fatty acids, olive oil and health status: a systematic review and meta-analysis of cohort studies.”

Lipids Health Dis. (2014b). 13, 154.

[26] Rodrı´guez-Monforte M., Flores-Mateo G., and Sa´ nchez E. “Dietary patterns and CVD: a systematic review and meta-analysis of observational studies.” Br. J. Nutr. (2015). 114, 1341–1359.

[27] Schwingshackl L. and Hoffmann G.” Monounsaturated fatty acids, olive oil and health status: a systematic review and meta-analysis of cohort studies.”

Lipids Health Dis. (2014b). 13, 154.

[28] schwingshackl, L., Strasser, B., and Hoffmann, G. “Effects of monounsaturated fatty acids on cardiovascular risk factors: a systematic review and meta-analysis.” Ann. Nutr. Metab. (2011). 59, 176–186.

42

[29] Listenberger L.L., Han X., Lewis S.E., Cases S., Farese R.V., Jr., Ory D.S., and Schaffer J.E. “Triglyceride accumulation protects against fatty acid-induced lipotoxicity.” Proc. Natl. Acad. Sci. (2003). USA 100, 3077–3082.

[29.1] Peng G., Li L., Liu Y., Pu J., Zhang S., Yu J., Zhao J. and Liu P. “Oleate blocks palmitate-induced abnormal lipid distribution, endoplasmic reticulum expansion and stress, and insulin resistance in skeletal muscle.” Endocrinology (2011). 152, 2206–2218.

[30] Henique C., Mansouri A., Fumey G., Lenoir V., Girard J., Bouillaud F., PripBuus C. and Cohen I. “Increased mitochondrial fatty acid oxidation is sufficient to protect skeletal muscle cells from palmitate-induced apoptosis.” J.

Biol. Chem. (2010). 285, 36818–36827.

[31] Ishiyama J., Taguchi R., Akasaka Y., Shibata S., Ito M., Nagasawa M. and Murakami K. Unsaturated FAs prevent palmitate-induced LOX-1 induction via inhibition of ER stress in macrophages. J. Lipid Res. (2011). 52, 299–307.

[32] Finucane O.M., Lyons C.L., Murphy A.M., Reynolds C.M., Klinger R., Healy N.P., Cooke A.A., Coll R.C., McAllan L., Nilaweera K.N., et al.

“Monounsaturated fatty acid-enriched high-fat diets impede adipose NLRP3 inflammasome-mediated IL-1b secretion and insulin resistance despite obesity.”

Diabetes. (2015). 64, 2116–2128.

[33]Hirasawa, A., Tsumaya, K., Awaji, T., Katsuma, S., Adachi, T., Yamada, M., Sugimoto, Y., Miyazaki, S., and Tsujimoto, G. “Free fatty acids regulate gut incretin glucagon-like peptide-1 secretion through GPR120.” Nat. Med. (2005).

11, 90–94.

[34] Lu X., Zhao X., Feng, J., Liou A.P., Anthony S., Pechhold S., Sun Y., Lu H., and Wank S. “Postprandial inhibition of gastric ghrelin secretion by long-chain fatty acid through GPR120 in isolated gastric ghrelin cells and mice”. Am. J.

Physiol. Gastrointest. Liver Physiol. (2012). 303, G367–G376.

43

[35] Oh D.Y., Talukdar S., Bae E.J., Imamura T., Morinaga H., Fan W., Li P., Lu W.J., Watkins S.M., and Olefsky J.M. “GPR120 is an omega-3 fatty acid receptor mediating potent anti-inflammatory and insulin-sensitizing effects.” Cell. (2010).

142, 687–698.

[36] Serhan C.N. and Levy B.D. (2018). “Resolvins in inflammation: emergence of the pro-resolving superfamily of mediators.” J. Clin. Invest. (2018). 128, 2657–

2669.

[37] Aleixandre A. and Miguel M. “Dietary fiber and blood pressure control.”

Food Funct. (2016). 7, 1864–1871.

[38] Ananthakrishnan A.N.; Khalili H.; Konijeti G.G.; Higuchi L.M.; de Silva P.;

Korzenik J.R.; Fuchs C.S.; Willett W.C.; Richter J.M.; Chan A.T. “A prospective study of long-term intake of dietary fiber and risk of Crohn’s disease and ulcerative colitis.” Gastroenterology (2013) 145, 970–977.

Korzenik J.R.; Fuchs C.S.; Willett W.C.; Richter J.M.; Chan A.T. “A prospective study of long-term intake of dietary fiber and risk of Crohn’s disease and ulcerative colitis.” Gastroenterology (2013) 145, 970–977.

Documenti correlati