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4.1 Protocolli di biologia molecolare

4.2.5 Test di associazione

In questa tesi sono stati utilizzati alcuni test di statistica parametrica e non parametrica per verificare le associazioni tra i genotipi ai loci EPO e VHL e i fenotipi misurati all’interno del campione di alta quota. Inoltre per il gene VHL abbiamo verificato se ci fosse associazione tra un dato genotipo e l’appartenenza al campione di alta quota (Andini) o di bassa quota (Maya).

4.2.5.1 Il test esatto di Fisher

Questo test permette di confrontare due o più serie di dati per verificare l’ipotesi nulla di indipendenza tra le variabili. Si basa sulla costruzione di tabelle di contingenza e viene utilizzato nel caso in cui più 20% delle osservazioni presentano una frequenza attesa inferiore a 5 o sono presenti celle con frequenza attesa minore di 1 (Whitlock and Schluter 2010), condizioni per cui non è possibile applicare il test del 2.

Attraverso il calcolo combinatorio vengono calcolate e sommate le probabilità corrispondenti alla tabella osservata e quelle di tutte le tabelle osservabili che si discostano maggiormente, rispetto a quella osservata, dall’ipotesi di indipendenza, aventi gli stessi totali marginali della tabella osservata. Il calcolo computazionale è piuttosto complesso e pertanto si ricorre a software statistici in grado di automatizzare l’analisi. Il test di Fisher è noto per tabelle di contingenza 2x2, tuttavia esistono estensioni del test anche per tabelle di contingenza 2xn gruppi. Per queste analisi abbiamo utilizzato il sito web “VassarStats: Website for Statistical Computation” che permette di effettuare il test automaticamente fornendo al programma i valori delle singole celle (http://faculty.vassar.edu/lowry/webtext.html).

Mediante questo test è stato verificato se i genotipi ai loci EPO e VHL si distribuiscono in modo indipendente nelle 2 categorie rappresentate dal gruppo etnico (Quechua e Aymarà) allo scopo di evitare l’attribuzione di una associazione genotipo/fenotipo erronea (stratificazione), dovuto a questa variabile.

64 Il test è stato utilizzato anche per verificare l’ associazione tra un determinato genotipo al locus VHL e l’appartenenza al gruppo di alta e bassa quota, e per effettuare l’analisi dei fenotipi estremi.

L’ analisi dei fenotipi estremi consiste nel confrontare la distribuzione della variabilità genetica ai loci EPO e VHL, tra gruppi di individui di alta quota con valori fenotipici al di sotto e al di sopra di una determinata soglia, allo scopo di massimizzare la probabilità di identificare una associazione tra genotipo e fenotipo (campionamento ottimale di fenotipi estremi).

4.2.5.2 ANOVA (ANalysis Of VAriance)

L’analisi della varianza è un metodo statistico che permette di confrontare simultaneamente le medie di più gruppi in una singola analisi.

Si basa sull’assunzione che le medie delle popolazioni siano uguali nei gruppi testati e determina se la variazione tra le medie campionarie dei gruppi sia maggiore di quella attesa per effetto del caso. Ciò indicherebbe che almeno una delle medie delle popolazioni è diversa dalle altre e che l’ipotesi nulla di uguaglianza delle medie deve essere rifiutata (Whitlock and Schluter 2010).

Questo test è stato utilizzato sia per verificare assenza di stratificazione del campione dovuta alla variabile quantitativa “età” sia per testare le associazioni genotipo/fenotipo. Se non venisse preso in considerazione il problema della stratificazione potremmo rischiare di attribuire l’associazione di un fenotipo ad un dato gruppo genotipico che tuttavia potrebbe essere arricchito ad esempio di individui con età media molto diversa da quella degli altri gruppi. Pertanto non potremmo escludere con certezza l’ipotesi che tale associazione non sia influenzata dall’età.

Nei test di associazione genotipo/fenotipo l’ipotesi nulla è che le medie delle misurazioni fenotipiche rilevate per i campioni di alta quota non differiscono significativamente tra le categorie determinate dal genotipo. Pertanto se il test devia significativamente dall’ipotesi nulla si può assumere che il valore medio del fenotipo indagato è diverso in almeno uno dei gruppi, ossia in uno dei genotipi. Questo ci ha permesso di rilevare se ci

65 sono associazioni tra un determinato genotipo e il valore medio di una variabile fenotipica quantitativa.

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5. IL CAMPIONE ANDINO NEL CONTESTO SUD-AMERICANO

Prima di procedere con lo studio dei geni candidati per l’adattamento all’alta quota, le popolazioni oggetto di questo studio sono state tipizzate ad uno dei marcatori più comunemente utilizzato per descrivere la variabilità genetica delle popolazioni umane, il DNA mitocondriale. Questo ci ha permesso di ottenere dati di variabilità genetica ad un locus considerato neutrale, dunque informativo circa la storia demografica delle nostre popolazioni, da poter confrontare con i dati ottenuti analizzando la variabilità genetica dei loci codificanti del nostro studio. Inoltre, data l’ampia disponibilità di dati di DNA mitocondriale in Sud America, è stato possibile verificare la struttura genetica in relazione a quella geografica del subcontinente includendo i nostri campioni nell’analisi.

La variabilità genetica delle popolazioni sud americane è strettamente connessa ai fenomeni storici e demografici che riguardano il popolamento del continente americano. 5.1 Il popolamento dell’America

Circa 100 mila anni fa una popolazione umana con caratteristiche anatomiche moderne originatasi in Africa, si è espansa fuori dal continente colonizzando rapidamente tutto il pianeta (Out of Africa) e rimpiazzando le forme umane arcaiche. Seguendo il percorso delle migrazioni dell’uomo in questo processo di colonizzazione, il continente americano risulterebbe l’ultimo continente ad essere popolato (Fig.12).

67 Secondo questo modello le popolazioni americane hanno avuto origine da popolazioni asiatiche che si spinsero verso la regione della Siberia in un periodo anteriore alla Last Glacial Maximum (LGM: 26,5-20 mila anni fa, Clark et al. (2009)).

A questo punto si apre un dibattito scientifico, ancora oggi oggetto di numerosi studi, circa le date di entrata nel continente americano, il numero di ondate migratorie, le modalità e i percorsi seguiti dalle popolazioni nella discesa verso l’estremo sud del continente (Rothhammer and Dillehay 2009).

Le prime ipotesi circa il modello di popolamento risalgono al 1932 quanto quando fu scoperto in Nord America il sito archeologico Clovis datato circa 11 mila anni fa. Questa scoperta fece ipotizzare il cosiddetto modello “Clovis First” ossia un modello che prevede una singola ondata migratoria avvenuta al termine della LGM quando le terre erano ormai libere dai ghiacci.

Questo modello fu successivamente rivalutato sulla base di dati genetici relativi all’analisi del mtDNA e del cromosoma Y, e nuove scoperte archeologiche di cui la più nota è il sito di Monteverde, in Cile, risalente a 14500 anni fa, che anticipa l’entrata in America rispetto all’ipotesi di Clovis.

Il dibattito a questo punto si è concentrato sulla comprensione di come sia stato possibile per i primi popoli di cacciatori raggiungere e attraversare le regioni del Nord America in un periodo in cui metà del continente era ancora ricoperto dai ghiacci. Nel 1933 W.A. Johnston propose l’ipotesi dell’esistenza di un corridoio libero dai ghiacci definito appunto “ice free corridor”, compreso tra i due principali ghiacciai chiamati Laurentide e Cordilleran. Tuttavia ancora oggi ci sono dubbi relativi alla sua reale esistenza (Rothhammer and Dillehay 2009).

Altri ricercatori ipotizzano che le prime migrazioni umane siano avvenute seguendo una rotta lungo la costa ovest del Nord America libera dai ghiacci già a partire da 16 mila anni fa (Wang et al. 2007). Ciò sarebbe in accordo con i reperti archeologici, come il sito di Monteverde, datati appunto intorno ai 14 mila anni fa (Dillehay et al. 2008).

68 Nonostante questa sia l’ipotesi più avvalorata molte domande restano aperte poiché una chiara comprensione della storia pre-coloniale e delle genetica delle popolazioni native americane è resa particolarmente difficile dalla scarsità di reperti archeologici e di popolazioni native del continente. Ciò è principalmente dovuto alla colonizzazione del continente da parte degli Europei intorno al 1500 d.C, accompagnata dallo sterminio e dalla marginalizzazione di molti popoli nativi americani. Questo fenomeno pone il problema del mescolamento genetico avvenuto tra le popolazioni native americane e i popoli colonizzatori di origine europea.