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Austin Clarke dipinge la complessità dell’identità culturale come fenomeno così problematico, da oltrepassare le concettualità della maggior parte dei discorsi multiculturali, focalizzandosi non soltanto sull’esperienza dell’emigrazione, ma anche sullo spazio della città. Come sostiene Stuart Hall nella sua analisi della modernità occidentale, le nozioni di soggettività o di “appartenenza”, tipiche della fine del ventesimo secolo, vengono messe in discussione dalla figura dell’emigrato, isolato ed esiliato, intrappolato in una città straniera e straniante, che vive ai margini delle grandi metropoli: “troubled by the

figure of the isolated, exiled, or estranged individual, framed against the background of the anonymous and impersonal crowd or metropolis”.249 Quello

che si potrebbe descrivere come un turbamento ‘modernista’, chiaramente identificabile, del sé culturale ci viene fornito dalla descrizione che Friedrich Engel fa della vita cittadina in The Conditions of the Working Class in England. In questo contesto, si lamenta l’apparente assenza di interazione culturale:

“The very turmoil of the streets has something repulsive, something against which human nature rebels. The hundreds of thousands of all classes and ranks crowding past each other, are they not all human beings with the same qualities and powers, and with the same interest in being happy?... And still they crowd by one another as though they had nothing in common... The brutal indifference, the unfeeling isolation of each in his private interest becomes the more repellent and offensive, the more these individuals are crowded together, within a limited space.”250

Questa triste raffigurazione ‘modernista’ del peregrinare del sé culturale all’interno della città, si ritrova in molti degli scritti di Clarke, tra i quali “Canadian Experience”; ma, ancora più potentemente, viene rappresentata nella raccolta, In This City. Particolarmente significativo è il primo racconto della raccolta, che narra di una donna nata e cresciuta a Timmins, che si ripromette di sfuggire al fato, trasferendosi a Toronto: “to escape the fate in the friendly town,

in that familiar, greetig town, so healthy to grow up in, so easy to swallow you,

249

S. Hall, Modernity, cit. p. 605. 250

F. Engels, The Condition of the Working Class in England, in W.O. Henderson, W.H. Chaloner (eds.), Oxford, Blackwell, 1971, pp. 68-9.

in order to seek a better life in Toronto”;251 dopo essersi trasferita a Toronto, dapprima sopraffatta da un’esistenza alienante, viene salvata, alla fine della storia, dalla sua famiglia che la riporta a Timmins per le feste di Natale. Anche nel primo romanzo di The Toronto Trilogy, la classe lavoratrice ‘nera’ femminile sperimenta, come dice Engels, l’indifferenza brutale, la sensazione spiacevole di isolamento, tipiche delle zone urbanizzate: “lonely, they would crawl back on

their frustrated way into the suburbs of wealth and loneliness, and long hard work, along Bathurst Street, and along the various street-car tracks of cold, parallel lines of steel and restrictiveness”.252 Tuttavia, la produzione letteraria di Clarke non si limita a proporre l’esperienza urbana come causa di rotture dolorose, di legami sociali e di solidarietà tradizionali, ma consacra, contemporaneamente, l’opportunità di un dialogo piacevole e stimolante con gli ‘stranieri’. Tale visione della vita urbana, così idealista e ‘postmodernista’, viene tratteggiata nell’ultimo capitolo del libro Justice and the Politics of Difference di Iris Marion Young. In quel testo, Young suggerisce che le parti interstizie dello spazio urbano (che sono negativamente interpretate da Engels), di fatto, suggeriscono un nuovo e positivo modello di interazione multiculturale. La vita cittadina, sostiene la Young, presenta un’alternativa ai rigidi concetti di inclusione ed esclusione, racchiusi nella nozione di comunità. L’autrice sperimenta, così, “un ideale della vita cittadina come una visione delle relazioni sociali di differenza senza esclusione”,253 e individua quattro virtù della vita cittadina: 1) La differenziazione sociale senza esclusioni; 2) la varietà (di spazi sociali e relative attività); 3) l’erotismo (“in the sense of an attraction for the

other”); e 4) la pubblicità (“of diverse cultural expressions”). La città diventa,

perciò, il luogo d’elezione per una vera interazione multiculturale.

Molti degli aspetti della vita cittadina idealizzati dalla Young, sono presenti nella Trilogia clarkiana. Agatha nota allegramente alcuni aspetti di Spadina Avenue così piena di gioia e spesieratezza delle persone che ci vivono:

251

A. Clarke, In This City, Toronto, Exile Editions, 2007, p. 13. 252

A. Clarke, The Meeting Point, Toronto, Vintage, 1998, p. 143. 253

“an ideal of city life as a vision of social relations of difference without exclusion”, I. M. Young,

“there was space on Spadina Avenue, space and a feeling of freedom, on the

jousting ground of immigrants and ambitions, Spadina Avenue was one of the few places left where people behaved as if they were loving and living and enjoying the thing called life”.254 E, allo stesso modo, Dots apprezza la libertà offerta dal paesaggio multiculturale di Shaw Street, la cosidetta “strada degli immigrati”: “This is the only street in this place, this Shaw Street, where people

talk and walk in a million and one different nationalities and languages and nobody doesn’t stop talking the moment I walk in… nobody don’t look at you with wonder and scorn”.255 Quando Mr. Burrmann ed Estelle iniziano la loro relazione, trovano l’anonimato nelle caffetterie di Yorkville Village, frequentate da artisti e rappresentanti della ‘beat-generation’ (“among artist-types and

beatniks”)256, dove si possono trovare persone di diverse nazionalità: “lots o’

Europeans, Italians, Germans, Greeks, Americans…”257 ed anche coppie miste: “Black man and Chinese woman, Chinee man and white woman, white woman

and black”.258 Le relazioni interrazziali a Yorkville, di per se stesse, suggeriscono una complicazione della logica multiculturale dell’interazione privata fra uno stesso gruppo culturale, e dell’interazione pubblica con altri soggetti culturali; infatti, per ora, gli altri soggetti culturali rimangono strettamente confinati nella sfera privata. Naturalmente, per certi aspetti, la relazione/interrelazione fra Mr. Burrmann ed Estelle è soltanto la più recente delle relazioni intime che questi intreccerà con i neri durante la sua vita, e che sono rese possibili grazie all’eterogeneità e all’anonimato culturale offerto da alcuni spazi cittadini, quali Spadina Avenue, Bloor Street, College Street ecc., come ci spiega il narratore:

“Mr. Burrman really never felt at home, at home. Not even when, as a boy

growing up on Palmerston Boulevard in the guts of old downtown Toronto, in the days when Jews inhabited and ruled that entire section bounded by College, north to Bloor Street, east to Spadina Avenue and as far west as Bathurst Street. He used to spend those days in a "gang." Some of the "gangsters" were young "coloured boys," sons of West Indians who had come to Canada to work as porters on the railroads, and as domestics in

254

A. Clarke, Storm of Fortune, Toronto, Vintage, 1998, p. 182. 255

A. Clarke, The Meeting Point, cit., pp. 139-40. 256 Ibidem, p. 224. 257 Ibidem, p. 225. 258 Ibidem, p. 234.

white, rich kitchens and homes. Mr. Burrmann was therefore acquainted, from an early age, with domestics.”259

Scopriamo infatti che Mr. Burrmann è stato “vicino ai neri durante tutta l’adolescenza e il periodo dell’università”,260 mentre il narratore ci dice che “egli ha avuto la sua parte di cultura nera poiché ha trovato la propria monotona e noiosa”.261 Di fatto Mr. Burrmann rammenta i suoi momenti e le esperienze vissute con i neri come i momenti ruggenti e gioiosi di Spadina Avenue: “those

loud, whirling-whirlpool Spadina days”,262 quando (e dove) egli era alla ricerca della sua virilità perduta: “would search for his lost manhood, among the

European coffee shops on Bloor Street West; and later, in Yorkville Village”.263

Infine, la voce narrante ci trasmette, in modo chiaro, che Mr. Burrmann non trovandosi a proprio agio nel luogo a cui appartiene, dal punto di vista culturale e sociale, rimane alla costante ricerca di qualcosa (“was always searching”)264; una ricerca che, di fatto, viene facilitata, e forse anche stimolata, dal carattere cosmopolita della città stessa.

Anche se lo scopo principale di questa sezione è quello di suggerire che lo spazio urbano funge da contesto particolarmente congeniale per la descrizione di un sé dialogicamente complesso e culturale, va, tuttavia, rilevato che il lavoro di Clarke dipinge la città anche come luogo con il potere di dominare la soggettività culturale e razziale, oltre che gestire ‘in maniera adeguata’ ed ‘autoritaria’ il senso di appartenenza. A questo riguardo, si potrebbe interpretare la città non come un elemento di destabilizzazione culturale, né come un piacevole miscuglio di differenze, ma come un regime spaziale che racchiude, in sé, i principi di sorveglianza e soggettività disciplinare. In The Meeting Point, ad esempio, il narratore rivela che i figli dei Burrmann, fin da piccoli sono consci della vita agiata che conducono, rappresentata dal luogo in cui abitano, Forest Hill; “They

knew they were wealthy; and [were] consciuos of their position in this Cadillac-

259

A. Clarke, The Meeting Point, cit., p. 147. 260

“close to black people throughout his adolescence and university days”, Ibidem, pp. 147-8. 261

“He had had his share of Negro culture because he had found his own orthodox life dull and

boring”, Ibidem, p. 181. 262 Ibidem, p. 183. 263 Ibidem, p. 183. 264 Ibidem, p. 183.

and-fleece-lined, suede-coat-and-fur-and-sable-reinforced section of Forest Hill”; al pari di Berenice della quale abitazione non è signora, ma solo

domestica: “Bernice knew her place…it was pointed put to her that on this street

she was to remember she wasn’t a housewife”.265

Nel secondo romanzo di The Toronto Trilogy, una vicina di Forest Hill consiglia alla Signora Burrmann di sbarazzarsi di Bernice, poiché l’ambulanza, che ha salvato sua sorella Estelle dalle complicazioni di un aborto, ha invaso la

privacy della loro strada (“invaded the shaded privacy of that exclusive street”),266 ricordando, nel frattempo, alla Signora Burrmann, la differenza tra la loro area residenziale e Spadina Avenue: “This is Forest Hill, Gladys, not the

West Indies. Not Spadina Avenue and Dundas”.267

Le operazioni di polizia, nei confronti dei neri all’interno di spazi urbani è un fenomeno che Hazel Carby, dal punto di vista statunitense, correla alla paura del vigore sessuale, stereotipo associato ai neri.268 Sembra che in Henry si risvegli questa paura latente in The Meeting Point quando, andando a trovare Bernice ed Estelle nella bella casa dei Burrmann, viene fermato da un uomo violento e fisicamente aggressivo che lo sorprende con la domanda “What’re you

doing here, Mack?”.269 La risposta sarcastica e provocatoria di Henry, prima di trovarsi costretto a picchiare il suo anonimo aggressore (che si rivelerà poi essere un poliziotto), è di voler compiere delle violenze carnali: “I came up here to rape

three white women”.270 Le esperienze di Bernice, Estelle e Henry, mostrano l’abuso di potere che le autorità della città/quartiere esercitino sui neri. Questa esperienza assume un aspetto particolarmente violento quando Bernice diviene testimone dell’agguato e del pestaggio di Henry da parte di alcuni ufficiali della polizia:

265

Ibidem, p. 7. 266

A. Clarke, Storm of Fortune, cit. p. 229. Questo spazio cittadino era quello in cui ci furono i primi insediamenti caraibici in Canada. Si veda D. Brand, “Bathhurst” in Bread out of Stone, Toronto, Vintage Canada, 1998.

267

Ibidem, p. 229. 268

H. Carby, Policing the Black Woman's Body in an Urban Context, in Critical Inquiry, 18, Summer, 1992, p. 118.

269

A. Clarke, The Meeting Point, cit., p. 107. 270

“They beat him thoroughly, and they beat him professionally, and they beat him

without a murmur. They do it quickly, so quickly, she can't believe her eyes. One of the shadows runs up the Street, and soon afterwards, returns driving the car with the aerial. He parks behind the other car. The shadows lift the man off the ground, and drop him in the front seat of his own car; and then they drive off. And the Street returns to its respectable quiet. No light comes from Brigitte's room.

Bernice saw it happen, all of it, and she didn't have the courage to lift a finger, to move, to scream, to call for help. She didn't whisper any advice, as she had done earlier. It was too real; and too much of a dream at the same time. The brutality and the violence.”271

In questo contesto, la violenta efficienza della città, nel rimettere al loro posto coloro che escono dagli spazi assegnati e prestabiliti, si dimostra davvero “too

real”.272