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a theme to re-examine carefully)

I recenti dati Istat e Svimez – del tutto coerenti con la distribuzione territoriale del voto referendario – mostrano un Paese profondamente diviso tra Nord,Sud e isole: la disuguaglianza si è progressivamente allargata ( soprattutto a partire dalla errata riforma del titolo V del 2001) in settori cruciali della cittadi-nanza: istruzione, sanità,, trasporti e quindi lavoro e occupazione giovanile. Il confronto con l’Europa mostra che è proprio la qualità dei servizi pubblici e più in generale della risposta delle istituzioni ai bisogni reali dei cittadini in questi ambiti ad essere la chiave dello sviluppo economico e della coesione sociale: i dati PISA (OCSE) sulla qualità dei sistemi educativi confermano in pieno questa asserzione: i paesi più performanti sono quelli che riducono sistematicamente le disuguaglianze nei punti di partenza, valorizzano sistemi educativi pubblici, uni-versali e di qualità. Sono i divari qualitativi nei servizi pubblici a giustificare in larga misura le diverse produttività multi fattoriali tra economie del Nord e cen-tro ed economie del Sud Europa.

Se questa riflessione generale è esatta, l’unica vera urgente riforma di struttura per il nostro Paese è quella della rete delle pubbliche amministrazioni, centrali e territoriali. Appare cruciale non lasciar cadere il percorso appena ini-ziato, sia pure con molte incoerenze e velleità. In particolare, ad avviso di chi scrive,mentre occorre implementare l’attuazione dei decreti legislativi già perfe-zionati ( partecipate , sportelli unici e conferenze di servizi,in particolare), è op-portuno innestare una pausa di profonda riflessione sui temi della dirigenza e della misurazione – valutazione delle attività delle PA e dei dipendenti, in primis dirigenti. La Consulta, il Consiglio di Stato, i pareri delle Commissioni

parlamen-base solida su cui sviluppare e ripensare le norme arenate : per preparare così in tempi e con modalità congrue ed appropriate testi coerenti con le linee di rilan-cio e rimotivazione della funzione pubblica e dei servizi pubblici ai residenti. Ri-lancio e rimotivazione sono, a mio avviso, i concetti base. In sintesi alcune linee su cui riprendere il lavoro di riforma.

Le amm.ni sono molto diversificate : come tutte le organizzazioni produt-tive, private profit e non profit, devono costruire e implementare nel proprio ambito, se sono vitali e attive, un sano senso di appartenenza strettamente le-gato alle funzioni che esse assolvono e ai servizi che rendono. L’appartenenza deve spingere all’interno ad emulazione e lavoro critico da incanalare in percorsi di carriera , trasparenti , aperti negli snodi cruciali di crescente specializzazione e valore economico anche ad altri dipendenti, sia interni che esterni all’organizzazione della PA. E su questo segmento della mobilità che occorre , a mio avviso , continuare a lavorare abbandonando tuttavia l’idea di tre grandi ruoli indistinti e indifferenziati per i dirigenti statali, regionali e locali e delle agenzie dove le comparazioni omogenee sono pressoché impossibili e presen-tano un elevatissimo tasso di arbitrarietà e soggezione a valutazioni curriculari assai fluide e aperte a influenze locali non controllabili: si tratta invece di co-struire metodi e tecniche di selezione indipendente e imparziale , aperti all’esterno, dentro gli stessi percorsi di carriera delle singole amministrazioni. Meglio dunque lasciare i dirigenti dentro i rispettivi ordinamenti di carriera e creare un meccanismo di verifica e garanzia di tutti i processi selettivi, del tutto esterno alla amministrazione che bandisce la selezione, meccanismo che veri-fica, monitora e valida questi processi sulla base di criteri di imparzialità e tra-sparenza che sono già tutti inscritti nell’ordinamento, del tutto coerenti con i principi della Costituzione, per la seconda volta difesa con orgoglio, impegno democratico dai cittadini italiani. Questo meccanismo potrebbe essere una commissione centrale (presso la Funzione pubblica) da articolare anche su base

territoriale, capace di collegarsi con le indicazioni che vengono dagli Organismi indipendenti di valutazione: questi ultimi opportunamente riordinati nel senso della indipendenza e competenza. Una rete così costruita avrebbe buone possibilità di spingere tutta l’articolazione centrale e territoriale della PA, in tempi medi, verso un rilancio e rimotivazione profondi del tessuto amministra-tivo e dei servizi pubblici, aprendolo ai talenti che intendono scegliere la fun-zione pubblica per dare avvio ai propri percorsi professionali e favorendo con-creti sentieri di ricollocazione tra amministrazioni, anche centrali e territoriali. E qui c’è tutto il tema del ruolo della formazione presso la Scuola nazionale della PA.

La selezione e la mobilità riaprono in pieno il tema, attraversato a partire dal 2001 e poi dal 2009 ( cd legge delega Brunetta) da innumerevoli documenti teorici, ma assai poco praticato, dei metodi e tecniche di misurazione e valutazione di tutte le professionalità e dei dirigenti. Il prius logico e tecnico è il piano della performance che dovrebbe assumere i seguenti tratti di fondo: a) una fotografia veritiera delle attività delle amministrazioni, partendo dai flussi finanziari rappresentati dai documenti di bilancio, per gli operatori ed i cittadini; per lo Stato i programmi , le azioni e i piani di spesa sono il nesso a cui aggan-ciare criteri di misurazione costruiti dal basso, significativi e chiari; b) obiettivi di performance semplici , non nominalistici o puramente ripetitivi di formule altret-tanto nominalistiche utilizzate nei documenti di indirizzo politico; c) un docu-mento di performance rispettoso delle esigenze costitutive e “ costituzionali” del servizio pubblico e della distinzione tra indirizzo politico, progettazione norma-tiva, implementazione e gestione. Dunque, a ciascuno il suo ruolo: il rispetto della sfera di responsabilità della dirigenza si costruisce a partire dal riconosci-mento effettivo e non retorico della professionalità, del merito e della indipen-denza dal comando politico. Questo significa che gli inserimenti dall’esterno de-vono riferirsi solo alle posizioni di fiducia soggette a spoil, dede-vono essere pochi,

ben visibili e del tutto giustificabili. A valle di piani della performance così strut-turati si apre una fase di valutazione, già utilmente del resto sperimentata in al-cune limitate realtà ( ASL, agenzie fiscali, Università, plessi giudiziari, ecc), ben compresa dal personale, soggetta a verifiche incrociate con lo stesso personale e idonea a rafforzare la fiducia dei cittadini e dei dipendenti nella azione pubblica. Misurare le attività e valutare il personale sono due profili di un processo unico che ha come obiettivo di fondo rilanciare e rimotivare l’azione delle ammini-strazioni e dei servizi pubblici: la fiducia degli operatori privati che intendono ri-schiare ed investire nel nostro Paese ne risulterebbe assai rafforzata, al di là della retorica contro i cd fannulloni.

Paolo De Ioanna

Consigliere di Stato