6. Gli straussian
6.2 Thomas Pangle
Verrà ora analizzato un esempio di metodologia straussiana applicata alla storia del pensiero politico americano. Ovviamente non poteva che trattarsi di un lavoro sul Founding, contenuto nel lavoro di Thomas Pangle The Spirit of Modern Republicanism36.
In questo testo viene analizzato il Federalista37 in quanto documento del pensiero dei Padri
Fondatori, o meglio di quei pochi che erano dominanti con le loro opinioni. Essi si trovarono, per Pangle, a dover affrontare una difficoltà morale e teoretica scaturita dal loro basarsi sui testi di Locke. Tale difficoltà consisteva nella commistione di tre aspetti: la Natura o il Dio della Natura, la proprietà privata o la ricerca della felicità, la dignità dell’individuo come essere razionale.
Secondo Pangle, il nome fittizio di “Publius”38, uno dei più presenti e pregnanti dal punto di vista filosofico nel Federalista, potrebbe trarre in inganno: esso infatti si richiama certo alla classicità nella lotta per la libertà contro la tirannide (come si trova in Plutarco, uno degli autori centrali per i Fondatori), ma possiede aspirazioni totalmente differenti. Infatti, Publius ha come obbiettivo l’instaurazione di un governo repubblicano, quel regime che era considerato inferiore in tempi antichi per la sua degenerazione prevedibile in tirannide, che fosse tirannide dei pochi o dei molti. In realtà vi è un focus differente: anticamente questo era rivolto verso la partecipazione politica e
36 Thomas L. Pangle, The Spirit of Modern Republicanism: the Moral Vision of the American Founders and the
Philosophy of Locke, 1988, The University of Chicago Press.
37 Ivi, Parte Seconda (La concezione dei fondatori della virtù civica e il contesto filosofico da cui tale concezione
emerge).
verso la virtù intesa come fine di essa, mentre nella modernità esso si concentra sui diritti ed intende la virtù certo in maniera necessaria, ma solamente come mezzo per libertà. Allo stesso tempo gli autori del Federalista non tengono in grande considerazione le virtù intellettuali, che vengono messe da parte: quelle che dunque erano le più elevate virtù nel mondo classico, la filosofia, la religione e le arti, vengono soppiantate dalla visione di una società tecnologica e commerciale, seppur ancora agricola al tempo. Per questo le nuove virtù che vengono poste al centro sono la moderazione (intesa come auto contenimento, frugalità e industriosità: sobrio interesse individualistico), la libertà (del nuovo cittadino di esprimere le sue facoltà, la sua ambizione: di essere il “self-made man” americano), lo spirito commerciale (nonostante i pericoli noti che esso comporta, i quali sono superati dall’evidente ottimismo nel progresso del repubblicanesimo commerciale), l’educazione (infatti dalla preoccupazione per l’assenza di un “senato”, non vi erano infatti “anziani” nel nuovo regime, sorse la necessità per una tradizione burocratica forte, in modo da supplire all’educazione aristocratica perduta, con anche qui una certa fiducia nell’emergenza di quei caratteri destinati a governare). Tutto l’ottimismo che pone in contrapposizione i Padri Fondatori in quanto moderni al pensiero classico, deriva anche dai nuovi strumenti disponibili al governo nella modernità (dopo i suggerimenti di Machiavelli): per questo la democrazia può essere più liberale ed umana, e trova un nuovo sostegno per il governo legittimo nel popolo.
Nello stesso momento però la nuova repubblica, non del tutto slegata dai richiami del suo passato classico, sente il bisogno di essere qualcosa in più che una mera salvaguardia per la soddisfazione materiale: Publius parla dunque di “happiness” come fine ultimo della politica, come qualcosa di distinto dalla sicurezza.
Cosa intende Publius quando parla di “felicità” come fine ultimo della politica (e non solo del singolo individuo), un fine distinto dalla sicurezza? Tale felicità implica o richiede la libertà repubblicana, la “sicurezze nel senso repubblicano”? […] Questo però Publius non lo dice mai.39
La questione rimase aperta perché a tale “felicità” verranno date risposte diverse dei Federalisti, nel tentativo di trovare una soluzione per una libertà intesa puramente come personale.
Pangle riconosce nel distacco dei Fondatori dalla repubblica classica l’influenza massiccia di Locke, seppur ammorbidito e privato dei suoi elementi più spigolosi: infatti la repubblica è in grado di sopravvivere soltanto se si fonda su una forma di individualismo regolato, sulla ragione dominante sulle passioni attraverso la legge (e questa è la sovranità popolare). Pangle dunque disseziona il primo ed il secondo dei trattati sul governo di Locke (ma anche altre sue opere)40, ponendoli in diretto contatto con Hooker e con la Bibbia, che sono i principali interlocutori dei suoi testi, praticando una chiara lettura talmudica alla Strauss. Qui non seguiremo passo per passo l’analisi di Pangle, poiché non è nostro scopo analizzare la filosofia lockiana, Comunque sia, i temi chiave del filosofo inglese sono quelli su cui si baseranno poi i Founders: la proprietà, la famiglia, la razionalità come base sia della morale sia dello stato (e il suo confronto-scontro con la religione), la dignità dell’uomo. Nella lettura che ne fa Pangle, Locke approfondisce la visione dei Padri Fondatori, sottolineando come l’America sia stato il primo regime fondato non sulla tradizione o sulla fedeltà ad essa, ma sul richiamo a principi filosofici astratti e universali. Il dibattito su tali principi non si chiuse però con la “Dichiarazione d’Indipendenza” né con la Costituzione, ma continuò come un esercizio di auto-esame nella storia del pensiero politico americano: gli Stati Uniti d’America non sono un regime che richiede sacrifici o che pratica
39 Ivi, pag. 118.
imposizioni, ma invita “all’auto-esame, alla probità intellettuale, allo studio dei propri principi, alla filosofia politica”41.