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Le tipologie di filtro più utilizzate

1. Introduzione

1.7 Le tipologie di filtro più utilizzate

La filtrazione dell'olio di oliva è effettuata allo scopo di rimuovere dall'olio acqua e piccole parti della polpa delle drupe che sono rimaste in sospensione ed è pertanto necessario utilizzare strumenti che siano in grado di svolgere questa duplice funzione. Per questa ragione si sono diffuse diverse tipologie di filtri. Nelle piccole realtà si utilizzano prevalentemente filtri a cotone o filtri-pressa, mentre nelle realtà più grandi le tecnologie più diffuse sono i filtri tangenziali e quelli ad alluvionaggio continuo.

Il filtro più semplice è il filtro a cotone (o filtro alla barese) in cui l'olio è introdotto in un recipiente recante sul fondo uno o più strati di fibra tessile. L'olio limpido è raccolto in un secondo recipiente posto a quota inferiore rispetto al primo. Questo tipo di filtrazione avviene grazie all'azione della gravità. Il filtro alla barese è una soluzione economica e facile da realizzare artigianalmente in azienda. L‘inconveniente principale di questa filtrazione è legato ai tempi molto lunghi richiesti. Infatti la differenza di pressione fra le due parti del filtro è bassa ed è data dalla forza di gravità e dalla pressione idrostatica della colonna di olio e la superficie filtrante è limitata. Durante questa operazione l'olio è esposto all'ossigeno e, conseguentemente al rischio di ossidazione.

Il più comune tipo di filtro impiegato nelle piccole e medie realtà produttive dell'olio di oliva è il filtro-pressa. Questi filtri sono composti da una serie di camere piatte poste verticalmente le une accanto alle altre. Le camere sono costituite da un piatto che ha funzione di supporto e di alimentazione/distribuzione dell'olio torbido sulla superficie del setto filtrante. Per evitare perdite di olio all'aumento della pressione, camere e

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setti vengono fatti aderire fra loro tramite una vite centrale e due piastre metalliche. Il filtro è dimensionato scegliendo l'appropriato numero di setti filtranti, che hanno solitamente forma quadrata e lato compreso fra i 20 cm ed i 120 cm (Sutherland, 2008). Il filtro è generalmente alimentato con una pompa ad alta prevalenza. Il liquido torbido, attraverso il collettore di entrata posto sulla testata del filtro, passa nella condotta di alimentazione, risultante dall'accostamento delle singole piastre. Da qui, attraverso la rete di canali posta sulle piastre, il prodotto viene diffuso sulla superficie del setto filtrante. Grazie al gradiente di pressione (ΔP), il liquido attraversa il setto stesso e defluisce lungo la superficie drenante della piastra opposta, dalla quale è scaricato nella condotta di uscita. Le piastre lavorano quindi in parallelo, fungendo alternativamente da piastre di alimentazione della torbida e piastre di raccolta del filtrato: il prodotto alimenta le singole piastre indipendentemente l'una dall'altra ed entra in ogni piastra contemporaneamente; altrettanto vale per lo scarico del filtrato. L‘alimentazione del torbido può avvenire, in relazione alle caratteristiche costruttive, dall‘alto o dal basso, mentre, lo scarico del filtrato, dallo stesso lato di alimentazione della torbida o dal lato opposto. La versatilità di questi filtri permette anche di eseguire, due o più filtrazioni, di diversa finezza, contemporaneamente sullo stesso apparecchio. Inoltre, per mezzo di piastre di deviazione è possibile eseguire, ad esempio, due filtrazioni in serie con cartoni filtranti di diversa porosità, in modo che nella prima sezione del filtro venga eseguita una prefiltrazione e nella seconda la filtrazione fine. In questi casi di doppia filtrazione la problematica maggiore è il dimensionamento relativo delle due sezioni, che deve essere tale da evitare il colmataggio di una sezione prima che sia esaurita la capacità filtrante dell‘altra. Si dovrà, quindi, porre particolare attenzione nella scelta dei mezzi filtranti più idonei, nonché nella adeguata ripartizione delle due superfici filtranti. La scelta più adatta dipenderà dai casi specifici e sarà dettata principalmente dall‘esperienza pratica; un‘indicazione di massima, comunque, potrebbe essere quella di destinare il 60% della superficie filtrante totale alla prefiltrazione, mentre, il rimanente 40% alla filtrazione di finitura. I cartoni filtranti che sono utilizzati con i filtro-pressa appartengono alla categoria dei filtri di profondità e sono costituiti prevalentemente da

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cellulosa. Il materiale di partenza è pertanto la cellulosa da legno che, grazie a trattamenti fisico-chimici di digestione e purificazione, dà luogo ad una polvere molto fluida, dotata di una inerzia molto elevata ed idonea agli usi alimentari. Questo materiale favorisce, grazie al lieve carattere elettronegativo, la ritenzione di ioni metallici ossidanti, quali Fe3+ e Cu2+, contribuendo a stabilizzare il liquido trattato nei confronti di eventuali ossidazioni. Assieme alla cellulosa i setti filtranti sono aggiunti di diatomeacee che hanno invece effetto brillantante sugli oli trattati (Masella, 2002).

Su scala più grande la tecnologia più affermata è quella dei filtri ad alluvionaggio. Inoltre, recentemente, si sta diffondendo la filtrazione tangenziale a membrana.

I filtri ad alluvionaggio sono molto utilizzati nell'olio di oliva perchè la sospensione da trattare contiene solidi, essenzialmente di natura colloidale, che danno luogo a depositi fortemente comprimibili. In questo tipo di filtri, i coadiuvanti di filtrazione vengono aggiunti in continuo alla sospensione da trattare ed hanno la specifica funzione di conferire al deposito rigidezza e porosità tali da ottenere buone permeabilità, garantendo maggiori portate nel corso di tutto il ciclo di filtrazione. In molti casi lo stesso uso dei coadiuvanti è indispensabile per effettuare una filtrazione con deposito, per quelle sospensioni molto diluite i cui solidi, di per sé, non darebbero luogo ad un deposito consistente. Si tratta, in questi casi, di filtrazioni chiarificanti effettuate, appunto, mediante la tecnica dell‘alluvionaggio. Spesso la tecnica dell‘alluvionaggio è combinata con quella ―a prepanello‖. Si provvede, cioè, a costituire sul supporto di filtrazione, in un‘operazione preliminare, un prepanello che svolge funzioni di ancoraggio e di sicurezza (assicura che particelle fini del soprastante deposito non inquinino il filtrato). Il ciclo di filtrazione può essere suddiviso in tre fasi: formazione del prepanello, filtrazione ad alluvionaggio vera e propria, scarico e smaltimento del panello.

La filtrazione a membrana è una pratica molto diffusa per gli oli di semi, che recentemente è stata proposta anche per l'olio extra-vergine di oliva. Questa permette di migliorare alcune criticità degli altri sistemi di filtrazione quali le perdite di olio all'interno dei mezzi filtranti, eliminandone l'uso e, conseguentemente i problemi relativi al loro

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smaltimento. Inoltre, negli oli filtrati ad alluvionaggio è comune il ritrovamento di alcuni coadiuvanti di filtrazione, cosa che non avviene negli oli filtrati a membrana. Oltre alla soluzione di questi problemi, la filtrazione a membrana permette di rimuovere le tracce di metalli pesanti, come rame, manganese e ferro che a volte contaminano gli oli (Bottino et al., 2004). I filtri a membrana sono tipici filtri di superficie, caratterizzati da un elevata efficienza di ritenzione alle più basse porosità e, quindi, particolarmente adatti per filtrazioni sterilizzanti, che richiedono tolleranze minime, nonché per processi di ultrafiltrazione ed osmosi inversa.