• Non ci sono risultati.

Ezio Avoledo.

33

Antonio Tommasella.

34

del governo fascista furono di aiuto per far fronte al debito. Si lavora-va dall’alba al tramonto ed Ezio a quindici anni fu iniziato all’arte della norcineria dal maestro Gino Cancian e fu assunto subito dopo nel laboratorio Lovison.

Aveva appena compiuto 19 anni quando ricevette la cartolina per presentarsi a Udine alla caserma Spaccamela: era il mese di agosto del 1943. Meno di un mese dopo, l’8 settembre fu arrestato dai tede-schi con tutti i suoi commilitoni e caricato su una colonna di autocar-ri per essere portato a Bolzano e da lì con una tradotta militare trasferito in Germania. Durante il viaggio in camion, scortati da mezzi tedeschi con mitragliatrici, passando per Pordenone sentirono il calore della popolazione che cercava di far loro avere viveri di conforto; durante il tragitto per Bolzano qualcuno si lanciò dai mezzi e si mise a corre-re per la campagna: si sentivano raffiche ed Ezio non tentò di scap-pare. A Bolzano la popolazione li accolse in modo diverso, la gente gridava: traditori, vigliacchi e tirava mele e sassi. Caricati in un vagone bestiame, chiusi dal di fuori, senza acqua né cibo iniziarono un viaggio calvario che durò circa trenta ore:

qualcuno orinava, qualcuno faceva di peggio, ma Ezio non ne fu capa-ce e all’arrivo credeva di scoppiare.

Il treno si fermò nel Nord del-la Germania a Fallingbostel in un campo di concentramento per IMI, sigla che stava per: Internati Militari Italiani: quindi non prigionieri ma traditori, senza diritti, senza nep-pure l’ombrello della Croce Rossa Internazionale.

Appena arrivati, dopo un appello durato ore, sono stati fatti svestire nudi e disinfettati con un pennello da imbianchino che un prigioniero russo intingeva in un secchio e passava sulle parti intime e sotto le ascelle, con il risultato di far cadere tutti i peli. Le baracche erano fati-scenti e i castelli sui quali arrampi-carsi per dormire erano insufficienti, inoltre erano talmente corti che non si potevano allungare le gambe, quasi che i carcerieri lo avessero fatto come tortura. Nel prato vicino alle baracche cresceva la radiches-se, che altro non è che il tarassaco, un radicchio selvatico che integrò

per breve tempo la dieta a base di brodaglia di rape: dopo alcuni giorni infatti del tarassaco non si trovavano neppure le radici.

I primi giorni ci fu la selezione: due sottufficiali SS guardando le mani, separarono quelli che avevano i calli da quelli che non li avevano:

Ezio li aveva e fu mandato a lavo-rare in una raffineria di zucchero, dove mangiare un boccone di zuc-chero poteva costare anche la vita e, riuscendo a farlo di nascosto, si doveva fare i conti con bruciori di stomaco che lo zucchero grezzo provocava nello stomaco vuoto.

Dopo qualche mese Ezio fu tra-sferito in una fabbrica di materiale bellico dove rimase fino a giugno del 1945, quando arrivarono gli americani: aveva mangiato per due anni 200 grammi di pane e 20 grammi di margarina al giorno e all’improvviso si trovò davanti ogni ben di Diu.

Gli americani lo misero subito in cucina a spolpare pecore, che arrivavano surgelate, finché non gli trovarono un passaggio per Innsbruck dove riuscì a salire su un treno diretto a Verona. In stazione trovò il vecchio signor Ravazzolo, che probabilmente stava aspettan-do i suoi figli. Da Verona, con mezzi diversi, arrivò a Pordenone dove trovò il camion della ditta Fioretto &

Cozzi che lo portò a casa.

Il dopoguerra fu difficile per tutti;

ma Ezio ritrovò il suo vecchio la-voro presso il salumificio Lovison, maturando un’esperienza che gli fu di grande aiuto nell’evoluzione dell’azienda di famiglia. Si è sposa-to nel 1950 con Armida Pessotsposa-to, hanno avuto tre figli, due maschi e una femmina: Gianpietro, Giuliano e Maria Rosa che li ha lasciati troppo presto. Giuliano con il figlio Mauro, sotto la supervisione di Ezio, ha dato vita a un allevamento di suini, e in campagna la vecchia azienda ora pianta rape e vende brovada. E il giorno in cui Ezio ha compiuto 90 anni ha inaugurato un punto vendita di carni e salumi, fatti in casa naturalmente.

Antonio Tommasella

Toni è nato a Mareno di Piave in provincia di Treviso il 19 agosto 1923, in una famiglia di tredici persone: papà, mamma e undici

figli di cui nove maschi e due fem-mine. Non c’erano fabbriche ma solo campagna, in gran parte di proprietari terrieri che cercavano contadini per lavori occasionali. La famiglia era grande, tante mani ma anche tante bocche e Toni cominciò a tredici anni a lavorare nelle piantagioni di tabacco, che in quegli anni era nel Veneto una delle più grandi risorse: in estate nei campi addetto ai lavori più umili; in inverno in essiccatoio alla cernita delle foglie riempiendo le botti che in primavera venivano consegnate allo Stato dopo tutti i controlli della Guardia di Finanza.

Il lavoro era comunque saltuario e Toni in inverno aiutava gli zii, fratelli della mamma, nell’arte della norcineria, imparando ben presto ad arrangiarsi da solo. Nel 1938 la famiglia si trasferisce in Friuli a Tauriano, per spostarsi dopo un solo anno a Sequals nell’azienda di uno strano signore di nome De Franceschi, che voleva seminare grano e piantare viti in un terreno di grava, tanto che tutti lo chiama-vano il re dai claps. L’uomo sapeva benissimo che in un terreno simile non poteva bastare l’acqua della pioggia, al punto da iniziare un’o-pera che si trova ancora in azienda a testimonianza di grande capar-bietà: scavò a mano un pozzo che raggiunse la profondità di 50 metri e interruppe i lavori per una frana che lo coinvolse.

La famiglia lavorava al “re dei sas-si”, quando il giorno 8 gennaio 1943 Toni ricevette la cartolina pre-cetto e partì per la guerra: aveva 19 anni e si ritrovò a Pola aggregato al 291° Fanteria. Trasferito a Zara, l’8 settembre fu fatto prigioniero dai tedeschi con tutti i suoi commilitoni e portato nei fortini di difesa in riva al mare.

Dopo alcuni giorni i tedeschi orga-nizzarono una colonna di camion scortata da mezzi con mitragliatrici, per portarli in Germania; ma appe-na fuori dall’abitato furono attac-cati dai partigiani slavi e costretti a ritirarsi. Con il secondo tentativo arrivarono a Biack (?) e caricati sui carri bestiame giunsero a Essen, dove in stazione furono oggetto di sputi da parte della gente e di grida: Badoglio saiser!

Toni si trovò alle acciaierie Krupp,

35

nel reparto fonderia ed era addetto con tre compagni al trattamento della terra refrattaria che proveniva da precedenti colate. Toni ricorda che spostando la terra con la pala faceva perno su una gamba per gi-rare la pala verso il vaglio e crivellare la terra, così che delle due dalmine di legno che portava, una era comple-tamente consumata, mentre l’altra era nuova.

Dopo migliaia di cubi di terra spo-stata con 200 grammi di pane e 20 grammi di margarina al giorno, ridotto alla fame e privo di forze, distrutto nello spirito, cominciò a pensare che sarebbe morto in quella fonderia. L’unico conforto era il con-tinuo via vai di bombardieri che di notte sorvolavano il campo, finché un giorno si cominciarono a sentire anche i fischi delle bombe e lontani brontolii di esplosioni. Fu allora che i tedeschi li incolonnarono e iniziarono una marcia che durò diversi giorni, senza mangiare e con poca acqua.

Toni notò che i carcerieri restavano indietro nella colonna e poi, uno alla volta sparivano; ci fu un fuggi fuggi generale, la colonna si dissolse e Toni e altri due si rifugiarono in un pagliaio. Passarono tre tedeschi che avevano più paura di loro; poi una jeep americana li caricò: era il primo aprile 1945.

Toni è ritornato a casa in treno pas-sando dalla Svizzera e ricorda che i poliziotti che li scortavano, li chiusero dall’esterno nei vagoni perché non scendessero in Svizzera. Da Como a Verona in treno, poi in corriera fino a Pordenone e Maniago, da lì a piedi fino a Colle, dove abitava uno dei suoi fratelli che lo accompagnò fino al re dei sassi attraversando a piedi il Meduna in piena notte.

Nel 1949 la famiglia si trasferisce di nuovo a Tauriano, mezzadri dei Ceconi. Toni sposa la signorina Lidia Cominotto e hanno un figlio:

Raffaele. Inizia la ripresa e una nuova vita, Toni mette a frutto la sua espe-rienza di norcino, lavora per diverse aziende: Lovison, Coletti, Leonillo e per ultimo la Medio Tagliamento. Per diversi anni ha fatto il norcino anche nelle famiglie, lavorando il sabato e la domenica, apprezzato per il suo sapere e per il suo modo di lavora-re, conosceva i gusti dei suoi amici clienti: meno aglio, più sale, non cannella.

36

Marinella Cimatoribus

T A U R I A N O

Sul terreno situato dietro l’ex scuola elementare di Tauriano, destinato a diventare area di parcheggio, la Società Operaia di Tauriano nel 2013 ha chiesto e ottenuto dal Comune di Spilimbergo la concessione in comodato d’uso, per farne un orto didattico comunitario.

Il progetto ha trovato l’adesione e la di-sponibilità delle insegnanti della Scuola dell’Infanzia Divina Volontà di Tauriano che per l’anno scolastico 2013-2014

avevano programmato attività sulla corretta alimentazione e sulla conoscenza del cibo e delle verdure dal titolo “Dal seme al piatto”.

Così la Società Operaia con la supervisione e supporto di Massimo Cescutti, esperto agrario, ha fornito gli appositi semenzai, dove i bambini hanno messo la terra poi i pic-coli semi di carote, pomodori, cetrioli, melanzane e altro;

ogni giorno con un annaffiatoio hanno fornito acqua ai vassoi fino allo spuntare delle piantine.

I ragazzi della Biblioteca Tauriano, una quindicina di ragazzi adolescenti, dopo l’aratura di una parte del campo, hanno aiutato a montare le serre, preparare i tumuli dove mettere a di-mora le piantine cresciute e altre aggiunte e si sono alternati con i bambini per bagnare l’orto.

Da questo momento ognu-no ha aggiunto un pezzetto e l’orto si è moltiplicato con tanti angoli: dell’Orto-Giar-dino, dell’Orto produttivo, dell’Orto condiviso Società Operaia Scuola dell’Infanzia;

l’angolo “Salviamo i semi”

dove ci sono alcune piante antiche salvate dall’estinzio-ne e altri in attuaziodall’estinzio-ne. Ci sono inoltre piante e opere sparse da collocare secon-do un progetto che sta na-scendo, più raccontato che scritto, che si modifica di volta in volta secondo le